×

Attenzione

JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 415

Sabato 21 novembre, ore 15.00
Sabato 21 novembre 2015, ore 15.00

Piazza Santi Apostoli
Roma
Dazebao News
20 11 2015

ROMA - Le comunità islamiche e i musulmani d'Italia scendono il 21 novembre in piazza. Una manifestazione nazionale a Roma contro il terrorismo, per rispondere alla strage di Parigi e gridare insieme "Not in my name".

Si terrà domani dalle 15 in piazza Santi Apostoli. A lanciarla è stata l'Ucoii (Unione delle comunità islamiche Italiane). "Questa manifestazione ha due significati - ha spiegato Elzir -. Innanzitutto è un messaggio interno alla comunità islamica per dire 'Not in my name' riguardo questi atti criminali che stanno spargendo sangue in tanti Paesi nel mondo. Le prime vittime di questi terroristi siamo noi musulmani, quindi dobbiamo condannare il terrorismo in maniera netta.

Poi - ha aggiunto - è un messaggio ai nostri concittadini: dobbiamo e possiamo vincere la paura e il terrorismo soltanto se siamo uniti. L'obiettivo dei terroristi è creare delle barriere tra i musulmani e i non musulmani".

"Alla manifestazione di domani - ha concluso - abbiamo invitato tutta la realtà islamica ma non solo, abbiamo chiesto ai nostri concittadini di essere con noi. Per chi non riesce a venire a Roma abbiamo organizzato dei presidi locali in tutta Italia"."Noi - ha spiegato Elzir - siamo italiani di fede islamica, non abbiamo bisogno di un partito islamico. I nostri confratelli che partecipano alla vita politica decidono di supportare il partito che vogliono. I politici che cavalcano la paura della gente tirando in ballo la religione sono imprenditori dell'odio e della paura. I nostri concittadini sono più intelligenti di loro, chiedo a loro di essere responsabili. A livello personale ho ottimi rapporti con Salvini, lo ho invitato ad essere responsabile in particolare in questi momenti difficili. Lo invito a partecipare alla manifestazione di domani per dire che tutti noi siamo uniti contro questo cancro dell'umanità che è il terrorismo".

Sul titolo di Libero 'Bastardi islamici', Elzir commenta: "mi dispiace che qualche giornalista, o che così dichiara, sia così irresponsabile nel momento in cui tutti dovremmo essere più responsabili. Nel Paese dell'arte e del buon gusto, trovo questi titoli senza gusto. Noi siamo italiani di fede islamica e siamo orgogliosi di esserlo. I terroristi non rappresentano nessuno di noi. Se uno è mafioso, non è che possiamo dire siciliani bastardi. Bisogna usare un linguaggio giusto e non cadere nella trappola dei terroristi".

All'iniziativa hanno già risposto positivamente esponenti politici, sindacali e della società civile, tra questi il presidente della Commissione Affari esteri del Senato Pier Ferdinando Casini, Susanna Camusso, leader della Cgil, Maurizio landini della Fiom, Ignazio Messina dell'Idv e tanti altri. La riuscita dell'iniziativa è assicurata, come fanno notare i parlamentari del Partito democratico Khalid Chaouki e Luigi Manconi: "La manifestazione "contro l'ISIS" è già un successo. Il nostro appello affinché l'iniziativa limpida e coraggiosa dei musulmani non rimanesse solo "dei musulmani", ma coinvolgesse il maggior numero di italiani, credenti e non credenti, sta ottenendo numerosissime adesioni. Cittadini di tutte le età, decine e decine di parlamentari, intellettuali e artisti e tra questi: Ermanno Olmi e Ascanio Celestini, Gad Lerner e Moni Ovadia, Paolo Virzì e Mario Fortunato, Eligio Resta e Nicola La Gioia, Paolo Rossi e Vito Mancuso", aggiungono. "L'iniziativa di sabato è di grande importanza per la chiarezza dei contenuti e la nettezza delle parole d'ordine e l'importanza della rivendicazione di fondamentali valori condivisi. In primo luogo, quello della intangibilità della vita umana. Dopo la manifestazione di sabato sarà più difficile per gli xenofobi e per gli imprenditori politici dell'intolleranza parlare di complicità, ma anche e solo di ambiguità, dei musulmani d'Italia", concludono.

la Repubblica
24 09 2015

Un dramma, una distesa di corpi senza vita su una strada, con un bilancio che peggiora ora dopo ora: 717 pellegrini sono rimasti uccisi e più di 800 feriti per la calca che si è formata a Mina, città santa a 5 chilometri dalla Mecca, nel primo giorno di Eid al-Adha, la Festa del Sacrificio.

