DONNE, IL FUTURO È L'HOMEWORK. MA LA CRISI RALLENTA LE CONQUISTE

di Alessia Ripani

L'innovazione ha migliorato la qualità della vita delle donne ma non sarà più così per le nuove generazioni. Le difficoltà economiche amplificano gli stereotipi e le discriminazioni nel lavoro, anche se gli strumenti tecnologici mirano a colmare il gap. Donne in mobilità. Precarie e con il posto di lavoro a rischio. Oppure dotate di smarthpone, videoconferenza e strumenti di home work per partecipare alla vita d'ufficio e non perdere la poltrona.

Curiose le conclusioni del rapporto “Donne, scienza e teconologia”, perché se è vero che tutti sono d'accordo sul fatto che l'innovazione ha giovato alla vita delle donne e l'ha resa migliore di quella delle madri, in pochi si aspettano che sia anche per le figlie. Il focus su donne/tecnologia è emerso dal II Rapporto sulla "Cultura dell'innovazione in Italia", realizzato dalla Fondazione Cotec in collaborazione con il Cnr e il contributo di futuro@lfemminile di Microsoft e Acer. Si basa un un campione di 4000 interviste a uomini e donne dai 30 ai 44 anni, serve a capire il ruolo delle nuove tecnologie nella società e quest'anno, dall'analisi, ha voluto estrarre il fattore D.

Stereotipi, discriminazioni e trappole tecnologiche
Il 40% degli intervistati sa che i vantaggi della tecnologia, dei quali le donne hanno approfittato in passato, non si ripeteranno. Colpa del momento economico e della sfiducia nel futuro. E per questo, rispetto a cinque anni fa, sale del 10% il numero di chi crede sia meglio salvare un uomo dalla disoccupazione: alla domanda se uomini e donne in tempo di crisi hanno lo stesso diritto al lavoro, uno su tre risponde no. Oltre il 92% degli italiani ritiene ormai che l'istruzione universitaria sia allo stesso modo importante per ragazzi e ragazze. Ma almeno un un terzo della popolazione pensa che le donne siano più portate per le discipline umanistiche. Non solo. Il 25% è convinto che le donne riescano ad affrontare i compiti lavorativi con minore razionalità degli uomini. Più tempo e meno fatica grazie alla tecnologia? Non proprio, perché il tempo risparmiato viene utilizzato nel lavoro e, soprattutto per le donne, i margini svaniscono. Per questo chiedono più degli uomini politiche del lavoro mirate (orari flessibili, part time, asili e incentivi all'imprenditoria).

Facebook? Meglio il telefono
Per lavorare, le donne usano Internet quanto gli uomini; meno per giocare, fare acquisti, interagire sui social network e tenere la contabilità. Ma lo utilizzano in modo più mirato per cercare informazioni (25% contro 21,9%), interagire con la pubblica amministrazione (6,3% invece di 5,8%), leggere la posta (22,9% anziché 21%) e per l'apprendimento (4,9 a 4,2). Di fronte alla prospettiva di staccare la spina per una settimana, tutti difficilmente potrebbero rinunciare a vedere gli amici (60,9% degli uomini e 51,7% delle donne) e a Facebook. Farebbero più fatica gli uomini (4% contro 3,2%), ma quanto al telefono non c'è partita: 16,8% contro 29,3%.

Buone pratiche, scarsi risultati
Le aziende continuano a progettare strumenti di flessibilità (videoconferenza, pc e cellulari di ultima generazione connessi con l'ambiente di lavoro) ma, nella realtà, la crisi economica frena la possibilità di fare carriera. La pubblica amministrazione prova a inventare o copiare dai privati buone pratiche di conciliazione casa-lavoro. Microsoft, con Acer e il Forum PA hanno fatto nascere futuro@lfemminile e e l'Osservatorio sulle donne nella pubblica amministrazione. “L'iniziativa più comune è quella di organizzare corsi di e-learning per permettere alle dipendenti in maternità di tornare al lavoro ed essere pronte per i concorsi – spiega Roberta Cocco, responsabile del progetto - ma c'è anche chi ha pensato a soluzioni per collegare le mamme agli asili ma anche alle case di cura degli anziani”. Il risultato: stando ai dati dell'ultima indagine sulla presenza negli uffici pubblici, le donne ai vertici della PA sono sempre meno.

Fonte:
http://www.repubblica.it/tecnologia/2010/06/03/news/donne_e_tecnologia-4544035/
03 giugno 2010
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