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Abbatto i muri
19 03 2015

Io piccola, incerta, già sposata. Artista per indole e per aspirazioni. Il matrimonio rappresentò un punto d’arrivo e di partenza. C’ero io con le mie piccole o grandi difficoltà, poi c’era lui che aveva un’ingombrante famiglia appresso. Casa della sua famiglia.

Suocera invadente e un po’ gelosa, intenta a screditarmi e dipingermi come una buona a nulla incapace di un parto perfetto. Disse che sarei diventata cicciona e che mio figlio sarebbe venuto veramente male.

Come si vive o si cresce con persone che mostrano a tratti un po’ di confidenza e poi ti rubano l’intimità con freddezza e calcolo a me del tutto estranei? Non sarò certo la donna migliore del mondo, ma perlomeno accanto a me puoi avvertire calore e non quel gelo che ho sentito durante quegli anni.

Mio marito in parte mi ha consentito la possibilità di inseguire i sogni e poi, però, mi lasciava in balìa di sua madre. Un giorno ce la ritrovammo perfino in camera da letto, a sorvegliare i nostri respiri, come fosse una cosa normale condividere i nostri orgasmi con lei.

Ancora mi chiedevo perché la mia famiglia avesse immaginato che io potessi trovarmi bene con questi individui apparentemente aperti, brillanti e colti e poi così chiusi, gretti nell’anima. Il mio ruolo, in quella famiglia, era perfettamente definito: io casalinga, stiratrice, aiuto cuoca, lavapiatti, e non potevo mancare agli inviti che ci rivolgeva la matrona. Così lei passava il tempo a ingrassarci per poi discutere della mia ciccia giusto l’attimo dopo.

Non so come spiegare ma posso dire che quegli anni furono davvero complicati, sentivo la pressione di un costante abuso nei miei confronti. Avevo difficoltà a impormi. Quel modo di fare mi rese insicura, e io ero timida, con problemi di relazione e tanta ostilità, unita ai complimenti della suocera, che non lasciava passare giorno senza dirmi che ero una incapace, pesarono sulla mia vulnerabilità. Depressa, sola, e dopo le ulteriori ingerenze subite durante il parto e l’allattamento, quel matrimonio, ovviamente, finì.

Mi fu assegnata la casa e affidato il bambino. Lo amavo, mi amava. Vivevo recuperando fiducia in me, felice di riscoprire di poter essere amata e serena per il bel rapporto costruito con mio figlio. Poi l’influenza del padre e della nonna provocò distanza. Ero da sola, ho avuto momenti di difficoltà, il bimbo veniva affidato a volte alle cure paterne e della nonna e mentre realizzavo cose positive nella mia vita, sperando un giorno di avere la stabilità affettiva, professionale ed economica per poter essere indipendente da tutto e tutti, davanti a quel bambino a me veniva sottratta sempre più credibilità.

Scema, rincoglionita, pazza, cretina, idiota, malata, cicciona, erano tutti termini affettuosi che venivano fuori dalla bocca di mio figlio. Svanì il rapporto felice, venne meno la mia autorevolezza, sapientemente distrutta dalla famiglia paterna. Infine quel che volevano ardentemente era buttarmi fuori di casa per riprendersela e mollarmi in mezzo alla strada.

Non volevo tenermi quel che non sentivo nemmeno mio, sebbene io avessi speso gran parte della mia vita tra quelle mura, ma avevo bisogno di tempo. Mio figlio fu allora usato come arma di ricatto. Sentivo l’odio, l’avversione profonda, crescere e radicarsi in lui. Infine, quando fu adolescente e poi anche maggiorenne, smise di parlarmi, di considerarmi un suo punto di riferimento. Lui era in tutto e per tutto parte di quella famiglia e ne ripeteva i linguaggi, ne reiterava i metodi e nel frattempo mi disse che non mi avrebbe più vista a meno che io non restituissi la casa ai legittimi proprietari.

Quel che a me sembra profondamente ingiusto è il fatto che questa famiglia pensi di aver fatto tanto per me senza considerare quel che io ho dato a loro, perché evidentemente qualcosa ho dato. Mi spiace anche vedere il padre di mio figlio rigidamente schierato e silente rispetto alle offese che io ricevo, eppure quando mio figlio, nell’adolescenza, ebbe una rottura con lui io ribadii la stima nei confronti di suo padre e provai a facilitare il loro riavvicinamento.

