Arcobaleno Austria

Internazionale
14 05 2014

Basterebbero loro a sfatare il mito di un’Austria ultracattolica e conservatrice: l’ormai celeberrima Conchita Wurst e la meno nota ma altrettanto agguerrita Ulrike Lunacek, candidata alle prossime elezioni europee dopo un primo mandato a Bruxelles. Tra il 2009 e il 2014 Lunacek è stata co-presidente, insieme al britannico Michael Cashman, dell’Intergruppo del Parlamento europeo sui diritti LGBT. Gli intergruppi sono associazioni informali di eurodeputati che, pur appartenendo a gruppi politici diversi, condividono un interesse o una causa. Nella legislatura che si è appena conclusa se n’erano creati 27 intorno ai temi più vari, dall’ambiente e i giovani alla tutela dei percorsi che portano a Santiago di Compostela (quella che si dice una questione di publico interesse). Creato nel 1994, l’intergruppo LGBT è stato il più importante di questa settima legislatura, con 174 membri. Tra i paesi più rappresentati: Svezia, Paesi Bassi, Danimarca e Finlandia. In fondo alla graduatoria: Polonia, Grecia, Spagna e Italia.

Nata nel 1957, passata dall’interpretariato al giornalismo alla politica, Lunacek è stata la prima deputata dichiaratamente lesbica del suo paese. Eletta alle europee del 2009 nella lista dei Verdi, ha concluso il suo primo mandato con una bella vittoria: l’adozione della Relazione sulla tabella di marcia dell’UE contro l’omofobia e la discriminazione legata all’orientamento sessuale e all’identità di genere, anche detta Relazione Lunacek. Approvata il 4 febbraio con 394 voti a favore, 176 contrari e 72 astensioni, la relazione ha potuto contare sull’appoggio di 126 eurodeputati “ribelli” che non hanno seguito la linea del proprio gruppo.

“Quando sono entrata al Parlamento europeo”, ricorda Lunacek, “sapevo che l’intergruppo LGBT esisteva dal 1994, l’anno dell’adozione della Risoluzione sulla parità di diritti per gli omosessuali nella Comunità. Sapevo anche che, eccetto la discriminazione, molte questioni – dal matrimonio all’adozione – non erano di competenza dell’Unione. Infine, sapevo che la direttiva contro la discriminazione era bloccata al Consiglio”.

Cinque anni dopo, lì giace. Proposta dalla Commissione nel 2008, la direttiva imporrebbe agli stati membri di combattere ogni forma di discriminazione in tutti gli ambiti di competenza dell’UE: una prova di civiltà che alcuni governi europei sembrano considerare eccessiva.

In questi cinque anni l’intergruppo LGBT ha partecipato ai gay pride più difficili, nell’UE (Bratislava, Budapest, Riga, Vilnius) come all’estero (Balcani e Turchia). “Inoltre abbiamo lavorato molto con le delegazioni estere dell’Unione”, spiega Lunacek, “informandole sullo stato dei diritti LGBTI nei paesi in cui si trovano. E nel giugno del 2013, il Consiglio ha adottato un importante documento sugli ‘orientamenti per la promozione e la tutela dell’esercizio di tutti i diritti umani da parte di lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali (LGBTI)’, rivolto in particolare ai funzionari del Servizio europeo per l’azione esterna”.

Proposta del Parlamento, l’idea di un piano d’azione contro l’omofobia è stata invece respinta a dieci riprese dalla Commissione. “Viviane Reding, commissaria per la giustizia, i diritti fondamentali e la cittadinanza, ha sempre sostenuto che non era necessaria”, dice Lunacek. “Ci ha invece sostenuti quando abbiamo proposto che l’Agenzia europea per i diritti fondamentali facesse un’indagine sulle discriminazioni contro le persone LGBTI, indagine che ha peraltro confermato la necessità di un piano d’azione contro l’omofobia. Si sente parlare spesso di discriminazioni contro le persone disabili e i rom, ma appena si parla di LGBTI molto si irrigidiscono, come se parlare di omofobia volesse dire parlare di sesso!”.

La Commissione libertà civili, giustizia e affari interni del Parlamento europeo ha quindi deciso di presentare una relazione e Lunacek, in quanto relatrice, è diventata la nuova arcidiavola dei conservatori europei più estremisti: una petizione lanciata dal movimento francese La manif pour tous ha raccolto 220mila firme, mentre dalla Spagna sono partite molte delle 40mila email di protesta (“solo una era davvero inquietante”, precisa). Nel suo discorso a Strasburgo prima del voto, Lunacek ha dichiarato: “Non mi sarei mai aspettata tanta resistenza a una relazione che parla del diritto delle persone ad amare e a vivere la propria vita senza paura”.

