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Globalist
13 05 2013

I filmati venivano scambiati nel giro dei pedofili Deep web. Arrestato anche un uomo che violentava la figlia di 9 anni e faceva video.

Avrebbero abusato dei loro rispettivi figli per realizzare filmati con contenuti pedopornografici da mettere in rete Deep Web, una zona invisibile di internet. Sono le accuse contestate a un romano di 41 anni al quale la polizia postale ha trovato immagini da lui stesso prodotte mentre abusava della figlia di 9 anni, e una catanese che vestita da suora abusava del figlio di 10 anni. Sono due dei quattro arrestati su disposizione della Procura di Catania nell'ambito dell'operazione antipedofilia Tor.

La polizia postale e delle telecomunicazioni ha scoperto nella rete invisibile un gruppo di nove persone ritenute responsabili a vario titolo di produzione, commercio, divulgazione e detenzione di materiale pedopornografico.

Un altro romano, un 28enne, è stato trovato in possesso di oltre 75 mila file pedopornografici, poi con alcune immagini che riguardavano anche una 12enne adescata su Facebook alla quale erano state fatte delle pose di nudo erotico poi divulgate sul web.

La catanese alla quale è stato notificato un ulteriore ordine di arresto, aveva messo in rete anche immagini di abusi sul figlio di 10 anni commessi in una chiesa con lei vestita da suora. Secondo la polizia, la chiesa "non è nel catanese ma sarebbe in Piemonte". Dalle indagini è emerso che l'uomo arrestato a Torino sarebbe parente della donna e secondo l'accusa era lui a chiedere alla catanese di "esibirsi" su richiesta di "clienti".

I cinque indagati non arrestati appartenevano al gruppo ed erano in contatto con l'arrestato piemontese anche sul Deep Web perché "fortemente interessati a quel particolare tipo di materiale pedopornografico realizzato accostando in maniera sacrilega gli abusi sui minori agli oggetti religiosi".

Giornalettismo
06 05 2013

La storia delle violenze nel centro del Mugello
    
di Alberto Sofia

Picchiato dopo la denuncia degli abusi subiti. “Le Iene” sono tornate a occuparsi del “caso Forteto“, la comunità di recupero per minori del Mugello, diventata nota per le violenze sessuali e i maltrattamenti commessi dal fondatore dell’istituto, Rodolfo Fiesoli (detto il “Profeta”), e da altri responsabili. Dopo che la scorsa settimana era andata in onda l’inchiesta de “Le Iene”, il fratello di uno dei ragazzi che avevano deciso di rivelare cosa accadeva nel centro era stato preso a calci e pugni. Un clima di intimidazioni, minacce e mobbing, verso diversi ospiti e lavoratori della “comunità lager”- com’è stata ribattezzata dai media locali – che ospitava da 25 anni bambini vittime a loro volta di altri abusi. Tutto in attesa del processo, che partirà dal prossimo 4 ottobre a Firenze. E che vedrà tra gli imputati lo stesso Fiesoli, già con una condanna passata in giudicato negli anni ’80, sempre per violenze sessuali. Sotto accusa la stessa amministrazione comunale e i servizi sociali, colpevoli per anni di aver affidato i bambini nonostante la sentenza.

LE IENE E IL CASO FORTETO – Vittima della violenza è stato un ragazzo di 19 anni di Vicchio, ospite della comunità di recupero e fratello di Jonathan, uno dei ragazzi che aveva denunciato gli abusi del “Profeta”. A raccontare la vicenda altri ragazzi vittime dei maltrattamenti: “Era tornato a casa dopo aver guardato la trasmissione, quando, per un commento lasciato su Facebook, è stato aggredito dal figlio di uno degli imputati nell’inchiesta”, rivela un ragazzo. “Chi lotta avrà prima o poi giustizia”, aveva scritto il ragazzo picchiato, che viveva ancora all’interno del Forteto. E’ riuscito a scappare nel bosco: “Mentre scappavo, prima di raggiungere i carabinieri, sentivo che qualcuno incitava a rincorrermi”, rivela lo stesso ragazzo. Non è il primo a subire le intimidazioni dei denunciati, dopo l’inchiesta delle Iene: “Il clima è molto teso contro i testimoni”, svela un’altra fonte, rimasta anonima per paura di nuove ripercussioni. “Io non mi sento tutelato, ho paura ad andare al Forteto a lavorare”. Il centro è una comunità agricola fondata negli anni ’60 da Rodolfo Fiesoli, dove oggi vivono e lavorano circa 120 persone. Non pochi erano stati i ragazzi, arrivati nel centro già da piccoli, a spiegare alle Iene di aver subito violenze sessuali. Prima di entrare nel centro la loro vita era già stata segnata da abusi: “Ma al Forteto la situazione non è migliorata”, si spiega nel servizio. La stessa Regione Toscana ha elaborato un dossier nel quale venivano raccontati gli abusi subiti da chi viveva nell’istituto.

