I militari egiziani sbattono i gay in prima pagina

Erano forse raccolti in una delle sale, nascosti dal vapore, mentre nel bagno turco "Porta del mare" del quartiere Ramsis, nel centro del Cairo, la musica shaabi a tutto volume calcava il giorno di festa. 33 persone sono state arrestate e detenute con le accuse di "dissolutezza" (l'omosessualità non è illegale in Egitto): la più grande retata anti-gay nella storia egiziana. 
Giuseppe Acconcia, Il Manifesto ...

Pride, quando gay e lesbiche sfidarono la Thatcher

  • Mercoledì, 10 Dicembre 2014 14:27 ,
  • Pubblicato in Flash news

Pagina99
10 12 2014

Trent'anni fa lo sciopero dei minatori britannici contro il piano di chiusura delle miniere della Lady di ferro. Una delle battaglie sindacali più dure del dopoguerra. A sostenerli c'era anche il movimento per i diritti omosessuali. "Pride", l'ultimo film di Matthew Warchus, racconta la vicenda del gruppo di attivisti gay che scelse di mobilitarsi per i minatori. E dell'incontro tra mondi diversi.

È il film di Natale, come La vita è meravigliosa di Frank Capra, anche se gli angeli sono un po' minatori e un po' gay. C'era una volta il governo Thatcher che nel 1984 ordinò la chiusura di 20 pozzi nello Yorkshire, primi di una lunga serie, e sollevò una mobilitazione internazionale, scontri violenti con polizia ed esercito, perdita di migliaia di posti di lavoro, 51 settimane di sciopero, due morti, 10 mila procedimenti giudiziari e il magico incontro tra due comunità agli antipodi. Qualcosa di travolgente, che il regista Matthew Warchus, 48enne drammaturgo britannico al suo secondo film, intesse in una polifonia di generi, dalla commedia, al musical al dramma, e che ha mandato in delirio il pubblico della Quinzaine des realisateurs a Cannes.

Eletto “miglior film indipendente britannico 2014”, Pride (distribuito dalla Teodora) torna sugli scenari di Billy Elliot (2000), storia di un teenager aspirante ballerino, padre minatore disoccupato e atterrito all'idea di un figlio gay, stessa epoca dei Lesbian and Gays Support the Miners, spericolata associazione nata dell'idea di una lotta comune tra indesiderati. Difficile raccogliere fondi per la Gay Parade dell'84 e per i minatori in lotta del Delais, paesino minerario a sud del Galles? Mark Ashton (Ben Schnetzer), giovane attivista, non si dà per vinto e sfida il governo conservatore che ha spazzato via le politiche sociali del laburista Clement Attle: nazionalizzate le maggiori industrie del paese - banca d'Inghilterra, elettricità, gas, ferrovie - reso pubblico il sistema sanitario, avviato un piano di edilizia popolare. Sconfiggere i minatori, che avevano imposto sistemi di sicurezza e contratti di lavoro decenti, equivaleva a sconfiggere la classe operaia tutta, come ci racconta Ken Loach in The Spirit of '45 (documentario, 2013).

Pride, il suo sequel ideale, ha la forza lisergica di Absolute Beginners di Julian Temple, anno '86, a ridosso dello sciopero. E l'onda lunga della Swinging London invade lo schermo dietro la frenesia del gruppo di militanti che decidono di appoggiare la lotta dei minatori, i rudi e diffidenti lavoratori del Galles, mentre preparano la Gay Parade di Londra. Spuntano i secchielli per raccogliere sterline, manifesti, striscioni, la banda si mobilita e cerca invano di contattare il sindacato, il Num (Unione Nazionale dei minatori) di Arthur Scargill, che, imbarazzato, non risponde. Vanno bene le donne, i giovani e i neri, ma gli omosessuali no. La battaglia dei minatori sarà persa nell'85 con la votazione 98 a 91 per la ripresa del lavoro, il sindacato ne uscirà a pezzi.

