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Ancora più determinate di prima dell'arresto, le due giovani rivelano di essere scioccate dalle "terrificanti e degradanti" condizioni di vita all'interno delle prigioni femminili russe. Nel corso di un incontro in un affollato caffè moscovita a tarda notte le due orgogliose attiviste anti-Putin ci raccontano come le detenute erano costrette a lavorare 16 ore al giorno nella fabbrica tessile della prigione per cucire uniformi della polizia. ...
Repubblica.it
30 12 2013

Una telefonata ha avvertito i dipendenti del centro Gogol: se avessero proiettato la pellicola, sarebbero stati licenziati. L'assessorato alla cultura della capitale russa ha accusato gli autori di essere dei provocatori: "Il ruolo dell'arte non è infiammare il pubblico con storie scandalose"

MOSCA - La prima proiezione in Russia del documentario "Pussy Riot: una preghiera punk" in programma nel pomeriggio di oggi al centro Gogol di Mosca è stata bloccata all'ultimo momento. Una telefonata ha avvisato i dipendenti che sarebbero stati licenziati se avessero proiettato la pellicola come previsto, ha denunciato il co-regista, Maxim Pozdorovkin. Alla chiamata ha subito fatto seguito una lettera formale dell'assessorato alla cultura di Mosca in cui si accusano le artiste e i registi del documentario di essere provocatori. Il ruolo dell'arte è invece quello di "salvare il mondo, renderlo un posto migliore, non di infiammare il pubblico con storie scandalose prive di meriti culturali" si legge nella lettera. Cancellate anche altre due proiezioni in programma a Mosca.

Presentato in anteprima al BiografiIm Festival di Bologna, il documentario ripercorre la storia delle giovani attiviste russe raccontando come un piccolo atto di protesta abbia catturato l'attenzione di una nazione intera e sia infine diventato una disputa internazionale in merito alla democrazia e alla difesa dei diritti umani. L'esposizione mediatica soprattutto all'estero ha dato la spinta decisiva per convincere il Parlamento russo a includere il loro caso all'interno dell'amnistia voluta dal presidente russo Valdimir Putin per celebrare i 20 anni della Costituzione russa. Lo scorso 23 dicembre, due delle Pussy Riot, Maria Alyokhina e Nadia Tolokonnikova, sono state liberate grazie a questo provvedimento. "Vogliamo ancora cacciare Putin" avevano dichiarato in una conferenza stampa organizzata dopo la loro scarcerazione. Le due hanno inoltre annunciato i loro progetti, tra cui un'alleanza con l'ex oligarca Mikhail Khodorkovski (a cui Putin aveva concesso la grazia pochi giorni prima la scarcerazione di Maria e Nadia): "Per noi Khodorkovsky è importante come personalità, in ogni caso non si tratterebbe di una cooperazione finanziaria, ma piuttosto ideologica e concettuale".

Delle tre attiviste arrestate dopo l'esibizione nella Cattedrale di Cristo Salvatore solo Yekaterina Samutsevich era già stata scarcerata, ottenendo la libertà vigilata il 10 ottobre 2012. Si era dissociata dal gruppo, anche se i suoi avvocati avevano spiegato di aver puntato su un'altra strategia difensiva: la sua limitata partecipazione all'esibizione delle Pussy Riot, dato che Yekaterina era stata bloccata prima dell'inizio della performance.

"La lotta delle Pussy Riot continua"

  • Venerdì, 27 Dicembre 2013 15:13 ,
  • Pubblicato in Flash news

Giornalettismo
27 12 2013

La lotta delle Pussy Riot contro il regime di Vladimir Putin prosegue. Nadia Tolokonnikova e Maria Aliokhina sono appena uscite dal carcere, ma già promettono di voler iniziare la loro resistenza contro il governo di Mosca. Una lotta i cui motivi sono stati rafforzati dal periodo di carcerazione conclusasi grazie all’amnistia appena proclamata in Russia.

CARCERE DURO - Maria Alokhina, una delle due esponenti delle Pussy Riot che è rimasta in carcere fino all’amnistia di Putin, si confessa con Der Spiegel, spiegando come sia stata la sua vita in carcere, e quali saranno gli obiettivi futuri del gruppo moscovita. La Alokhina rimarca di esser rimasta profondamente colpita dal sistema penitenziario russo, che si basa sull’oppressione sistematica della personalità. «In prigione non si è mai da soli, il collettivismo, la costrizione a rimanere in gruppo è una forma di pressione.
La riforma del nostro sistema penale dovrebbe partire dalla condizione dei detenuti, che sono tenuti in baracche dove vengono tolti tutti i diritti e ogni sfera privata» .

L’Aliokhina rimarca a Der Spiegel come il carcere russo spinga alla delazione degli altri detenuti, e di come sia stato brutto vedere quante donne siano sottomesse a questo sistema. Condizioni così dure che hanno rafforzato la convinzione alla battaglia della Pussy Riot, che è stata imprigionata dopo la preghiera punk inscenata nella Cattedrale di Mosca dedicata a Cristo Salvatore.

CAMBIAMENTO IN PRIGIONE - Maria Aliokhina rimarca di aver avuto anche alcuni momenti positivi in carcere. Uno di questi è stato il colloquio con una donna lontana da ogni convinzione politica. «Dopo il nostro dialogo ha iniziato a combattere per i suoi diritti. Questo mi ha fatto capire, che i cambiamenti sono davvero possibili». L’attivista delle Pussy Riot evidenzia come il carcere le abbia fatto comprendere come la libertà non dipenda dall’altezza dei muri che ci circondano. Allo stesso tempo la prigione le è servita per comprendere con maggiore chiarezza cosa sia davvero importante nella vita.

