Huffington Post
26 08 2015
È nata nel 2004 per porre fine all'estrema frammentazione della sinistra ellenica, in contrapposizione a centrodestra e centrosinistra, "entrambi figli del neoliberismo". Il Pasok come Neo Democratia. A tale principio non è mai venuta meno. In greco significa "coalizione della sinistra radicale".
È diventata un partito unico soltanto dopo un lungo e farraginoso processo interno. E, soprattutto, alle elezioni di gennaio - rompendo con quel bipolarismo corrotto e screditato - ha rappresentato agli occhi dei greci l'unica alternativa credibile per uscire dai memorandum e dall'austerity. Grazie alla contaminazione coi movimenti, anche più radicali, e a significative pratiche di autorganizzazione e mutualismo dal basso (mense popolari, farmacie e ambulatori gratuiti, cooperative socio-lavorative, scuole popolari, riallacci delle utenze per i bisognosi) supplendo alle manchevolezze dello Stato, ha incarnato la speranza di cambiamento.
La forza di Syriza: un partito radicato socialmente, vicino ai movimenti, e coerente. Ecco, quella Syriza, presa come modello da molte sinistre europee, va a pezzi. In frantumi. La fine di un'esperienza, almeno quella conosciuta finora. Si apre per il partito una seconda fase, da scoprire. Dopo la pace punitiva inflitta ad Alexis Tsipras all'Eurogruppo del 12 luglio scorso, siamo ad un'altra schiacciante vittoria delle Istituzioni: la scissione di Syriza rientra, infatti, nei piani originari della Troika che ora ha da gioire.
Sarebbe riduttivo banalizzare il tutto come una divisione interna tra "duri e puri" e "moderati". Le cose, spesso e volentieri, sono più complesse. In Italia si tende purtroppo a banalizzare, tifare ed etichettare. Alexis Tsipras da nuovo Che Guevara è diventato, per qualcuno, un "traditore"; altri che prima lo definivano un "populista euroscettico" ora lo elogiano come politico responsabile. Tante parole, pochi ragionamenti e consapevolezza dei fatti. Andiamo con ordine.
Tsipras non è passato al soldo della Bilderberg né nel campo dei nemici, ma sicuramente - come lui stesso ammette - ha commesso gravi errori durante i 5 mesi di trattativa con l'Eurogruppo. Innanzitutto ha sottovalutato i rapporti di forza con quell'Europa che ha gettato (per suo merito, va detto) definitivamente la maschera e mostrato il proprio crudele volto; in qualche momento il leader ellenico ha ipotizzato, e sognato, che la piccola Grecia potesse cambiare l'Europa. Che Davide potesse sconfiggere Golia.
Una sottovalutazione dovuta dalla mancata consapevolezza del ruolo del Pse nella partita. Convinto che Francia e Italia, Hollande e Renzi, dopo la vittoria referendaria dell'OXI ad Atene, avessero sostenuto la sua posizione all'interno dell'Eurogruppo rompendo il proprio isolamento. Non è avvenuto, anzi. Il Pse si è schierato con Angela Merkel invitando la Grecia a rientrare nei ranghi. Infine, l'errore più grande: non aver mai ipotizzato un piano B. L'accusa mossa dall'ex ministro delle Finanze, dimissionario, Yannis Varoufakis il quale, in una recente intervista al giornale Journal du Dimanche oltre a criticare Tsipras, bacchetta Hollande:
"La logica di Schäuble è semplice: la disciplina è imposta alle nazioni in deficit. La Grecia non è poi così importante. Il motivo per cui l'Eurogruppo, la Troika, il Fondo monetario internazionale hanno speso così tanto tempo per imporre la propria volontà su una piccola nazione come la nostra, è che siamo un laboratorio di austerità. Ciò è stato sperimentato in Grecia, ma l'obiettivo è ovviamente quello di infliggerlo alla Francia, per il suo modello sociale, il suo diritto del lavoro".
Insomma, punire la Grecia per educare la Francia e l'Italia. I veri obiettivi.
