Le persone e la dignità
29 04 2014
Esplora il significato del termine: Sapete quanti soldi ha dato l’Unione europea alla Grecia per aiutare questo paese di frontiera a tenere lontani dall’Europa migranti e rifugiati? 227 milioni e mezzo di euro, dal 2011 al 2013. Nello stesso periodo, Atene ha ricevuto meno di 20 milioni di euro per l’assistenza alle operazioni di accoglienza.
Ricordiamocelo, quando parliamo di crisi. Ricordiamoci quanto costa violare i diritti umani. E teniamo a mente il “costo” in vite umane: solo nel mar Egeo, tra agosto 2012 e marzo 2014, sono annegate o non sono state più ritrovate 188 persone, tra cui bambini e neonati.
Un nuovo rapporto diffuso questa mattina da Amnesty International, dopo quello del luglio 2013, presenta ulteriori prove e testimonianze sul vergognoso e illegale trattamento che la Grecia riserva a persone che rischiano la vita (e non poche volte la perdono) per cercare riparo in Europa.
La detenzione dei migranti e dei richiedenti asilo, i 10 chilometri e mezzo di muro alla frontiera terrestre, i respingimenti a questa stessa frontiera e a quella marittima, chiamano dunque in causa l’Unione europea. Per questo, Amnesty International ha sollecitato Bruxelles ad avviare un procedimento legale nei confronti della Grecia per violazione degli obblighi che ha sottoscritto. I respingimenti (l’Italia ne sa qualcosa, essendo stata condannata nel 2011 dalla Corte europea dei diritti umani) violano il diritto comunitario e quello internazionale, per non parlare di quello interno.
Il rapporto di Amnesty International descrive casi di persone che, invece di trovare un riparo all’ingresso in Europa, subiscono violenze e intimidazioni: con le armi puntate addosso, sono obbligate a spogliarsi e rapinate di tutti i loro beni prima di essere respinte oltre il confine con la Turchia.
La Grecia è uno degli stati di frontiera della “Fortezza Europa”. Gli stati dell’Ue hanno il dovere di controllare i loro confini ma non devono mai farlo a scapito della vita e della sicurezza di persone alla disperata ricerca di protezione o semplicemente di una vita migliore. Invece, la Grecia lo fa coi respingimenti, espulsioni collettive di migranti lungo la frontiera che hanno appena oltrepassato, verso il luogo dal quale provengono. Si tratta di deportazioni illegali di gruppi di persone senza che siano state esaminate le situazioni individuali, negando dunque la possibilità di chiedere asilo.
Tra settembre 2012 e aprile 2014, Amnesty International ha incontrato 148 migranti e rifugiati che hanno riferito l’esperienza traumatica e spesso violenta fatta nel tentativo di entrare in Grecia. Poco meno della metà di loro ha denunciato di essere stata respinta dalla Grecia verso la Turchia, in alcuni casi più di una volta.
I respingimenti si verificano regolarmente lungo la frontiera terrestre della regione di Evros, nella Grecia nordorientale, pattugliata da migliaia di guardie di frontiera e in parte protetta dalla barriera lunga oltre 10 chilometri. Altre persone vengono respinte dalle isole di Lesbo, Chios e Samos, nel mar Egeo.
Ecco tre storie tratte dal rapporto di Amnesty International.
La prima è di due sorelle in fuga dalla guerra della Siria, che hanno descritto ad Amnesty International il trattamento cui sono state sottoposte, insieme ad altre 40 persone, dopo aver attraversato il confine con la Turchia:
“La polizia ci insultava e ci spingeva. Ci ha consegnato a persone che indossavano cappucci neri e uniformi nere o blu. Questi ci hanno preso soldi e passaporti. Poi a gruppi ci hanno fatti salire su queste piccole imbarcazioni e portati oltre il confine con la Turchia, con solo i vestiti addosso”.
