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Turchia, agente Gezi Park condannato a piantare 600 alberi

  • Giovedì, 11 Giugno 2015 08:42 ,
  • Pubblicato in REPUBBLICA
la Repubblica
11 06 2015

Il poliziotto che spruzzò spray al pepe sul volto della "donna in rosso" nelle proteste di Gezi Park a Istanbul nel 2013, è stato condannato a 20 mesi di prigione con pena sospesa e a piantare 600 alberi.

La foto della donna con un vestito rosso colpita mentre si trovava nel parco è diventata una delle immagini-simbolo della rivolta degli alberi a Gezi.

Il processo a carico del poliziotto, Fatih Zengin, si è concluso con la condanna per "violenze fisiche" e "cattiva condotta professionale".

Turchia: Il ritorno della politica

  • Mercoledì, 10 Giugno 2015 10:02 ,
  • Pubblicato in DINAMO PRESS

Dinamo Press
10 06 2015

“Al sana yeni Türkiye!“: “Prenditela la nuova Turchia!” questo era uno dei titoli dei giornali dell’8 giugno, il giorno dopo il voto. Un’invito che riprendeva ironicamente il mantra utilizzato da Erdoğan per questa campagna elettorale “Vota per una nuova Turchia”.

La frase capeggiava sulla prima pagina di Cumhuriyet, il quotidiano per il cui direttore il Presidente Erdoğan in persona aveva evocato l’ergastolo la settimana prima, avendo il giornale pubblicato delle foto che ancora una volta provavano l’aiuto materiale in armi che la Turchia da tempo fornisce alle milizie dell’Isis, con la copertura dei servizi segreti.

La nuova Turchia che è uscita dalle urne non è quella a cui puntava il Presidente: avendo perso la maggioranza assoluta mantenuta per 14 anni, cioè da quando l’AKP, il suo partito, è al potere, ha subito una battuta d’arresto l’ambizione di riformare il sistema parlamentare in chiave presidenziale, cambiamento che gli avrebbe permesso di ritornare sullo scenario politico con un ruolo di primo piano e di concentrare il potere nelle sue mani. Un progetto che era il tema principale di queste elezioni e che ha suscitato profonde discussioni e diffuso malcontento anche fra il suo stesso elettorato che di fatto non lo ha sostenuto fino in fondo.

Inoltre, a rompere le uova nel paniere all’ex premier aspirante capo assoluto, e a portare un significativo rinnovamento dentro uno scenario politico cristallizzato, ha sicuramente contribuito la sfida lanciata e vinta dall’HDP, il partito filo curdo.

Deputati curdi all’interno del parlamento turco non sono una novità: il sistema politico prevede la possibilità di essere eletti come indipendenti, e questo ha fatto si che già da due legislature fosse rappresentata anche questa forza; la grande novità di queste elezioni è stato decidere di correre come lista e superare l’alta soglia di sbarramento del 10%.

Il risultato era imprevedibile, la tensione nei giorni precedenti al voto è salita a causa di arresti, agguati e attentati (il più grave le due esplosioni a Diyarbakir) ai danni dell’HDP, che prefiguravano una strategia della tensione volta a mandare il paese nel caos, ma alla fine, nonostante il consueto bilancio di morti che si verifica in occasione di ogni elezione in Turchia, e anche grazie ai ripetuti richiami alla calma da parte di Selahttin Demirtas, il co-leader dell'HDP, l’atmosfera si è tranquillizzata; il voto si è svolto in maniera regolare e senza intoppi e si è anche caratterizzato per la straordinaria presenza di osservatori provenienti dalla società civile che si sono organizzati per controllare le operazioni di voto e di spoglio.

