Huffington Post
12 06 2015
Noi donne non nasciamo mamme: il fatto che decidiamo di diventarlo non significa che stiamo assolvendo a un nostro dovere. Mai nessuno mi convincerà del contrario. La maternità è una libera scelta, una scelta che ci siamo conquistate il 22 maggio del 1978 quando la legge 194 legalizzava l'aborto. Quel giorno siamo tornate ad essere persone e non più prolifiche conigliette, buone ad aumentare il numero di abitanti qui, sulla faccia della terra. Quel giorno, che ogni anno passa sotto silenzio perché uno Stato che vuole tra le sue radici una religione rifiuta di essere laico, abbiamo vinto solo una battaglia. Abbiamo conquistato una trincea, ma la guerra, quella vera, non è ancora finita.
E non lo è ogni volta in cui, un manipolo di astiosi guardiani della vita (presunta e altrui), si ritaglia uno spazio, tra le larghe maglie del Diritto, per manifestare la propria indignazione davanti alle porte di un ospedale dove le donne vanno, lecitamente, ad abortire.
Perché chi se ne frega se un ospedale è un luogo di cura, per chi ancora oggi ritiene che l'aborto sia la negazione della vita, non del suo potenziale, un ospedale è solo un palcoscenico sul quale salire per una maratona di preghiera che tocchi il cuore di quelle empie femmine che non vogliono diventare madri. Ho più fede nella ragione che nella religione, per questo sono convinta che la manifestazione che gli antiabortisti italiani hanno organizzato a Bologna (9 ore di Ave Maria e Pater Noster davanti all'ingresso dell'Ospedale Maggiore), sfiorerà il ridicolo e non scalfirà il buon senso. Nove ore a sgranare rosari per solleticare le coscienze e convincerle dell'opportunità di un referendum abrogativo che rispedisca l'Italia nel Medioevo possono al massimo essere folkloristici. Ma le nove ore di preghiera degli antiabortisti non fanno ridere. Per niente.
Sono una minaccia e non tanto perché io veda in questa manifestazione una reale insidia al nostro diritto di scegliere se diventare mamme, quanto perché i tentativi di discutere questo diritto sono un attacco alla nostra ancora debole libertà. Che è debole proprio perché è continuamente messa in discussione, attaccata e ostacolata e ci costringe ad alzare muri di rabbia per riuscire a proteggerla. Non basta la scienza a dimostrare l'assurdità di certe ideologiche convinzioni. Non basta in un Paese in cui esistono medici obiettori di coscienza che si rifiutano di prescrivere la pillola abortiva violando quell'antico, e laico, giuramento che hanno pronunciato il giorno in cui hanno indossato un camice bianco.
È impossibile percorrere la strada dei diritti civili, della loro auspicabile estensione a tutti, se ogni occasione è buona per discutere quelli già conquistati. La religione, qualunque essa sia, non può avocare a sé il ruolo di decidere sull'opportunità delle Leggi di uno Stato. Eppure trova sempre uno spazio in cui insinuarsi, trova sempre fedeli pronti a infilarsi in una sala operatoria e gridare a una donna che è una immonda peccatrice. Ma noi non siamo peccatrici se rifiutiamo la maternità, non lo siamo più di coloro che pregano per una redenzione che non ci riguarda. Non abbiamo bisogno di essere redente per il semplice fatto che quella redenzione non ci interessa. E nemmeno ci interessa il giudizio di chi non si arrende al nostro diritto di scelta: non saranno i rosari sgranati da un esercito di anacronistici fedeli a farci cambiare idea. Il prezzo che pagheremo a noi stesse, alla memoria di quella sala operatoria, sarà molto più alto di quello del mancato Paradiso che voi ci assicurate. Sarà il pensiero che ci coglie, anche a distanza di anni, e ci si pianta nel cuore: "E se lo avessi tenuto, come sarebbe stato adesso?". Questo è il tributo che pagheremo per la nostra scelta, ed è più che sufficiente. Non serve la pubblica riprovazione, la minaccia dell'Inferno.
