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Le sfide delle famiglie palestinesi in diaspora

  • Martedì, 06 Ottobre 2015 14:14 ,
  • Pubblicato in ZeroViolenza
Famiglia PalestinaPina Sodano, Zeroviolenza
6 ottobre 2015

Scrivere della questione palestinese, del dramma che migliaia di persone, nate sulla propria terra ma sotto l'occupazione israeliana, dell'appropriazione indebita,

Il Fatto Quotidiano
21 09 2015

Dopo giorni di scontri violenti sulla Spianata delle Moschee e nei sobborghi arabi della città e in Cisgiordania, il governo del premier Benyamin Netanyahu ha approvato le misure che lo stesso primo ministro aveva già annunciato: "Sono armi letali, possono uccidere". Ong Adalah: "Norme illegali"
Proiettili in risposta a pietre e molotov. In certi casi e condizioni, al tiro di sassi e bottiglie incendiarie la polizia israeliana a Gerusalemme avrà carta bianca per aprire il fuoco. Dopo giorni di scontri violenti sulla Spianata delle Moschee e nei sobborghi arabi della città e in Cisgiordania, il governo del premier Benyamin Netanyahu ha approvato le misure che lo stesso primo ministro aveva già annunciato.

“Le pietre e le bottiglie incendiarie – ha spiegato dopo la riunione dell’esecutivo – sono armi letali: possono uccidere e hanno già ucciso. Per cui negli ultimi giorni abbiamo cambiato gli ordini di apertura del fuoco per gli agenti impegnati a Gerusalemme”. Una mossa subito contestata dall’ong araba, Adalah, che ha definito “illegali” le misure, denunciate già duramente dalla dirigenza palestinese nei giorni passati. Ma i passi intrapresi dal governo non si fermano qui: Netanyahu – ricorda l’Ansa – ha detto che sarà accelerata la legislazione “per imporre multe ai parenti dei minori che tirano pietre e bombe incendiarie”.

Così come una legge che stabilisce “un minimo di pena” per gli autori dei lanci: i media riferiscono di 4-5 anni di carcere per i tiri dei sassi e di 10 anni per le bottiglie incendiarie. “Non possiamo accettare il principio – ha aggiunto – che nella nostra capitale Gerusalemme, o in qualsiasi altra parte dello Stato di Israele, la gente organizzi il terrorismo e cominci a tirare pietre alle auto che passano e uccida le persone”. Per questo si è rivolto ai giudici – che dovranno poi applicare il provvedimento – sottolineando che è diritto del governo “stabilire questa norma”.

Il procuratore generale Yehuda Weinstein non sembra però – secondo quanto riporta Ynet – condividere la linea complessiva di Netanyahu: le leggi attuali così come le regole di ingaggio della polizia sono sufficienti. Un braccio di ferro che dovrebbe essere sciolto nei prossimi giorni. Netanyahu ha poi rigettato l’accusa politica – avanzata dal mondo arabo e da Ramallah – che Israele voglia cambiare lo status quo sulla Spianata delle Moschee; anzi – ha detto – “è vincolato al suo mantenimento”. La responsabilità degli incidenti sulla Spianata, va addossata – ha sottolineato – a “fomentatori” e fra questi ha menzionato i Fratelli Musulmani, il movimento islamico in Israele, Hamas.

“E con mio dolore – ha detto – anche l’Autorità palestinese vi prende parte attiva”. “Esplosivi nella moschea, questo sì – ha esclamato – che è un cambiamento dello status quo”. Sulle tensioni sulla Spianata ha fatto eco da Amman il re Abdallah che oggi ha incontrato una delegazione di deputati arabi della Knesset. “Lo dirò una volta sola e per tutte – ha sottolineato, citato da Haaretz – non c’è partnership né divisione: Al-Aqsa è un luogo musulmano di culto. Cosa vuole Netanyahu con queste azioni – ha continuato secondo la stessa fonte – Provocare una rottura?”.

Poi ha annunciato che sulla Spianata avrà un incontro in sede di Assemblea generale dell’Onu con il presidente palestinese Abu Mazen e quello egiziano Abdel-Fattah al-Sisi. La delegazione dei parlamentari arabi della Knesset dalla Giordania proseguirà per Istanbul dove, sullo stesso dossier, dovrebbe incontrare il presidente turco Recep Tayyep Erdogan.