Lo scrutinio, come è prassi in questo paese, è avvenuto a tempi di record, e già a poche ore dalla chiusura dei seggi era chiaro che la politica turca era entrata in una fase nuova. Una parte del Paese ha mostrato insofferenza nei confronti di Erdoğan e della sua mania di grandezza, ha sanzionato il comportamento ambiguo mostrato durante l’assedio di Kobanı, ha reagito al rallentamento dell’economia ed ha tolto il suo voto all’AKP. Inoltre, nel contempo il laboratorio politico curdo, ha convinto e conquistato quell’elettorato più sensibile alle questioni democratiche, accogliendo istanze ecologiste, femministe, omosessuali, e superando la sua connotazione etnica curda per candidarsi a rappresentare tutte le minoranze.

Di fatto fra gli 80 deputati (su 550) eletti nelle fila dell’HDP, ci sono curdi, armeni, ezidi e suriani, atei ed omosessuali dichiarati, e moltissime donne: in relazione a quest’ultimo aspetto, è proprio grazie all’esempio messo in campo concretamente da diversi anni da quello che era il partito filo curdo BDP, evolutosi nell‘HDP, che anche gli altri partiti turchi sono stati spinti ad aumentare le loro rappresentati donne, e questo rende ora il parlamento turco quello a maggiore presenza femminile di tutta Europa.

A poche ore dalla chiusura dei seggi e quando i risultati non erano ancora definitivi, migliaia di persone si sono riversate nelle strade: ad Istanbul i quartieri a maggioranza curda erano un’esplosione di bandiere, caroselli, fuochi d’artificio, danze e canti. Ma non si è tratta di una vittoria solo dei curdi; questo risultato è anche il portato a lungo termine delle rivolte di Gezi park, il frutto maturo di una nuova richiesta di democrazia che aveva bisogno di sedimentare e diffondersi nella società per confluire in un dato politico.

Non si tratta di una rivoluzione, il partito di Erdoğan gode ancora di un ampio consenso, permangono problemi gravi e profonde lacune democratiche, ed un futuro incerto per questo parlamento, fra coalizioni improbabili ed ipotesi di elezioni anticipate, ma nel frattempo in Turchia si è tornati a fare politica.

Turchia-ElezioniMario Ansaldo, La Repubblica
9 giugno 2015

"Persone che normalmente non sarebbero state "amiche" lo sono così diventate dopo Gezi. Questo è un cambiamento sociologico importante. Si sono sentiti tutti soli, vulnerabili. Mentre durante gli eventi di Gezi il governo era duro, intollerante, e Erdogan usava un linguaggio divisivo. Metà della società si è così sentita estraniata. E questa metà - in cui ci sono curdi, liberali, kemalisti, alauiti, femministe, nazionalisti persino - si è autosostenuta alle elezioni. Questo è uno sviluppo nuovo". ...

Donne in ostaggio

  • Martedì, 02 Giugno 2015 08:15 ,
  • Pubblicato in La Denuncia

Rene Magritte-bustoAlessandro Rota, Il Corriere Della Sera
2 giugno 2015

I portavoce del movimento di Gezi Park - la rivolta di piazza del maggio 2013, sedata dalla polizia con un tragico bilancio di 8 morti - affermano che il governo di Erdogan si è gradualmente diretto verso arcaici tradizionalismi, con dichiarazioni pubbliche che insinuano la disuguaglianza di genere e dunque favoriscono le violenze contro le donne. [...] La polizia è spesso intimorita, se non accondiscendente. ...

La tentazione del sultano

La Turchia è in fibrillazione. Gli attacchi del Partito Fronte Rivoluzionario della Liberazione del Popolo (DhkpC) contro la magistratura e la polizia cercano di sfruttare l'indignazione. Indignazione, ancora assai viva, contro la repressione di Gezi Park e la mancata punizione dei poliziotti che si sono resi responsabili, nella circostanza, di condotte violente in ordine pubblico. Una mobilitazione, quella del giugno 2013, nata contro la cementificazione di uno dei polmoni verdi di Istanbul e che presto si era trasformata in aperto dissenso contro l'autoritarismo di Erdogan e l'islamizzazione dei costumi imposta dal suo governo.
Renzo Guolo, la Repubblica ...

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