Informare per resistere
17 06 2013

Fabien Perrier - (http://www.humanite.fr)

Una lettera della direzione della ERT, dichiara un utile di 40 milioni nel primo trimestre 2013. La scusa economica inventata dal governo greco per giustificare la brutale chiusura della rete, è stata subito smentita.

L’ Humanité.fr. ha pubblicato una lettera del 27 maggio inviata dalla direzione della ERT,che dimostra che il gruppo della TV greca nel primo trimestre 2013 ha realizzato un utile. Il governo greco aveva appena trovato la scusa per giustificare la brutale chiusura del gruppo dovuta all’insopportabile peso rappresentato dagli insostenibili costi di gestione della ERT.
Atene (Grecia), l’inviato speciale. Gli argomenti addotti lo scorso martedì per giustificare la chiusura dell’emittente pubblica greca si sgonfiano gradualmente. In primo luogo la motivazione economica, come testimonia una lettera del 27 maggio 2013 che si è procurata l’Humanité.fr, firmato dal Capo Servizio Economico della Ert, Christos Koupelidis, e inviata alla Direzione Generale per la Politica Economica del Dipartimento dei Servizi Economici del Ministero dell’Economia e al Dipartimento di Contabilità dello Stato.

Un utile di 40 milioni di euro
Malgrado la recessione che provoca perdite a tutte le società dei media, la ERT è un’azienda redditizia. Benché “nel primo trimestre del 2013, i ricavi siano diminuiti di 3,6 milioni ( – 1,46%) , scendendo a 246 miloni” la lettera sottolinea anche che “le spese sono diminuite, riducendosi a € 205 milioni di euro ” La società ha registrato un utile di € 40,9 milioni.
Le informazioni che si stanno diffondendo indeboliscono ancora il governo greco che è in attesa di ricevere il pagamento di una nuova tranche di aiuti europei per 3,3 miliardi che venerdì scorso hanno appena avuto il via libera dal gruppo di lavoro formato dai Ministri della zona euro e dai responsabili politici. Una luce verde che sarebbe stata agevolata dall’annuncio della chiusura della ERT, secondo una fonte greca della Reuters.

Denuncia dello Stato contro i lavoratori in sciopero
In parallelo, la situazione è un po’ più tesa alla ERT. Il governo nel suo braccio di ferro contro i lavoratori della TV in sciopero ha trovato un alleato: la catena dei canali televisivi privati che, secondo fonti di Umanité.fr, hanno presentato una denuncia contro i sindacati e contro i giornalisti perché anche le trasmissioni dei programmi su canali privati sono restate bloccate a causa dello dello sciopero.

Altro attacco contro un diritto fondamentale: il diritto di sciopero.
Mentre giovedì la popolazione ha manifestato tutto il suo sostegno ai dipendenti del gruppo Ert e la sua opposizione alla chiusura della rete televisiva pubblica, venerdì sono venuti a Atene il Presidente e il Segretario Generale della European Broadcasting Union (EBU), che in una conferenza stampa presso la sede della ERT, hanno chiesto che “il governo greco riprenda a tramettere il segnale televisivo”, dicendo che “la Grecia, come tutte le democrazie europee ha bisogno di una emittente pubblica.”
Jean-Paul Philippot, che ha incontrato il Ministro delle Finanze, nel pomeriggio, ha detto che “le armi migliori sono le telecamere e i microfoni e che la decisione di chiudere la TV pubblica è stato un comportamento anti-democratico e non-professionale oltre che contrario ai valori dell’Unione europea.”

No alla chiusura della tv greca!

  • Giovedì, 13 Giugno 2013 10:45 ,
  • Pubblicato in Flash news

Tavola della pace
13 06 2013

NO ALLA CHIUSURA DELLA TV GRECA!
Oggi alle 18 sit-in davanti all'Ambasciata
(via Mercadante 36, angolo via Rossini)


La chiusura da parte del governo greco del servizio pubblico -Ert- è un atto brutale, di gravità inedita e inaudita. Non lo si consideri un fatto meramente locale, in quanto costituisce l'esempio estremo di una tendenza che ha già fatto capolino in Europa, a cominciare dal Portogallo.

