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Huffingtonpost
11 02 2015

Sarebbero circa 300 le persone morte nel naufragio di quattro gommoni avvenuto due giorni fa davanti alle coste libiche. A raccontarlo sono stati i nove superstiti raccolti da un mercantile italiano e giunti stamane a Lampedusa con una motovedetta della Guardia Costiera.

I migranti erano in 105 e 107 sui due gommoni che sono stati travolti dalle onde del mare in tempesta. Secondo l'Unhcr si tratta della peggiore strage in mare dal 3 ottobre 2013, quando al largo dell'isola delle Pelagie si inabissò un barcone con oltre 400 persone a bordo.

Terribili i racconti di due giovani del Mali che sono riusciti a salvarsi: i trafficanti li avrebbero costretti a salire sulle barche minacciandoli con le armi. "Da alcune settimane eravamo in 460 ammassati in un campo vicino Tripoli in attesa di partire. Sabato scorso i miliziani ci hanno detto di prepararci e ci hanno trasferito a Garbouli, una spiaggia non lontano dalla capitale libica. Eravamo circa 430, distribuiti su quattro gommoni con motori da 40 cavalli e con una decina di taniche di carburante". La traversata sarebbe costata mille dinari - 650 euro: ""Ci hanno assicurato che le condizioni del mare erano buone, ma in ogni caso nessuno avrebbe potuto rifiutarsi o tornare indietro: siamo stati costretti a forza a imbarcarci sotto la minaccia delle armi".

"Complessivamente erano quattro i gommoni con i migranti a bordo - ha spiegato Carlotta Sami dell'Unhcr all'Adnkronos - su uno c'erano anche i 29 profughi poi morti assiderati e i 76 superstiti. Su altri due gommoni c'erano più di 210 persone. Di queste ne sono state tratte in salvo solo nove". Secondo il racconto dei superstiti ai mediatori culturali su un gommone c'erano 105 immigrati e sull'altro 107. "Uno dei due gommoni è affondato - raccontano tra le lacrime - e l'altro si è sgonfiato davanti provocando il panico a bordo". I nove superstiti sono stati tratti in salvo dal rimorchiatore che poi li ha trasportati a Lampedusa.

Due dei superstiti erano a bordo del gommone su cui si trovavano i 29 immigrati morti per assideramento e i 76 tratti in salvo e che oggi sono ospiti del Centro d'accoglienza dell'isola di Lampedusa. Altri sette migranti si trovavano invece su un secondo gommone, con a bordo, secondo il loro racconto, 107 persone. Ai mediatori culturali hanno raccontato, in queste ore, con il terrore ancora negli occhi, che il gommone su cui si trovavano si è sgonfiato ed è affondato nel Canale di Sicilia, trascinando nel mare 100 profughi. "Abbiamo visto morire tante tante persone che erano a bordo del nostro gommone", hanno raccontato tra le lacrime.

Due dei quattro gommoni avrebbero fatto naufragio lunedì pomeriggio, tra le 15 e le 16, dopo essere stati capovolti dalle onde del mare forza 8. I nove superstiti sarebbero riusciti a salvarsi rimanendo aggrappati disperatamente ai tubolari prima di essere soccorsi da un rimorchiatore italiano. La Guardia Costiera, che negli ultimi due giorni ha partecipato con grande impegno e spirito di abnegazione alle operazioni di soccorso che si sono svolte al limite delle acque libiche, sta valutando il racconto dei nove superstiti. La zona del naufragio, nonostante le proibitive condizioni meteo, è già stata perlustrata dalle unità intervenute sul posto e da un aereo Atr 42 alla ricerca degli oltre 200 dispersi sulla cui sorte non vi sarebbero purtroppo speranze.

Inevitabili le polemiche delle associazioni umanitarie, Save The Children e Unhcr, che chiedono l'intervento urgente del governo italiano per ripristinare Mare Nostrum. "Chiediamo che il Governo Italiano si attivi immediatamente esigendo un incontro urgente e straordinario del Consiglio dei Ministri dell'Interno dell'Unione Europea per ripristinare l'operazione Mare Nostrum o un sistema di soccorso simile", ha dichiarato Valerio Neri, direttore generale di Save The Children.

Il ministro per gli Esteri, Paolo Gentiloni, ha ammesso: "Triton non è sufficiente".

L'operazione Triton, lanciata dall'agenzia europea Frontex, ha sostituito completamente Mare Nostrum alla fine del 2014 nonostante le forti critiche anche della Marina militare italiana, che metteva in guardia sulla possibilità che avvenissero nuove tragedie del mare come questa.

