Letteraria. Festival di letteratura socialeWu Ming 1, Edizioni Alegre
30 maggio 2015

Il nuovo numero, il numero 1 della nuova serie di "Letteraria" è in libreria. Ci trasformiamo, per esprimere ancor meglio lo spirito della nostra parola d'ordine: letteratura sociale. Ecco l'editoriale della rivista "Letteraria va avanti con l'amore degli insorti".
Lo dicemmo nel maggio 2012, subito dopo la morte del nostro fondatore e direttore Stefano Tassinari.

Così le parole finirono al rogo come le streghe

  • Giovedì, 07 Maggio 2015 08:33 ,
  • Pubblicato in Flash news

La Repubblica
07 05 2015

Il 10 maggio del 1933 i nazisti bruciarono oltre 25mila libri in cima alla lista c'era Remarque. [...] Alla fine di gennaio i nazisti avevano preso il potere e s'era conclusa l'esperienza della Repubblica di Weimar, un mese più tardi bruciava il Reichstag e iniziava la caccia ai socialisti e ai comunisti, agli anarchici e ai sindacalisti. Per le cerimonie dei roghi dei libri si mise in moto il rituale. Tutti i parafernali del nazismo: bande musicali, fiaccolate, carridi buoi pieni di volumi, convocati per il grande atto purificatore della giovinezza contro l'intellettualismo ebraico: un grande rogo pubblico di libri. ...

Günter Grass l'anima tedesca tra colpa e sofferenza

  • Martedì, 14 Aprile 2015 08:58 ,
  • Pubblicato in Il Ricordo

Tonia Mastrobuoni, La Stampa
14 aprile 2015

La scomparsa del Nobel, a 87 anni. Testimone controverso dei traumi della Germania, delle sue contraddizioni e rimozioni. [...] Oggi il suo protagonista, Oskar Matzerath, è come Faust e Mackie Messer, una delle figure immortali della letteratura tedesca. [...] Grass è stato la coscienza critica della Germania. ...

Galeano, voce d'America Contro Cortés, con Maradona

Sempre in fuga, amatissimo. Addio allo scrittore uruguayano. Colpisce, in Galeano, il suo parlare non in nome di un solo popolo, di una sola nazione, ma in nome di un intero continente. In questo era buon allievo del grande Pablo Neruda che nei versi del Canto generai abbracciava tutta la storia latinoamericana, dalle civiltà precolombiane alle moderne nazioni nate dalle rivoluzioni di Bolívar e San Martin fino alle devastazioni dei nuovi conquistadores, i capitalisti Usa.
Ranieri Polese, Il Corriere Della Sera ...

Legge, desiderio, capitalismo

  • Mercoledì, 25 Marzo 2015 08:55 ,
  • Pubblicato in Flash news
Alfabeta2
25.03.2015

Il volume «Legge, desiderio, capitalismo. L'anti-Edipo tra Lacan e Deleuze» (Bruno Mondadori, 2014) sarà discusso venerdì 27 marzo, alle 19.00, presso la Libreria Assaggi in via degli Etruschi (San Lorenzo), Roma. Interverranno Pino Pitasi, Francesco Vandoni, Federico Chicchi, Anna Simone, Alex Pagliardini.

Tra i disagi di questa civiltà, profondamente segnata da un’antropologia neoliberale centrata su un simbolico e su un reale di tipo plastico e tendenzialmente votato alla de-umanizzazione degli attori sociali, dal ridursi progressivo delle linee di scarto tra soggetto agito e soggetto agente, v’è sicuramente anche la distorsione, in chiave spettacolare, di ciò che possiamo chiamare cultura. Con cicliche cadenze, infatti, può accadere che un autore fondamentale del Novecento diventi improvvisamente una star, riproposta al grande pubblico dei festival e depurato di ogni sua complessità, a seconda delle esigenze della moda culturale del momento, sino a divenire, esso stesso, una sorta di psico-farmaco consolatore. Negli anni passati è accaduto a Foucault, ora pare il turno di Lacan.

Eppure il pop-Lacan che circola smisuratamente ovunque, non è il Lacan pensatore fondativo dello strutturalismo e di una serissima pratica psicoanalitica che ha coinvolto e coinvolge generazioni di studiosi e psicoanalisti, nonché analizzandi, ma solo una sua spicciola traduzione, una sorta di lacanismo senza Lacan –lui riderebbe molto di questa mancanza-, un sapere Bignami teso a rovesciare in negativo persino l’idea di una cultura intesa come evento. Perché oggi l’evento non è più taglio, apertura e irruzione del soggetto imprevisto, rivoluzionario e desiderante, come ci hanno insegnato Deleuze e Guattari, ma già cultura spettacolo, atto performativo, prestazione sempre più spesso incagliata e prodotta dalla stessa antropofagia neoliberale.

Pertanto tornare a pensare, togliersi da questo imbarazzo della parola che dice senza dire, significa rimettere al centro la complessità del lascito e dell’opera stessa di questi giganti del pensiero, senza temere di perdersi o di non far quadrare il cerchio. È ciò che fa mirabilmente un testo Legge, desiderio, capitalismo. L’anti-Edipo tra Lacan e Deleuze, esito di una giornata di studi organizzata da Federico Chicchi presso l’Università di Bologna nel 2012.

