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Joseph Stiglitz: "Se la Gran Bretagna esce meglio evitare la vendetta e fare accordi di libero scambio"

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BrexitEugenio Occorsio, La Repubblica
15 giugno 2016

"Non userei la parola catastrofe, ma la Brexit sarebbe sicuramente un fattore di enorme incertezza sui mercati, che si aggiunge ai tanti già esistenti, da Trump ai tassi Usa. La responsabilità sta tutta nell'Europa:
se non vuole che questa incertezza sfoci in catastrofe dovrà uscire dal suo letargo evitando di vendicarsi e negoziando una serie di accordi "intermedi" con Londra che non la isolino ulteriormente".

Joseph Stiglitz, economista dalla Columbia, premio Nobel 2001, partecipa alla Summer School dell'Istituto Iseo, gloriosa istituzione fondata da Franco Modigliani durante le sue meditazioni sul lago negli anni '90 e oggi presieduta da Robert Solow. Dalla terrazza con vista sul "Floating Piers" di Christo che verrà inaugurato sabato ("lo sa che stanno arrivando dei miei amici da Los Angeles apposta per vederlo?") riflette sull'imminente referendum.

Quante chance dà al "leave"?
"Io so solo che il danno già è stato fatto. E l'Europa ne porta la responsabilità. Non è riuscita a migliorare le condizioni di vita dei cittadini, a ridurre le disuguaglianze. Ha lasciato che al suo interno prendessero corpo forze anti-establishment sempre più violente. L'euro poi è quello sì un disastro, mal congegnato, portatore di altre diseguaglianze stavolta fra Paesi, il tutto aggravato dalla folle politica di austerity che ha acuito le tensioni e prolungato la crisi. Come possiamo stupirci che la Gran Bretagna pensi di chiamarsi fuori?".

A questo punto, se Brexit sarà, quale dovrebbe essere la risposta?


"Dicevo: evitare la vendetta. Ci sarà rancore verso gli inglesi per lo sconquasso che avranno provocato se vincono i "leave", perché avranno distrutto un sogno europeista di sessant'anni. Ma bisogna essere realisti. Le banche americane usano il Regno Unito come porta dell'Ue. I "passport rights" consentono di collocare i servizi finanziari nell'intera unione dalla base di Londra. Con la Brexit questo "link" sarebbe perduto, e le finanziarie dovrebbero creare un nuovo quartier generale.

Il 40% delle prime 250 multinazionali ha a Londra la sede europea, contro l'8% di Parigi. Il 30 per cento delle vendite americane nella Ue è diretto in Gran Bretagna. Tutto questo non può essere cancellato con un colpo di spugna: vanno negoziate condizioni speciali sul modello norvegese o svizzero mantenendo l'area di "free trade". Intanto va riavviata l'integrazione europea, completata l'unione bancaria, data più dignità a un bilancio comunitario che è pari all'1 per cento del Pil del quale il 40 per cento va ai sussidi agricoli".

Evitare le vendette significa non sottrarre a Londra il ruolo di capitale finanziaria?
"Uscendo dalla tutela Bce, della quale il Regno Unito fa parte pur fuori dall'euro, sarebbe automatica l'uscita dal sistema di pagamenti Target 2: le banche inglesi avrebbero difficoltà a finanziarsi e i tassi salirebbero a danno dell'economia. La sterlina sarebbe svalutata rischiando lo status di valuta di riserva che condivide con euro, dollaro e yen. Tutto questo va evitato per non trovarci in condizioni disperate nella seconda parte dell'anno quando altre sfide ci attendono".

Si riferisce alle elezioni americane?
"A proposito di forze anti-sistema, Trump sarebbe l'uomo del caos globale. E' anti-tutto: trattati commerciali, immigrazione, politica del lavoro, senza nessuna alternativa. Ma alla fine sento che per Hillary sarà un trionfo".

Lei della Clinton è consigliere economico: qual è la prima cosa da fare?
"Uscire dalla visione "corta" che condiziona le imprese impedendo di investire a lungo termine, formare le persone, sviluppare l'innovazione. Finora non si è fatto e perciò la ripresa Usa è così debole che la Fed non riesce ad alzare i tassi".

Ultima modifica il Mercoledì, 15 Giugno 2016 13:14
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