Le macerie di Shujayea: dopo le bombe il silenzio

Domani al Cairo dovrebbero ricominciare i negoziati indiretti tra palestinesi e israeliani per il prolungamento della tregua e la fine dell'assedio di Gaza. In pochi si fanno illusioni. I delegati israeliani non andranno nella capitale egiziana per accogliere le richieste della gente di Gaza: libertà di movimento, piena riapertura dei valichi di confine, costruzione di un porto marittimo e un aeroporto.
Michele Giorgio, Il Manifesto ...

Rabbia, ironia e Banksy: 10 anni di Muro

  • Mercoledì, 22 Ottobre 2014 14:16 ,
  • Pubblicato in Flash news

La Repubblica
22 10 2014

Nel 2004 il Muro chiudeva la strada tra Betlemme e Gerusalemme (foto). Dieci anni di rabbia, di graffiti, di incursioni di artisti famosi come Banksy su queste lastre alte 9 metri che dividono Israele dalla Palestina per circa 800km. Un muro nel cuore dell'umanità , nella culla delle tre religioni.
Da dieci anni il giornalista Antonio Mascolo e il fotografo Luigi Ottani ( con Valentina Lanzilli) seguendo un progetto di solidarietà col Charitas Baby Hospital di Betlemme. che coinvolge Parma e Modena, hanno documentato i cambiamenti di quella realtà. Ecco alcune immagini della "lavagna " più lunga del mondo, che cambia in continuazione. Muro di sicurezza , Muro di vergogna, Muro da abbattere, Muro purtroppo replicato in altre parti del mondo.

http://parma.repubblica.it/cronaca/2014/10/22/foto/rabbia_ironia_e_banksy_10_anni_di_muro-98670123/1/#

Guerra a GazaVentidue palestinesi sospettati di aver passato informazioni sono stati uccisi davanti alla gente per la strada. Li hanno seppelliti in queste tombe senza nome perché le famiglie, per vergogna, non hanno chiesto indietro i corpi. Dal 2007, quando comanda Hamas nella Striscia, sono 57 le presunte spie palestinesi giustiziate per strada.
Fabio Scuto, la Repubblica ...

Il Corriere della Sera
24 09 2014

I soldati israeliani, verdi e tanti. Li disegnano piccoli piccoli «perché fanno paura», spiega il maestro Ramia. I neri di Hamas, invece, li fanno con bocche di fuoco enormi. «Perché sono “i nostri” e tante volte li hanno visti sparare fra le case». Gli aerei che buttano bombe sono alti alti e hanno a disposizione tutto il foglio bianco, prima d’arrivare in fondo alla pagina e colpire le case. «Perché devono stare il più lontano possibile». Le ambulanze. I missili. Le famiglie che scappano. I corpi senza braccia. Lampi di rosso, nero, viola. Nei disegni dei bambini di Gaza c’è anche qualche didascalia: «La casa dell’uomo delle Coca-Cola» (in fiamme), «Ahmed per terra»(il fratello), «missile 75», «il palazzo che cade giù».

Sabato scorso, il sesto giorno di scuola alla Hafsa Bint-Omar, il maestro Rami Hammuda ha provato a dare un tema alla seconda B: racconta la guerra. Che poi è una cosa normale per chi è nato assieme al governo di Hamas e a sette anni, di guerre, ne ha già vissute tre. L’unico che ha scritto qualcosa più lungo di qualche parola (gli altri si limitavano a “non potevo uscire”, oppure “è nato un gattino”…) è stato Sami Bardawi: «Ero nella casa di mio nonno. Ci hanno sparato. Siamo scappati. Ci hanno sparato ancora. La casa non c’è più. La mia bicicletta è tutta rotta».

