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Internazionale
13 05 2015

Un momento dello sgombero dell’insediamento in via delle Messi d’Oro a Ponte Mammolo, a Roma, l’11 maggio 2015. Massimo Percossi, Ansa
Fino all’11 maggio in via delle Messi d’Oro, a Roma, sorgeva uno storico borghetto, una volta abitato da decine di famiglie italiane che lungo gli anni avevano trovato soluzioni abitative migliori. Nello stesso luogo hanno poi vissuto diversi gruppi di migranti (ucraini, indiani, ecuadoriani, etiopi, eritrei): alcuni di loro riconosciuti come rifugiati, altri in transito e diretti verso il Nordeuropa, altri lavoratori regolari ma senza i mezzi per pagarsi un affitto.

Questo luogo era talmente noto nel quartiere che a sorpresa papa Francesco l’aveva visitato in febbraio prima di andare alla parrocchia del quartiere, san Michele Arcangelo.

L’11 maggio, senza nessun preavviso, le forze dell’ordine hanno raso al suolo le case di fortuna, lasciando più di duecento persone senza un’abitazione.

Tra loro c’è Herouth, che ha solo due anni ed è il più piccolo. Lui e i suoi genitori, eritrei, sono arrivati in Italia da una settimana. Dalla Sicilia hanno fatto tappa a Roma: si erano fermati a Ponte Mammolo con il progetto di continuare il viaggio verso il Nordeuropa.

La Germania è la meta del ragazzo originario del Ghana che rovista tra le macerie del campo. “Ho la residenza a Reggio Emilia, ma quando vengo a Roma per lavoro mi fermo qui. Avevo lasciato le mie cose: i documenti di mio figlio e dei soldi che avevo messo da parte per il viaggio. Non c’è più niente, è impossibile anche solo provare a recuperare qualcosa. Se solo ci avessero avvertito”, racconta a Redattore Sociale.

A José e alla sua famiglia invece sono rimasti un’automobile, qualche vestito, una scatola piena di documenti e dei giocattoli. Nient’altro. Insieme ad altre tre famiglie dell’Ecuador nel borghetto aveva costruito delle piccole abitazioni in muratura, chiesto l’allaccio di luce e gas e preso la residenza. Le ruspe hanno raso al suolo ogni cosa: le foto, i mobili, la tv, la lavatrice. Tutto è andato perso. “Ci hanno dato meno di un’ora per portare via le nostre cose”, racconta José, arrivato in Italia tredici anni fa. Ha un regolare permesso di soggiorno e per lavoro assiste un anziano.

Cacciati senza preavviso
Secondo la legge prima di effettuare uno sgombero forzato gli occupanti devono essere avvisati, per avere il tempo di portare via i loro effetti personali e trovare un altro alloggio. Questa volta però nessuno ha ricevuto un preavviso, anche se Francesca Danese, l’assessora alle politiche sociali di Roma, afferma di aver ordinato lo sgombero per il bene dei migranti: “Vivevano in condizioni igienico sanitarie pietose”.

Mentre abitanti, associazioni e i centri sociali della zona si stanno organizzando per portare generi di prima necessità, circolano le prime dichiarazioni polemiche proprio sulle modalità dello sgombero. Medu (Medici per i diritti umani) ha inviato una lettera aperta al sindaco Marino: “Se dopo anni di assenza delle istituzioni, procedere allo smantellamento di un luogo malsano e insicuro come la baraccopoli di Ponte Mammolo è condivisibile, il metodo e le modalità con cui sono stati realizzati sono semplicemente vergognosi”. L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ha espresso preoccupazione: “Sorprende che il comune abbia deciso di interrompere un percorso di concertazione con la società civile e con gli abitanti dell’insediamento informale e che sia stato deciso di eseguire uno sgombero coatto prima che fosse pianificata una soluzione alloggiativa alternativa e stabile”.

“Non si può agire con mano militare su questi temi”, ribadisce il Consiglio italiano per i rifugiati.

Anche la Comunità di Sant’Egidio esprime perplessità sulle modalità dello sgombero: “Ci si chiede con amarezza perché non si sia fatto un trasferimento concordato con gli abitanti, ma si sia scelta la strada di uno sgombero improvviso che provoca inutili tensioni e umiliazioni, oltre che la perdita di beni come elettrodomestici, documenti ed altro, che vengono distrutti insieme alle baracche. Umiliazioni che subiranno tra gli altri alcuni giovani studenti che erano a scuola o alcuni lavoratori che erano usciti al mattino senza sapere nulla: al loro ritorno troveranno la propria abitazione distrutta insieme ad alcuni beni. Mentre l’Europa si interroga su come far crescere la solidarietà nei confronti di profughi e migranti, perché non promuovere anche a Roma nuove politiche di solidarietà, senza inutili umiliazioni verso persone che hanno già sofferto abbastanza?”.