Un gruppo di 12 afgani e siriani, tra cui otto bambini, ha perso la vita il 20 gennaio 2014 quando un’imbarcazione con a bordo 27 persone è affondata nei pressi dell’isola di Farmakonisi. Due dei sopravvissuti, che hanno perso i familiari con cui viaggiavano, hanno raccontato ad Amnesty International che l’affondamento è avvenuto dopo che la guardia costiera aveva agganciato l’imbarcazione e aveva iniziato a trainarla, ad alta velocità, con manovre a zig-zag che sollevavano alte onde, in direzione della Turchia. Le autorità hanno negato che si sia trattato di un’operazione di respingimento.
Il 6 marzo 2014 la guardia costiera greca ha sparato proiettili veri contro una piccola imbarcazione diretta, con 16 siriani a bordo, verso l’isola di Oinousses. Tre persone sono rimaste ferite. La guardia costiera ha dichiarato di aver agito per autodifesa poiché l’imbarcazione dei rifugiati stava cercando di abbordare le loro. Le persone a bordo hanno smentito questa ricostruzione, sostenendo che avevano alzato le mani per mostrare che erano prive di armi e che non avevano intenzioni aggressive.
“Pensavo fossero proiettili finti, fino a quando non ho sentito un urlo, mi sono girato e ho visto una ragazza coperta di sangue. Abbiamo provato terrore. Era come se non avessimo mai lasciato la guerra” – ha dichiarato una delle persone che erano a bordo.
Il caso della Grecia dimostra quanto le attuali politiche dell’Ue siano profondamente orientate verso la deterrenza e la prevenzione dell’immigrazione irregolare piuttosto che verso la protezione di coloro che ne necessitano.
Amnesty International Italia sta prendendo parte alla campagna “SOS Europe” per chiedere all’Unione europee l’adozione di politiche che diano priorità alle persone, e poi alle frontiere.
Nell’ambito di questa campagna, il 26 aprile a Bari gli oltre 300 partecipanti alla XXIX Assemblea generale di Amnesty International Italia hanno preso parte a una mobilitazione per denunciare la “Fortezza Europa” e chiedere il rispetto dei diritti umani dei migranti e dei rifugiati. Qui potete vedere le immagini.Sapete quanti soldi ha dato l’Unione europea alla Grecia per aiutare questo paese di frontiera a tenere lontani dall’Europa migranti e rifugiati? 227 milioni e mezzo di euro, dal 2011 al 2013. Nello stesso periodo, Atene ha ricevuto meno di 20 milioni di euro per l’assistenza alle operazioni di accoglienza.
Ricordiamocelo, quando parliamo di crisi. Ricordiamoci quanto costa violare i diritti umani. E teniamo a mente il “costo” in vite umane: solo nel mar Egeo, tra agosto 2012 e marzo 2014, sono annegate o non sono state più ritrovate 188 persone, tra cui bambini e neonati.
Un nuovo rapporto diffuso questa mattina da Amnesty International, dopo quello del luglio 2013, presenta ulteriori prove e testimonianze sul vergognoso e illegale trattamento che la Grecia riserva a persone che rischiano la vita (e non poche volte la perdono) per cercare riparo in Europa.
La detenzione dei migranti e dei richiedenti asilo, i 10 chilometri e mezzo di muro alla frontiera terrestre, i respingimenti a questa stessa frontiera e a quella marittima, chiamano dunque in causa l’Unione europea. Per questo, Amnesty International ha sollecitato Bruxelles ad avviare un procedimento legale nei confronti della Grecia per violazione degli obblighi che ha sottoscritto. I respingimenti (l’Italia ne sa qualcosa, essendo stata condannata nel 2011 dalla Corte europea dei diritti umani) violano il diritto comunitario e quello internazionale, per non parlare di quello interno.
Il rapporto di Amnesty International descrive casi di persone che, invece di trovare un riparo all’ingresso in Europa, subiscono violenze e intimidazioni: con le armi puntate addosso, sono obbligate a spogliarsi e rapinate di tutti i loro beni prima di essere respinte oltre il confine con la Turchia.
