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"Demolire case per la sicurezza"

Mafalda preoccupata"Ci saranno altre demolizioni di case, ha avvertito . Siamo determinati a riportare la sicurezza a Gerusalemme... Non tollereremo attacchi ai nostri cittadini". 
Michele Giorgio, Il Manifesto ...

Palestina, ok della Spagna al riconoscimento

  • Mercoledì, 19 Novembre 2014 12:42 ,
  • Pubblicato in LA STAMPA

La Stampa
19 11 2014

Il Parlamento spagnolo ha approvato in serata, all’unanimità, una risoluzione per il riconoscimento dello Stato della Palestina. Il testo, non vincolante e negoziato fra tutti i partiti, impegna il governo a «riconoscere la Palestina come Stato, soggetto di diritto internazionale», riaffermando «la convinzione che l’unica soluzione possibile per il conflitto è la coesistenza di due Stati, Israele e Palestina».

La risoluzione mitiga quella presentata dai socialisti del Psoe all’opposizione, con un emendamento presentato oggi all’ultima ora dal Partito Popolare al governo, nel giorno in cui si è registrato uno dei più gravi attacchi terroristi contro Israele, con l’assassinio da parte di due palestinesi, poi uccisi dalla polizia, di 4 rabbini in una sinagoga di Gerusalemme.

Il testo chiede il riconoscimento dello Stato palestinese a due condizioni: che ci sia un processo di negoziato fra palestinesi e israeliani e l’osservanza degli «interessi» di Israele. «Questo riconoscimento deve essere conseguenza di un processo di negoziato fra le parti che garantisca la sicurezza a entrambe, il rispetto e i diritti dei cittadini e la stabilità regionale», si sottolinea. Si esorta il governo a «cercare un’azione coordinata, di concerto con la comunità internazionale, e in particolare con la Ue, tenendo pienamente in conto le legittime preoccupazioni, interessi e aspirazioni dello Stato di Israele». E, in un ultimo punto, si sprona a «far valere la presenza della Spagna nel Consiglio di sicurezza per propiziare tale soluzione giusta e duratura».

«Sono cosciente che questa iniziativa resti per alcuni troppo lontana» dall’obiettivo del pieno riconoscimento dello Stato palestinese e «troppo vicina per altri», ha detto la portavoce del Psoe ed ex ministro degli esteri, Trinidad Jimenez, promotrice dell’iniziativa socialista. «Ma ha il valore del consenso e dell’unanimità e spero che, fra tutti, riusciamo a fare sì che Israele e Palestina siano due Stati e possano convivere in pace e sicurezza», ha aggiunto, ricevendo un lungo applauso anche da parte degli ambasciatori arabi presenti in aula, fra i quali quello della Palestina.

Il ministro degli esteri, José Manuel Margallo, ha espresso la speranza che la storica risoluzione odierna «contribuisca a sbloccare un processo di negoziati in situazione di stallo da molti anni». La Spagna - ha aggiunto - come membro non permanente del Consiglio di sicurezza promuoverà un «dialogo per la pace, la scurezza e lo sviluppo della regione». Madridpunta a coordinarsi con altri Paesi, come la Francia, dove l’Assemblea nazionale dovrebbe votare il 28 novembre una risoluzione molto simile a quella spagnola. Il Parlamento di Madrid è il terzo in Europa a pronunciarsi a favore dello Stato palestinese in queste ultime settimane, dopo Gran Bretagna e Irlanda.

«Crediamo che sia un brutto momento per parlare di riconoscimento, soprattutto alla luce dell’attentato oggi a Gerusalemme - ha dichiarato all’Ansa l’ambasciatore israeliano in Spagna, Alon Bar - perché fomenta misure unilaterali, alimenta la violenza, non beneficia il processo di pace in quanto anima i palestinesi a cercare il riconoscimento internazionale invece di sedersi a un tavolo e negoziare». Tuttavia, secondo il diplomatico israeliano, il testo approvato oggi nell’imporre «che il riconoscimento debba essere il risultato di negoziati» e che debba avvenire «nel contesto della Ue e nel quadro di un accordo globale», esprime una posizione «che è anche quella di Israele».

Le persone e la dignità
11 11 2014

Ospitiamo oggi un articolo di Eleonora Pochi su “Hip hop smash the wall”, un progetto di Assopace Palestina.

“Hip hop smash the wall” è un progetto portato avanti da Assopace Palestina.

Un’iniziativa che attraverso l’hip hop mira a favorire l’empowerment dei giovani e che rappresenta una delle molte strategie attraverso cui l’Associazione si impegna per il superamento di ogni forma di esclusione sociale e discriminazione. In Palestina l’hip hop riesce ad abbattere molti più muri di quanto si pensi, permettendo ai ragazzi di sviluppare un particolare senso critico della realtà che li circonda.