Chiudendo l'accordo all'Eurogruppo e il recente piano di salvataggio, Tsipras ha eluso il programma elettorale di Salonicco deludendo le aspettative di quel popolo che si era schierato al referendum, col 63 per cento, contro un nuovo, ennesimo, memorandum. Ha dovuto ingoiare la cicuta e snaturare i suoi piani originari partendo da una fondamentale premessa: la maggioranza dei greci - sondaggi alla mano - vuole ancora rimanere nell'eurozona e nella moneta unica.
La sua partita è in chiave europeista, ad essa non vede vie di fuga, e adesso punta all'alleggerimento del debito e a politiche per tutelare i cittadini più deboli all'interno della cornice del memorandum. Cosa ardua. Quasi un'impresa. Ci riuscirà? Del sano riformismo sociale che si posizionerebbe sul crinale scivoloso lungo cui cercare di modificare da dentro l'Unione europea. Prospettiva che guarda alla possibilità di costruire un asse con altri Stati, in particolare con la Spagna di Podemos, l'Irlanda dello Sinn Fein e la Gran Bretagna di Corbyn. Si sarebbe persa una battaglia il 12 luglio, non la guerra.
Le divergenze in Syriza sono sul piano strategico. La minoranza di Panagiotis Lafazanis ha deciso di andarsene per fondare Unità Popolare pensando di rompere con l'Europa: "Non possiamo lasciare orfani i greci che non vogliono quest'Europa". La Grexit come piano B da giocarsi, mentre Tsipras avrebbe tradito il popolo ellenico. Una prospettiva no euro che guarda con simpatia al ritorno alla dracma.
Il vero tema - che interroga tutti noi - è quindi l'Europa e la sua capacità di modificarla dal suo interno o meno. Intanto si palesa, in Grecia, una terza fazione. Quella del segretario dimissionario del partito, Tasos Koronakis (così anche Varoufakis, per intenderci), che critica Tsipras ma non ha seguito la scissione di Lafazanis. Una visione europeista, ma più intransigente rispetto a quella di Tsipras.
E ora? Chi vincerà le elezioni? Proprio sull'Huffington Post, la direttrice Lucia Annunziata scriveva giustamente qualche giorno fa:
"Tsipras ha manovrato la leva elettorale con spericolatezza, sapienza, furbizia e cinismo. In pochi mesi ha vinto nelle urne con un programma di sfida all'Europa, poi ha fatto un referendum per avere dalla sua parte di nuovo i cittadini nel "no" alle condizioni poste dall'Europa, e oggi, dopo aver ottenuto un accordo con i creditori, va di nuovo alle urne per chiedere al popolo di esprimersi con lui o contro di lui. Una vera e propria partita a scacchi, una sorta di permanente guerra di posizione per via di ballottaggio. Su abilità e coraggio, nulla da dire".
Abilità e coraggio. Ma anche furbizia, decisionismo e strategia. Tsipras ha bruciato tutti sul tempo. Dando le dimissioni già in agosto, Lafazanis - seguito comunque da pezzi da 90 del partito come lo storico partigiano Manolis Glezos - è stato costretto ad anticipare i tempi della scissione. Neanche le forze contendenti (Neo Demokratia e Alba Dorata) sembrano pronte per una competizione elettorale, ancora alle prese con vicissitudini interne. Si voterà quasi certamente il 27 settembre, quel giorno dovrebbe essere rieletto Alexis Tsipras con l'Unità Popolare di Lafazanis - sostenuta da alcuni movimenti - data nei primi sondaggi tra il 5 e l'8 per cento.
Rivincerà Tsipras, un leader a cui i greci non vedono alternativa. Rivincerà Syriza, una Syriza 2.0, diversa da quella conosciuta finora. Perché la Syriza di "lotta e di governo" è durata soltanto 6 mesi al potere. Da gennaio a luglio. Ed è una sconfitta per tutti, che dovrebbe far riflettere. E una vittoria della Troika.
di Giacomo Russo Spena
Essere Sinistra.com
24 08 2015
[Prima di partecipare alla Festa della Rosa di Frangy-en-Bresse, Yanis Varoufakis concede una breve intervista al Journal du Dimanche – JDD. Ecco la traduzione dell’intervista di Cécile Amar]
Come interpreta le dimissioni di Alexis Tsipras?
