Globalist
12 06 2015
Con l'accusa di spionaggio il governo del Pakistan ha deciso di espellere Save the Children dal territorio nazionale. La polizia ha messo i sigili alla sede dell'organizzazione nella capitale Islamabad e chiuso l'ingresso. Il personale di Save the Children ha ora 15 giorni per lasciare il paese.
"Ci opponiamo con fermezza a questo provvedimento e le nostre preoccupazioni aumentano ai massimi livelli", ha commentato l'ong che dal 1919 lotta per migliorare la vita dei bambini. "Tutto il nostro lavoro - è aggiunto nella nota - è stato progettato in stretta collaborazione con i ministeri del governo in tutto il paese e mira a rafforzare i sistemi di erogazione dei servizi pubblici nei campi della salute, della nutrizione, dell'istruzione e del benessere dei bambini".
L'organizzione, che opera in Pakistan da 35 anni, ha iniziato ad avere problemi con le autorità locali nel 2011. Per l'intellligence di Islamabad Save the Children ha avuto collegamenti con il medico pakistano Shakil Afridi, reclutato dalla Cia nell'operazione che ha portato all'uccisione del leader di al-Qaeda, Osama Bin Laden. Già allora era stata decretata l'espulsione del personale dell'ong dal paese, ma poco dopo il ministero dell'Interno pakistano aveva optato per una ''sospensione temporanea'' del decreto.
La Stampa
12 06 2015
Sono almeno 480 le denunce per abusi sessuali contro i caschi blu dell`Onu, fatte dal 2008 al 2013, e un terzo hanno come vittime i bambini.
A rivelare questo imbarazzante fenomeno è stato lo stesso Palazzo di Vetro, attraverso un rapporto realizzato dallo UN Office of Internai Oversight Services (Oios), e pubblicato dalla Reuters.
Secondo questa inchiesta interna, i caschi blu usano abitualmente soldi, cibo, vestiti, gioielli, profumi e anche telefonini, per pagare le prestazioni sessuali, nonostante un regolamento emesso nel 2003 abbia vietato ogni genere di rapporto con le popolazioni locali, proprio per non compromettere la credibilità dell`organizzazione. ...
La Stampa
04 06 2015
L’Ottocento piomba in redazione con una notizia che sembra uscita da un romanzo di Dickens. I carabinieri di Petilia Policastro, provincia di Crotone, hanno denunciato venti genitori i cui figli non frequentano da mesi la scuola dell’obbligo. Altro che Europa a due velocità. In Italia le velocità, e le lentezze, risultano molte di più. I bambini calabresi che non perdono tempo con l’alfabeto sono figli di poveri agricoltori oppure di ricchi mafiosi. I primi sostituiscono i libri di scuola con il lavoro nei campi, i secondi bivaccano nei bar di paese per imparare l’arte dell’intimidazione e del ricatto.
Sui genitori mafiosi c’è poco da dire, anche se ci sarebbe molto da fare, per uno Stato degno di questo nome. Non me la sento invece di gettare la croce addosso ai genitori contadini, convinti in buona fede che lo sviluppo delle facoltà mentali dei figli non offra loro la minima possibilità di riuscita nella vita. Cos’altro potrebbero mai pensare, se le strade del Sud sono solcate da torme di giovani intellettuali disoccupati e frustrati, che nel migliore dei casi emigrano e nel peggiore intristiscono? Qualsiasi nobile discorso sul ruolo sociale della scuola, e sull’istruzione come strumento per trasformare un suddito in cittadino, collassa di fronte alla prosa della realtà quotidiana, rappresentata da una dura lotta contro l’appetito. Alla fine le due anomalie, dei contadini e dei mafiosi, si tengono insieme in un abbraccio mortale. Uno Stato che tollera al suo interno uno Stato parallelo non può dare altro lavoro che la miseria e altra istruzione che la distruzione.
Massimo Gramellini