Dinamo Press
24 06 2015
Sabato scorso a Londra in 250.000 contro l'austerità, un passaggio importante per rilanciare le lotte contro la crisi economica. Un racconto della manifestazione con un'intervista a Craig McVegas di Plan C.
Già prima del secondo insediamento del governo Cameron, diverse università a Londra (Goldsmiths e LSE, UAL, KCL e la SOAS a intermittenza) erano occupate. Da almeno due anni il personale del NHS (il sistema sanitario nazionale), ma anche i cittadini stanno difendendo l’unico servizio pubblico rimasto tale in Uk. Da mesi sempre più forte è ripartita la lotta per il diritto alla casa che ha coinvolto diverse aree soprattutto al sud di Londra (per una sintesi delle azioni di Radical Housing Network clicca qui), e da alcune settimane, anche i lavoratori dei trasporti ferroviari hanno dichiarato scioperi a intermittenza contro la privatizzazione.
Siamo al sesto anno delle politiche di austerity in Uk, i cui effetti sono sempre più visibili nei tagli al welfare (sopratutto benefits a sostegno della disoccupazione e per l’inserimento al lavoro, oppure housing benefits per il sostegno agli affitti) e di privatizzazione ancora più selvaggia di scuole e università, sanità e servizi. Ma il movimento si è intensificato con la vittoria e l’insediamento del secondo governo Cameron, il quale ha vinto con il 37% dei voti ma –grazie al sistema uninominale vigente– ha conseguito la maggioranza assoluta dei seggi e non si regge dunque più su una coalizione come il precedente. Troppo lunga sarebbe ora un’analisi del voto, che risulta di certo più stratificato e complesso rispetto a quello che il risultato finale ci ha consegnato e a cui andrebbero aggiunti altri elementi importanti –dal livello di astensione alla divergenza fra voto popolare e distribuzione dei seggi, che ha svantaggiato i verdi e i populisti di Farage.
La prima mobilitazione espressiva, trasversale e radicale è stata quella del 27 Maggio durante il Queen’s Speech in cui la Regina ha ratificato non solo l’insediamento, ma anche l’interezza del programma di Cameron. Il punto centrale del Queen's speech, infatti, è stato la trasformazione del Regno Unito in una "one nation country", che richiama il progetto di "big society" del 2010: una nazione in cui a chiunque verrà garantita la piena libertà' di scelta in ambito scolastico e lavorativo. La realizzazione della retorica neo-liberale. I punti centrali del manifesto dei conservatori sono invece: realizzare un sistema economico stabile che garantisca una crescita rapida (la più prospera al mondo entro il 2030), più lavoro per tutti (cioè tutti devono lavorare!), meno tasse, lotta all'evasione fiscale, controllo dell'immigrazione, rinegoziazione dei rapporti con la UE, lotta e prevenzione del terrorismo, rendere il welfare più “equo”.
Che questi siano gli obiettivi è stato ribadito anche il giorno dopo la manifestazione, quando George Osborne e Iain Duncan Smith hanno sancito che a partire da luglio i benefits verranno tagliati di 12 miliardi di sterline, giustificando la loro scelta con l’intento di fermare “the damaging culture of welfare dependency”. La frase che, secondo la buona educazione inglese, vorrebbe “liberare dalla dipendenza dagli aiuti statali”, tradotta in linguaggio concreto, significa ulteriore marginalizzazione di poveri, precari e disoccupati e aumento vertiginoso delle diseguaglianze. Contro tutto questo, con lo slogan #EndAusterityNow la manifestazione del 20 giugno indetta da The people's assembly a cui hanno aderito davvero la stragrande maggioranza delle realtà in lotta, movimenti, sindacati, gruppi di pressione locali (GBlobal justice, No ttip, Dave the nhs) si è mossa. 250.000 persone, secondo gli organizzatori, hanno attraversato la città da Bank of England a Parliament Square, in contemporanea a Glasgow, Liverpool e Bristol, ma anche al resto d’Europa: da Berlino a Dublino, da Atene a Francoforte… Non è che l’inizio per il movimento in Uk, così come già da mesi sta avvenendo a sciame in tutta Europa!
Abbiamo sentito direttamente la voce di Craig McVegas (@CraigMcVegas), attivista di Plan C e editor di NovaraWire a proposito della manifestazione e delle mobilitazioni inglesi:
D: What are your thoughts on today's demo?
Craig: It was fine for what it was. There's only so much you can hope for with an A to B march. But it was clearly a huge turnout with lots of young people too. From what I saw there were relatively few arrests and the police were less provocative than usual, which is a positive thing.
D: Do you think it has marked the beginning of a new phase for the Uk movements and unions?
It's hard to say. We're only at the beginning of a new parliamentary term, so it's hard to imagine that it would be a quiet few years. As austerity kills more people and tears apart more working class communities, it's likely that more people will want to fight back, but a 'new phase' would have to be defined by new tactics and new political articulations. I'm not sure the main unions are able to offer this. The truth is that for all the talk at the rally (and every rally previously) of using the march as the catalyst for taking the fight back to our communities, these big set-piece demonstrations are often actually more like a finish line in the annual activist calendar, until we do it all over again. Demonstrations are good at attracting large numbers of people, but it's not helpful to tell people to go and organise in their communities if we're not simultaneously doing it ourselves and showing people what community organising looks like.
di Alice Niffoi, Tania Rispoli
A seguire alcuni link dei quotidiani ufficiali sulla manifestazione:
http://www.theguardian.com/world/2015/jun/20/tens-thousands-rally-uk-protest-against-austerity
http://www.independent.co.uk/news/uk/antiausterity-protest-david-cameron-is-a-robot-made-of-ham-and-other-brilliant-banners-from-the-march-10333910.html
Leonardo Clausi, Il Manifesto
19 maggio 2015
Gran Bretagna: Tories sfrenati dopo il voto: stretta filo-padronale sui diritti dei lavoratori. [...] Questo è un governo duro con chi lavora. E per cominciare, niente di meglio che un buon vecchio attacco frontale al diritto di sciopero nel Paese che ha già le leggi più filo-padronali d'Europa. ...
Globalist
27 03 2015
Vendere il proprio corpo per pagarsi la retta o un migliore stile di vita all'università non è affatto un tabù in Gran Bretagna. Anzi, secondo un sorprendente studio condotto dalla Swansea University, il 22% degli studenti negli Atenei del Regno ha considerato come una opzione i cosiddetti lavori nell'industria del sesso, che vanno dalle chat erotiche, agli spogliarelli fino alla vera e propria prostituzione. E il 5% ha ammesso di aver fatto soldi in questo settore: si contano più uomini di donne.
Sarebbero secondo gli esperti, di decine di migliaia di studenti che si sono già 'messi in vendita': un dato allarmante per le università britanniche che dovrebbero offrire sostegno a queste persone. Lo studio, dal titolo emblematico di 'Student Sex Work Project', ha chiesto anche agli studenti di motivare questa scelta. I due terzi afferma che la priorità sono i soldi per uno stile di vita migliore, mentre il 45% vuole evitare di finire l'università coi debiti accumulati per pagarsi le costose rette nel Regno. Ma c'è anche chi mette prima di tutto il piacere fisico.
Si lavora in questo settore per periodi brevi e con orari part-time, meno di cinque ore a settimana, per non togliere troppa attenzione agli studi.