Dormi col Tavor

Tutti i bambini di Gaza quest’estate hanno imparato una parola: Tavor. Non è il tranquillante che servirebbe, è il nome del fucile automatico ultraleggero in dotazione alle forze di fanteria israeliane. Tavor 21, novecento colpi al minuto, un sonnifero per l’eternità. I bambini si sono abituati a riconoscerlo, a disegnarlo, a sognarselo. Alla Nacm (National Association for Crisis Management), un’ong palestinese, hanno in cura tremila casi particolarmente gravi, dagli otto ai tredici anni. I problemi sono quelli degli stress post-traumatici d’ogni guerra: insonnia, panico, incubi, pipì a letto… «Dovremmo essere esperti», dice Saed Sersawi, psicologo infantile di Gaza, «ma cinquanta giorni così, non li avevamo mai passati nemmeno noi. I bombardamenti del 2009 e del 2012 erano durati meno…». Rispetto a molte altre guerre, le cose si complicano quando chi cura ha vissuto il medesimo choc di chi è curato: «Anche i miei figli hanno visto le cose che hanno scioccato questi bambini», si strozza la voce del dottor Sersawi, «c’erano i corpi in mezzo alle strade e io, che dovrei saperlo fare per mestiere, non avevo parole... Un amico mi ha confidato che i suoi ragazzi lo guardavano interdetti: ma come, il supereroe di famiglia, il padre non sapeva trovare una soluzione a tutto quella sofferenza? E in quelle notti, ogni volta che per la paura sentiva i figli gridare “papà!”, m’ha detto d’avere desiderato che arrivasse una bomba e li uccidesse tutti, pur di non sentirli più. E’ una cosa terribile. Ma io lo so che cosa voleva dire…».

La bambina senza bocca

Psicodrammi, terapie di gruppo, gruppi di convivenza, anche la semplice vicinanza: maestri e terapeuti hanno avuto qualche indicazione dall’Unicef, per il resto vanno con la loro esperienza e anche a buon senso. Nel caso di Fatma Al S., per esempio, che ha visto morire ventiquattro familiari e parenti, mamma e papà compresi. Sua sorella Maha ha perso le gambe ed è ricoverata in Turchia. A lei, una scheggia ha portato via mezza bocca e non si sa quando tornerà a parlare: comunica solo scrivendo. La vita di Fatma è stata sconvolta il 21 luglio: il 22, avrebbe festeggiato i nove anni. «Mia mamma era rimasta a casa e stava preparando il dolce per me. Fosse uscita, non sarebbe morta». Si colpevolizza, adesso. Non vuole tornare a scuola: «A che cosa serve? Quando torno a casa, non c’è più nessuno che mi chieda com’è andata oggi…». C’è anche Muhammad G., 12 anni: suo papà gli è morto davanti. Ma lui da due mesi fa come se non fosse successo. Non è andato mai al cimitero, non ne parla. Gioca a pallone, da solo contro il muro. Il dottor Sersawi le sta provando tutte: «E’ uno che bisogna tenere d’occhio sempre, anche la notte se si può. Perché il momento in cui prenderà coscienza sarà terribile».

Il custode dei gessetti

Riaprire le aule è stato complicato. Ventidue istituti sono stati distrutti, una settantina sono inservibili. «Sappiamo che il lavoro può essere inutile e che la prossima guerra può spazzare via tutto quel che facciamo ora. Ma questa è un’obiezione che va rivolta agli israeliani, non a noi…», dice il maestro Rami. E Hamas? «Il governo della Striscia fa quel che può…». Servono almeno 50 milioni di euro, per dare un anno decente a mezzo milione di studenti. «I gessetti della lavagna li dò al capoclasse che ha l’incarico di custodirli. Mancano pennarelli, fogli. Non possiamo sprecare quel che abbiamo». Più di cinquecento bambini sono morti durante l’estate. In molte aule delle elementari dormono ancora gli sfollati.«Non so che cosa insegneremo in questi mesi», prevede il maestro Rami: «E’ già tanto tenerli qui dentro, avere un po’ d’attenzione. Sono agitati come marionette, non stanno nella stanza più di mezz’ora. Non vedono l’ora d’andare a casa, ma la mattina dopo sono felici d’essere tornati qui. Forse s’accorgono che, fuori, c’è chi non può avere nemmeno questo…». Poco lontano dalla scuola s’arriva a uno slargo sabbioso, proprio sullo stradone del lungomare, che chiamano al-Sudaan. E’ deserto. In mezzo, fra tre enormi voragini lasciate da missili israeliani, s’intravvede una postazione mobile di razzi Qassam e una casupola di cemento senza finestre, bruciata dal sole. Sotto, dicono, scorrono i tunnel segreti di Hamas. Non ci vuole stare nessuno, lì: nessuno tranne la famiglia Khura, due poverissimi che sbucano da un buio puzzolente e cencioso con due bambini seminudi e impolverati, il sangue che cola dal naso e nessuno che lo pulisca. Scudi umani, più o meno. I parenti inceneriti dalla guerra, un tetto e nient’altro. «I miei figli non li mando a scuola perché mi servono», dice papà Khura, stropicciandosi gli occhi nella luce accecante di mezzogiorno: «Abbiamo trovato questa casa, dopo un mese passato a dormire sulla spiaggia. Mi vedi? Io sono già un uomo morto. E se il papà muore, i figli dove vanno? No, niente scuola: loro devono starmi vicino».

