Il Fatto Quotidiano
05 03 2015
Il prossimo 8 marzo sarà una Giornata internazionale della donna particolare perché sarà anche la vigilia del voto, al parlamento di Strasburgo, sul Rapporto sulla parità di genere, la salute riproduttiva delle donne e l’accesso agevolato alla contraccezione e all’aborto. Il documento presentato a gennaio dal deputato Marc Tarabella è ampio e affronta anche il tema dei congedi parentali.
Se sarà approvato sarà vincolante in tutti gli Stati dell’Unione europea. In Italia le associazioni che si stanno battendo da tempo per l’applicazione della 194, vanificata dal cavallo di Troia dell’obiezione di coscienza, stanno trattenendo il fiato ma incombe lo spettro del tradimento del Partito democratico già consumato nel dicembre del 2013 con il naufragio della mozione Estrela. In quell’occasione il Ppe aveva proposto una mozione alternativa ottenendo l’appoggio di gruppi di estrema destra e neonazisti e aveva incassato la vittoria grazie all’astensione di cinque deputati Pd. Anche il 10 marzo la strategia dei partiti conservatori sarà quella di proporre un documento alternativo? Il capo della delegazione del Pd che si sta confrontando sul testo Tarabella è Patrizia Toia una dei cinque deputati pd che nel 2013 si astenne.
La Laiga un mese fa si era appellata a Matteo Renzi chiedendo che i diritti delle donne non venissero consegnati per la seconda volta alle forze conservatrici e reazionarie. Il 3 marzo scorso si è svolta alla Camera la conferenza stampa di Laiga, Vita di donna, Agita e Noi Donne per auspicare un voto favorevole al documento Tarabella che peraltro in uno dei suo passaggi cita anche uno studio dell’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) del 2014 che dimostra come “i tassi di aborto sono simili nei Paesi in cui la procedura è legale e in quelli in cui è vietata, dove i tassi sono addirittura più elevati” con il rischio della vita e della salute delle donne.
In Italia l’applicazione della 194 è ormai compromessa da un’obiezione di coscienza che raggiunge quasi il 90% del personale medico in molte strutture. La Laiga ha documentato il pendolarismo delle donne italiane da una città all’altra o all’estero (soprattutto la Francia) per ricorrere all’Ivg contraddicendo le balle del governo contenute in rapporti ministeriali nei quali si afferma che va tutto bene. Ma nulla va bene. Né per i dati sull’obiezione, né per l’involuzione culturale che sta portando a moderne inquisizioni contro le donne che abortiscono, come Laura Fiore documentò in Abortire tra obiettori.
Il duello tra forze conservatrici e progressiste continua mentre la condizione delle donne in molti Stati europei, inclusa l’Italia, peggiora per disoccupazione, povertà, welfare ridotto all’osso. In un contesto come questo la salute riproduttiva è affrontata come se fosse un’opzione e non un diritto di tutte le donne. Mentre si attende il voto del 10 marzo, una ragazza di diciassette anni è stata ricoverata a Genova in gravi condizioni per una emorragia a causa di un aborto. Da tempo si conosce la deriva farmacologica dell’aborto clandestino, si parla di centinaia di casi. Una volta era l’infuso di prezzemolo o il ferro da calza, oggi è il Cytotec, un farmaco contro l’ulcera. A procurarglielo pare sia stato il suo ragazzo che è stato indagato dalla Magistratura.
Hanno fatto tutto in solitudine. Soli nel 2015 proprio come era accaduto ai loro nonni in un ’Italia che ancora non aveva una legge sull’interruzione volontaria di gravidanza e che oggi non è quasi più applicata. Sola lei, poco più che adolescente, e come le donne d’altri tempi a rischiare di morire per un aborto clandestino.
Nadia Somma
@Nadiesdaa
Corriere della Sera
04 03 2015
Eccola di nuova. Riappare la parola “aborto” in un dibattito parlamentare e fra gli eurodeputati scoppia la polemica, come sempre, come inevitabile. Fra destra e sinistra, e in seno al Pd. L’oggetto del contendere è la relazione “sui progressi concernenti la parità tra donne e uomini nell'Unione europea nel 2013” che l’assemblea voterà la prossima settimana.
L’ha curata un belga di originale italiana, socialista, Marc Tarabella. E’ un documento importante, stabilisce principi che – per quanto ovvi – non sono ancora ben innestati nelle nostre consuetudini. A partire dal momento in cui ricordo che è “essenziale tenere in considerazione le numerose e interconnesse forme di discriminazione che molte donne e ragazze subiscono in Europa (disabilità, contesto migratorio, origine etnica, età, orientamento sessuale, identità di genere, gravidanza, situazione abitativa, basso livello d'istruzione, vittime di violenza, ecc.) e il fatto che le loro condizioni sono peggiorate negli ultimi anni".