Per questa ragione oggi alle 18:00 davanti all'Ambasciata greca (via Mercadante 36, angolo via Rossini) numerose associazioni tra le quali Fnsi, Usigrai e Articolo21 hanno deciso di promuovere un sit-in per dire no alla chiusura della tv pubblica ellenica "Ert" e il licenziamento di 2800 persone.

Ribelli per essere suore (e accogliere bimbi)

  • Giovedì, 30 Maggio 2013 13:15 ,
  • Pubblicato in Flash news

Donne e altri
30 05 2013

Un’amica ci segnala questo articolo di Benedetta Argentieri sul Corriere online: una sorta di “storia a rovescio” di libertà femminile.

Ragazze in fuga per diventare suore
di Benedetta Argentieri

C’è un luogo molto speciale a 30 chilometri da Atene. Cinque case nascoste tra le montagne e il mare. Un piccolo villaggio che per quasi cinquant’anni ha accolto tutti i bambini senza una casa. Senza genitori oppure troppo poveri per avere un’esistenza decente. Abbandonati. In trecento sono cresciuti in questo orfanotrofio con l’amore e con le cure di sei donne “straordinarie”. E che a loro volta sono fuggite dalle loro famiglie, sfidato le forze dell’ordine e persino la chiesa ortodossa.

La regista americana (trapiantata in Grecia) Valerie Kontakos che ha deciso di fare un documentario sulla loro storia, non esita a chiamarle “femministe”. Sì, perché loro «sono andate contro tutti per fondare un loro ordine religioso e prendersi cura dei più piccoli».

Ce l’hanno fatta senza «finanziamenti dallo Stato» e sono andate avanti solo «con aiuti da privati». Kontakos ha scoperto il Lyrio Children’s Village per caso «attraverso alcuni amici». E dopo averlo visitato è rimasta incantata. Affascinata. E in questo momento di crisi economica «anche loro hanno bisogno di farsi conoscere per raccogliere fondi». Così ha aperto una piattaforma di crowdfounding e in pochi mesi ha superato il suo obiettivo (45mila dollari), raccogliendo quasi 65mila euro.
Mana (che in greco vuol dire mamma) vuole raccontare una storia cominciata nel 1962. Sei ragazze di 20 anni, sei amiche scappano di casa dallo stesso villaggio. «Vogliono diventare suore, ma fondando un loro ordine per prendersi cura dei bambini delle altre». A quell’epoca, anche per prendere i voti, bisognava avere 21 anni o almeno i permessi dei genitori. Ma le famiglie si oppongono. Loro spariscono. Così cominciano le ricerche. I giornali non parlano d’altro che di questa «gang» di giovani donne. E la polizia le trova. Tutte vengono rinchiuse dai parenti, confinate nelle loro stanze, fino a quando riescono a scappare di nuovo. E per tre anni rimangono nascoste. Lì, dove oggi sorge l’orfanotrofio.

«Hanno lavorato tantissimo. Non hanno chiesto nulla a nessuno. L’indipendenza prima di tutto. E passo dopo passo sono diventate un punto di riferimento per tutto la Grecia». Anche perché il loro metodo è molto diverso da quello usato dalle istituzioni. «Quando un bambino viene affidato a loro, cercano se ha fratelli in altri istituti per poter fare un ricongiungimento. I ragazzi non devono lasciare le loro case a 18 anni. Possono scegliere di rimanere, in un’altra casa». Ora a gestire questo «villaggio di bambini» sono quattro. «Una è morta. L’altra lavora in una casa che accoglie donne vedove. In grecia se tuo marito è morto puoi avere molte difficioltà». Suor Maria, Dorothea, Parthenia e Kaliniki continuano a stare lì, in quelle cinque case sulla montagna proprio davanti al Mar Egeo.