Perché istigare odio non è nelle mie corde e perché mi è sempre sembrato più che normale crescere quel figlio insegnandogli a poter contare su tutte le figure adulte che potevano rappresentare suoi punti di riferimento. Avere tante persone che gli vogliono bene è infatti una ricchezza.

Sto adesso ricostruendo, pian piano, la mia vita. Sto recuperando la mia reputazione massacrata da infondate dicerie e sto tentando di risollevarmi dal peso che rappresenta per me il lutto della perdita del legame con mio figlio. Perché è un lutto e non è facile superarlo, elaborarlo e vivere poi con serenità. Ho chiesto aiuto a qualcuno che è in grado di darmi sostegno psicologico ma quel che mi serve, ora, è cercare di tradurre, come ho sempre fatto, una difficoltà privata in una rivendicazione politica.

Non sono certo la sola a vivere questo genere di situazioni. Quante sono le madri che vedono sgretolarsi i rapporti con i figli perché i padri o le ex suocere glieli mettono contro? Quanti sono i padri che sono stati estromessi dal ruolo genitoriale perché la famiglia materna non è stata in grado di gestire le difficoltà conseguenti a una separazione con intelligenza e sensibilità?

Se anche posso ritenere di avere qualche responsabilità comunque ho difficoltà ad accettare l’allontanamento cruento di mio figlio. Gli voglio bene. E’ parte della mia vita. E questo è il mio dolore. Chi altr* vive oggi quel che vivo io?

Ps: questa è una storia vera. Grazie a chi me l’ha raccontata. Ogni riferimento a cose, fatti e persone, è puramente casuale.

laglasnost

 

La Stampa
19 03 2015

Può il menu delle mense scolastiche diventare motivo di dibattito nazionale? È quello che sta succedendo in Francia negli ultimi giorni. Diversi sindaci stanno vietando la possibilità di offrire agli studenti delle scuole pubbliche la possibilità di avere un menu alternativo, nel caso di presenza di carne di maiale, «in nome della laicità». Nicolas Sarkozy, in piena campagna per le elezioni provinciali di domenica prossima, si è subito allineato sulle stesse posizioni, difendendo quelle iniziative locali. Dalla sinistra, invece, puntano il dito su tali «derive»: «Ma quando la smetterà Sarkozy di correre dietro all’estrema destra?», si è chiesto il premier Manuel Valls.

L’iniziativa del menu «o così o così», unificato per tutti, senza alternative dovute a motivi religiosi, era già stata imposta in piccoli comuni (Lagny-le-Sec e Sargé-Lès-Le Mans), governati dalla destra. Ma negli ultimi giorni anche il sindaco di una città più importante (Chalon-sur-Saône, 45mila abitanti, in Borgogna), Gilles Platret, dell’Ump, lo stesso partito di Sarkozy, aveva annunciato la medesima novità per le scuole pubbliche del suo comune, a partire dal settembre prossimo. L’annuncio aveva scatenato non poche polemiche, anche all’interno del suo partito. Ma poi anche Sarkozy, che è presidente dell’Ump, ha dato il suo appoggio a Platret, sottolineando che, «se uno vuole che i propri figli abbiano abitudini alimentari confessionali, li può mandare nelle scuole private». In effetti in Francia sta crescendo il numero di scuole e licei privati musulmani.

La sinistra, invece, critica la teoria del « menu unico », associandola a una nuova intolleranza. Incredibile è, tutto sommato, il cambiamento di posizioni per lo stesso Sarkozy. Nel 2003, quando era ministro degli Interni e si discuteva la futura legge sul divieto del velo in ambito scolastico, aveva dichiarato: «Una legge che esclude dalla scuola le ragazze, perché coerenti con la loro religione, le spingerà inevitabilmente nelle scuole confessionali musulmane, dove il velo non diventerà più una possibilità ma un obbligo».