La Grecia è uno degli stati di frontiera della “Fortezza Europa”. Gli stati dell’Ue hanno il dovere di controllare i loro confini ma non devono mai farlo a scapito della vita e della sicurezza di persone alla disperata ricerca di protezione o semplicemente di una vita migliore. Invece, la Grecia lo fa coi respingimenti, espulsioni collettive di migranti lungo la frontiera che hanno appena oltrepassato, verso il luogo dal quale provengono. Si tratta di deportazioni illegali di gruppi di persone senza che siano state esaminate le situazioni individuali, negando dunque la possibilità di chiedere asilo.
Tra settembre 2012 e aprile 2014, Amnesty International ha incontrato 148 migranti e rifugiati che hanno riferito l’esperienza traumatica e spesso violenta fatta nel tentativo di entrare in Grecia. Poco meno della metà di loro ha denunciato di essere stata respinta dalla Grecia verso la Turchia, in alcuni casi più di una volta.
I respingimenti si verificano regolarmente lungo la frontiera terrestre della regione di Evros, nella Grecia nordorientale, pattugliata da migliaia di guardie di frontiera e in parte protetta dalla barriera lunga oltre 10 chilometri. Altre persone vengono respinte dalle isole di Lesbo, Chios e Samos, nel mar Egeo.
Ecco tre storie tratte dal rapporto di Amnesty International.
La prima è di due sorelle in fuga dalla guerra della Siria, che hanno descritto ad Amnesty International il trattamento cui sono state sottoposte, insieme ad altre 40 persone, dopo aver attraversato il confine con la Turchia:
“La polizia ci insultava e ci spingeva. Ci ha consegnato a persone che indossavano cappucci neri e uniformi nere o blu. Questi ci hanno preso soldi e passaporti. Poi a gruppi ci hanno fatti salire su queste piccole imbarcazioni e portati oltre il confine con la Turchia, con solo i vestiti addosso”.
Un gruppo di 12 afgani e siriani, tra cui otto bambini, ha perso la vita il 20 gennaio 2014 quando un’imbarcazione con a bordo 27 persone è affondata nei pressi dell’isola di Farmakonisi. Due dei sopravvissuti, che hanno perso i familiari con cui viaggiavano, hanno raccontato ad Amnesty International che l’affondamento è avvenuto dopo che la guardia costiera aveva agganciato l’imbarcazione e aveva iniziato a trainarla, ad alta velocità, con manovre a zig-zag che sollevavano alte onde, in direzione della Turchia. Le autorità hanno negato che si sia trattato di un’operazione di respingimento.
Il 6 marzo 2014 la guardia costiera greca ha sparato proiettili veri contro una piccola imbarcazione diretta, con 16 siriani a bordo, verso l’isola di Oinousses. Tre persone sono rimaste ferite. La guardia costiera ha dichiarato di aver agito per autodifesa poiché l’imbarcazione dei rifugiati stava cercando di abbordare le loro. Le persone a bordo hanno smentito questa ricostruzione, sostenendo che avevano alzato le mani per mostrare che erano prive di armi e che non avevano intenzioni aggressive.
“Pensavo fossero proiettili finti, fino a quando non ho sentito un urlo, mi sono girato e ho visto una ragazza coperta di sangue. Abbiamo provato terrore. Era come se non avessimo mai lasciato la guerra” – ha dichiarato una delle persone che erano a bordo.
Il caso della Grecia dimostra quanto le attuali politiche dell’Ue siano profondamente orientate verso la deterrenza e la prevenzione dell’immigrazione irregolare piuttosto che verso la protezione di coloro che ne necessitano.
Amnesty International Italia sta prendendo parte alla campagna “SOS Europe” per chiedere all’Unione europee l’adozione di politiche che diano priorità alle persone, e poi alle frontiere.