DinamoPress
12 05 2015

Da ieri pomeriggio centinaia di persone vivono in mezzo alla strada, senza nessun servizio e risposta alla loro esigenze e diritti. Lo sgombero del borghetto di via delle Messi d'Oro, zona Ponte Mammolo, di cui le istituzioni hanno ignorato l'esistenza per dieci anni, ha peggiorato l'emergenza invece di migliorare la situazione. Non è stato un successo, come racconta oggi a mezzo stampa l'assessore alle Politiche Sociali di Roma Capitale Francesca Danese. E se anche l'Unchr ha alzato dubbi e perplessità su quanto accaduto, vista la violenza e il mancato preavviso con il quale è stata condotta l'operazione, ci aspettavamo una maggiore sensibilità da chi, per esperienza e percorso di vita, sa bene di cosa parliamo.

L'unica solidarietà ricevuta dai migranti in strada è giunta dai movimenti per il diritto all'abitare, dalle reti antirazziste, dalle associazioni che si occupano della tutela dei diritti umani. Quello che abbiamo registrato da ieri mattina ad ora, stando lì sul posto ad offrire volontariamente ogni tipo di aiuto, è un disastro politico e sociale prodotto da una giunta di centrosinistra al volante delle ruspe tanto invocate da Salvini. Quale legalità? Quale solidarietà? Quale giustizia sociale?

"Ieri - ha affermato Danese - l'assessorato era presente sul luogo con delle unità mandate tutelare e a sorvegliare l'operazione". Lei stessa avrebbe fermato le ruspe per ben due volte per permettere alle persone di racimolare in fretta e furia quel poco che avevano. E' vero: erano presenti delle persone, ma totalmente ignare di tutto, nemmeno in grado di fornire risposte ai cittadini che chiedevano informazioni e dove sarebbero state trasportate le persone. Abbiamo visto i responsabili del IV municipio, presidente e assessore alle Politiche Sociali, incapaci di prendere una posizione, farsi scortare dalle forze dell'ordine per non rispondere alle domande di chi chiedeva conto di quanto stesse accadendo.

Il piano prevedeva di trasferire tutti i regolari nei vari centri d'accoglienza di zona (già stracolmi),e ignorare completamente le esigenze dei così detti transitanti (perché di fatto irregolari e senza nessun diritto). Ancora oggi siamo noi con le associazioni territoriali a portare loro acqua e cibo. Ancora noi siamo andati questa notte a monitorare la situazione e a garantirne la sicurezza. Le istituzioni tacciono, o parlano per rivendicare un grande successo che in realtà è una piccola catastrofe umanitaria.

Chiediamo alle istituzioni di metterci la faccia, di dare risposte di assumersi pienamente la responsabilità di quando accaduto. L'amministrazione vuole trovare una nuova strada per la gestione dell'accoglienza? Ecco, quanto accaduto ieri non è sicuramente un buon inizio.

In fine, ci sentiamo solo di fare un piccolo appunto all'assessore Danese,ricordandole che anche non avere più nulla da un giorno all'altro, rende la vita molto dura. Specialmente se si tratta di diritti e di quei pochi legami sociali spezzati in pochi minuti dalla violenza delle ruspe.

Resistenze Meticce
 

Lo sgombero non ferma i trafficanti

Ieri mattina, puntuali si sono presentati il reparto mobile della polizia, i vigili urbani e le ruspe chiamate dal Comune. Tra le proteste e la disperazione degli abitanti, che in pochi minuti si sono ritrovati senza casa. [...] L'Alto commissariato Onu per i rifugiati e la Comunità di Sant'Egidio ieri si sono detti preoccupati per lo sgombero. "Sorprende [...] che il Comune abbia deciso di interrompere questo percorso di concertazione con la società civile e con gli abitanti dell'insediamento informale e che sia stato deciso di eseguire uno sgombero coatto prima che fosse pianificata una soluzione alloggiativa alternativa e stabile".
Silvia D'Onghia, Il Fatto Quotidiano ...