Un aspetto che la prigione non ha sicuramente mutato è la radicale opposizione dell’Aliokhina a Vladimir Putin, la guida di un sistema che costringe le persone riflessive ad abbandonare la Russia. L’esponente delle Pussy Riot sottolinea come negli ultimi mesi l’anima più dura del regime sia stata rafforzata dalle ultime normative, che permettono arresti più facili anche per motivazioni politiche.

NESSUN ODIO, MA RESISTENZA - Maria Aliokhina giudica l’amnistia come un provvedimento che non cambia la natura oppressiva del regime putiniano. A Der Spiegel definisce così i suoi sentimenti nei confronti del presidente che guida la Russia da ormai un quindicennio, comprendente l’interludio da premier negli anni in cui al Cremlino c’era Medvedev. « Noi non odiamo Putin. Vediamo in lui una persona, che ha usurpato il potere. Non c’entra l’odio, ma la resistenza», rimarca l’attivista appena liberata dal carcere.

Le lettere ricevute da centinaia di russi confermano all’Aliokhina gli effetti positivi provocati dalla lotta delle Pussy Riot, che sono riuscite ad influenzare una parte dell’opinione pubblica con le loro battaglie. In merito all’esibizione alla base del loro arresto, svoltasi nella Cattedrale del Cristo Salvatore, l’Aliokhina spiega di non aver finora mai incontrato nessuna persona di fede ortodossa che si sia sentita offesa per la loro performance. La magistratura russa condannò le componenti della Pussy Riot per il reato di vandalismo.

LOTTA PROSEGUE - Maria Alokhina annuncia a Der Spiegel che la loro azione di protesta proseguirà. «Senza la denuncia artistica la nostra vita sarebbe vuota. Cercheremo nuove forme di azione, e ci batteremo per i diritti civili». Il campo di azione delle Pussy Riot potrebbe anche non limitarsi alla Russia, visto che l’Aliokhina alludea esibizioni da svolgere in altre parti del mondo. «Cambiando la Russia cambiamo anche il mondo. Noi non parteciperemo a concerti di natura commerciale. Questo tipo di esibizione artistica ci è estraneo. Ma sicuramente vogliamo discutere, di quello che abbiamo visto durante questi due anni di prigione», spiega la componente delle Pussy Riot.

Il dialogo tra Der Spiegel e Maria Aliokhina si è svolto in Siberia, dove le due attiviste erano detenute, e a conclusione dell’intervista la Pussy Riot ha espresso il desiderio, una volta tornata a Mosca, di poter finalmente parlare con familiari ed amici senza essere ascoltata e osservata.

Andrea Mollica 

"Questa non è una amnistia, ma è una burla e una propaganda", ha chiosato Maria Aliokhina Dozhd appena fuori dal carcere aggiungendo che se avesse potuto, sarebbe rimasta dietro le sbarre per finire di scontare la sua condanna, comunque a termine alla fine di marzo. Ma "in questa situazione ero solo un corpo che doveva essere spostato nello spazio, non dipendeva da me", ha continuato Aliokhina dichiarando che l'amnistia riguarda meno del 10% della popolazione carceraria e tante detenute incinte, poiché accusate di reati gravi, non saranno liberate. ...

Corriere della Sera
23 12 2013

Nel pomeriggio previsto anche il rilascio della Tolokonnikova, detenuta in Siberia

La prima delle Pussy Riot è stata rilasciata. La Duma, il parlamento russo, aveva concesso l’amnistia alle ultime due attiviste incarcerate dopo il concerto anti—Putin nella cattedrale di Mosca. La ragazza liberata è Maria Alyokhina, 25 anni, che dall’agosto 2012 scontava due anni di detenzione nel carcere di Nizhni Novgorod. La ragazza «è stata liberata, tutti i documenti sono stati redatti e firmati», ha riferito il suo avvocato. Tornerà a casa oggi stesso, in treno.

UN’OPERAZIONE DI FACCIATA - È la denuncia di Maria, che ha definito così la sua scarcerazione davanti ai giornalisti che l’attendevano alla stazione die treni di Nizhni Novgorod. Maria incontrerà a breve un gruppo di difensori dei diritti umani. Il legale non ha commentato il possibile progetto della propria assistita di tornare a Mosca. Di un suo rientro immediato nella capitale russa aveva parlato poco prima Piotr Verzilov, marito dell’altra Pussy Riot in carcere, Nadia Tolokonnikova. «Masha è uscita dalla colonia penale numero 2 di Nizhni Novgorod. Ora è diretta alla stazione con il suo avvocato, da lì partirà per Mosca», aveva riferito Verzilov.
IL SECONDO RILASCIO - È probabile, questo pomeriggio , il rilascio anche per Nadia, 24 anni,detenuta in Siberia. Non si ha ancora una conferma ufficiale della notizia .

ATTIVISTE CONTRO PUTIN- Le Pussy Riot stavano scontando due anni di detenzione per “teppismo motivato da odio religioso”. Sarebbero dovute rimanere in carcere fino al prossimo marzo. Il 21 febbraio 2012 le tre attiviste (la terza, Yekaterina Samucevic, era stata condannata e poi scarcerata con la condizionale l’anno scorso), erano andate in scena con una preghiera-concerto di protesta nella cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca. Il collettivo è nato nel 2011, il giorno in cui è stato annunciato il ritorno di Putin.

 

 

 

 

 

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