Intanto l’ex presidente si è detto anche favorevole all’obbligo del velo all’università, per gli studenti maggiorenni, una questione che divide trasversalmente le forze politiche in Francia, perché vi sono favorevoli anche esponenti della sinistra e, invece, contrari tanti politici della destra. Tutti questi dibattiti, a pochi giorni dalle elezioni amministrative, sanno un po’ di strumentalizzazioni. «Bisognerebbe evitare di discutere di temi del genere alla vigilia di scadenze di questo tipo», ha sottolineato Henri Guaino, esponente dell’Ump ed ex consigliere (un tempo fidatissimo) di Sarkzoy.

Lorenzo Martinelli

Corriere della Sera
19 03 2015

Ennesima bufera contro Ryanair. La compagnia low-cost più famosa d’Europa avrebbe rifiutato di imbarcare un bambino di dieci anni che doveva essere ricoverato all’ospedale La Paz di Madrid per subire un doppio trapianto. Accompagnato dai suoi genitori il bambino - ha lamentato la compagnia – sarebbe arrivato in aeroporto troppo tardi.

I fatti
I genitori del ragazzo che vivono sull’isola Gran Canaria, avrebbero ricevuto lo scorso 7 marzo una telefonata dall’ospedale della capitale spagnola in cui li informavano che il doppio trapianto di fegato e rene poteva essere effettuato immediatamente. La famiglia si è precipitata all’aeroporto dell’isola e alle tre del pomeriggio era pronta ad acquistare il primo volo Ryanair RYR2012 per Madrid previsto per le 16.50. Tuttavia la Ryanair ha rifiutato di vendere il ticket perché secondo le regole della compagnia un biglietto nazionale può essere acquistato solo elettronicamente e almeno due ore prima della partenza. I genitori hanno tentato di spiegare la gravità della situazione, ma non c’è stato nulla da fare. Alla fine il bambino e i suoi genitori sono stati costretti ad acquistare il volo successivo della compagnia Air Europa che è partito circa un’ora e mezza dopo quello della Ryanair.

Accusa
Nonostante il sito web Aviacion Digital abbia accusato la compagnia low-cost di aver rifiutato l’imbarco per «evitare la responsabilità di gestire la possibile morte di una persona in volo» la Ryanair ha seccamente smentito l’insinuazione: «Abbiamo esaminato la questione e, purtroppo, non siamo stati in grado di accogliere questa famiglia sul nostro volo perché era troppo vicino al tempo di partenza - recita la nota - Abbiamo offerto piena assistenza alla famiglia per quanto riguarda le loro esigenze di volo». Sebbene l’incidente abbia causato «ore di angoscia» e fino all’ultimo i dottori hanno temuto che l’operazione non potesse essere portata a termine, alla fine il ragazzo è riuscito ad arrivare in tempo in ospedale ed è stato sottoposto all’intervento chirurgico. Come ricorda l’Independent di Londra la compagnia low-cost guidata da Michael O’Leary è abituata a gaffe e proteste. Il mese scorso è stata fortemente criticata per aver promosso una pubblicità che descriveva Palermo come una città rinata dopo essere stata «dominata per molti anni dalla mafia e dalla povertà».

Francesco Tortora

La 15enne che in una scuola del Vercellese ha aggredito una compagna disabile. La lettera: Sono Greta, ho 15 anni. Sì, sono la ragazza che tutti voi state dipingendo come un mostro. Le persone che mi conoscono, sanno che non sono una ragazza violenta, anzi, io sono dell'idea che le parole dette in una certa maniera, possano far più male di uno schiaffo. Purtroppo, e risottolineo purtroppo, sto attraversando un brutto periodo, e a volte presi dalla rabbia e dal nervoso, si fanno cose che non si vorrebbero fare.
Greta, Il Corriere Della Sera ...

Il boia bambino

C'è la foto di un'adunata infantile dello Stato Islamico: tutto repertorio diffuso da loro, propaganda fide. Sono in file di dieci, con un capofila appena più grande, 12-13enne. Le reclute [...] tengono gli occhi bassi, in segno di disciplina, immagino, solo che così sembrano, come sono, prigionieri. Da quelle file viene fuori il bambino che esulta dopo aver ucciso la cosiddetta "spia del Mossad". 
Adriano Sofri, la Repubblica ...

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