Roma: ruspe e sgomberi contro i rifugiati di Ponte Mammolo

  • Lunedì, 11 Maggio 2015 12:45 ,
  • Pubblicato in L'Articolo

migranti ponte mammoloCronache di ordinario razzismo
11 maggio 2015

Sono iniziate alle 9 di mattina le operazioni di sgombero del "campo di Ponte Mammolo", un insediamento sorto spontaneamente, più di dieci anni fa, in via delle Messi D'Oro, alla periferia sud-est di Roma. La Polizia Locale di Roma, il gruppo Spe (Sicurezza pubblica emergenziale) e IV Gruppo Tiburtino hanno condotto le operazioni di smantellamento. Le ruspe hanno distrutto le baracche in muratura, legno, cartongesso e lamiera costruite dagli abitanti, circa 50 persone, in prevalenza eritrei, a cui si aggiungono almeno altri trecentocinquanta migranti cosiddetti "transitanti": ossia persone che da Roma passano per continuare il proprio viaggio verso altre destinazioni, principalmente il Nord Europa.

Globalist
08 05 2015

Vale di più la vetrata di una banca o un posto dove i bambini possono fare vita sociale, dove leggere, fare palestra, dove posso andare bimbi autistici? Non si sa, sicuramente dopo aver letto le parole del vicesindaco Luigi Nieri, viene da pensare che nella Capitale col cavolo che comanda l'amministrazione. Comandano altri poteri, in grado di cacciare via occupanti che rendevano attivo, partecipato e utile un edificio abbandonato, per restituire la proprietà vuota nelle mani di proprietari che non potranno fare altro che lasciarla così. Abbandonata. Se l'amministrazione non cambia destinazione d'uso.

Una storiaccia brutta brutta. Che fa venire in mente i Superpoteri di Mafia Capitale. Riassunti così da un comunicato del Teatro Valle Occupato, altra storia vergognosa di uno sgombero fine a se stesso, capace solo di privare la città di un luogo vivo di cultura.

Cos'è Scup? Chi sono Morelli-Pagliuca, i proprietari dell'immobile di via Nola, il cui sacro diritto di proprietà - l'unico garantito da questa amministrazione comunale e da questo governo - è stato oggi ristabilito a colpi di ruspa e mucchi di macerie? Cos'è legale, cos'è illegale? Dove sta la giustizia? ... Morelli-Pagliuca, i due capitani coraggiosi proprietari dell'immobile dove aveva sede SCUP, e che oggi hanno mandato le ruspe, lo comprarono all'asta dal Demanio nel 2012. Il Demanio, in attesa del lento passaggio di proprietà, per un po' di mesi intanto sborsò 20.000 euro di soldi pubblici d'affitto al mese ai nostri due valenti imprenditori.

Ma i due investirono altri danari in città! Sempre all'asta, altro momento generatore di miracolose moltiplicazioni di capitali, acquistarono un capannone in un'ex-area industriale sul G.R.A. all'estrema periferia est di Roma. Pochi mesi dopo, il magazzino abbandonato e senza finestre, registrato al catasto c/2 come deposito merci, per miracolo viene individuato dal direttore del dipartimento Servizi sociali dell'era Alemanno, Angelo Scozzafava ("Scozzi" per il suo caro amico Carminati), indagato per associazione a delinquere di stampo mafioso nelle indagini su Mafia Capitale (che riceveva biglietti d'auguri dal noto Salvatore Buzzi "per un 2013 pieno di monnezza, profughi, immigrati, sfollati, minori"), quale struttura idonea per ospitare i nomadi sgomberati dai campi. Un magazzino/capannone industriale senza finestre, senza luce, circondato da filo spinato!

Le gestione della struttura viene affidata, in affidamento diretto e senza alcuna gara d'appalto, alla cooperativa InOpera che la gestisce dal 2012 e la continua a gestire ancora oggi (all'opposto delle promesse della giunta Marino), anche dopo i dossier e le denunce sul suo vergognoso stato di degrado apparse su ogni organo di stampa grazie al lavoro dell' Associazione 21 luglio. La gestione della struttura, che si chiama senzavergogna "Best House Rom", dove vivono circa 300 rom di cui la metà minori e "dove è in atto una sistematica violazione dei diritti umani" (Commissione diritti umani della Camera) costa al Comune di Roma 3 milioni di euro all'anno di finanziamenti pubblici dati alla cooperativa. Il 90% sono costi di gestione della struttura.

Pietro Manigas

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