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E' una di quelle scoperte che lasciano sconvolti: in Grecia, alcuni tossicodipendenti disoccupati si sono iniettati consapevolmente il virus dell'Hiv per poter percepire l'assegno statale di 700 euro e ottenere più velocemente l'ammissione ai programmi di recupero con il metadone. ...
Melting Pot
22 11 2013

Il rapporto di Pro Asyl sulla sistematica violazione dei diritti umani della Grecia.


L’Organizzazione Non Governativa Pro Asyl ha pubblicato un nuovo report sulle pratiche di gestione dei flussi migratori in territorio greco. È il quarto report pubblicato in pochi mesi. Si tratta di un documento che ha già scatenato dure reazioni in giro per il mondo, nonostante il governo di Samaras faccia finta di non sentire e di non vedere.

In particolare, viene denunciato come i respingimenti collettivi (e quindi illegali), per cui già l’Italia è stata condannata dalla Corte Europea dei Diritti Umani, siano una pratica sistematica, messa in atto dalle autorità greche e da Frontex sia sul confine terrestre, che nelle acque territoriali greche. Sono decine le testimonianze di migranti e rifugiati (per la maggior parte siriani, afghani, somali, eritrei) che raccontano di respingimenti che hanno messo a rischio la loro vita. La Turchia, infatti, non può essere considerato un Paese sicuro, dal momento che non garantisce un efficace sistema di protezione internazionale e costringe i rifugiati a vivere in condizioni indegne e a subire gravi violazioni dei diritti umani.

Secondo le testimonianze dirette raccolte da Pro Asyl, il numero di persone respinte illegalmente si aggira intorno alle 2.000, mentre secondo una dichiarazione del Ministro dell’Interno Dendias, contenuta nello stesso report (pag. 17), sarebbero 50.000 le persone a cui è stato impedito di entrare nel territorio greco soltanto durante lo scorso anno. Nella maggior parte dei casi si tratta di profughi siriani in fuga dalla guerra, nel tentativo di raggiungere i propri parenti in Germania, Svezia e Regno Unito.

Il report documenta come in molti casi i rifugiati siano stati arrestati e detenuti arbitrariamente, sia sulle isole greche che nella regione di Evros, senza venire ufficialmente registrati dalle autorità, senza poter comunicare con nessuno e senza avere accesso al cibo o all’acqua. In tutti questi casi, è stata negata la possibilità di richiedere protezione internazionale.

Molti rifugiati hanno denunciato di aver subito violenze fisiche e psicologiche, maltrattamenti e furti dei propri oggetti personali (cellulari, soldi, ecc.). In alcuni casi, soprattutto tra i siriani, le autorità hanno rubato persino i documenti di identità, rendendo notevolmente più difficile la richiesta di protezione internazionale e quella di ricongiungimento familiare.

Nella maggior parte delle interviste, i rifugiati hanno denunciato di essere stati abbandonati in situazioni di rischio per la loro stessa vita (alcuni sono stati buttati nel fiume Evros; altri sono stati abbandonati nelle acque turche dopo il sequestro di motore, remi, benzina e cellulari!).

In particolare, rispetto ai respingimenti realizzati dall’isola militare di Farmakonisi, i rifugiati, per la maggior parte siriani, hanno denunciato di essere stati detenuti senza alcuna comunicazione ufficiale e quindi deprivati di qualsiasi diritto per un periodo di tempo tra le 16 ore e i 3 giorni, prima di essere respinti nuovamente in Turchia.

Alcuni rifugiati hanno raccontato di essere stati minacciati con le pistole, per invertire la rotta e rientrare nelle acque territoriali turche.

Tre afghani, inoltre, dopo essere stati respinti e detenuti in Turchia, sono stati deportati nel loro Paese d’origine.

Queste pratiche costituiscono gravi violazioni del diritto internazionale e di numerosi trattati sottoscritti anche dalla Grecia. In particolare è stato più volte violato il divieto di respingimenti ed espulsioni collettive, garantito anche dall’Articolo 19 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea. È stato messo a rischio il principio di non-refoulement, stabilito dalla Convenzione di Ginevra. Sono state messe a rischio delle vite e perpetrati maltrattamenti che in alcuni casi possono configurarsi come torture, violando l’articolo 2 dell’ECHR. Le detenzioni arbitrarie, non registrate e non comunicate, infine, costituiscono una grave violazione dell’articolo 9 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, dell’articolo 5 dell’ECHR e dell’articolo 9 della Convenzione Internazionale sui Diritti Politici e Sociali.