Nell’ambito di questa campagna, il 26 aprile a Bari gli oltre 300 partecipanti alla XXIX Assemblea generale di Amnesty International Italia hanno preso parte a una mobilitazione per denunciare la “Fortezza Europa” e chiedere il rispetto dei diritti umani dei migranti e dei rifugiati. Qui potete vedere le immagini.
Amnesty International
03 04 2014
Rapporto di Amnesty International sulla Grecia: impunità, forza eccessiva e legami con alba dorata, una macchia sulla polizia
Una duratura cultura fatta di impunità, razzismo e violenza endemica, che si esprime anche attraverso l'uso della forza contro i manifestanti e i maltrattamenti ai danni di migranti e rifugiati: è quanto emerge dalla ricerca pubblicata oggi da Amnesty International sulle forze di polizia in Grecia, preceduta da un'inchiesta ufficiale sui legami tra la polizia e il gruppo estremista Alba dorata.
Lo scorso dicembre quasi 50 persone tra cui il leader di Alba dorata, due agenti di polizia e cinque parlamentari, sono stati arrestati e accusati di reati che vanno dall'omicidio all'uso di esplosivi fino al ricatto. Dieci agenti di polizia sono risultati collegati direttamente o indirettamente ad azioni criminali attribuite a membri di Alba dorata.
Ora la ricerca di Amnesty International, "Farsi le leggi da soli. Una cultura di abuso e d'impunità in Grecia", denuncia le numerose e persistenti violazioni dei diritti umani commesse dalle forze di polizia, la completa mancanza di assunzione di responsabilità e l'assenza di indagini rapide, esaustive e imparziali sulle denunce a loro carico.
"Le nostre ricerche hanno evidenziato che la rovinosa vicenda dei rapporti con Alba dorata è solo la punta dell'iceberg. Un profondo razzismo, l'uso eccessivo della forza e una radicata impunità costituiscono una macchia per la polizia greca. I vari governi che si sono succeduti finora non hanno riconosciuto, né tantomeno contrastato, queste violazioni e l'impunità" - ha dichiarato Jezerca Tigani, vicedirettrice del Programma Europa e Asia Centrale di Amnesty International.
"C'è urgente bisogno di una riforma strutturale complessiva delle forze di polizia, che comprenda la creazione di un meccanismo indipendente in grado di indagare sulle denunce di condotta illegale da parte degli agenti di polizia. Le autorità greche devono ripristinare la fiducia della società verso le forze di polizia" - ha aggiunto Tigani.
Amnesty International documenta da molti anni il comportamento illegale delle forze di polizia greche. La ricerca diffusa oggi conferma che la situazione resta sconfortante. Alla fine del mese scorso, nella prigione di Nigrita, nel nord del paese, la polizia ha picchiato a morte un detenuto in isolamento. L'autopsia ha rivelato numerosi colpi sulle piante dei piedi e al petto nonché bruciature sulle mani.
Negli ultimi tre anni c'è stato un drammatico aumento degli attacchi motivati da odio nei confronti di rifugiati e migranti. Crimini dell'odio sono stati registrati anche contro la comunità rom e persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuate (Lgbti). Le forze di polizia non hanno saputo impedire questi attacchi o indagare sui moventi di odio che li avevano ispirati.
"Agendo in questo modo, la polizia greca si mostra indulgente verso i gruppi xenofobi di estrema destra che vogliono attaccare chiunque non si conformi alla loro idea di società" - ha sottolineato Tigani.
"La polizia viene usata dalle autorità in modo indiscriminato. Invece di mantenere la legge e l'ordine, spesso le viene affidato il compito di stroncare il dissenso e perseguitare chi appartiene a gruppi vulnerabili. Le azioni delle forze di polizia sono prive di monitoraggio indipendente e i loro comportamenti restano impuniti. Questo deve cambiare" - ha concluso Tigani.