GLI ABUSI E LE VITTIME – Ben 23 sono state le persone rinviate a giudizio, dopo le denunce dei ragazzi. In pratica, tutti i vertici del Forteto. Lo stesso Fiesoli e il suo braccio destro, Luigi Goffredi, avevano già subito una condanna (passata in giudicato) negli anni ’80 per violenza sessuale. Ma nonostante questo il Tribunale di Firenze ha continuato ad affidare minori al centro per anni. Così come la politica, con il Comune che non ha offerto le tutele necessarie. Anzi, ha continuato ad affidare i bambini al Forteto. In attesa del processo, tutti gli imputati sono ancora nel centro, eccetto il “Profeta”. Le Iene mostra anche le responsabilità dei servizi sociali del Comune di Vicchio. Dopo che l’inchiesta era emersa, nessuno dall’amministrazione – compreso il sindaco Roberto Izzo – voleva rispondere. Poi lo stesso Izzo, dopo aver letto gli atti della Procura, ha chiesto scusa per il comportamento, ma si è limitato a spiegare di non voler rilasciare dichiarazioni. In pratica, per anni il potere ha continuato a coprire gli abusi. Anzi, lo stesso centro e i responabili coinvolti venivano invitai nelle scuole per parlare di violenza. Un altro dei fondatori del centro decide di denunciare Fiesoli: “Dopo essere stato condannato, era riuscito a convincere tutti come fosse vittima di persecuzione giudiziaria”. Tanto da essere considerato nel tempo quasi un “santo laico”, diventato icona di un’amministrazione storicamente di centro-sinistra. Per questo i ragazzi vittime di abusi negli anni continuano ad essere mandati all’interno del centro del fondatore già condannato per violenze sessuali. Viene intervistato anche Piero Tony, oggi a capo della Procura di Prato e allora il giudice minorile responsabile dei numeri affidamenti al Forteto: un amico diretto del fondatore, che “si vantava” dei rapporti con il centro. Nel servizio si spiega come avesse dichiarato di aver avuto ”il piacere di aver cucinato per tutti al Forteto un risotto al nero di seppia”: .”E’ una delle cose di cui vado più orgoglioso, devo togliermi il cappello davanti a Il Forteto”. Ovvero, il centro della vergogna: ”Di fronte alle richieste del giornalista, si difende: “C’erano diverse persone che lavoravano, non si possono criminalizzare tutti”, è la sua risposta paradossale. Viene intervistato anche il sindaco di Firenze, Matteo Renzi: “I ragazzi del nostro Comune non venivano e non vengono affidati al Forteto, ma i responsabili devono pagare”, spiega l’esponente democratico, che non conosceva Fiesoli. Su Le Iene si spiegano invece i rapporti con Antonio Di Pietro, che aveva scritto in una prefazione al libro del “Profeta” come avesse discusso una proposta di legge sulle violenze ai minori insieme ai vertici del centro. Ovvero, proprio con chi era stato condannato per gli stessi abusi. Di Pietro si è però negato all’intervista delle Iene. Tutto mentre sono diversi i ragazzi che continuano a restare nel centro degli abusi, insieme alle persone che affronteranno il processo.

 


La bimba di quattro anni che muore di stupro

  • Martedì, 30 Aprile 2013 10:25 ,
  • Pubblicato in Flash news
Giornalettismo
30 04 2013

Accade in India. L'hanno rapita offrendole cioccolata

di Maria Teresa Mura

Una bambina indiana di 4 anni, in coma da nove giorni, è morta nell’unità di terapia intensiva dell’ospedale di Nagpur, dopo essere stata rapita e violentata da due uomini qualche settimana fa.

“CHI HA FATTO QUESTO DEVE ESSERE IMPICCATO” - I fatti risalgono allo scorso 17 aprile: i suoi genitori l’avevano vista l’ultima volta mentre giocava davanti casa nel villaggio nel Madhya Pradesh. Due uomini l’avrebbero convinta a seguirli offrendole della cioccolata. I genitori l’hanno ritrovata al mattino seguente per terra davanti alla casa, in stato di incoscienza e sanguinante. Quando le sue condizioni sono apparse disperate, la bambina è stata elitrasportata nell’ospedale di Nagpur dove un team di sei dottori ha cercato di salvarle la vita, ma dopo una settimana di coma, la piccola sarebbe morta in seguito a un attacco cardiaco. “L’uomo che ha fatto questo deve essere impiccato sulla pubblica piazza” ha detto la madre della bambina, che ha avuto un malore mentre parlava con i giornalisti. Secondo quanto riportato dal sito di informazione Ndtv, entrambi i presunti violentatori sarebbero stati arrestati: uno dei due, un uomo di 35 anni, è stato fermato nel Bihar soltanto settimana scorsa.
 