Ci sembra necessario sottolineare che, insieme alle profonde e sistematiche responsabilità delle autorità greche, queste pratiche illegali sono il risultato delle pressioni esercitate dalle autorità europee e dalla Germania, dall’Austria e da altri Stati Membri affinché la Grecia applichi una politica di deterrenza nei confronti dei flussi migratori provenienti dalla Turchia. Una politica di deterrenza che non guarda in faccia a niente e a nessuno e non è interessata a garantire i diritti riconosciuti, né a tutelare le persone in cerca di protezione internazionale.

Le violazioni perpetrate dal governo greco sul territorio dello Stato, e in particolare sul confine greco-turco, riguardano tutti noi. Il fatto che vengano praticate su pressione e grazie ai finanziamenti delle istituzioni comunitarie pone il tema della democraticità, formale e sostanziale, dell’Unione Europea. Per tutti questi motivi sosteniamo le richieste lanciate da Pro Asyl nei confronti delle diverse autorità colpevoli di questi comportamenti illegali e fortemente lesivi dei diritti umani, chiedendo:

- al governo greco: di aprire un’indagine sui respingimenti, sui maltrattamenti e sulle torture e perseguire i colpevoli; di mettere immediatamente fine ai respingimenti praticati nel mar Egeo e nella regione di Evros; di consentire ai rifugiati di entrare nel territorio greco e avanzare la richiesta di protezione;

- al governo turco: di fornire le informazioni raccolte dalle autorità che documentano queste pratiche illegali; di garantire i diritti delle vittime di respingimenti, evitando detenzioni arbitrarie e respingimenti a catena nei Paesi di origine dei rifugiati, dove la loro vita è in pericolo;

- al governo greco e turco: di rendere pubblici i contenuti degli accordi bilaterali firmati a marzo 2013 che riguardano il contrasto dell’immigrazione irregolare e le riammissioni;

- alla Commissione Europea: di sanzionare nuovamente la Grecia per le violazioni delle procedure d’asilo e delle direttive di rimpatrio; di verificare se i fondi stanziati a favore del governo greco siano stato utilizzati per violare i diritti umani, come descritto nel report.

- al Direttore Esecutivo di Frontex: di interrompere immediatamente le operazioni in Grecia, dal momento durante l’operazione "Poseidon" sono state commesse ripetute e sistematiche violazioni dei diritti umani;

- ai Governi degli Stati Membri dell’Unione Europea: di aprire un corridoio umanitario dalla Turchia per permettere ai profughi, soprattutto siriani, in transito da quel Paese di raggiungere in maniera sicura il territorio europeo e le loro famiglie; di prolungare la sospensione di Dublino e delle deportazioni verso la Grecia dei richiedenti asilo; di garantire ai rifugiati e ai richiedenti asilo intrappolati in Grecia la possibilità di raggiungere le loro famiglie negli altri Stati Membri.

 

La polizia sgombera la sede della tv pubblica Ert

Internazionale
07 11 2013

La polizia greca ha sgomberato la sede della radiotelevisione di stato Ert, usando i gas lacrimogeni per entrare. Diverse persone sono state arrestate.

Nikos Tsimbidas, rappresentante del sindacato dei lavoratori di Ert, ha detto all’Afp di essere "in stato di arresto" e l'agenzia di stampa Ana ha riferito di altri tre arresti eseguiti nei confronti di ex dipendenti dell’emittente, tra cui il leader del sindacato Pospert, il giornalista Panagiotis Kalfagiannis.

La sede dell'Ert è stata occupata l'11 giugno dai giornalisti dell'emittente, in protesta contro i licenziamenti decisi dal governo per far fronte ai tagli imposti dalla troika (Banca centrale europea, Commissione europea e Fondo monetario internazionale).

Il governo di Antonis Samaras ha giustificato la sua decisione dicendo che la radiotelevisione di stato costa troppo, e non può essere mantenuta in questo momento di crisi economica.

La chiusura della televisione ha portato al licenziamento di 2.600 dipendenti. Nel frattempo, ricorda Kathimerini, un network provvisorio sta trasmettendo al posto dell'Ert.