Alba dorata
Il 17 settembre 2013 Pavlos Fyssas, musicista e attivista antifascista, è stato accoltellato a morte nella periferia di Atene da un militante di Alba dorata, Giorgios Roupakias. I testimoni hanno riferito alla stampa che otto agenti del reparto motorizzato di polizia erano già presenti quando Fyssas e i suoi amici vennero aggrediti, ma non intervennero.
Il giorno dopo, la polizia antisommossa ha disperso, con manganelli e agenti chimici, una manifestazione di protesta per l'omicidio di Fyssas: 31 persone hanno dovuto ricorrere alle cure mediche, molte per ferite alla testa causate dai manganelli, dai caschi e dagli scudi degli agenti. In precedenza, i manifestanti erano stati presi a sassate da militanti di estrema destra, senza che la polizia fosse intervenuta. Alla fine della giornata, un manifestante di 32 anni aveva perso l'occhio destro. Da allora, è stato sottoposto a tre interventi chirurgici.
Dall'omicidio di Pavlos Fyssas ha preso il via un'ampia indagine della polizia sulle attività di Alba dorata e i suoi legami con le stesse forze di polizia.
Trattamento brutale di migranti e rifugiati
La polizia greca ha il compito di controllare l'immigrazione e arrestare ed espellere i migranti irregolari. Nell'ambito dell'operazione "Xenios Zeus", tra aprile 2012 e giugno 2013, sono stati fermati per controlli d'identità oltre 120.000 cittadini stranieri, solo il cinque per cento dei quali (7000) è stato trovato privo di documenti.
K., un rifugiato siriano, ha denunciato i maltrattamenti subiti nel febbraio 2013 nel centro di detenzione per migranti di Corinto: "Quell'agente iniziò a prendermi a calci. Cercavo di stare in piedi e lui mi colpiva ancora. Poi chiese a due colleghi di portarmi in una stanza dove gli altri detenuti non potessero vedermi. Lì, il poliziotto prese a darmi calci sul petto. Poi un altro poliziotto mi schiaffeggiò e mi prese a pugni sul volto".
Crimini dell'odio
Nel gennaio 2013, due cittadini greci hanno accoltellato a morte Shehzad Luqman, un cittadino pachistano residente in Grecia. La polizia e la magistratura non hanno preso in considerazione il possibile movente razzista dell'attacco. Questo omicidio ha mostrato molti elementi in comune con gli attacchi razzisti di una "squadra d'assalto" legata ad Alba dorata. Il processo è in corso. Nel settembre 2013, una donna greca è stata ripresa con una telecamera mentre prendeva a calci una bambina rom che suonava la fisarmonica in una strada pedonale sotto l'Acropoli, ad Atene. La polizia ha aperto un'inchiesta e ha preso in considerazione il movente dell'odio solo grazie all'insistenza dell'organizzazione non governativa Helsinki Monitor Grecia.
Leggi il rapporto in inglese
FINE DEL COMUNICATO Roma, 3 aprile 2014
Per interviste: Amnesty International Italia - Ufficio Stampa
Tel. 06 4490224 - cell. 348 6974361, e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
La Repubblica
18 03 2014
ATENE - Almeno sette immigranti clandestini, fra cui due bambini, sono morti annegati in seguito al naufragio dell'imbarcazione sulla quale viaggiavano insieme ad un'altra dozzina di persone, otto delle quali sono state tratte in salvo. Lo riferiscono i media ellenici precisando che l'incidente è avvenuto durante la scorsa notte al largo dell'isola di Lesvos, nell'Egeo orientale.
Il natante, hanno riferito i sopravvissuti ai soccorritori della guardia costiera greca, ha all'improvviso cominciato ad imbarcare acqua per cause sconosciute e in breve tempo si è inabissato. Dalle prime informazioni raccolte, i migranti - di cui ancora non si conosce la nazionalità - erano partiti dalle coste della vicina Turchia ed erano diretti in Europa. I clandestini soccorsi sono stati trasferiti nell'ospedale dell'isola.