Inferno e Paradiso sono una promessa meno reale dell'urgenza che prova una donna che non vuole essere mamma e chiede di essere tutelata da quella legge che la protegge. Una legge scritta col sangue di tutte le donne morte di emorragia quando l'unica strada per l'aborto conduceva a un ambulatorio improvvisato e all'avidità di un chirurgo. La 194 è roba nostra, di noi donne laiche che siamo state così generose da averla voluta per tutte, anche per voi che ci assicurate l'eterna dannazione. Ed è per questo che non vi permetteremo di toccarla, non vi lasceremo appoggiare i vostri rosari sulle nostre pance, non acconsentiremo a fare entrare le vostre Bibbie nelle cabine elettorali. Lo faremo anche per voi, per proteggere la vostra libertà. Perché noi abbiamo un cuore laico, voi avete solo la fede.
Deborah Dirani
Lavoro e Professioni
04 12 2014
Ci sono zone del paese, tra cui il Lazio, in cui gli obiettori superano il 90% del totale dei ginecologi strutturati all’interno del Ssn. Il rischio, lamentato dai ginecologi della Laiga, Libera associazione italiana per applicazione della legge 194, è che si arrivi al “paradosso di un’obiezione di struttura”.
Si definiscono Pro Choice, ovvero a favore del diritto di scegliere (in contrapposizione ai Pro Life ossia quelli che negano la libertà dei pazienti di decidere sul proprio corpo). Sono i ginecologi non obiettoridella Laiga (Libera Associazione Italiana dei Ginecologi per l'Applicazione della legge 194), guidati da Silvana Agatone e Concetta Grande, del servizio Applicazione legge 194/78 dell'Ospedale Sandro Pertini Roma. Le quali insieme a Franco Di Iorio e Marco Sani, del servizio Legge 194/78 del Policlinico Casilino Roma, nel 2008 hanno dato vita a questa associazione pe difendere il diritto delle donne ad una libera scelta e per difendere l’applicazione della Legge 194/78 “che – hanno denunciato oggi nel corso i una conferenza stampa – ultimi anni ha subito una serie enorme di attacchi”.
La situazione in riferimento all’applicazione della legge che norma l’interruzione di gravidanza è “grave”. Ci sono regioni, ha spiegato Silvana Agatone, “in cui l’aumento degli medici obiettori di coscienza, nel Lazio e in alcune zone dell'Italia, raggiungono anche il 91,3%. Questo di fatto interrompe un servizio istituito dalla legge 194 del 1978. Noi abbiamo anche fatto un ricorso in sede europea e la Corte Ue ha sanzionato l'Italia per la ripetuta violazione di questa legge, ma non è bastato”.
La condizione denunciata come tra le più gravi è quella del Lazio, da qui una lettera scritta al presidente della regione, Nicola Zingaretti, dove si ribadisce che “le donne del sud del Lazio sono costrette a spostamenti in Campania e a Roma, le altre aspettano anche due settimane per ricevere un appuntamento in Consultorio. E anche nei Consultori Familiari non si sa come sostituire il personale che va in pensione, nonostante nel suo decreto si stabilisca il personale obbligatorio per ogni Consultorio”.
Quello che chiedono, sia ai presidenti di regione, che alla ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, è “il rispetto della legge affinché l'interruzione volontaria di gravidanza e la somministrazione di anticoncezionali non vengano mai negati a chi li richiede. Possiamo testimoniare attraverso la nostra rete di legali sparsi sul territorio, che le donne spesso si trovano davanti a queste negligenze”.
Elisabetta Canitano, ginecologa romana dell’Asl Roma D, distretto di Ostia, denuncia “la sospensione delle interruzioni volontarie di gravidanza al Policlinico di Roma, la struttura più grande d’Europa, a causa del pensionamento dell'ultimo medico non obiettore. La direzione era a conoscenza del fatto da otto mesi e dopo una protesta corale si è impegnata a intervenire. Tuttavia la situazione è ancora ferma, e per ora c'è solo la promessa di un concorso per assumere a tempo determinato, un anno, due medici, ma ci vorrà tempo”.