Il 12 luglio, contro il mio parere e quello di molti altri membri del governo e del partito, Alexis Tsipras ha deciso di accettare le misure di austerità proposte dallEurogruppo nel vertice europeo. Che vanno in contrasto con tutta la filosofia di Syriza. La sua maggioranza si è ribellata. La sua conclusione è stata semplice: se vuole ripulire il partito, ha bisogno di nuove elezioni.
Lei sarà candidato?
No, non voglio essere un candidato a nome di Syriza. Syriza ora sta adottando la dottrina irrazionale alla cui mi sono opposto per cinque anni: estendere ulteriormente la crisi e sostenere che si è risolta, pur mantenendo un debito impagabile . Sono stato estromesso perché io stesso mi opponevo.
E’ proprio contro questa logica che avevo già rotto con Papandreou. Alexis Tsipras aveva scelto me perché gli si opponeva. Ora che ha accettato la logica che respingo, non posso essere candidato.
Al momento che questo piano è stato messo a punto, Hollande ha detto che la Grecia si sarebbe salvata. Aveva torto?
(Ride). Credo che Francois Hollande sia profondamente, sostanzialmente bloccato. Nicolas Sarkozy ha già detto nel 2010 che la Grecia è stata salvata. Nel 2012, la Grecia è stata salvata. E ora, siamo ancora salvi! Questa è una tecnica per nascondere la polvere sotto il tappeto facendo finta che non ci sia più. L’unica cosa fatta, il 12 luglio, è stato infliggere un grande schiaffo alla democrazia europea. La storia giudicherà severamente quello che è successo quel giorno e soprattutto i nostri leader che continuano questa farsa.
Perché dice che l’obiettivo dei creditori e di Wolfgang Schäuble, il ministro delle Finanze tedesco, è in realtà la Francia?
La logica di Schäuble è semplice: la disciplina è imposta alle nazioni in deficit. La Grecia non è poi così importante. Il motivo per cui l’Eurogruppo, la troika, il Fondo monetario internazionale hanno speso così tanto tempo per imporre la propria volontà su una piccola nazione come la nostra, è che siamo un laboratorio di austerità. Ciò è stato sperimentato in Grecia, ma l’obiettivo è ovviamente quello di infliggerlo alla Francia, per il suo modello sociale, il suo diritto del lavoro.
“Nei vertici europei, la Francia non ha alcuna autorità”
Mentre era ministro, come si comportava la Francia?
All’interno dei vertici europei, in seno all’Eurogruppo, ho sentito che il governo francese non aveva alcuna autorità per difendere o addirittura presentare semplicemente il proprio punto di vista e perchè venga tenuto in conto nel processo di negoziazione. Sono cresciuto con l’Illuminismo, l’idea che anche la Francia è stato fondamentale nella creazione dell’Unione europea. Nell’avere tutto questo in mente, il silenzio dei francesi, sia di Michel Sapin all’interno dell’Eurogruppo, il fatto che una posizione diversa francese non è mai stata assunta ha provocato in me una grande tristezza.
Vuole lanciare un movimento europeo contro l’austerity?
A Frangy, lancerò una rete progressista europea. Nei giorni terribili della dittatura greca, i nostri genitori e nonni erano in Germania, Austria, Canada, Australia, per la solidarietà espressa verso la sofferenza greca. Non vengo in Francia per chiedere solidarietà alla Grecia. Ma i problemi che ha di fronte la Francia sono uguali come altrove. I francesi e i cittadini di altri paesi sono preoccupati per quello che ho da dire, perché sono preoccupati per lo stato della democrazia, l’economia, le prospettive future.
Se lei fosse il primo ministro in Grecia o Arnaud Montebourg fosse presidente della Repubblica in Francia, sarebbe davvero diverso?
Non è una questione di persone. Sono sicuro che ci sono persone valide nel governo francese e altrove. I cittadini devono riappropriarsi del cammino europeo. Se i tedeschi, i francesi, gli italiani, gli olandesi, gli spagnoli diventassero consapevoli della totale mancanza di responsabilità e opacità dei loro capi nei confronti dell’elettorato, si sarebbero già svegliati e chiederebbero che vada in modo diverso. Dobbiamo rilanciare il dialogo e ripristinare ciò che è stato perso completamente: la democrazia.