Il Consiglio italiano per i rifugiati (Cir) chiede che "l'Europa cambi strutturalmente il suo impegno" nei confronti dei salvataggi in mare.

Inoltre, i dati parlano chiaro: gli sbarchi sono aumentati. Nel solo mese di gennaio 2015, nonostante le condizioni climatiche avverse dell'inverno, sono giunti in Italia 3.528 migranti, di cui 195 donne e 374 minori (374 non accompagnati), circa il 60% in più rispetto allo stesso periodo del 2014 quando erano arrivati 2.171 migranti, di cui 91 donne e 342 minori (262 non accompagnati).

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Micromega
10 02 2015

di Angelo d’Orsi

Ed eccoci, di nuovo, a pochi giorni dal “Giorno della memoria”, al “Giorno del ricordo”, istituito dal II Governo Berlusconi nel marzo 2004, e divenuto legge, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale il 13 aprile di quell’anno. Sebbene la legge parli, testualmente, di un giorno “in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale e concessione di un riconoscimento ai congiunti degli infoibati", nel discorso corrente si richiamano soltanto le foibe.

Quest’anno la notizia è doppia: la prima concerne Roma,dove, addirittura in anticipo rispetto alla ricorrenza, si è inaugurata una “Casa del Ricordo”, con grande solennità, alla presenza del presidente della Giunta Regionale, Nicola Zingaretti, e di due assessori dell’Amministrazione comunale, uno dei quali ha pure la delega del sindaco “alla Memoria”. La seconda notizia, più o meno di rito, è la circolare inviata dalla ministra dell’Istruzione Università e Ricerca, la signora Giannini (che ha appena lasciato il gruppo parlamentare di “Scelta civica”, dove pure occupava posizione eminente, addirittura di “portavoce”, per approdare al più promettente Gruppone del PD).

La circolare è un interessante documento di ignoranza della storia, un dato diffuso, come si sa, ma che suscita un moto di fastidio supplementare, provenendo da chi rappresenta istituzionalmente il dovere di “istruire” la popolazione. Tanto più che la signora Giannini risulta, professionalmente, essere una docente universitaria: è vero, la sua qualifica è professore (ordinario, naturalmente) di Glottologia e Linguistica e probabilmente non si ritiene tenuta alla conoscenza della storia, ma forse avrebbe potuto incaricare qualche suo collaboratore di un approfondimento, anche assai sommario, sui risultati recenti della ricerca sulle vicende accaduta nelle “terre orientali”, tra il 1943 e il 1947, e anche oltre. Avrebbe potuto e credo dovuto per evitare di riproporre luoghi comuni, rovesciamenti della verità storica, e cedimenti inquietanti al revisionismo: tutto ciò non in una chiacchiera da salotto, bensì in un documento ministeriale.

La ministra ha invitato tutti i dirigenti scolastici a ricordare, appunto, le vittime delle Foibe (scritto con la maiuscola), e “la tragedia dell’esodo che colpì più di 300mila persone”. Ma la ministra dimentica che quell’esodo faceva parte dei trattati di pace imposti a una nazione sconfitta, il cui onore era stato, in parte, salvato solo dai partigiani combattenti nella Resistenza. E dimentica altresì che la “vendetta” (se così vogliamo dire) esercitata dai soldati di Tito, in quella che viene chiamata “la tragedia delle foibe”, aveva un pregresso: la ferocia dell’occupazione italiana. Fa parte insomma di ciò che si etichetta a livello europeo, dopo la guerra, come “resa dei conti”.

Non dimentichiamo, inoltre, che secondo i canoni del razzismo fascista, gli slavi costituivano una sottoumanità, poco al di sopra degli ebrei, dei sinti e dei rom. E dunque ogni nefandezza era considerata lecita. E di nefandezze gli italiani in Jugoslavia ne commisero tante, suscitando un odio esteso e profondo, in una popolazione che pagò un prezzo di oltre un milione di morti alla guerra nazifascista. Quanto all’esodo, si tratta di una pagina evidentemente amarissima per quelle famiglie di connazionali, anche per la poco lieta accoglienza nella patria d’origine: l’Italia era stata ridotta dalla guerra di Mussolini a una situazione di tragico marasma e accogliere e sistemare 300/350.000 persone in quella circostanza non era cosa facile. Ma va di nuovo acceso un riflettore sul contesto. Gli esodi di massa furono la norma nel riassetto del Continente a partire dalla fine della guerra: solo in Germania dovettero sloggiare oltre dieci milioni di persone. Dunque quello dall’Istria e Dalmazia fu, in termini storici, un episodio modesto, che comunque rientrava negli assetti stabiliti dai trattati.