Il duello s'infiamma sulle questioni di coscienza, sulle convinzioni etiche, intoccabili anche queste.
Al punto 44, Tarabella osserva ”che vari studi dimostrano che i tassi di aborto sono simili nei paesi in cui la procedura e legale e in quelli in cui e vietata, dove i tassi sono persino più alti (Organizzazione mondiale per la sanita, 2014)”.
Quindi “insiste sul fatto che le donne debbano avere il controllo della loro salute e dei loro diritti sessuali e riproduttivi, segnatamente attraverso un accesso agevole alla contraccezione e all'aborto”.
La quasi totalità del fonte popolare è insorta. Sostiene che è un modo per imporre l’aborto a chi non lo vuole. Protestano polacchi, maltesi e irlandesi, rappresentanti dei paesi che hanno la normativa più stretta in materia. Ma anche gli italiani sono in agitazione. E nel fronte della sinistra appaiono le solite crepe fra laici e cattolici.
“Ne stiamo parlando in delegazione, prevedo guai”, confessava ieri sera una voce di casa Pd, annunciando per stamane un nuovo confronto. Che risulta essere acceso.
La capodelegazione Patrizia Toia ha idee chiare e concilianti. “E’ una buona risoluzione che afferma principi importanti – ammette – Però la frase sull’aborto poteva essere scritta meglio”. Il suo suggerimento è di aggiungere all’”accesso agevole” qualcosa come “nei paesi dove esso è legale”. Così, sottolinea, non si dà l’impressione di imporre qualcosa a qualcuno.
Elisabetta Gardini, capodelegazione dei popolari, non è su posizioni antitetiche. “La relazione contiene punti importanti – precisa – però ci sono dei problemi sulle questioni che riguardano più da vicino le prerogative degli stati membri”. Il problema è “non travalicare le competenze”, sull’aborto, come sul congedo parentale che chiede un minimo di 10 giorni retribuiti. “Sono tematiche che competono alle capitali, il congedo è giusto, i giorni non dobbiamo deciderli noi”, dice l’eurodeputata di Forza Italia che promette emendamenti massicci in arrivo dal fronte popolare. “Sono questioni delicate e spesso sofferte”, ammette. Ognuno deve misurarsi con la sua coscienza.
Lo fa anche Elly Schlein dalla sinistra del Pd. "Mi pare assurdo che nel 2015 siamo ancora qui a parlarne", dice tutto d'un fiato: "Il testo di Tarabella affronta la parità di genere da diversi punti di vista, occupazionale come salariale, il tema della presenza delle donne nelle istituzioni, il dramma della violenza, e il diritto l proprio corpo. E' un testo equilibrato, passato a larga maggioranza in commissione, 24 "si", 9 "no". Mi aspetto che nostra delegazione sia favorevole, tanto più che non si dice nulla di nuovo rispetto alla legge 194: mi pare doveroso difendere i diritti della donna e lasciare per sempre alle spalle ogni oscurantismo di sapore medievale".
Di qui alla prossima settimana ci sarà battaglia. L’esito non è scontato. Come sempre in questi casi, il voto e la casacca non stanno sempre insieme.
Communianet.org
24 02 2015
l 25 novembre 2014 abbiamo rivendicato l'applicazione e il rispetto della legge 194 in seguito alla sospensione del servizio di IVG al Repartino del Policlinico Umberto I, dopo il pensionamento dell'unico medico non obiettore in tutto il reparto. Abbiamo ottenuto la pubblicazione di un bando per l'assunzione di due medici non obiettori che garantissero la ripresa e la continuità del servizio.
Ad oggi è stato giudicato idoneo un solo medico su dieci, attualmente già attivo, che sarà assunto con contratto cococo.
Richiediamo con urgenza la seconda assunzione e che siano garantite la continuità del servizio e di tutte le attività relative alla salute e all'autodeterminazione delle donne: dal reparto Ivg alla sala parto, dalle sale operatorie ai reparti di degenza, per rispondere nel modo più adeguato all'esigenza di prevenzione, cura e riabilitazione in questo settore fondamentale della sanità pubblica.
Continueremo a monitorare la situazione nel Policlinico Umberto I e negli altri ospedali pubblici di Roma, affinchè la libertà di scelta e la tutela della salute riproduttiva della donna vengano garantite nel migliore dei modi e non si corra il rischio che vengano messe in discussione.
La 194 non si tocca! Continueremo a difenderla e a opporci al sabotaggio degli obiettori di coscienza e ai tagli ai servizi e alla salute.
La battaglia per la salute e la libertà di scelta è anche una battaglia culturale che vuole riaffermare la centralità della volontà della donna, che non può essere sottomessa a quella dei medici né a quella di leggi e pronunciamenti che limitano la nostra libertà.