Al centro, come recita il sottotitolo, v’è la nozione militante dell’anti-Edipo propostaci da Deleuze e Guattari nel ‘72, mentre al lato il testo si innerva sull’incontro mancato, tentato, in alcuni casi persino provato, tra i due autori e Lacan a partire dai concetti di legge, desiderio e capitalismo, ma anche e soprattutto a partire da alcune formule assiomatiche contenute nell’anti-Edipo: disedipizzare l’inconscio andando al di là di ogni legge (saggi di Landman, Pagliardini, Fadini, Lippi, Godani, Pitasi); «il desiderio non vuole la rivoluzione, è rivoluzionario da sé e involontariamente volendo ciò che vuole» (saggi di Recalcati, Carmagnola, Vandoni, Spina e Ronchi); «il capitalismo è il limite esterno di ogni società perché non ha per quanto lo riguarda limite esterno, ma solo un limite interno che è il capitale stesso, e che non incontra, ma che riproduce spostandolo sempre» (saggi di Bazzicalupo, Giardini, Chicchi, Redaelli, Bifo).

La vera forza del libro non è solo quella di riportare Lacan sul suo terreno, al di là del lacanismo, nell’interlocuzione problematica con Deleuze e Guattari, ma anche e soprattutto quella di intercedere sul presente introducendo degli elementi che spostano, scompongono e ricompongono, senza mai cadere nella trappola dialettica, propria di ogni filosofia politica del servo, prima ancora che del padrone: o con Lacan/dunque reazionario o con Deleuze e Guattari/ dunque rivoluzionario. Magari fosse così semplice! Non potendo qui dar conto di tutti i saggi seguirò un percorso che, a mio avviso, riesce assai bene nell’opera di exit da questa mortifera contrapposizione.

Per cominciare direi che è fondamentale la lettura minuziosa di Lacan su legge e godimento che compie Alex Pagliardini nel suo saggio, perché è solo a partire da qui che diventa possibile riorientare lo psicoanalista francese sul piano della parresia. Lavorando sulla logica maschile e sulla logica femminile del godimento in Lacan, Pagliardini scrive: «La logica maschile è la logica del godimento che torna sempre allo stesso posto, che insiste e si ripete nel punto di eccedenza-eccezione che la legge del significante gli ha assegnato. In sostanza, nella logica maschile il godimento ha una legge ed è della legge», mentre la logica del godimento femminile «afferma qualcosa di più radicale, e per certi versi anche più semplice» ovvero una dimensione materiale del godimento che non necessita di una legge perché già atto, già eccedenza, già desiderio, aggiungerei.

Questo tentativo di spostare è importante non solo perché ci toglie dal mantra dell’evaporazione dei Padri, dunque della legge, riconducendo il godimento alla sua materialità non necessariamente foriera di una scissione problematica tra desiderio e godimento, ma anche e soprattutto perché introduce al rapporto intercorso tra Lacan e il femminismo francese, nonché italiano, della differenza. Cosa c’è stato di più rivoluzionario, materiale e desiderante in questo paese, del gesto di Carla Lonzi e del gruppo di rivolta femminile atto a distinguere il godimento della «donna clitoridea», da quello prodotto dalla Legge del Padre della «donna vaginale»? Su questo crinale, infatti, si muove il bel saggio di Federica Giardini contenuto nel volume.

Riprendendo Lonzi, ma anche e soprattutto Antoinette Fouque, in analisi da Lacan e Irigaray insieme, Giardini segue la pista originaria del femminismo della differenza per rileggerla alla luce del rapporto tra anti-Edipo e Legge del Padre, senza mai cadere nella trappola prescrittiva dell’una o dell’altra impostazione, ma mettendo al centro l’idea secondo cui è possibile «lavorare politicamente utilizzando se stesse (e se stessi) come materia prima» perché è solo così che l’inconscio si fa corpo e materia attraverso il linguaggio (Lacan) e concatenamento di relazioni desideranti (Deleuze-Guattari) generative, ma anche regolative.

Interessantissimo anche il saggio di Chicchi che prova a rintracciare sinestesie tra i due autori sulla scorta delle torsioni schizofreniche della società dei consumi contemporanea per andare a sostenere la tesi secondo cui «essere degni di ciò che ci accade» (Deleuze) oggi, può anche prevedere un’idea di libertà e creazione che «non cede» al proprio desiderio (Lacan), se quest’ultimo, ovviamente, è già un prodotto schizo-compulsivo del capitalismo parassitario del presente e dell’antropologia neoliberale. Non desiderio, in realtà, ma simulacro. E quindi, verrebbe da dire, quali che le vere mosse di questo libro?

Intanto quella secondo cui rimuovere l’Edipo non ha senso perché, paradossalmente, il rischio di riprodurlo inconsciamente ovunque può assumere, con molta facilità, le sembianze di un asfittico rovescio che trasforma in fallimento ogni obiettivo politico e filosofico proprio perché senza corpo ed esperienza; disedipizzare l’inconscio, in molti casi, è davvero l’unico lavoro da fare, non per rimuovere, ma per prendere atto di quanto la parola ideologica, volutamente anti-edipica o considerata rivoluzionaria in quanto tale, spesso è infinitamente più edipica e senza corpo di quella prodotta in un contesto analitico; spostare, attraverso il recupero del femminismo e della logica del godimento femminile, sulla materialità dell’esperienza e sulla sua messa in parola; assumersi la possibilità che possa esservi un godimento senza legge che libera, anziché incastrare, andando così nella direzione di un ripensamento delle singolarità, al di là dell’etica, così come al di là del soggetto rivoluzionario e, aggiungo io, della rimozione, pensato da Deleuze e Guattari.

In altre parole si tratta di ripensare la misura e il giusto, non come contenimento etico-morale, ma come mera riappropriazione della libertà, come restituzione. A partire da una mancanza, ovviamente. Altrimenti desiderare è impossibile.

 

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