Matthew Warchus scarta l'estetica queer e mette in campo assoluti dilettanti del gender, chi più effeminato chi più macho come Dominc West (Il detective di The Wire, serie Hbo) che si esibisce in una performance danzante da smuovere le facce di pietra dei minatori, scorbutici all'inizio di fronte al pulmino scassato con a bordo i militanti del terzo sesso, bersaglio di insulti, provocazioni e botte lungo le strade londinesi. I soldi però arrivano, i secchielli sono pieni. E pian piano il ghiaccio si scioglie, i nuovi venuti insegnano la joie de vivre e un movimento politico-sensuale più devastante dei picchetti, che scatena energia, speranza e curiosità. L'operaio troverà nell'alleanza con il gay il vero punto in comune, l'indisponibilità a darsi come oggetto di proprietà, macchina da lavoro a disposizione del ciclo produttivo.

Tutto nella forma andante con brio della chiassosa band che invade gli austeri locali di Delais, monasteri per machi bevitori e mogli timorose. “Ho saputo una cosa tremenda su di voi - chiede cauta un'anziana signora a una coppia di lesbiche che si aspetta il peggio - è vero che siete tutte vegetariane?”. La comicità dirompe e il film corale si inerpica tra giovani attori e veterani come Bill Nighy (il “cattivo” di I pirati dei Caraibi) e Imelda Staunton (Coppa Volpi '2004 per Il segreto di Vera Drake), montaggio convulso di Melanie Oliver. Ma la festa sarà rovinata da una beghina del comitato dei minatori, che mai ha digerito la presenza dei colorati supporter e che scatena la stampa di destra. “Pervertiti”, titolo di prima pagina. I minatori arretrano, ma un concerto di beneficenza dal successo clamoroso organizzato dai Lesbian and Gays support the Miners riapre i giochi. Sarà un referendum pro e contro truccato a spezzare infine l'idillio.

A volte, però, la storia, riserva un happy end, e Pride ne approfitta con colpo di teatro folgorante, quando alla parata dell'85 sui prati londinesi, intristiti dall'ostilità diffusa e dalla polizia schierata, i minatori gallesi arriveranno in massa, solidali con i “fuori norma”, una lunga teoria di pullman scarica centinaia di eterosessuali esultanti, pronti alla battaglia danzante. Finale alla Grease. Eppure, recitano i titoli di coda “fatti e personaggi sono realmente esistiti”. La Thatcher avrà pure vinto, ma sul fronte civile sarà un trionfo, le Unions inglesi accetteranno per la prima volta di includere nel loro statuto i diritti dei gay su pressione dei minatori.

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Le persone e la dignità
26 11 2014

Sono stati lapidati sulla pubblica piazza davanti agli occhi della folla, tra cui molti bambini, due ragazzi di 18 e 20 anni. La loro colpa? Aver avuto, secondo l’accusa, rapporti omosessuali illegali. Le esecuzioni sono avvenute nella Siria orientale per mano dei jihadisti dell’Is. Lo ha riferito l’Osservatorio siriano per i diritti umani (Ondus), una ong con base in Gran Bretagna che ha numerosi osservatori in Siria.
I due giovani erano di Deyr az Zor, nella parte orientale del Paese, i loro nomi non sono stati resi noti. Il ventenne è stato messo a morte in piazza al-Bakara a Mayadin, una città della provincia, dopo che i miliziani jihadisti avevano affermato di avere trovato sul suo cellulare immagini che lo mostravano intento in “atti osceni con degli uomini”. Alla sua esecuzione, secondo l’Osservatorio, hanno assistito decine di persone, tra i quali molti bambini. (nella foto l’americano James Foley prima di essere ucciso)

Il diciottenne, invece, è stato lapidato nella sua stessa città di Deyr az Zor con le medesime accuse. In entrambi i casi, i cadaveri sono stati prelevati dai jihadisti dopo l’esecuzione e non sono stati restituiti alle rispettive famiglie per la sepoltura. Secondo l’Ong è la prima volta che l’Is mette a morte delle persone con questa motivazione, finora ha ucciso donne e uomini sulle pubbliche piazze, spesso perché riconosciuti colpevoli di furto, omicidio e adulterio, specie nella provincia di Raqqa. Recentemente due uomini erano stati messi a morte con lo stesso supplizio, sempre per adulterio: uno dall’Is ad Al Bukamal nella stessa provincia di Deyr az Zor vicino al confine con l’Iraq; l’altro a Saraqeb, nella provincia nord-occidentale di Idlib, ad opera del Fronte al Nusra, la branca siriana di Al Qaeda.

