La Stampa
28 08 2015
Fabbriche abbandonate, rifiuti pericolosi nascosti o interrati, cumuli di scorie ammassati dove capita e bonifiche che non sono mai state effettuate. E nel Torinese scatta l’allarme ambientale. L’ultima scoperta è stata fatta dalla Guardia di Finanza di Torino, a San Gillio, piccolo paese immerso nel verde che dista meno di una ventina di chilometri dal capoluogo. In una vecchia officina meccanica e di stampaggio di materiali a freddo, dichiarata fallita nel maggio 2006, i baschi verdi hanno rinvenuto e sequestrato 450 tonnellate di rifiuti speciali pericolosi. Tra questi ci sono ben 12 tonnellate di lastre di eternit. Gran parte di queste sono rimaste come copertura dello stabilimento, altre sono state accatastate su un’area di circa 5mila metri quadrati che confina con un palazzo abitato. Ma, come hanno evidenziato gli investigatori: «Nessuno si è mai lamentato di nulla».
I baschi verdi e i tecnici dell’Arpa hanno anche scoperto sei quintali di oli esausti da decontaminare, stoccati in bidoni non sigillati. Per questo gli inquirenti stanno anche cercando di capire se i veleni si siano infiltrati nel terreno e negli scarichi per il recupero delle acque piovane. I militari del «Nucleo operativo pronto impiego» hanno poi sequestrato 430 tonnellate di masserizie provenienti da lavori di demolizione dell’edificio e denunciato per deposito incontrollato di rifiuti l’amministratore unico della società immobiliare proprietaria del sito. Solo un mese fa, a Givoletto, un altro Comune della zona, la finanza aveva scoperto una «bomba ecologica»: acido cloridrico, acido solforico, cloruro ferrico, acque di galvanica, solfati, oli esausti e vernici poliuretaniche. Veleni abbandonati nella zona industriale, nel cortile di una ditta fallita lo scorso anno.
Al termine delle attività di rilevazione gli investigatori hanno recuperato rifiuti chimici pericolosi e corrosivi per circa 170 tonnellate oltre a 90 tonnellate di rifiuti speciali accumulati in maniera disordinata in un’area di circa 6 mila metri quadrati. I finanzieri hanno identificato e denunciato cinque italiani per deposito incontrollato di rifiuti e inquinamento ambientale. All’origine di questi scempi all’ambiente ci sarebbero i costi di smaltimento dei rifiuti, considerati troppo esosi da qualche imprenditore.
Gianni Giacomino
Il Garantista
05 02 2015
Il Centro di identificazione ed espulsione di Torino non verrà chiuso, ma sarà adibito per rinchiudere – almeno transitoriamente – i presunti terroristi islamici . La chiusura era stata promessa dallo stesso Sergio Chiamparino, il presidente della regione Piemonte. Invece ora si viene a scoprire che nel Cie torinese di via Brunelleschi verranno rinchiusi potenziali jihadisti.
In realtà il centro è già stato messo alla prova. Veniamo così a conoscenza che l’operaio pakistano di 26 anni, residente a Macerata, che inneggiava sul web alla Jihad, esultando su Facebook per la sanguinosa catena di esecuzioni Isis, il 20 gennaio scorso è stato rinchiuso nel Cie di Torino assieme ad altri islamici colpiti da provvedimenti analoghi in Piemonte. Lo avevano prelevato nel calzaturificio di Civitanova Marche – dove lavorava da anni – gli investigatori della Digos di Macerata; il gip del Tribunale ha convalidato la sua immediata espulsione. Il giovane, in Italia da 12 anni con la famiglia, non ha alcun tipo di precedenti e si era difeso: «Non ho contatti con i guerriglieri, ho ricevuto i video jihadisti da un amico», aveva detto. Ma dopo la permanenza nel Cie, è stato espulso.
Il Centro di identificazione ed espulsione di Torino dunque diventerà un luogo di transito, ultima meta prima del rimpatrio definitivo, di presunti fiancheggiatori, propagandisti, arruolatori, «foreign fighters» in partenza o di ritorno dai fronti di guerra del Califfato dell’Isis, tutti gli espulsi dal territorio nazionale dopo indagini incrociate tra l’intelligence europea e l’anti-terrorismo di polizia e carabinieri, in stretto collegamento con il Viminale.
Il Cie in questione doveva essere chiuso. Fu visitato dal senatore Luigi Manconi e ne denunciò la situazione degradante. Poi fu la volta degli esponenti del Sel, tanto da presentare un’interrogazione parlamentare. E infine c’è stato il consiglio regionale del Piemonte che aveva approvato una mozione presentata da Sel che chiede la chiusura. Invece la beffa. Nel più stretto riserbo hanno ristrutturato varie sezioni del Cie e dai 20 posti attuali, se ne otterranno ben 90. Siamo passati dalla chiusura imminente, ad una riproposizione di una piccola Guantanamo?
Damiano Aliprandi