Il Fatto Quotidiano
04 08 2015
Il ministero della Salute ha chiarito che nei casi in cui l'operazione "è necessaria per assicurare al soggetto uno stabile equilibrio psicofisico" il costo si può detrarre al 19 per cento. Basta che "dalla fattura del centro medico risulti la descrizione della prestazione"
L’intervento chirurgico per la ricostruzione degli organi genitali maschili in caso di disturbo dell’identità di genere “ha finalità di cura”, per l’agenzia delle Entrate. Di conseguenza il 19% della spesa può essere detratto dalle tasse. Lo riporta Il Sole 24 Ore, che spiega come il ministero della Salute, dopo esser stato interpellato dall’agenzia, abbia chiarito che “il disturbo dell’identità di genere è catalogato tra i disturbi mentali del Dsm-IV (manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) e ne viene definito affetto, per l’ottenimento del consenso per il cambio di sesso, solo chi non ha psicopatologia associata”. L’intervento, per il ministero guidato da Beatrice Lorenzin, “è necessario solo nel caso in cui occorre assicurare al soggetto uno stabile equilibrio psicofisico” quando la “discrepanza tra il sesso anatomico e la psico-sessualità determini un atteggiamento conflittuale di rifiuto dei propri organi sessuali”.
Per ottenere la detrazione è necessario, aggiunge il quotidiano, che “dalla fattura del centro medico risulti la descrizione della prestazione”.
La Repubblica
28 07 2015
I Boy Scouts of America (Bsa) cambiano, in quella che è una vera e propria rivoluzione. Il consiglio esecutivo dell'associazione mette fine al divieto di avere adulti leader e dipendenti apertamente gay. La decisione, approvata con 45 voti a favore e 12 contrari, ha effetto immediato.
"Per troppo tempo questo tema ha diviso e distratto. Ora è il momento di essere uniti nella condivisa convinzione della straordinaria forza per il bene degli Scout", afferma il presidente dell'associazione, l'ex segretario alla Difesa Robert Gates. Proprio Gates aveva aperto la strada alla svolta lo scorso maggio, definendo il divieto insostenibile e potenziale oggetto di azioni legali che i Boy Scout avrebbero quasi di sicuro perso. In base alle nuove norme, a potenziali dipendenti dell'organizzazione nazionale non può più essere rifiutata una posizione per l'orientamento sessuale. E i leader gay che erano stati rimossi per il divieto avranno l'opportunità di ripresentare la domanda.
Nel 2013 dopo un acceso dibattito i Bsa avevano deciso di consentire ai giovani gay di essere scout, ma la svolta non aveva riguardato i leader. Il divieto per capi apertamente gay era rimasto in vigore. Ora è crollato, anche se viene consentito agli scout appoggiati dalla chiesa l'esclusione per motivi religiosi. I cattolici così come i mormoni e i battisti si sono dichiarati preoccupati per la fine del divieto e la rassicurazione dell'esclusione per motivi religiosi non ha tranquillizza. "Mi è difficile credere che, nel lungo termine, i Boy Scout consentiranno ai gruppi religiosi la libertà di scegliere
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i loro leader", afferma il reverendo Russell Moore, presidente delle Convenziona etica battista. "Negli ultimi anni ho visto un raffreddamento di parte delle chiese battiste sugli Scout. Questo probabilmente trasformerà il raffreddamento in gelo", mette in evidenza Moore.
Associazione D.i.Re./ArciLesbica
14 07 2015
ArciLesbica Associazione Nazionale e D.i.Re. (Associazione Donne in rete contro la violenza) unite contro ogni forma di violenza sulle donne chiedono le dimissioni di Angelo Colombo, assessore di Cassano d'Adda. Le dimissioni dell’assessore Colombo sono doverose perché ha commentato su Facebook lo stupro di una ragazzina romana di 15 anni con queste parole: “Non sono di Sel né razzista, ma certe donne provocano e rischiano da come si vestono!!”. E’ davvero incredibile che ci sia ancora qualcuno che incolpa le donne per la violenza che subiscono. Lo stupro è un grave reato e il nostro ordinamento sancisce l’inviolabilità del corpo femminile. Per ottenere che lo stupro da reato contro la morale sia divenuto reato contro la persona le donne italiane hanno lottato vent’anni.