Nelle zone finite sotto il suo controllo in Iraq e in Siria, l’Is ha adottato un severo codice di comportamento, che prevede, tra l’altro, sanzioni pesanti per chi fuma, per chi beve alcolici, per le donne che non indossano il velo e per chi commette adulterio.

Lo scorso 14 novembre la Commissione d’inchiesta dell’Onu sulla Siria, presieduta dal giurista brasiliano Paulo Pinheiro, ha accusato l’Is di “crimini di guerra e crimini contro l’umanità”, chiedendo che i suoi dirigenti vengano processati davanti alla Corte penale internazionale (Cpi). Tra gli episodi contestati allo Stato islamico, le decapitazioni e le lapidazioni sulle pubbliche piazze, ma anche soprusi sulle minoranze, in particolare cristiani, sciiti e curdi, e la
riduzione a schiave sessuali di centinaia di donne della comunità degli Yazidi in Iraq. Secondo l’Ondus, sono state
almeno 300 le donne irachene portate in Siria, con molte di loro vendute come “mogli” per mille dollari l’una a miliziani dello Stato islamico. Ma l’ong afferma di avere potuto verificare la riduzione in schiavitù anche di almeno sei donne appartenenti alla comunità sunnita che erano mogli di soldati siriani uccisi.

Gambia: l’ergastolo per atti omosessuali diventa legge

  • Martedì, 25 Novembre 2014 11:22 ,
  • Pubblicato in Flash news

Certidiritti
25 11 2014

L’arresto di 4 giovani omosessuali ieri in Gambia è la prima concreta conseguenza della decisione del presidente del Gambia, Yahya Jammeh, di firmare, il 9 ottobre scorso, la legge che punisce gli atti di «omosessualità aggravata» con la pena dell’ergastolo. L’omosessualità era già punita con 14 anni di prigione, ora elevati alla pena dell’ergastolo per tutti coloro che siano trovati colpevoli di più di un atto di omosessualità, che siano siero positivi o che abbiano avuto un rapporto omosessuale con un minore di 18 anni, un disabile, una persona sotto effetto di stupefacenti o che siano genitori o tutori della persona con cui hanno avuto un rapporto omosessuale.

Yuri Guaiana, segretario dell’Associazione Radicale Certi Diritti, dichiara: «La dizione «omosessualità aggravata», chiaramente mutuata dalla famigerata legge ugandese recentemente abrogata dalla Corte Costituzionale di quel Paese, accomuna indebitamente l’omosessualità all’incesto e alla pedofilia usando il diritto come una clava ideologica contro una parte dei propri cittadini. Il presidente Jammeh dovrebbe imparare da Paesi africani come il Botswana la cui Corte Suprema ha recentemente stabilito che la libertà di associazione, assemblea ed espressione non può essere ristretta ad un ristretto gruppo di persone, sostenendo anche i diritti delle persone LGBTI. Il presidente Jammeh ha scelto invece di umiliare il suo Paese con una legge che viola apertamente trattati internazionali, quali la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e la Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli, che pure il Gambia ha sottoscritto».

Omofobia e scuola, perché la ministra non fa niente?

Omofobia e scuolaSta passando l'idea che debbano esser segnalate al vescovo di turno gli istituti colpevoli di occuparsi di educazione sessuale, di omofobia, di rispetto tra i generi, di conoscenza di sé. Una crociata cui la ministra all'Istruzione, Stefania Giannini, non sa rispondere con fermezza, forse per incapacità politica e culturale, forse perché non si sente sostenuta da un governo in cui sono presenti esponenti dai valori e provenienze contrapposte.
Aurelio Mancuso, Cronache del Garantista ...

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