Il sessismo di alcune campagne contro il #femminicidio

  • Lunedì, 28 Ottobre 2013 12:52 ,
  • Pubblicato in Flash news

Femminismo a Sud
28 10 2013

Da Abbatto i Muri:

Il Partito Nuova Democrazia, di cui leggo qui, potrebbe essere una riedizione del partito di centro destra che porta lo stesso nome in Grecia. Potrebbe, non so. In rete immagino possiate trovare info e approfondimenti. Quello che so (grazie a Ettore che me l’ha segnalata!) è che sta facendo una campagna promozionale contro la violenza sulle donne basata sullo slogan:

“Chi tocca una donna, tocca tua madre, tocca la vita, quindi tocca tutti noi, basta con la violenza sulle donne! Una legge severa immediata per fermare il femminicidio!“.

Il marketing sta sul sito, sulla pagina facebook, compare come inserzione sul social network.

Ed è uno dei tanti modi, legittimi, di pubblicizzare un partito nuovo che vuole imporsi al grande pubblico e suscitare interesse.

Dunque la lotta alla violenza sulle donne come brand in definitiva vende tutto, inclusi i nuovi partiti. Non fosse così chi ha promosso la campagna si sarebbe occupat@ di quel che significa ogni singola parola espressa e di quanto sia sessista dire di voler lottare contro la violenza sulle donne e allo stesso tempo identificarle in un ruolo stereotipato veicolando la stessa, identica, radice culturale che della violenza di genere è causa.

Lo stesso, d’altro canto, fa anche il decreto #femminicidio, paternalista fino al midollo, sposato da gruppi filo/governativi che non hanno evidentemente la più pallida idea di cosa sia quella violenza che loro stessi dicono di voler combattere.

L’avviso, in questo caso, è molto da fratello, marito, padre protettore, appunto, di chi dice che non bisogna toccare la moglie, figlia, la sorella, imprimendo una appartenenza e legittimando la logica di possesso che è la stessa che genera, ancora, il femminicidio.

La violenza sulle donne riguarda tante a prescindere dal ruolo di genere attribuito e immaginare di voler occuparsi di questo in quanto che si ritiene che altrimenti si toccherebbe la donna incinta, fonte di vita, la riproduttrice, la madre, è quanto di più matriarcale e paternalista possa esserci e svela esattamente quanto confermato dal governo:

non è la violenza sulle donne che si contrasta ma si tenta, in chiave securitaria, preferendo a strumenti di prevenzione quelli repressivi che tante donne non hanno MAI chiesto, di salvaguardare la funzione meramente biologica delle donne e il loro ruolo di cura.

Direi No, Grazie. Personalmente io non voterei mai un partito che la pensa così.

Grecia, fine dei finanziamenti pubblici per Alba Dorata

  • Mercoledì, 23 Ottobre 2013 14:08 ,
  • Pubblicato in LA STAMPA

La Stampa
23 10 2013

Il testo approvato nella notte dal parlamento greco. Accordo raggiunto tra partiti al governo
e opposizioni di sinistra.
Sono stati sospesi nella notte i finanziamenti pubblici al partito neonazista Alba Dorata nelle cui fila ci sono sei deputati accusati di costituzione di banda criminale. Il provvedimento - che prevede il congelamento a tempo indeterminato degli aiuti destinati a quei partiti i cui leader sono oggetto di accuse di coinvolgimento in attività di gruppi criminali o terroristici - è stato approvato nella notte dalla maggioranza dei deputati (235 su 300) del parlamento greco.

La nuova misura, che porta la firma del ministro degli Interni Yiannis Michelakis, è stata proposta di comune accordo tra i partiti al governo (Nea Dimokratia di centro-destra ed il socialista Pasok) e le opposizioni di sinistra. I deputati di Alba Dorata hanno denunciato la misura come «incostituzionale» e hanno abbandonato l’aula al momento del voto.

Il testo prevede la “sospensione dei contributi pubblici a un partito i cui leader o un decimo degli eletti sono sotto inchiesta per costituzione o partecipazione a un’organizzazione criminale”, esattamente la situazione in cui si trova Alba Dorata. Le autorità greche hanno compiuto una raffica di arresti tra le fila dei militanti neonazisti dopo l’assassinio il 18 settembre di un cantante antifascista da parte di un membro di questo partito. Tre di loro sono in un carcere di massima sicurezza.

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