Le nostre associazioni sono impegnate ogni giorno affinché le donne possano vivere, lavorare e andare per strada libere e non possiamo tollerare che parole come queste vengano pronunciate da chi rappresenta le istituzioni. Angelo Colombo se ne deve andare subito.
ArciLesbica Associazione Nazionale (Elena Lazzari - Segretaria Nazionale 3494589862)
Associazione D.i.Re. (Titti Carraro - Presidente di D.i.Re. 3927200580)
La Repubblica
08 07 2015
Si vince anche così. Con la normalità. E si diventa paese civile anche così: baciando senza vergogna la persona che ami e che hai sposato, giocando a calcio, in uno stadio pieno, con il tifo di tutta l’America, Obama e Michelle compresi, e mettiamoci anche Beyoncè …
Il Fatto Quotidiano
29 06 2015
Gas lacrimogeni, cannoni ad acqua e proiettili di gomma contro i manifestanti del Gay Pride ad Istanbul. La marcia, in programma per le 17, non ha fatto in tempo ad iniziare. La polizia antisommossa ha immediatamente bloccato le entrate di Istiklal, via icona della Istanbul turistica, aggredendo i manifestati dalle vie laterali. Le persone si sono rifugiate dentro negozi e bar, cercando di sfuggire alla repressione della polizia. Diverse ambulanze hanno portato via alcuni feriti. Quella di oggi doveva essere la tredicesima edizione della marcia per i diritti Lgbt in Turchia. La prima edizione ha avuto luogo nel 2003: quell’anno la partecipazione è stata molto bassa, secondo gli organizzatori. Il numero è aumentato nel 2011: circa 10.000 persone hanno aderito all’iniziativa. Ma solo dopo le manifestazioni di Gezi Park del 2013, c’è stato una massiccia adesione: secondo gli organizzatori, 100.000 persone erano presenti nella famosa piazza di Istanbul e nelle vie popolari adiacenti.
Da giorno di festa a scene di guerriglia urbana nel centro città per il tredicesimo Gay pride in Turchia. I ragazzi, rifugiati nei bar di viale Istiklal, si sono affacciati dalle finestre o sono saliti su alcune terrazze dei caffè che si affacciano sulla via, urlando a squarciagola slogan del tipo: “scappa, scappa Erdogan, arrivano i gay!” oppure “basta, ne abbiamo abbastanza!” ma anche “noi siamo gay, noi esistiamo!” per finire con “Tutti insieme contro il fascismo!”.
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Qualche manifestante – probabilmente alcuni organizzatori – ha cercato di parlare con i poliziotti per dissuaderli dal tormentare i manifestanti, ma senza successo. Un giovane, che guarda la scena dal terrazzo di un bar che si affaccia su piazza Taksim, racconta che “i poliziotti sono giovanissimi, ragazzini indottrinatati che devono ubbidire agli ordini dei superiori. È inutile parlare con loro”. Poi alzando leggermente il tono di voce, incalza: “È sempre bello vedere gente che prova a parlare con la polizia, ma il problema non sono loro, bensì i nostri dirigenti politici”. Poi attacca senza mezzi termini il Presidente: “in verità, il nostro unico problema si chiama Erdogan“.
Presenti, in testa alla marcia, alcuni deputati del partito repubblicano e del partito curdo Hdp, appena eletti in Parlamento. Non mancano anche cantanti famosi e star della televisione. Nessuna bandiera politica presente in Piazza Taksim o nelle vie limitrofe, né iniziali o sigle dei vari partiti. Si vedono sventolare ovunque, invece, le bandierine con i colori dell’arcobaleno, simbolo mondiale del Gay pride. Per le strade, si vedono tanti giovani e famiglie: “Come puoi vedere ci sono tante coppie e famiglie eterosessuali che oggi sono venute ad esternare il loro appoggio alla nostra causa. Non siamo soli in questa battaglia per i diritti” esclama una signora di mezza età che tiene teneramente la mano della sua compagna.