Prima di lei, i crociati della buoncostume avevano preso di mira Edite Estrela, colpevole di aver presentato una Relazione sulla salute e i diritti sessuali e riproduttivi che, dopo un andirivieni legislativo, era stata bocciata il 10 dicembre 2013. “Abbiamo imparato la lezione”, riconosce Lunacek, “e per la nostra relazione abbiamo lavorato a stretto contatto con i relatori ombra” (eurodeputati incaricati di seguire dei dossier per conto di gruppi politici diversi da quello del relatore).

“Siamo stati fortunati, perché la relatrice per il Partito popolare europeo, Roberta Metsola, giovane eurodeputata maltese, ha fatto un ottimo lavoro. Si è assicurata che le competenze degli stati membri non fossero messe in discussione suggerendoci di inserire un clausola sulla sussidiarietà. Questo non ha impedito ad alcuni di mentire dicendo che la mia relazione avrebbe imposto il matrimonio gay in tutta l’Unione, ma abbiamo potuto rassicurare degli eurodeputati, in particolare italiani. Certo, abbiamo dovuto fare dei compromessi, ma era l’unico modo per far passare il testo. La relazione non è vincolante, però indica cosa andrebbe fatto a livello europeo ed è di per sé un atto politico importante”. Secondo Lunacek, “la relazione Estrela ha incontrato più resistenza anche perché l’aborto, in alcuni ambienti, è molto più controverso dei diritti LGBTI. A Malta, per esempio, i conservatori difendono i diritti LGBTI ma non il diritto all’aborto”.

 

Con il nuovo Parlamento europeo si formerà un nuovo intergruppo LGBT “e ci rimetteremo al lavoro”, assicura Lunacek. Intanto, in vista delle elezioni, a gennaio l’associazione ILGA-Europe ha lanciato la campagna “Come out”, chiedendo ai candidati di impegnarsi a difendere i diritti umani e l’uguaglianza LGBTI. Questa mattina avevano firmato 868 candidati (ma il numero aumenta rapidamente) e – sorpresa – gli italiani erano in testa con 134 nomi. Sempre secondo ILGA-Europe, che ha appena pubblicato il suo rapporto 2014, l’Italia ha guadagnato sei punti percentuali nella classifica europea sulla tutela dei diritti LGBTI, ma rimane al 32° posto su 49 paesi europei.

Per finire su una nota più allegra, ecco una canzone dedicata a Christine Boutin, candidata del movimento francese Force Vie alle europee, che ha definito Conchita Wurst “l’immagine di una società che ha perso i propri punti di riferimento e nega la realtà della natura umana”.

 

Francesca Spinelli è giornalista e traduttrice. Vive a Bruxelles e collabora con Internazionale. Su Twitter: @ettaspin

Atlas web
16 04 2014

La Turchia vuole costruire un carcere “speciale” per i detenuti gay, bisessuali e transgender. Lo ha confermato questa settimana il ministro della Giustizia Bekir Bozdag, secondo cui con questa misura si eviteranno le aggressioni da parte di altri prigionieri.

Recentemente in alcuni centri penitenziari del paese sono stati creati i cosiddetti “padiglioni rosa”, dove vengono alloggiati i detenuti non eterosessuali. Sono anche frequenti i casi di transgender trasferiti in carceri femminili, provvedimento deciso dall’autorità penitenziaria di turno.Iraqgay

L’associazione Kaos LG, che difende i diritti dei Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transgender) in Turchia, denuncia, ad esempio, il caso di un transessuale di nome Avsa, in sciopero della fame da oltre due mesi in segno di protesta contro le numerose aggressioni sessuali subite da parte del personale dei carceri di Giresun e Bafra.

Bozdag difende l’iniziativa sostenendo che è proprio per episodi come questo che occorre “con urgenza” costruire un carcere per la sola comunità Lgbt. Inoltre, continua il ministro, capita spesso che siano i detenuti a rivelare volontariamente la propria condizione sessuale al personale carcerario: nel 2013, ad esempio, lo hanno fatto 81 persone.