Lipperatura
26 02 2014
Cose di cui occorrerebbe parlare invece di, e dopo il “di” si possono mettere le foto del premier mentre carica lo smartphone, lo streaming dei 5stelle, le discussioni web sul 50/50 (che sono importantissime, ma non nei termini in cui si stanno svolgendo ora, che appaiono assai poco pacati).
Per esempio, le cose di cui parla Barbara Spinelli su Repubblica di oggi e che riguardano la Grecia. Solo un passaggio, invitandovi a leggere l’integrale:
“Dopo la crisi acuta del 2008, Reykjavik disse no alle misure che insidiavano sanità pubblica e servizi sociali, tagliando altre spese scelte col consenso popolare. Non solo: capì che la crisi minacciava la sovranità del popolo, e nel 2010-2011 ridiscusse la propria Costituzione mescolando alla democrazia rappresentativa una vasta sperimentazione di democrazia diretta.
Non così in Grecia. L’Unione l’ha usata come cavia: sviluppi islandesi non li avrebbe tollerati. Proprio nel paese dove Europa nacque come mito, assistiamo a un’ecatombe senza pari: una macchia che resterà, se non cambiano radicalmente politiche e filosofie ma solo questo o quel parametro. Il popolo sopravvive grazie all’eroismo di Ong e medici volontari (tra cui Médecins du Monde, fin qui attivi tra gli immigrati): i greci che cercano soccorso negli ospedali “di strada” son passati dal 3-4% al 30%. S’aggiungono poi i suicidi, in crescita come in Italia: fra il 2007 e il 2011 l’aumento è del 45%. In principio s’ammazzavano gli uomini. Dal 2011 anche le donne”.
Cose da rileggere: luglio 2012, la lettera dell’economista greco Yanis Varoufakis.
Cose che fanno pensare. Una poesia di Titos Patrikios (è sua la frase che conservo sul mio taccuino di Fahrenheit, “temi il fiume tranquillo”, me la regalò un paio di anni fa, quando venne in trasmissione). Questa, direi.
Non ci aspettavamo che accadesse di nuovo
eppure è di nuovo nero come la pece il cielo,
partorisce mostri di oscurità la notte,
spauracchi del sonno e della veglia
ostruiscono il passaggio, minacciano, chiedono riscatti.
Non temere Lestrigoni e Ciclopi…
Non temere, diceva il poeta,
Ma io temo i loro odierni simulacri
e soprattutto quelli che li muovono.
Temo quanti si arruolano per salvarci
da un inferno che aspetta solo noi,
quanti predicano una vita corretta e salutare
con l’alimentazione forzata del pentimento,
quanti ci liberano dall’ansia della morte
con prestiti a vita di anima e di corpo,
quanti ci rinvigoriscono con stimolanti antropovori
con elisir di giovinezza geneticamente modificata.
Come una goccia di vetriolo brucia l’occhio
così una fialetta di malvagità
può avvelenare innumerevoli vite,
“inesauribili le forze del male nell’uomo”
predicano da mille parti gli oratori,
solo che i detentori della verità assoluta
scoprono sempre negli altri il male.
“Ma la poesia cosa fa, cosa fanno i poeti”
gridano quelli che cercano il consenso
su ciò che hanno pensato e deciso,
e vogliono che ancora oggi i poeti
siano giullari, profeti e cortigiani.
Ma i poeti, nonostante la loro boria
o il loro sottomettersi ai potenti,
il narcisismo o l’adorazione di molti,
nonostante il loro stile ellittico o verboso,
a un certo punto scelgono, denunciano, sperano,
chiedono, come nell’istante cruciale
chiese l’altro poeta: più luce.
e la poesia non riadatta al presente
la stessa opera rappresentata da anni,
non salmeggia istruzioni sull’uso del bene,
non risuscita i cani morti della metafisica.
Passando in rassegna le cose già accadute
la poesia cerca risposte
a domande non ancora fatte.