Giovanna Branca, Il Manifesto
24 marzo 2015

Al confine tra Israele ed il Libano, in guerra tra loro, un'agiata famiglia palestinese si confronta con la sua eredità: quella di un padre che sta morendo come quella più metaforica della propria cultura, anch'essa al confine tra mondi diversi. ...

Prato, provincia di Pechino

Sono nati qui, ma i loro genitori vengono da lontano. Parlano la nostra lingua, ma non sanno in quale parte del mondo si sentono davvero a casa. Viaggio tra gli immigrati di seconda generazione della Chinatown toscana. Che di questo "conflitto" non fanno una tragedia (ma lo portano in teatro). Anche i più giovani confessano un richiamo nostalgico verso qualcosa che avvertono come parte di sé. E il risultato è una specie di "integrazione a metà".
Chiara Dino, Corriere della Sera ...

L’Espresso
18 02 2015


“Se dico zingari, a cosa pensate?”. Domenico Modafferi è il presidente della cooperativa “Rom 1995”. Sta parlando a cento ragazzi delle medie. Attendono qualche attimo. Poi si lasciano andare senza convenevoli: “Puzzano, rubano, sono sporchi”. Quello che avrebbero detto tutti. “E se io invece rispondessi: aiutano l’ambiente, lottano contro la mafia, lavorano onestamente?”.

Modafferi inizia a raccontare una storia incredibile, poco conosciuta anche sul territorio. A metà anni ’90 i Rom erano concentrati al “208”, un campo del quartiere Sbarre. Un luogo famoso per il degrado. Ma anche per i “cavalli di ritorno”. Quando spariva un’auto si andava a cercarla lì. Il mezzo tornava solo dietro pagamento.

Nel 2007 il campo fu smantellato. Molti andarono a finire in quartieri a loro volta degradati. Alimentando diffidenza e razzismo. Per proporre un’alternativa vera nacque la cooperativa. Esattamente vent’anni fa.
Ecologia, cultura, sensibilizzazione, in particolare con le scuole. Queste le attività principali. “Non stiamo parlando di nomadi o migranti”, spiegano. “Sono persone arrivate qui dal ‘400”. Pur essendo ormai cittadini italiani, hanno mantenuto alcuni tratti culturali, in particolare la lingua, ma anche una sostanziale separazione dalla comunità locale.

"Rendere utile quello che fanno già"
L’idea per uscirne è semplice. Legalizzare e rendere di pubblica utilità quello che i Rom fanno da sempre. La raccolta “differenziata” nei cassonetti della città. Nasce così un servizio comunale. I cittadini telefonano e i temuti “zingari” entrano in casa e portano via lavatrici, divani, materassi. Tutte cose che prima venivano abbandonate per strada.

“All’inizio c’era molta diffidenza”, spiega Modafferi. “Poi una vicina raccontava all’altra di operatori gentili e professionali. E così la paura spariva”. Anche la sede ha una storia particolare. Si trova a Condera, un quartiere su una collina con vista sullo Stretto di Messina. Palazzi non finiti, buche lungo le vie in salita e strade senza nome, indicate spesso come “secondo tronco” o “seconda traversa”.

L’edificio era uno scatolone coi pilastri in vista e i ferri sporgenti. Senza intonaco. Ma era anche proprietà degli Aquilino, i boss della zona. Attivi nel racket dei fiori del vicino cimitero. Nel 1999 il capo famiglia è stato ucciso proprio di fronte al suo chiosco. Un luogo senza pace. Lo scorso 11 febbraio un altro negozio di fiori è stato completamente incendiato.

In un contesto di guerra, i Rom portano avanti la loro battaglia di normalità. Nel 2002, il bene degli Aquilino è confiscato. Diventa la sede della cooperativa. Ma, soprattutto, un ammasso di ferro e cemento si trasforma in un bel posto: una sala con ampie vetrate per gli incontri educativi; murales e manifesti; cassoni colorati per la raccolta. “Rom diversi, lavoratori uguali”, dice uno dei poster.