“Hip hop smash the wall” vuole supportare anche l’aggregazione dei giovani palestinesi, divisi da checkpoint, dal muro di separazione, dai regolamenti militari e da decine di prassi discriminatorie. Una delle ultime è la misura decisa dal ministro della Difesa israeliano, Moshe Ya’alon, in base alla quale gli operai palestinesi dei Territori Occupati non potranno viaggiare sugli stessi autobus dei coloni israeliani.

L’hip hop inteso come movimento culturale ha contribuito a sviluppare, dapprima in America e poi in giro per il mondo, una coscienza collettiva, un rifiuto consapevole delle discriminazioni razziali, di classe sociale e di sesso che fa perno sul riscatto personale e sociale delle fasce deboli, o meglio indebolite, della popolazione. Per questo quando ci si trova in condizioni di disagio l’hip hop fiorisce nella sua massima essenza.

Oltre a rappresentare un filone di pensiero, l’hip hop rappresenta un potente strumento per esprimere sé stessi attraverso le quattro discipline che lo compongono (Mcing, Djing, Bboying, Writing).

Ahmad, un giovane proveniente da Askar Camp, un campo profughi vicino Nablus, ha raccontato:

“Quando faccio graffiti sento come se potessi parlare con il muro e trasmettere un messaggio alla gente, attraverso il writing sento di poter esprimere davvero e fino in fondo me stesso”.
Ma “Hip hop smash the wall” in realtà racchiude molti muri da sfondare. Come quello degli stereotipi che aleggiano sul popolo palestinese. Terrorista o vittima. Prima di tutto esseri umani. E questo è un imperativo non solo per questo progetto, ma per tutto il lavoro di Assopace Palestina, che da spazio ad una visione diversa dei palestinesi. Basti pensare al supporto fornito al Freedom Theatre di Jenin, una splendida forma di resistenza senz’armi. In accordo con i fondatori del teatro di Jenin, anche noi “crediamo che le arti abbiano un ruolo cruciale per la creazione di una società libera e sana”.

Il fulcro di “Hip Hop smash the wall” sono le relazioni umane, fondate sui presupposti dell’empatia e la voglia di cambiamento. Dopo la prima fase del progetto, che ha visto una delegazione di artisti hip hop volare a Ramallah, si è formata per spontanea volontà dei partecipanti una grande crew, una famiglia italo-palestinese.

“Sono passati due mesi da quando abbiamo realizzato le attività insieme ai ragazzi italiani – racconta Ameer, un Bboy, ossia un ballerino hip hop, di Nablus – eppure stiamo sempre a pensarci. Nonostante l’Italia e la Palestina abbiano ovviamente culture diverse, ci sentivamo appartenere ad una famiglia unita e compatta. Questo è l’hip hop. Abbiamo realizzato un liveshow a distanza con Gaza e ho avuto l’opportunità di ballare nello stesso istante e sulle stesse note dei Bboys di Gaza, che a causa delle restrizioni non ho avuto modo di incontrare. Eravamo su quel palco, palestinesi ed italiani ed abbiamo sfondato tutti i muri. E non è finita qui, ci incontreremo di nuovo”.
Ameer e gli altri Bboys hanno realizzato questa videoclip qualche settimana dopo la fine della prima sessione di attività.Ospitiamo oggi un articolo di Eleonora Pochi su “Hip hop smash the wall”, un progetto di Assopace Palestina.

“Hip hop smash the wall” è un progetto portato avanti da Assopace Palestina.

Un’iniziativa che attraverso l’hip hop mira a favorire l’empowerment dei giovani e che rappresenta una delle molte strategie attraverso cui l’Associazione si impegna per il superamento di ogni forma di esclusione sociale e discriminazione. In Palestina l’hip hop riesce ad abbattere molti più muri di quanto si pensi, permettendo ai ragazzi di sviluppare un particolare senso critico della realtà che li circonda.

“Hip hop smash the wall” vuole supportare anche l’aggregazione dei giovani palestinesi, divisi da checkpoint, dal muro di separazione, dai regolamenti militari e da decine di prassi discriminatorie. Una delle ultime è la misura decisa dal ministro della Difesa israeliano, Moshe Ya’alon, in base alla quale gli operai palestinesi dei Territori Occupati non potranno viaggiare sugli stessi autobus dei coloni israeliani.

L’hip hop inteso come movimento culturale ha contribuito a sviluppare, dapprima in America e poi in giro per il mondo, una coscienza collettiva, un rifiuto consapevole delle discriminazioni razziali, di classe sociale e di sesso che fa perno sul riscatto personale e sociale delle fasce deboli, o meglio indebolite, della popolazione. Per questo quando ci si trova in condizioni di disagio l’hip hop fiorisce nella sua massima essenza.