Ma la situazione è difficile, aggiunge Canitano, anche nei consultori dove “ci sono dei medici che si definiscono obiettori e non solo non fanno il documento per la 194 (detto certificato), ma non prescrivono neanche la contraccezione d'emergenza o non la prescrivono alle minori. Viene così violata la legge che individua nei consultori il luogo di elezione per la contraccezione per i minorenni, e anche quella d'emergenza, definita dalla direttiva Aifa un contraccettivo a tutti gli effetti”.
“Con questi numeri di obiezione – denunciano i ginecologi non obiettori della Laiga – si sta registrando una situazione per cui il rischio che si arrivi al paradosso di un’obiezione di struttura”.
A questo punto l’Associazione chiede “l’istituzione di un registro pubblico dove si elenchino le strutture che applicano ancora la 194. Faremo delle iniziative sui posti di lavoro e in piazza, pressioni sulle amministrazioni e altro per difendere i diritti di tutti”.
Ma oltre a ciò la Laiga in una sorta di manifesto programmatico chiede “di creare una mappa degli operatori al fine di consultarci, scambiarci notizie e sostenerci; sorveglianza sulle pari opportunità in ambito lavorativo tra personale non obiettore e obiettore con denuncia lì ove vi sia discriminazione; sorveglianza affinché la legge 194 venga attuata in tutte le ASL come previsto dalla legge denuncia ove ciò non accada”.
In più c’è da tener presente che i pochi ginecologi non obiettori devono sopportare un carico di lavoro enorme. Per esempio nel Lazio l’Ivg è concentrata quasi tutta su Roma e in Campania, molto su Caserta. Per questo la Laiga chiede anche di “ ottenere un aumento dei giorni di ferie e della retribuzione a favore degli operatori legge 194 poiché sopportano un carico psicologico maggiore rispetto agli obiettori”.
Dinamo Press
28 11 2014
Il 25 novembre 2014 la rete romana IoDecido si è mobilitata scendendo in corteo e denunciando la vergognosa sospensione del servizio di interruzione volontaria di gravidanza del policlinico Umberto I di Roma.
Il “Repartino” è nato dall'occupazione portata avanti da collettivi di donne e da lavo-ratori e lavoratrici del Policlinico, proprio nell'anno dell'approvazione della legge 194, il 1978. Da allora il servizio è stato garantito, fino al pensionamento dell'ultimo e unico - altro dato inaccettabile - medico non obiettore rimasto nell'intero ospedale. A partire dal 17 novembre la struttura sanitaria più grande d’Italia, non è più nelle condizioni di garantire l'applicazione della legge 194. Fatto grave anche simbolicamente, data la storia di questo servizio: un colpo di spugna sull'accesso all'aborto libero e gratuito, un colpo di spugna sulle lotte delle donne, un regalo per gli antiabortisti e gli obiettori offerta dalla negligenza della direzione sanitaria dell'Umberto I.
Il paradosso è che, nonostante tutto, il Policlinico è stato riconosciuto fra i migliori ospedali a prendersi cura della salute della donna, ottenendo l'attribuzione di tre bollini rosa da parte di O.N.Da, l'Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna, una vera e propria operazione di pinkwashing in tutti i sensi! Un ranking davvero invidiabile, considerando la percentuale del 100% di medici obiettori di coscienza presenti attualmente nell’ospedale, senza contare lo smantellamento e i tagli subiti negli ultimi anni e i continui disservizi subiti da tutt*. Ma non si sfugge dal fare i conti con le dirette interessate, l'azione della rete IoDecido e le lavoratrici del Policlinico ha acceso i fari sulla chiusura del Repartino e sulla sospensione del servizio IVG dell' Umberto I e ha ottenuto un incontro con la Direzione Centrale. Il direttore generale Domenico Alessio si è impegnato a richiedere con urgenza la riattivazione del servizio con la strutturazione di due medici non obiettori per l'assistenza. Per mettere riparo al ritardo colpevole della direzione e riattivare immediatamente il reparto, al momento è stata fatta richiesta urgente, dalla stessa direzione centrale, di assunzione di un medico con incarico a 30 ore settimanali con contratto SUMAI.