Accogliamo con indignazione la decisione del consiglio di Stato sul decreto della regione Lazio mirato a ridefinire i limiti dell'esercizio dell'obiezione nei consultori familiari.
Riteniamo inaccettabile che non applichino contromisure adeguate a garantire l'accesso all'IVG su tutto il territorio nazionale e a sanzionare abusi come il rifiuto di prescrizione della contraccezione d'emergenza.
A questo proposito il 9 marzo il Parlamento Europeo voterà per l'approvazione della risoluzione Tarabella (già votata dalla Commissione sui diritti delle donne) che vuole ribadire la libertà di aborto e l'accesso alla contraccezione per le donne.
Nel 2013, ricordiamo che i deputati del PD concorsero alla mancata approvazione dell'analoga risoluzione proposta dall'eurodeputata socialista Estrela, che invitava tutti gli Stati membri a garantire l'aborto e i diritti sessuali e riproduttivi delle donne. Siamo davvero curiose di sapere come i rappresentanti del partito governativo italiano si esprimeranno stavolta... Di sicuro noi non resteremo in silenzio!
Sul mio corpo decido io! It's time to react!
Il Corriere della Sera
24 02 2015
Un primario di ostetricia obiettore di coscienza in un ospedale pubblico. A Roma non sarebbe certo la prima volta. Ma se questo stesso primario provenisse da una struttura confessionale? In questo caso solo il sospetto è bastato per riportare sulle barricate la rete romana di donne che sostiene e vigila sull’applicazione della Legge 194. Il mezzo scelto per contarsi è Facebook. È qui infatti che si sta organizzando la protesta (preventiva) per evitare che alla guida del reparto di ostetricia e ginecologia del «più grande ospedale pubblico della nostra Regione», nonché centro di riferimento regionale per la Legge 194, ossia il San Camillo, arrivi «un primario proveniente da un ospedale privato della chiesa».
La levata di scudi su Facebook
Quasi 2mila membri, tra donne e uomini, in appena 5 giorni: il gruppo “No a un primario obiettore di coscienza al San Camillo” continua a macinare adesioni. L’ha aperto Lisa Canitano, ginecologa e presidente dell’associazione “Vita di donna”, come reazione quasi istintiva alle «voci che si fanno sempre più forti» in merito al concorso in via di espletamento per individuare il nuovo direttore di ostetricia e ginecologia del San Camillo. «Si tratta solo di voci – ribadisce Lisa Canitano – e ci auguriamo di essere smentite. Ma a scanso d’equivoci abbiamo deciso di chiarirlo sin da subito: la nomina di un primario confessionale sarebbe inaccettabile». Una vera e propria «umiliazione».
Ritorno al passato
Sulla pagina del gruppo Facebook le parole chiave sono «diritto», «libertà di scelta» e «laicità». Ma il rischio non è solo – come scrive qualcuna – di «tornare indietro di decenni e vanificare le nostre lotte giovanili». «Il problema – sostiene Lisa Canitano – è anche il livello di assistenza complessiva che si garantisce alle donne e alle coppie. Non basta infatti mettere a disposizione una stanza, magari ben lontana alla vista, per eseguire gli aborti. C’è bisogno di accoglienza, professionalità e del massimo della modernità tecnologica nella diagnostica prenatale. Tutte cose che un primario confessionale non può garantire».
Il precedente del Policlinico Umberto I
La battaglia per il San Camillo arriva peraltro in un momento in cui nella Capitale è ancora vivo il ricordo dello scandalo che ha recentemente riguardato il Policlinico Umberto I. Dove, causa prepensionamento dell’unico medico non obiettore, le interruzioni volontarie di gravidanza sono state sospese per quasi due mesi. In quel caso la protesta immediata, organizzata della rete #IoDecido, ha evitato che il disservizio durasse più a lungo. Ma, come denuncia il coordinamento regionale per la legge 194, gli stop al servizio sono piuttosto comuni nel Lazio.
La situazione nel Lazio «A oggi ad esempio – rivelano dal coordinamento – gli ospedali di Genzano e Gaeta non eseguono più ivg per mancanza di personale non obiettore». Altrove si diminuiscono drasticamente le sedute operatorie. «Accade a Viterbo e persino a Roma, al Sant’Eugenio, dove attualmente il servizio è attivo solo una volta a settimana». Pensa a casi come questi Lisa Canitano quando dice che «a Roma, come nel resto del paese, la 194 è una conquista tutt’altro che scontata. E se fino a oggi gli attacchi sono stati respinti al mittente è solo grazie all’ininterrotta attenzione da parte delle donne». Adesso tutti gli occhi sono puntati sul San Camillo.