Gianluigi Pellegrino, La Repubblica
28 ottobre 2015
E' solo apparentemente un paradosso. Ma la sentenza mette in mora la politica sui diritti civili. Ispirata da una chiara matrice conservatrice, ha dato atto che sono le Corti europee "ad imporre allo Stato di assicurare una tutela giuridica delle unioni omosessuali". ...
Lettera 43
30 06 2015
Ci pensa il Texas a rovinare la festa della nozze gay: mentre da San Francisco a New York le parate del Gay Pride hanno acquistato il sapore della vittoria, il superconservatore Stato della stella solitaria ha sparato una cannonata sulla sentenza della Corte Suprema americana, che lo scorso 26 giugno ha fatto la storia legalizzando i matrimoni omosessuali su tutto il territorio nazionale.
«VERDETTO FUORILEGGE». L'Attorney general repubblicano Ken Paxton ha definito «fuorilegge» il verdetto della Corte, proclamando che i funzionari statali potranno rifiutare le licenze nuziali, invocando «l'obiezione di coscienza per motivi religiosi». Paxton ha poi chiarito che chi intenderà scegliere questa via rischia una multa o di essere portato in tribunale. Il procuratore ha però assicurato che «molti avvocati» sono disposti a difendere gratis i funzionari che obietteranno in virtù della propria fede.
NY IN STRADA A FARE FESTA. A fronte dell'ostracismo del Texas, dove a fare da apripista del nuovo corso è stata una coppia di gay 80enni, c'è un'America che è scesa in strada a far festa. A New York, dove gli attori britannici Ian McKellen e Derek Jacobi hanno fatto da Gran marescialli alla parata del Gay Pride, il governatore Andrew Cuomo ha unito in matrimonio David Contreras Turley e Peter Thiede davanti allo Stonewall Inn, il bar dove nel 1969 i gay si ribellarono a un raid della polizia: proprio la scorsa settimana il locale è stato nominato monumento cittadino. Era la prima volta che Cuomo celebrava un matrimonio: il governatore, che nel 2011 ha firmato la legge di New York sui matrimoni gay, ha poi marciato nella parata sotto uno striscione su cui era scritto che «la Grande Mela ha aperto la strada».
IN CERCA DI NUOVE TUTELE LEGALI. Una strada, tuttavia, lungo la quale ancora resta molto da fare nonostante le parole del giudice Anthony Kennedy (l'ago della bilancia che ha guidato la maggioranza della Corte): «Nessuna unione è più profonda del matrimonio, per incarnare gli alti ideali di amore, fedeltà, devozione, sacrificio e famiglia. I gay chiedono uguale dignità agli occhi della legge. E la costituzione garantisce loro questo diritto». La prossima battaglia è quella per ottenere tutele legali sul fronte dell'impiego, del diritto all'abitazione, del commercio. Questo perché, come dimostra il Texas, l'opposizione alle nozze omosessuali passa attraverso le leggi sulla libertà religiosa, invocate da molti Stati nella «cintura della Bibbia» per permettere a datori di lavoro, padroni di casa, ristoranti e alberghi di rifiutare servizi a coppie dello stesso sesso.
La Repubblica
22 09 2014
L'appello delle coppie al sindaco: "Fuori i diritti, perché dovremmo convincervi del nostro amore?". Le storie di coppie andate a sposarsi a New York, in Spagna o in Danimarca
di PASQUALE QUARANTA
MILANO - Dopo il via libera di Bologna, anche Milano dovrà rispondere alle coppie omosessuali sposate all'estero che hanno richiesto oggi in Comune la trascrizione del loro matrimonio. Mariti e mariti, mogli e mogli, che fuori dall'Italia esistono giuridicamente come coppie ma in Italia sono solo coinquilini, senza doveri né diritti. "Perché noi no?" chiedono ora le prime coppie agli uffici dell'anagrafe di via Larga mentre consegnano la documentazione per la trascrizione. Dopo quattro mesi di dialogo con l'assessore alle politiche sociali, Pierfrancesco Majorino, che hanno portato a un nulla di fatto, sono più che mai determinate a far uscire allo scoperto Pisapia, "un sindaco che al momento della sua elezione aveva suscitato tante speranze nella comunità lgbt", commentano amareggiate.
"Siamo consapevoli che la trascrizione è solo una certificazione e non apre a doveri e diritti che competono a una legge nazionale" spiegano Andrea e Luca, coniugi per lo Stato di New York dopo 11 anni insieme. "Ma Pisapia può lanciare un messaggio politico forte a un Parlamento che non riesce a produrre una legge in grado di equipararci agli altri Paesi d'Europa".
A differenza del caso analogo di Bologna, dove il sindaco Virginio Merola ha firmato una propria direttiva per dare il via libera alla trascrizione delle nozze (mettendosi contro la Curia e il Prefetto), la giunta milanese sembra prendere tempo, auspicando un cambio delle regole da parte del legislatore. "Solo chiacchiere" aveva tuonato dopo il Gay Pride di giugno l'avvocatura per i diritti lgbt Rete Lenford, che torna alla carica sostenendo una volta di più le coppie deluse e arrabbiate.
Tra queste ci sono Claudio e Stefano, entrambi italiani, sposati lo scorso maggio a New York. Dopo la cerimonia nella City Hall di Manhattan, hanno inviato una lettera al sindaco e all'assessore Pierfrancesco Majorino: "E' una scocciatura scrivervi: perché dovremmo impiegare questo tempo nel cercare le parole più giuste per convincervi che abbiamo il diritto di essere riconosciuti come coppia nella città da cui proveniamo, in cui viviamo e che amiamo?". Claudio e Stefano, come le altre coppie, non vogliono più aspettare: "Dobbiamo forse convincervi del nostro amore? Di quanto sia vero, solido e sereno? No, non dobbiamo convincere più nessuno".
"Mia moglie Sarah, cittadina francese, risulta sposata nel suo paese ma in Italia no - spiega Antonella - Non siamo forse in Europa? Non vale anche per noi la libera circolazione delle persone? Abbiamo sostenuto Sel con Pisapia nella sua campagna in bicicletta, abbiamo ottenuto la realizzazione della Casa dei Diritti dopo il "Mi voglio sposare" di Nichi Vendola. Ma in concreto, zero diritti".
Chiara e Giulia, per sposarsi, sono dovute andare in Danimarca. "La decisione è nata anche dal desiderio, nostro e dei figli (tre sono di Chiara, avuti da una precedente relazione eterosessuale), di allargare la famiglia. Speriamo in qualche modo di poter tutelare anche il bimbo che sogniamo di avere insieme".
"Dopo la sentenza del Tribunale di Grosseto altri comuni italiani hanno deciso di muoversi - spiega Francesco Bilotta, tra i fondatori di Rete Lenford - Fano, Napoli, Bologna, e presto Cagliari, Livorno, Roma. Noi incontriamo i sindaci, ci rendiamo disponibili con le amministrazioni comunali per trovare soluzioni ed evitare ingiuste discriminazioni. Milano, per quel che ne so, ci sta ancora pensando".