I generi e la scuola. Presentata interrogazione parlamentare

  • Martedì, 08 Aprile 2014 08:14 ,
  • Pubblicato in Flash news

Guazzington Post
08 04 2014

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-04375

presentato da
NICCHI Marisa
testo di

Venerdì 4 aprile 2014, seduta n. 205

NICCHI, GIANCARLO GIORDANO, FRATOIANNI, COSTANTINO e DI SALVO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

il 20 gennaio 2014 si è tenuto a Roma il primo incontro di La scuola fa differenza, un ciclo di otto corsi formativi rivolto a oltre 200, tra maestre di scuola dell'infanzia ed educatrici di asilo nido di Roma, per un totale di 17 scuole sparse sull'intero territorio urbano, dalle periferie al centro. Un programma di 176 ore, articolate in otto percorsi laboratoriali, di 22 ore ciascuno, basati sullo scambio e sulla co-costruzione dei saperi, sulla condivisione, la discussione e il confronto delle pratiche educative, dei metodi, dei materiali e dell'organizzazione degli spazi;
lo scopo di questo lavoro è contrastare la disparità di genere e il persistere di pregiudizi, difficili da superare, nell'assegnazione di ruoli a maschi e femmine e la molteplicità dei modelli familiari: si favorisce così la libertà individuale, si affrontano alla base le condizioni culturali della sopraffazione e della violenza maschile sulla donna, dell'omofobia e del bullismo;
questi sono gli obiettivi che hanno spinto l'assessorato alla scuola, infanzia, giovani e pari opportunità del comune di Roma, ad adottare il progetto ideato dall'Associazione S.CO.S.S.E. realizzato con la partecipazione di Archivia – Biblioteca archivi centri documentazione delle donne, come modulo di aggiornamento professionale per l'offerta formativa di base rivolta a insegnanti della fascia di età 0-6 anni;
a questa iniziativa è seguito un attacco da parte di organizzazioni intolleranti e di rappresentanti della gerarchia cattolica, che non attiene al concreto sviluppo del progetto travisandone, a giudizio degli interrogati, intenti e procedure, considerato che il corso di formazione si rivolge solo alle/agli insegnanti e in nessun corso di formazione si prevede il coinvolgimento decisionale, il controllo e la partecipazione dei genitori;
lo stesso tipo di attacchi è stato riservato ad altre iniziative simili: la pubblicazione degli opuscoli realizzati dall'Istituto A.T. Beck su mandato dell'Unar (ufficio nazionale contro le discriminazioni razziali) per il contrasto dell'omofobia e del bullismo omofobico nelle scuole; il progetto «Lecosecambiano@Roma» promosso dall'assessorato alla scuola del Campidoglio; il progetto «Leggere senza stereotipi» promosso della consigliera comunale di Venezia Camilla Seibezzi di acquistare 49 libri per le scuole dell'infanzia, che parlano di differenze, come strumenti contro il razzismo e la discriminazione sessuale;
in un altro caso, gli studenti del Coordinamento per l'autorganizzazione del Forum del liceo classico Galileo di Firenze hanno denunciato in una lettera aperta, che il consiglio di istituto ha deciso di bloccare un ciclo di 3 incontri (uno per mattinata) con dibattiti, cineforum e workshop riguardo alla tematica della transfobia e disforia di genere. Questa attività è stata organizzata con l'intenzione di far conoscere ai ragazzi, la realtà delle persone transessuali nel contesto del nostro Paese. La giustificazione con la quale il consiglio d'istituto ha bocciato il progetto elaborato con molta cura dagli studenti nel corso di intere settimane, è che «Il tema è delicato e va discusso in famiglia». Senza considerare che la disforia di genere si manifesta alle volte fin dall'infanzia e che è necessario che la scuola si faccia carico della inclusione di quegli studenti e studentesse che vivono tale situazione e metta in condizione tutti gli altri di conoscere cos’è la disforia di genere e supportare i loro amici e le loro amiche trans;
i condizionamenti legati al genere sono infatti ancora ben presenti nel sistema educativo italiano e continuano a condizionare sia il rendimento scolastico, sia la scelta dei corsi di studio e delle professioni di maschi e femmine (come riportato nello studio Gender Differences in Educational Outcomes: Studv on the Measures Taken and the Current Situation in Europe 2010). Lo stesso accade con i condizionamenti legati all'orientamento sessuale e all'identità di genere;
in particolare con riferimento al genere le donne pur rappresentando la maggioranza degli studenti e dei laureati in quasi tutti i paesi, sono particolarmente presenti negli ambiti umanistico e artistico, nell'istruzione, nella sanità e nel sociale, mentre gli uomini sono ancora maggioranza nell'ingegneria, nell'industria, nell'artigianato e nelle costruzioni;
il condizionamento culturale e gli stereotipi di genere si manifestano già nelle scelte relative ai corsi d'istruzione secondaria: in Italia, le ragazze affollano gli indirizzi socio-pedagogici (85 per cento) e artistici (67 per cento), mentre risultano minoritarie negli istituti tecnici (44 per cento). Appare evidente come le scelte che ragazze e ragazzi compiono ricalchino i ruoli tradizionali, conservando una «segregazione» di tipo orizzontale;
fra i paesi europei, sulle questioni riguardanti la gender equality, più o meno direttamente connesse al sistema educativo, il modello italiano è quello più arretrato, le leggi sull'istruzione non menzionano infatti la valorizzazione della differenza donna/uomo e il contrasto agli stereotipi di genere. L'iniziativa del comune di Roma di adottare la proposta progettuale di S.CO.S.S.E. come sperimentazione, si pone dunque su un piano di intervento molto avanzato per gli standard italiani nell'ambito degli indirizzi europei;
va ricordato che nel 2013 l'Italia ha ratificato la convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne che richiede interventi significativi per la promozione concreta della parità fra i sessi anche attraverso il superamento degli stereotipi e dei ruoli legati al genere;
nel 2013 il Governo pro tempore ha approvato la strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere al fine di dare attuazione e implementare la raccomandazione del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa CM-REC 5 (2010). Si tratta di un importante e significativo progetto pluriennale che prevede una collaborazione tra le diverse realtà istituzionali, il terzo settore e le parti sociali anche nell'ambito educativo per la prevenzione e il contrasto della discriminazione delle persone omosessuali e trans–:
quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di favorire e sostenere lo svolgimento in tutte le scuole, di ogni ordine e grado, dei progetti e delle attività di cui in premessa e per la realizzazione della strategia nazionale predisposta dall'Unar, al fine di formare gli insegnanti e le giovani generazioni sul superamento degli stereotipi e dei ruoli di genere, sulla valorizzazione delle differenze e sulla pluralità dei modelli familiari. (4-04375)