Secondo le prime agenzie, la motivazione della repressione violenta della polizia è dovuta al fatto che siamo nel mese del Ramadan, mese sacro per i musulmani. Questo annuncio, non convince Begum, una ragazza che si trova alla manifestazione turca: “La cosa assurda – spiega – è che la manifestazione era autorizzata. Dietro la repressione c’è ovviamente una motivazione politica”. Nel frattempo, la situazione in piazza Taksim non è migliorata: i cannoni ad acqua hanno colpito la folla. Nel marasma più totale, alcune persone, con il viso insanguinato, sono state fermate, ammanettate e portate via.
“È la prima volta che il Gay Pride in Turchia viene represso così brutalmente” spiega Begum che poi ripete con veemenza: “Il governo ha voluto mostrare alla gente che non c’è libertà in questo Paese, che il potere è strettamente saldo nelle mani di Erdogan e che per noi non c’è spazio. Come puoi vedere siamo in uno Stato di polizia”. La giovane, evidentemente sconvolta e preoccupata, chiama freneticamente al telefono gli amici dispersi durante gli attacchi della polizia, poi esclama: “anche l’anno scorso il Gay Pride è stato fatto nel mese del Ramadan, eppure non siamo stati aggrediti dalla polizia, abbiamo potuto manifestare”. Secondo Begum la motivazione è strettamente legata al risultato delle recenti elezioni politiche : “Questo significa che il governo ha paura della gente che la pensa diversamente. Il risultato delle elezioni è un indicatore degli umori dei Turchi: la popolazione sta cominciando a capire che non è bello vivere in uno statati autoritario.”
Un’altra ragazza, un po’ in disparte, prende la parola, si chiama Irem: “Erdogan ci dipinge come malati e criminali. Guardati intorno: ci sono famiglie, bambini, anziani. Tutte persone pacifiche – omosessuali e non – che oggi volevano festeggiare l’amore e la pace. Ecco risultai: gas lacrimogeni e cannoni ad acqua”. Irem sembra molto lucida, vuole spiegare il suo punto di vista : “È un problema educativo: la gente pensa che che l’omosessualità sia una malattia che si può curare. Per molti, in Turchia, è ancora un tabù. Subiamo ogni tipo di ingiustizia, nel silenzio assordante della politica: ad esempio, non possiamo lavorare, se dichiariamo apertamente il nostro orientamento sessuale. Veniamo continuamente derisi e scherniti”. Irem, in modo concitato, racconta: “Io sono fortunata perché vivo ad Istanbul. Nei villaggi in Turchia esiste ancora “il delitto d’onore“: nel 2013 un ragazzo che conosco è stato ucciso dal padre perché gay. La famiglia non poteva accettare questa vergogna quindi ha preferito cancellare il problema dalla radice: sparare al figlio”. E’ un fiume in piena, prima di andarsene aggiunge: “Non so come è andato a finire il processo, ma purtroppo, nei villaggi, la maggior parte delle persone omosessuali non hanno il coraggio di dichiarare apertamente la propria omosessualità: è troppo pericoloso. Bisogna combattere prima di tutto l’ignoranza in questa Paese”.
Un’altra ragazza mentre parla stringe la mano della compagna : “Noi siamo qui oggi per mandare un chiaro messaggio al Presidente: è iniziato una nuova pagina politica in Turchia. Noi esistiamo e continueremo a manifestare. I gas lacrimogeni non ci spaventano più”. Poco più in là, un giovane, sulla ventina, con la bandiera arcobaleno appoggiata sul volto, utilizzata per proteggersi dai gas lacrimogeni, si ferma a parlare con dei giornalisti presenti e lancia un monito al Presidente: “Fino a quando anche una sola persona nel mondo sarà picchiata, oltraggiata o molestata, per ragioni sessuali, ci saranno altri 10.000 Pride!”. Poi – ancora evidentemente stordito e frastornato – si disperde tra la folla.