Se il Policlinico si fosse occupato nei giusti tempi del reclutamento di medici non obiettori, il servi-zio non sarebbe stato interrotto. Questo fatto denuncia la condizione pietosa e preoccupante in cui versa l'applicazione della legge 194, e dunque il numero di medici obiettori sempre più in aumento, stimato al 90% su tutto il territorio nazionale. In questi giorni si è tornati a parlare anche sui media mainstream di molte delle tematiche sollevate dalla rete, che ha tutta l’intenzione di continuare a monitorare la scandalosa vicenda del Policlinico, insieme a quella di molte altre strutture dove il diritto di scegliere e alla salute di ognun* sono con-tinuamente calpestati nel silenzio più totale!
La giornata del 25 novembre non è stata una data simbolica e rituale: quando parliamo di violenza dobbiamo riferirci anche a quella di un governo che colpisce a suon di tagli diritti fondamentali e le fasce economicamente più deboli, riservando solo qualche briciola qua e là con misure ipocrite quanto inutili come gli 80 euro per le neomamme. La salute delle donne deve essere tutelata in tutte le sue forme, dal diritto ad abortire nel rispetto della salute fisica e psicologica, al diritto alla maternità consapevole e garantita nelle migliori con-dizioni socio-sanitarie, alla contraccezione e alla prevenzione. Il diritto alla salute per tutti deve fondarsi sul rispetto delle soggettività garantendone lo sviluppo, il benessere e la libertà.
Altro che tre bollini rosa, non vogliamo nessuna valutazione su ciò che riguarda la nostra vita, il nostro corpo, la nostra salute!
Libere di scegliere, pronte a reagire!
Di seguito il comunicato.
Comunicato Repartino Policlinico Umberto I
Ieri 25 novembre, in occasione della Giornata Mondiale contro la Violenza sulle Donne siamo scese in corteo, precarie, studentesse, lavoratrici del Policlinico e tante donne, per denunciare la chiusura del reparto di interruzione volontaria di gravidanza, avvenuta il 17 novembre, presso il Policlinico Umberto I . Con determinazione abbiamo ottenuto un incontro con il direttore generale dell'ospedale, Domenico Alessio che ci aveva assicurato già nel pomeriggio della giornata di ieri, che si sarebbe impegnato per la riapertura del reparto, garantendo il servizio in modo continuativo. Oggi abbiamo monitorato l'operato della direzione sanitaria per assicurarci che alle parole seguissero fatti concreti. Non avendo ancora trovato un medico disponibile nell'immediato, il direttore generale alle ore 18:00 di oggi ha fatto richiesta urgente di abilitare un medico con contratto SUMAI di 30 ore. Questo risultato tamponerà l'emergenza in via del tutto temporanea. Per questa ragione nei prossimi giorni continueremo a verificare che i passaggi per la riapertura del Repartino del Policlinico vengano fatti velocemente e rispettando le richieste espressamente fatte di assunzione stabile di almeno due medici che garantiscano un funzionamento efficace del servizio nel rispetto della legge 194.
Saremo pronte a mobilitarci ed estendere ancora di più la partecipazione se gli impegni presi non verranno rispettati. Per maggiori info sul sito del policlinico è disponibile la delibera datata 26/11 in cui si bandiscono i posti per i non obiettori...qui il link
http://www.policlinicoumberto1.it/delibera-n-725-del-24112014.aspx
Rete #Iodecido – 26/11/2014