Corriere online 28 maggio 2013

Il Corriere della Sera
29 05 2013

In Europa aumentano gli episodi di razzismo contro gli immigrati, si respira un clima sempre più xenofobo che alimenta il populismo. In Francia, in Ungheria, in Grecia ma anche nei Paesi scandinavi assistiamo al successo di partiti di estrema destra o comunque anti-minoranze. Ieri a Milano, presso la sede dell’Ispi, l’allarme l’ha lanciato Human Rights Watch nel corso di una tavola rotonda dal titolo Diritti umani: le sfide sul campo.

“E’ importante riconoscere i fattori diversi che alimentano questi trend – ha detto Judith Sunderland, ricercatrice senior per l’Europa Occidentale dell’organizzazione – sarebbe facile dare la colpa solo alla crisi economica, la verità è che ci sono timori legati alla perdita dell’identità nazionale. Questo vuol dire che se l’economia comincerà ad andare meglio il problema non sarà risolto”.

Ne è un esempio eclatante la Grecia dove i migranti e i richiedenti asilo vengono sempre più spesso attaccati da bande di greci vestite di nero e con il volto coperto. Gli episodi si registrano soprattutto nella capitale. Dagli inizi del 2000 la Grecia è diventata la principale porta d’ingresso nell’Unione Europea dei migranti irregolari provenienti da Asia e Africa. Oggi nel centro di Atene vivono in estrema povertà molti stranieri che occupano edifici abbandonati, piazze e parchi.

“L’immigrazione irregolare – dice Sunderland – viene presa come capro espiatorio per tutti i mali della città sia dalla gente comune che da alcuni partiti politici”.

Ma il problema non è solo il successo di formazioni politiche come la greca Alba Dorata ma anche il modo in cui gli Stati Europei affrontano il problema.

“La risposta di una nazione a questi crimini è metro del suo impegno per i diritti umani – spiega Sunderland – ma le autorità spesso tendono a minimizzare gli episodi e a considerarli marginali. In base a ricerche approfondite in Italia, Germania e Grecia abbiamo individuato i motivi che impediscono una lotta efficace contro la violenza xenofoba per esempio l’esistenza di leggi penali soggette ad interpretazioni troppo restrittive o la riluttanza dei pubblici ministeri ad usare la xenofobia come aggravante. Ma spesso è anche la polizia che non riconosce come tali i crimini a sfondo razziale e quindi non raccoglie le prove necessarie”.

Proprio in questi giorni in Grecia si discute di una legge anti-razzismo che è stata già presentata in Parlamento in prima lettura. Ma tra i partiti della coalizione di governo c’è disaccordo: secondo socialisti e Sinistra democratica, bisogna rendere reato l’incitamento a commettere violenze razziali e il non riconoscere i crimini di guerra nazisti. I conservatori, invece, sono più propensi a modificare leggi già esistenti piuttosto che introdurre un nuovo testo.

La violenza xenofoba in Grecia riguarda tutta l’Europa: “Le istituzioni europee e gli Stati membri – è il ragionamento di Sunderland – non possono chiudere un occhio di fronte a quello che sta succedendo ad Atene. A rischio c’è l’intera struttura europea sulla difesa dei diritti umani!“. Se cade Atene, cade pure Bruxelles.

“Quando tutte le donne del mondo ….” : seconda tappa

  • Giovedì, 23 Maggio 2013 07:33 ,
  • Pubblicato in Flash news

Il Paese delle donne
23 05 2013

l documento con cui la Lista "Donne nella crisi" illustra gli scopi solidaristici e politici della campagna sul diritto alla salute delle donne greche, le più colpite dalle politiche di austerità messe in atto in Grecia.


Le politiche di austerità, lungi dal risolvere gli enormi problemi determinati dalla crisi economica e sociale in cui siamo immerse, colpiscono soprattutto i servizi pubblici alla persona ed in particolare i sistemi sanitari nazionali che vengono tagliati con la scure con il risultato di svuotare di significato il diritto universale alla salute mettendo in discussione nello stesso tempo anche ciò che rimane dei diritti del lavoro (le numerose vertenze di lotta in diversi ospedali del nostro Paese ne sono un esempio concreto).