 

Sabra e Chatila, un popolo profugo

Trentatré anni sono passati dalla strage di Sabra e Shatila e da allora ogni anno si rinnova la catarsi di un ricordo che è anche un guardarsi indietro, verso la propria storia fatta di sconfitte e speranze, e un cercare in quel drammatico evento le ragioni per andare avanti alla ricerca di un futuro difficile da individuare.
Maurizio Musolino, Il Manifesto ...

La bandiera della Palestina sventolerà all’Onu

  • Venerdì, 11 Settembre 2015 10:17 ,
  • Pubblicato in LA STAMPA

La Stampa
11 09 2015

La bandiera palestinese sventolerà al Palazzo di Vetro dell’Onu, a New York. L’Assemblea Generale ha approvato una risoluzione che dà all’Anp e agli altri Paesi con lo status di osservatore non membro - il Vaticano - il diritto di issare il proprio vessillo. La risoluzione è stata approvata con 119 sì, 8 no tra cui Stati Uniti e Israele, e 45 astenuti.

Il Vaticano si è però smarcato dall’iniziativa dell’Anp, e ha detto che la sua bandiera non sventolerà prima del discorso di Papa Francesco il 25 settembre.

«È un fatto simbolico, ma rappresenta un altro passo per solidificare i pilastri dello Stato della Palestina sulla scena internazionale», ha spiegato Riyad Mansour, l’ambasciatore dell’Autorità Nazionale Palestinese (Anp) all’Onu. «Il quadro è cupo - ha aggiunto Mansour - il processo politico è morto, Gaza è soffocata. Questa risoluzione sulla bandiera è come una piccola luce volta a tenere viva la speranza per il popolo palestinese».

Sia gli Usa che Israele hanno espresso una forte opposizione: l’ambasciatore di Israele al Palazzo di Vetro, Ron Prosor, ha bollato l’iniziativa come «un palese tentativo di dirottare le Nazioni Unite». Mentre il portavoce del Dipartimento di Stato Usa, Mark Toner, l’ha definita «controproducente».

E si è smarcato dall’iniziativa palestinese l’altro Paese con lo status di osservatore all’Onu, il Vaticano: l’arcivescovo Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede al Palazzo di Vetro, ha ribadito di non essere un co-sponsor dell’iniziativa «perché abbiamo certamente diverse priorità», e di non aver ancora deciso se la sua bandiera verrà issata in futuro. «La questione è aperta, non posso dire quale sarà la posizione della Santa Sede in seguito», ha detto Auza. Quel che è certo, è che la bandiera del Vaticano non sventolerà prima del discorso di Papa Francesco all’Assemblea generale, il 25 settembre. «Non abbiamo alcuna intenzione di farlo», ha chiosato il Nunzio.

L’Anp ha ottenuto nel novembre 2012 lo status di osservatore non membro all’Onu. Ora le Nazioni Unite hanno a disposizione 20 giorni per attuare la misura, in tempo per la visita del presidente palestinese Abu Mazen, in programma per il 30 settembre.

La Stampa
10 09 2015

Quando a fine mese il presidente dell’Anp, Abu Mazen, sarà a New York per partecipare all’Assemblea Generale annuale dell’Onu, troverà ad accoglierlo, fuori dal Palazzo di Vetro, la bandiera palestinese.

L’Assemblea Generale è chiamata stasera alle 21 italiane a votare sul diritto dell’Anp, che dal 2012 ha lo status di «osservatore permanente», di issare la sua bandiera e basterà la maggioranza assoluta (metà più uno) dei 193 Stati membri. Lo stesso varrà per la bandiera pontificia, in quanto la 'Santa Sede' condivide la medesima posizione della Palestina alle Nazioni Uniti ma sin dal 1964.

Contro la bandiera palestinese sono schierati Stati Uniti e Israele. Grande attenzione per come voteranno i Paesi Ue. Scontato il sì per la bandiera della Santa Sede che accoglierà a sua volta Papa Francesco quando sarà nel grattacielo sull’East River di Oscar Niemeyer, il 25 settembre, quando terrà un’attesissimo intervento.

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