Qui la lettera degli studenti del "Galileo"
http://www.intersexioni.it/lettera-aperta-degli-studenti-del-galileo-sulla-censura-dei-relatori-invitati-al-loro-forum/

L'arcipelago Lgbt deve uscire dal vittimismo

  • Venerdì, 04 Aprile 2014 14:14 ,
  • Pubblicato in L'Intervento
Aurelio Mancuso, Gli Altri
4 aprile 2014

Forastico a qualsiasi moda rottamatrice che sta trasformando il dibattito pubblico in una sorta di gioco circense dell'antica Roma, e rammentando che il movimento Lgbt italiano è l'unico che dai primi anni '70 ...

Ma queste «lobby gay» cosa sono?

  • Mercoledì, 05 Marzo 2014 14:21 ,
  • Pubblicato in Flash news

D I S . A M B . I G U A N D O
05 03 2014

Quando i media parlano di omosessualità, fanno spesso riferimento alle cosiddette «lobby gay». E non lo fa solo la stampa di centrodestra, come illustra la prima pagina del Giornale che ho riportato. Il problema è che l’espressione getta sempre e comunque, a destra come a sinistra, una luce inquietante sul tema dell’omosessualità. Ancor più inquietante dopo le discussioni dei mesi scorsi sui cosiddetti «preti pedofili»: si è parlato di pedofilia, a destra come a sinistra, sempre in termini di «lobby gay», creando un cortocircuito fuorviante fra pedofilia e omosessualità. Come se l’omosessualità fosse necessariamente connessa alla pedofilia, a comportamenti illeciti, loschi, aggressivi. E nascosti. Brrr.


Vediamo cosa dice sull’uso dell’espressione «lobby gay» il dizionario Otto esercizi per l’informazione. Una proposta per il linguaggio LGBT, predisposto dall’associazione Gaynet:

Il significato negativo del termine “lobby” in Italia impone di abbandonare l’espressione “lobby gay” per almeno due motivi: (1) non si tratta di un “mondo” o di una “comunità” settaria e dai caratteri intrinsecamente negativi; (2) non fa attività di “lobbismo” neanche in senso strettamente neutro, casomai difende diritti universali riconosciuti dalla legislazione europea e internazionale, non diritti di parte come fa ad esempio la lobby degli avvocati.

È corretto parlare quindi di “comunità LGBT”, quando ci si riferisce all’insieme delle associazioni per i diritti civili e alle migliaia di militanti che ne fanno parte, mentre è più corretto parlare di “persone LGBT” o “realtà LGBT” quando ci si riferisce alla totalità dei gay, lesbiche, bisessuali e transgender. Vanno evitate espressioni ambigue come “mondo gay” o “comunità gay”.

A volte può essere pertinente usare anche l’acronimo LGBTQI, che include i termini “Intersex” e “Queer”. Questi termini, relativi ad ambiti differenti quali il sesso biologico e l’identità di genere, indicano rispettivamente: (1) le persone che nascono con la compresenza dei caratteri sessuali primari di entrambi i sessi e (2) le persone che ritengono definitivamente superato il dualismo convenzionale di genere.

Sui più frequenti errori dei media in questo campo, vedi anche:

Per favore, si dice “una trans” e non “un trans”
E basta fare outing! Si dice “coming out”

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