Due milioni di fedeli sono da giorni in Arabia Saudita per l'Hajj, il pellegrinaggio rituale alla Mecca e considerato il più vasto raduno al mondo. Si tratta del più grave incidente degli ultimi anni, dopo quello del 2006, quando morirono in 364 durante il rito del lancio di pietre, e il secondo della storia, dopo il caso del 1990 con 1.426 morti.

La ressa. Non sono ancora chiare le cause che hanno provocato la calca nell'area, dove sono state realizzate importanti infrastrutture per rendere più facile il movimento del fedeli. La tragedia è avvenuta sulla "strada 204", che si trova tra due campi allestiti dai pellegrini.

Il ministro saudita della Salute, Khaled al-Faleh, ha detto che la tragedia è avvenuta perché i pellegrini tendono a ignorare le istruzioni fornite dai responsabili dell'organizzazione della Festa del Sacrificio. "Molti pellegrini si mettono in movimento senza rispettare gli orari fissati da chi gestisce i riti", ha aggiunto. L'Arabia Saudita ha mobilitato oltre 100.000 agenti di polizia in occasione del pellegrinaggio. Lungo il percorso dei fedeli, il personale militare, assistito dai volontari, si occupa anche della distribuzione di acqua e cibo.

L'Iran ha puntato il dito contro errori della sicurezza saudita: molte vittime sono infatti iraniane. Il responsabile dell'organizzazione iraniana dell'Haji, Said Ohadi, ha riferito che per "ragioni sconosciute" è stata chiusa una strada vicino al luogo della cerimonia, dove poi è avvenuta la calca mortale.

In 25 anni 2.800 morti. La tragedia segue di poco meno di due settimane la morte di un centinaio di fedeli per il crollo di una gru sulla moschea principale, sottoposta da mesi a imponenti lavori di ristrutturazione. L'Hajj, il pellegrinaggio rituale alla Mecca, si è tragicamente trasformato in un bagno di sangue più volte negli anni con migliaia di fedeli rimasti uccisi, per lo più a causa della ressa.

In 25 anni hanno perso la vita 2.800 persone. Nel febbraio 2004, 270 rimasero uccisi sul ponte Jamarat. Nel 2008 morirono 180 persone, mentre furono 340 nel '97 e 270 nel '94. L'incidente più grave - come detto - risale al gennaio 1990 con un bilancio di 1.426 morti, per una ressa in uno dei tunnel che portano ai luoghi sacri della Mecca.

L'Hajj. La festa del Sacrificio è una delle più importanti celebrazioni religiose per musulmani di tutto il mondo. Indossando l'abito tradizionale, due pezzi di stoffa bianca senza cuciture, i pellegrini effettuano il tragitto che collega la Mecca a Mina, attraversando quindi la pianura di Arafat e seguendo il percorso a ritroso. Il pellegrinaggio alla città santa è un dovere per ogni buon musulmano che ne abbia le possibilità, da compiere almeno una volta nella vita.

la Repubblica
24 09 2015

"Il velo non mi definisce come giornalista. Indossarlo è una mia decisione e non voglio che qualcuno mi tolga questa libertà''. A scriverlo è la reporter statunitense Noor Wazwaz, che sul suo blog su Huffington Post Usa ha raccontato di essere stata discriminata a causa del suo hijab quando era ancora una studentessa della Medill School of Journalism, a Chicago.

Gli studenti del suo corso erano stati invitati a realizzare collegamenti televisivi in diretta per il magazine Illinois Business This Week. A lei, invece, questa opportunità era stata negata. ''Il mio professore mi ha spiegato che il produttore non voleva mandarmi in onda dicendo che il mio copricapo poteva essere "una distrazione", scrive la reporter. Alla fine sono riuscita a registrare un collegamento ma non ho mai saputo se era stato mandato in diretta. Ho chiesto spiegazioni tramite mail ma non ho ricevuto risposta. Quel giorno - continua Noor - ho capito quanto fosse alto il prezzo che avrei dovuto pagare per poter essere me stessa. Ma poi ho riflettuto. Ho capito che noi siamo la generazione che deve cercare di recuperare il brutto che ha ereditato. Non dobbiamo mai lasciarli vincere''.

Noor è stata ribattezzata ''la voce araba delle donne negli Stati Uniti'', lavora attualmente per VICE News, US News, Military Times, e continua a indossare il velo.

Flavia Cappadocia

"Cool clock, mitico orologio. Portamelo alla Casa Bianca!". Così Barack Obama ha messo fine all'incubo di un ragazzino dal nome ingombrante, nell'America post-11 settembre.
Federico Rampini, la Repubblica ...

facebook