Isola ecologica
Nasce il centro per la raccolta dei rifiuti. Pesati e differenziati. Con rilascio di ricevuta. È l’unica isola ecologica della città. Smaltisce anche il materiale dismesso dalle scuole e i manifesti affissi abusivamente. Il progetto è appoggiato Italo Falcomatà, tra i sindaci reggini più amati. Sarà la leucemia a interrompere il suo mandato. Poi è il turno di Scopelliti, sindaco della destra. Nonostante le rassicurazioni, la “Rom 1995” perde l’appalto. La vicenda è controversa. Parallelamente, senza connessioni con la revoca, la gestione dei rifiuti comunali è travolta da scandali e infiltrazioni criminali.

Nel 2010 le attività sono sospese e i lavoratori finiscono in cassa integrazione. L’anno dopo alcune attività riprendono. Ma la crisi non è ancora superata. I Rom della cooperativa non sono rappresentativi di tutti quelli presenti in città. “Non si può negare il degrado e l’emarginazione, che producono microcriminalità. La gente si indigna per scippi e furti d’auto. Non fa altrettanto per i crimini della ‘ndrangheta”, spiega Modafferi. “Quello che serve è una reale opportunità di emancipazione. La nostra esperienza è una risposta all’idea che non c’è nulla da fare quando si tratta di Rom”.

Ripartire
Mentre il gruppo dei lavoratori è rimasto compatto, scegliendo la strada della protesta pubblica, le istituzioni non sono state coerenti. Anzi, hanno accumulato paradossi. Come quello della ricicleria. Quando il progetto era completo, tutto era pronto per recuperare e vendere oggetti che di solito finivano nelle discariche dei torrenti. Divani, mobili. Ma l’appalto non è stato confermato. Non si poteva più raccogliere. Soldi buttati.

I lavoratori hanno comunque voglia di ripartire. C’è un nuovo sindaco, è un giovane di 31 anni ed è il figlio del rimpianto Falcomatà. La città dei sequestri alle aziende delle ‘ndrine, delle assunzioni clientelari e del profondo rosso dei bilanci comunali è al suo anno zero. Magari partendo dall’esempio dei Rom. Il paradosso è che la gente adesso li rimpiange: «Era l’unico servizio comunale che funzionava».
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Redattore Sociale
16 02 2015

I migranti erano stati segnalati alla polizia dalla cooperativa Eriches per aver infranto le regole della struttura "Namastè" di Ponte di Nona ed erano rimasti in strada. Saranno ospitati nella chiesa di San Gabriele. Almeno fino all’incontro di domani in prefettura

I 13 richiedenti asilo espulsi giovedì scorso dal centro di accoglienza “Namastè” nel quartiere romano di Ponte di Nona da ieri non devono più dormire per strada. L’Usb di Roma e Lazio riferisce che ai migranti sono stati forniti dei beni di prima necessità ed è stata loro garantita ospitalità grazie all’intervento del presidente del VII municipio Susi Fantino e del parroco della chiesa di San Gabriele. Tutto ciò in attesa di un incontro previsto per domani in prefettura, dove il sindacato chiederà che venga disposta per i 13 “la ricollocazione nel sistema dell’accoglienza, rimediando a una situazione assurda”.

I giovani, provenienti da Sierra Leone, Costa d’Avorio e Mali, erano stati allontanati dalla struttura gestita dalla cooperativa “Eriches” dopo che questa aveva segnalato alle forze dell’ordine delle loro infrazioni alle regole del centro. Dapprima trattenuti in commissariato, i migranti si erano ritrovati in strada.

L’Usb continua a ritenere illegittimi i provvedimenti di espulsione e afferma che l’episodio “conferma con più forza le ragioni della manifestazione programmata per il prossimo 23 febbraio a Roma (Piazza Esquilino, ore 10), che persegue l’obiettivo tra gli altri di avviare un processo partecipato di riforma del sistema dell’accoglienza dei rifugiati e richiedenti asilo”.

In conclusione del suo comunicato, risponde anche “alle accuse di esporre per questo a rischio i posti di lavoro” di chi opera nei centri di accoglienza. “Rispondiamo – afferma il sindacato - che al contrario la stabilizzazione e il miglioramento delle condizioni dei lavoratori potranno darsi soltanto dentro un trasparente, profondo e partecipato processo di riforma del sistema dell’accoglienza, tanto più dopo quanto i fatti di ‘Mafia capitale’ (Eriches era una delle cooperative guidate da Salvatore Buzzi, ndr) hanno portato alla luce in termini di speculazione sui bisogni dei soggetti più deboli”.

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