Oltre a rappresentare un filone di pensiero, l’hip hop rappresenta un potente strumento per esprimere sé stessi attraverso le quattro discipline che lo compongono (Mcing, Djing, Bboying, Writing).

Ahmad, un giovane proveniente da Askar Camp, un campo profughi vicino Nablus, ha raccontato:

“Quando faccio graffiti sento come se potessi parlare con il muro e trasmettere un messaggio alla gente, attraverso il writing sento di poter esprimere davvero e fino in fondo me stesso”.
Ma “Hip hop smash the wall” in realtà racchiude molti muri da sfondare. Come quello degli stereotipi che aleggiano sul popolo palestinese. Terrorista o vittima. Prima di tutto esseri umani. E questo è un imperativo non solo per questo progetto, ma per tutto il lavoro di Assopace Palestina, che da spazio ad una visione diversa dei palestinesi. Basti pensare al supporto fornito al Freedom Theatre di Jenin, una splendida forma di resistenza senz’armi. In accordo con i fondatori del teatro di Jenin, anche noi “crediamo che le arti abbiano un ruolo cruciale per la creazione di una società libera e sana”.

Il fulcro di “Hip Hop smash the wall” sono le relazioni umane, fondate sui presupposti dell’empatia e la voglia di cambiamento. Dopo la prima fase del progetto, che ha visto una delegazione di artisti hip hop volare a Ramallah, si è formata per spontanea volontà dei partecipanti una grande crew, una famiglia italo-palestinese.

“Sono passati due mesi da quando abbiamo realizzato le attività insieme ai ragazzi italiani – racconta Ameer, un Bboy, ossia un ballerino hip hop, di Nablus – eppure stiamo sempre a pensarci. Nonostante l’Italia e la Palestina abbiano ovviamente culture diverse, ci sentivamo appartenere ad una famiglia unita e compatta. Questo è l’hip hop. Abbiamo realizzato un liveshow a distanza con Gaza e ho avuto l’opportunità di ballare nello stesso istante e sulle stesse note dei Bboys di Gaza, che a causa delle restrizioni non ho avuto modo di incontrare. Eravamo su quel palco, palestinesi ed italiani ed abbiamo sfondato tutti i muri. E non è finita qui, ci incontreremo di nuovo”.
Ameer e gli altri Bboys hanno realizzato questa videoclip qualche settimana dopo la fine della prima sessione di attività.

Netanyahu chiude la Spianata

Gerusalemme è il ring dove si sfidano israeliani e palestinesi. Sono durissime le accuse che il premier Netanyahu e i suoi ministri hanno rivolto ieri al presidente Abu Mazen, dopo l'attentato compiuto da un palestinese che, alla guida di un'auto, nel settore arabo occupato di Gerusalemme, si è lanciato contro alcuni passanti israeliani uccidendo un ufficiale della guardia di frontiera e ferendo una dozzina di persone.
Michele Giorgio, Il Manifesto ...

La Svezia riconosce lo Stato di Palestina, Israele protesta

  • Venerdì, 31 Ottobre 2014 15:59 ,
  • Pubblicato in Flash news

Atlas
31 10 2014

La Svezia ha ufficialmente riconosciuto ieri lo Stato della Palestina, diventando così il 135esimo paese del mondo a riconoscere ufficialmente lo stato palestinese. La decisione è stata annunciata dal ministero degli Esteri svedese, a meno di un mese da quando il governo aveva resa pubblica l’intenzione di sostenere la causa della nazione palestinese.

In Europa finora solo Islanda, Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Ungheria, Malta, Polonia e Romania hanno riconosciuto lo stato palestinese.

In una nota il ministro degli Esteri svedese, Margot Wallstrom, ha precisato che il riconoscimento “è un passo importante che conferma il diritto dei palestinesi all’autodeterminazione e speriamo che questo sia da esempio anche per altri, spingendoli a fare la nostra scelta”.

Salutata dalla comunità palestinese svedese con manifestazioni di giubilo in piazza, la decisione è stata definita “coraggiosa e storica” dal presidente palestinese Mahmoud Abbas.

Di tutt’altro tono la reazione israeliana: Tel Aviv prima ha convocato l’ambasciatore svedese per esprimere il proprio dissenso e poi ha richiamato il proprio ambasciatore in Svezia. Citando una nota del ministero degli Esteri israeliano, i media locali fanno sapere che l’ambasciatore Isaac Bachman “resterà a Gerusalemme fino a nuova decisione” e sottolineano che il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman starebbe valutando la rimozione permanente dalla rappresentanza diplomatica in Svezia.

Tuttavia, secondo la televisione svedese SVT, il ministro degli Esteri di Stoccolma non avrebbe finora ricevuto alcuna conferma ufficiale riguardo alle notizie di intense proteste diplomatiche israeliane.

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