Palestina: sabato manifestazione nazionale a Roma

  • Mercoledì, 24 Settembre 2014 11:48 ,
  • Pubblicato in Flash news
Pop Off
22 09 2014

Alla luce del silenzio calato sulla Palestina e il suo popolo, il Coordinamento delle comunità palestinesi in Italia ha indetto per sabato una manifestazione contro l’occupazione israeliana.

Si sono spenti i riflettori su Gaza. La Palestina nella maggior parte dei media non trova più spazio. Come se la carneficina di quest’estate provocata dai bombardamenti delle Forze israeliane, le distruzioni di case e infrastrutture, gli oltre 2000 morti, le migliaia di feriti e orfani corteo palestina 27 settembre 2014siano entrati già a far parte di una storia lontana, sempre più sbiadita. Il governo di Tel Aviv, però, avrà pure fermato i suoi micidiali raid aerei e rimesso a riposo i riservisti dell’esercito, ma non ha mia fermato il suo progetto egemone sul territorio palestinese. Continua il furto di terre, meno di un mese fa Israele ha eseguito uno degli “espropri” più importanti di terra palestinese in Cisgiordania; continua la fabbrica degli insediamenti illegali e le deportazioni di palestinesi in nuovi siti; continua la repressione e gli arresti, anche questi illegali, di palestinesi, sempre più giovani, che a tutto questo provano ad opporre resistenza. In Palestina è in corso una “intifada silenziosa” di cui quasi nessuno parla.

Con la speranza e l’obiettivo di far sì che si torni a parlare del popolo palestinese e della sua tragedia, ma anche della sua resistenza, il Coordinamento delle Comunità Palestinesi in Italia ha indetto per sabato 27 settembre una manifestazione nazionale con appuntamento a Roma, Piazza della Repubblica, ore 14. Moltissime strutture, associazioni e comitati di solidarietà hanno aderito all’appello delle Comunità palestinesi in Italia che di seguito integralmente riportiamo.

Terra, pace e diritti per il popolo palestinese. Fermiamo l’occupazione

Appello per una manifestazione nazionale in sostegno al popolo palestinese il 27 settembre a Roma

L’aggressione Israeliana contro il popolo palestinese continua, dalla pulizia etnica del 1948, ai vari massacri di questi decenni, dal muro dell’apartheid, all’embargo illegale imposto alla striscia di Gaza e i sistematici omicidi mirati, per finire con il fallito tentativo di sterminio perpetuato in questi ultimi giorni sempre a Gaza causando più di 2000 morti ed oltre 10.000 ferite.

Il Coordinamento delle comunità palestinesi in Italia indice una manifestazione nazionale di solidarietà:

- per il diritto all’autodeterminazione e alla resistenza del popolo palestinese:

- per mettere fine all’occupazione militare israeliana;

- per la libertà di tutti i prigionieri politici palestinesi detenuti nelle carceri israeliane;

- per la fine dell’embargo a Gaza e la riapertura dei valichi;

- per mettere fine alla costruzione degli insediamenti nei territori palestinesi.

- per il rispetto della legalità internazionale e l’applicazione delle risoluzione del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

- per uno stato democratico laico in Palestina con Gerusalemme capitale (come sancito da molte risoluzioni dell’Onu).

- l’attuazione del dritto al ritorno dei profughi palestinesi secondo la risoluzione 194 dell’Onu e la IV Convenzione di Ginevra.

Chiediamo a tutte le forze democratiche e progressiste di far sentire la loro voce contro ogni forma di accordi militari con Israele.

Chiediamo al Governo italiano e in qualità di presidente del “semestre” dell’UE di adoperarsi per il riconoscimento europeo dei legittimi diritti del popolo palestinese e mettere fine alle politiche di aggressione di Israele, utilizzando anche la pressione economica e commerciale su Israele.

Il coordinamento delle Comunità palestinesi in Italia chiede a tutte le forze politiche e sindacali e a tutti le associazioni e comitati che lavorano per la pace e la giustizia nel mondo di aderire alla nostra manifestazione inviando l’adesione al nostro indirizzo mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Coordinamento delle Comunità Palestinesi in Italia

facebook