Il Manifesto
10 06 2015
È stato rinviato il voto sul Ttip previsto oggi a Strasburgo. La motivazione? Se la grande coalizione non è d’accordo, non si vota. Le larghe intese tra Socialisti, Popolari e Liberali che costituiscono la maggioranza nel Parlamento europeo rischiavano di vacillare in aula. Di fronte al «rischio» di una crisi della grande coalizione, il Presidente Schulz ha scelto (forzando il suo ruolo) di rinviare sine die il voto a seguito del grande numero di emendamenti arrivati in aula: oltre 60 quelli presentati come Gue/Ngl, tra cui uno, di cui sono prima firmataria, che avanza la richiesta di abbandonare i negoziati.
Abbiamo redatto gli emendamenti consultandoci con le reti di attivisti ed esperti (tra queste, il network Stop-Ttip Italia) che da tempo fanno informazione su quello che non è un «semplice» accordo di commercio bilaterale tra Ue e Usa, bensì una ulteriore e radicale trasformazione in chiave neoliberista della costituzione materiale e formale dell’Ue. L’alternativa è tra Ttip e democrazia: il Ttip è un tassello fondamentale nel processo globale di deregolamentazione che mira a sancire il primato dei diritti degli investitori sui diritti delle cittadine e dei cittadini, su ogni residuo di sovranità popolare. Non a caso uno degli esiti dello scorso G7 è stata la sollecitazione a una rapida approvazione del Ttip.
Tra le cause del «rischio» di una maggioranza diversa dalla grande coalizione, il voto in aula su uno dei punti più critici del trattato: la clausola Isds che istitituirebbe la possibilità di ricorso a corti private di arbitrato internazionale per risolvere le controversie fra investitori e Stati. Il 28 maggio la votazione in Commissione Commercio Estero sul Ttip si era conclusa con una riaffermazione della maggioranza tra socialisti e popolari e con un accordo proprio sulla clausola Isds. L’Isds rischia di dividere la maggioranza ma non è l’unico strumento attraverso cui il Ttip agisce sulla democrazia: ad esempio, attraverso il meccanismo della cooperazione regolatoria, lobby e multinazionali saranno legittimati a incidere sulla produzione normativa per allineare gli standard tra Ue e Usa.
Il Ttip è un cavallo di troia che consentirebbe alle multinazionali di influire sul processo legislativo ex-ante ed ex-post, istituzionalizzando il potere delle lobby nel processo democratico. Abbiamo più volte segnalato come il Ttip mini alla base il principio di precauzione, aumentando i rischi per la salute alimentare. Ancora, come dimostrano diversi studi di impatto (tra cui quello di Jeronim Capaldo) causerebbe la perdita di circa 600mila posti di lavoro in Europa.
Forse è questa la ragione per cui il governo Renzi è fortemente a favore del Ttip. Chiediamo, dopo questo ennesimo strappo agito ai danni del Parlamento e della sovranità popolare, che si sospendano le negoziazioni, almeno finché non vi sarà un pronunciamento democratico. È della massima importanza che a partire da oggi si intensifichino le mobilitazioni contro il Ttip. La sinistra politica, per darsi unità può partire dal darsi contenuto: la lotta contro il Ttip è sicuramente un contenuto fondamentale.
*Parlamentare Europea — Altra Europa con Tsipras — Gruppo GUE/NGL
Comune - info
08 06 2015
di Alberto Zoratti
Tutti gli occhi sono puntati su Strasburgo: mercoledì 10 giugno il parlamento europeo in seduta plenaria dirà la sua sul T-tip, approvando o rigettando la Risoluzione Lange, dal nome del Rapporteur del gruppo dei Socialisti e Democratici, che il 28 maggio è stata approvata dalla Commissione commercio internazionale Inta a Bruxelles. Non sarà un atto conclusivo, nè la fine dei negoziati, ma una tappa importante di ridefinizione della cornice negoziale della Commissione europea che fa parte del ruolo, decisamente limitato, che il parlamento europeo può giocare nel campo dei negoziati commerciali, competenza esclusiva del Commissario al Commercio. Se avrà potere di ratificare a trattato concluso, in itinere non può emendare nulla, ma solo inviare raccomandazioni e votare risoluzioni, non formalmente vincolanti anche se politicamente rilevanti.
È in questo campo che si sta giocando lo scontro tra interessi e visioni. Con un quadro in continuo cambiamento che vede il patto scellerato trovato tra Partito popolare europeo e socialdemocratici in Commissione Inta che rischia di saltare su alcuni punti di sostanza, come l’Isds, l’arbitrato internazionale che consentirebbe alle aziende di portare in giudizio gli Stati a causa di politiche non rispondenti alle loro aspettative. Nonostante gli equilibrismi della Commissaria Malmstrom, e le posizione ambigue degli europarlamentari che hanno sostenuto un Isds riformato nella prima stesura della Risoluzione, la proposta è entrata al centro dello scontro politico tra i gruppi. I rischi sono molti, non ultimo quello di ritrovarsi un testo volutamente ambiguo che, se esclude l’arbitrato privato, prevede comunque un organismo di ulteriore tutela del privato, oltre le corti convenzionali accessibili a tutti, rispetto ai comuni mortali.
Le reti Stop T-tip hanno posto una red line insuperabile. No all’Isds, in qualsiasi modo venga cucinato, perchè ridondante per due continenti con una giurisprudenza avanzata come Stati uniti e Unione europea. Un punto fermo necessario ma non sufficiente, perchè il T-tip è questo e molto altro, come il rischio di privatizzazione dei servizi, l’impatto della liberalizzazione dell’agricoltura sulla produzione italiana ed europea, gli appalti pubblici.
Piuttosto che una pessima risoluzione, meglio nessuna risoluzione, è il refrain. Con la consapevolezza che un buon lavoro di pressione politica capace di modificare al meglio il testo è solo un argine, un modo per non rendere le cose peggiori, mantenendo l’obiettivo che questo trattato non s’ha da fare. Per questo la Campagna Stop T-tip Italia, in coordinamento con le reti internazionali, ha lanciato un mailbombing sugli europarlamentari di area popolare e socialdemocratica, di quei gruppi che fin dall’inizio si sono detti favorevoli al trattato transatlantico. Centinaia di e-mail e di tweet per dare una scossa a una politica, soprattutto italiana, volutamente distratta su un negoziato tra i più importanti degli ultimi anni. Nonostante la retorica del viceministro Carlo Calenda, l’Italia è agli ultimi posti come tasso di conoscenza e di consapevolezza sul T-tip, con buona parte della discussione pubblica stimolata dalla società civile e dai movimenti che chiedono un confronto aperto, trasparente e democratico.
In questi giorni, in contemporanea con l’invio email e tweet, in decine di città italiane si svolgeranno iniziative, incontri pubblici, presidi per dimostrare che esiste un’opposizione crescente a un negoziato disconosciuto anche da personalità d’Oltreoceano come quel Paul Krugman che dalle pagine del New York Times ha evidenziato i limiti e i rischi di un trattato progettato a uso e consumo dei gruppi privati. Un’opposizione che nel Vecchio Continente sostiene la petizione europea ormai sulla dirittura di arrivo dei due milioni di firme e che coinvolge sempre più settori della società civile, dai sindacati ai piccoli produttori agricoli. Dimostrando, ancora una volta, che la lotta contro il T-tip non è solo contro un modello economico imposto, ma per una reale partecipazione democratica dei cittadini alle scelte che incideranno sulle nostre società.