LA RABBIA DELLA FOLLA - Un’altra bambina di 5 anni versa in gravi condizioni in un ospedale di Nuova Delhi, ma le sue condizioni sono stabili. Anche questa bambina era stata rapita e violentata da un vicino di casa, un fatto che ha scatenato una nuova ondata di proteste nella capitale indiana, per esigere maggiore sicurezza per le donne e, soprattutto, un diverso atteggiamento da parte della polizia.
Interdizione dall'insegnamento per due mesi. È il provvedimento firmato il 9 aprile scorso dal gip del tribunale di Salerno. [...] La donna, 65 anni, è accusata di maltrattamento di minori a lei affidati per ragione di istruzione ed educazione aggravata dal fatto che i minori in questione hanno meno di 14 anni. ...

Quei bambini uccisi dalle madri

Corriere della Sera
22 04 2013

Non vorrei mai perdonare alle madri il fatto di sopprimere una vita innocente nel nome di una presunta proprietà    
 
di Maria Teresa Veneziani
 
L’ultimo caso è quello di Alessia Olimpo, la donna di 36 anni che sabato sera a Bergamo ha ucciso la figlioletta Elisa di un anno e mezzo, accoltellandola, e poi si è tolta la vita tagliandosi la gola con lo stesso coltello. Pare sia stata la depressione, dovuta in parte alla scomparsa della madre meno di un anno fa e in parte a una malattia alla tiroide, a travolgere la giovane dentista.

Ma abbiamo ancora tutti in mente quella bambina di tre anni di Brindisi che il 1° aprile è stata avvelenata con i pesticidi e poi strangolata dalla madre di 32 anni, Francesca Sbano, che poi si è gettata dal balcone, probabilmente perché non aveva accettato la separazione.
Scrive la psicoterapeuta Silvia Vegetti Finzi commentando il dramma di Alessia Olimpo e della piccola Elisa: «La madre che uccide il proprio figlio e si toglie la vita è il dramma più straziante e inspiegabile che possa accadere nella nostra società… Specifico in questi casi è l’attacco al legame, quando la violenza coinvolge madre e figlio in un impeto ove amore e odio si confondono».

    Perché una madre depressa che decide di togliersi la vita si sente in diritto di sopprimere anche i propri figli?
    Vorrei che chi è genitore mi aiutasse a capire quello che per me è un mistero.
E mi fa orrore anche il modo in cui queste notizie vengono spesso commentate –  in maniera indiretta -, quasi a tentare un po’ di comprensione: come se l’atto di estrema crudeltà su un essere umano inerme potesse nascondere un gesto di disperato amore.
Premesso che non sono una madre e per questo, molti di voi, penseranno che non ho voce in capitolo, provo sì pietà per queste madri, ma non posso e non vorrei mai perdonare loro il fatto di sopprimere una vita innocente nel nome di una presunta proprietà.

Le vere vittime sono i bambini che sempre devono subire gli stati d’animo, i problemi e le crudeltà degli adulti. Con padri che arrivano a sopprimerli per una vendetta nei confronti della donna che li ha lasciati. Non abbiamo mai dimenticato le gemelline svizzere, Alessia e Livia, che il padre ha fatto sparire prima di suicidarsi.

Penso però che sia arrivato il momento di prendere una posizione forte anche nei confronti di quelle donne che si sentono in diritto di maltrattare, rifiutare e perfino uccidere le loro creature per odio o per presunto “eccesso” d’amore, in ogni caso per ritorsione «verso la carne della loro carne».
Ecco io penso che non esista purtroppo giustificazione per queste madri. So che cosa è la depressione e so a che cosa ti può portare un pensiero ossessivo, ma credo che proprio noi donne dobbiamo essere le prime a prendere una posizione forte in difesa dei bambini. Suor Annalisa si commuoveva raccontandomi di quel ragazzo down che la madre aveva rifiutato, portandolo in un istituto subito dopo la nascita, e che non andava mai a trovare. «È quello che ha lasciato i ricordi più forti, i sentimenti più belli», mi diceva. «Ma un giorno che venne sua madre, lui mi spinse contro il muro e quasi mi aggredì, forse per dimostrarmi il suo malessere».





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