L’Italia rischia molto, sotto questo profilo, anche perché, rispondendo supinamente ai diktat della “troika” europea, ha introdotto in Costituzione il pareggio di bilancio (che in soldoni significa sborsare circa 45 miliardi di euro all’anno per i prossimi tre per pagare il “debito” accumulato). Una spada di Damocle che ci fa temere non poco.
I risultati delle politiche “austere” si possono ben vedere in Grecia : in pochi mesi, dopo l’emanazione del primo memorandum, l’assistenza sanitaria pubblica è divenuta un miraggio per oltre un terzo della popolazione costretta a pagarsi a cifre insopportabili ogni prestazione sanitaria.

Se si guarda alla situazione greca con un’ottica di genere si scopre che le più colpite ( soprattutto perché più povere e con meno garanzie economiche e/o sociali) sono le donne. Per un terzo di loro, incredibilmente, il parto in ospedale è divenuto un lusso perché il suo costo (800 euro per un parto normale e 1200 per un cesareo) è insostenibile. Se poi ad una donna capita un parto precoce i costi di mantenimento della o del neonato in incubatrice sono folli (circa 200 euro al giorno!!).

Per queste ragioni in Italia la lista “donne nella crisi”, nata durante il forum sociale di “Firenze 10+10”, ha dato il via ad una campagna di solidarietà con le donne greche che si è , per il momento concretizzata in una raccolta di fondi a favore di un gruppo di MEDICI VOLONTARI che agisce in una caserma occupata di Elleniko, un Comune alle porte di Atene e offre aiuto a persone che hanno perso l’assistenza pubblica e non possono pagarsi la privata.

La campagna ha un risvolto solidaristico ed anche, forse soprattutto, politico perché nel fare conoscere la situazione greca si vorrebbe attivare un protagonismo sociale capace di riaffermare l’universalità del diritto alla salute e l’importanza dei sistemi sanitari pubblici che rendono esigibile questo diritto. In questa direzione abbiamo sostenuto la lotta delle lavoratrici del San Raffaele di Milano.

Abbiamo dato vita, in collaborazione con Sonia Mitralia attraverso la quale siamo venuti in contatto con Elleniko, ad una serie di incontri in differenti città italiane per presentare l’iniziativa e iniziare la raccolta di fondi. Abbiamo aperto un conto postale dedicato e stiamo procedendo con la raccolta.

Il nostro obiettivo è quello di provare ad aprire dentro Elleniko uno spazio a sostegno della salute riproduttiva delle donne (contraccezione, gravidanza, parto, counseling, ….) Per questo incontreremo le ed i medici di Elleniko e valuteremo con loro la fattibilità di tale obiettivo e le necessità materiali per la sua realizzazione.
La nostra proposta operativa è quella di organizzare, una volta stabilite queste necessità materiali, un camper itinerante che toccando città differenti (quelle dove vi sono già state iniziative ed anche altre) raggiunga Atene per portare ad Elleniko quanto raccolto. Nelle città toccate dal camper verranno organizzate iniziative che intreccino la solidarietà con le donne greche con la presa di coscienza della situazione sanitaria in Italia.

Abbiamo presentato la nostra proposta ad altre associazioni, reti, movimenti italiane ed europee. Siamo in contatto in Europa con altre reti femministe e parteciperemo all’incontro dell’ALTERSUMMIT ad Atene, dal 7 al 9 giugno 2013, per presentare la campagna ed inserirla, se possibile, in un quadro europeo di iniziative e lotte sul diritto alla salute.

Ci sostiene la convinzione che proprio perché la vita delle donne è resa più difficile dalle politiche di austerità che tagliano diritti, tutele, servizi e reti di protezione sociale, sono proprio le donne, obiettivamente, ad essere presenti più che mai nel conflitto e forse ad essere maggiormente interessate alla trasformazione dell’esistente, anche grazie al femminismo che le ha rese meno pazienti ed adeguate alla lotta.

Lista “Donne nella crisi”

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