La ministra, a quanto pare ignara di tutto ciò, nel clima culturale determinato da un pesante senso comune revisionistico o rovescistico, ritiene corretto presentare le cose nei medesimi termini in cui vengono presentate dalla destra revanscista, a cui, quasi sempre, le Associazioni di esuli (a cui fa esplicito riferimento, come bacino culturale per ricordare quegli avvenimenti, la ministra nella circolare), sono prossime.

E in effetti le manifestazioni di cui ho avuto notizia sembrano comprovare un orientamento ben poco attento alla storia, ma molto alla propaganda. Vengono invitati relatori di Casa Pound o anche quando si tratta di studiosi seri, si presentano i fatti in modo distorto, fornendo cifre a vanvera, e non si spiega che gli “infoibati” erano sovente persone decedute nei combattimenti, o fascisti militanti giustiziati.

Certamente ci furono abusi, eccessi, episodi di ferocia: il programma TV Mixer di Minoli che nel 1991 aveva “lanciato” il tema delle foibe, parlò di “decine di migliaia”, panzana ridimensionata in una più recente puntata dell’altro programma di Minoli, La storia siamo noi: in realtà si trattò complessivamente di qualche migliaio di individui, buona parte dei quali deceduti, e gettati in quelle cavità naturali del terreno, a guisa di tombe. Poco edificante, certo, anche se si trattava di morti; ma non sempre era possibile dare “cristiana sepoltura” a quei corpi. La loro memoria non viene certo onorata, con la turpe, macabra speculazione politica che ogni anno, in febbraio, puntualmente, si riaffaccia, resa legale da una legge dello Stato, e legittimata da interventi improvvidi e disinformati di qualche politico in cerca di consensi.

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Fan page
11 02 2015

Un bilancio di lacrime e sangue per la Capitale. Tra le voci ad essere colpite duramente anche il capitolo dedicato alla cultura e alle rassegne di eventi. A rischio, se non si trova in fretta una soluzione, potrebbe essere la stessa Estate Romana: il bando scade il 4 marzo ma non c'è la copertura finanziaria.

Un bilancio di lacrime e sangue per la Capitale. Tra le voci ad essere colpite duramente anche il capitolo dedicato alla cultura e alle rassegne di eventi. A rischio, se non si trova in fretta una soluzione, potrebbe essere la stessa Estate Romana. Il bando scade il prossimo 4 marzo ma, racconta il Messaggero, dentro non c’è un euro di copertura finanziaria. Al momento non esiste la copertura finanziaria per nessuno dei festival storici della città, ovvero quelli con più di dieci anni di attività e che hanno vinto lo scorso anno un bando triennale.

A comunicarlo agli operatori e ai rappresentanti dei festival, sarebbe stata alcuni giorni fa lo stesso assessore alla Cultura Giovanna Marinelli in una riunione burrascosa: i soldi al momento non ci sono, questo è quanto, faremo del nostro meglio. I tagli si aggirano intorno ai 33 milioni di euro, così distribuiti: meno 4 milioni per la municipalizzata Zetema, meno 29 milioni per il dipartimento. Tagli che a cascata non possono che ripercuotersi sulla capacità di finanziare e patrocinare eventi. E’ probabile che in extremis dei soldi saltino fuori durante la discussione in aula, ma intanto il bando scade tra meno di un mese e gli operatori culturali, siano festival o meno, si trovano a pianificare un evento senza sapere di che cifre di finanziamento potranno disporre. Un vero e proprio paradosso per il centrosinistra di Ignazio Marino, che all’opposizione ha protestato per i tagli alla cultura e contro la desertificazione dell’Estate Romana, sostenendo da sempre che il rilancio della città non può che passare per la cultura e la valorizzazione delle risorse artistiche e culturali della città. Ma purtroppo tutto questo non si può fare gratis.

 

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la Repubblica
11 02 2015

Il Lazio potrebbe essere la prima regione in Italia a istituire per legge una strategia permanente contro il bullismo. E' scaduto ieri il termine per gli emendamenti alla proposta di legge 202 del 23 ottobre 2014 in materia di prevenzione e contrasto del bullismo [...]...

 

Il Messaggero
11 02 2015

Il governo prova a spingere sul pedale dell'acceleratore per il bonus bebè da 80 euro. Il decreto del ministero del lavoro per disciplinare le modalità di presentazione della domanda per ottenere il beneficio per le neo mamme, avrebbe dovuto essere pubblicato entro la fine di gennaio. ...

 

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