La rissosa Europa faccia pace coi migranti

  • Martedì, 01 Marzo 2016 10:40 ,
  • Pubblicato in IL MANIFESTO
Macedonia MigrantiMarco Bascetta, Il Manifesto
1 marzo 2016

Ormai non lo si può più nascondere. Le guerre che ci incalzano più da vicino sono almeno due. La prima è quella che dal Medio oriente si estende fino alle coste libiche.

Atene lasciata sola, profughi in fuga

  • Sabato, 27 Febbraio 2016 10:03 ,
  • Pubblicato in IL MANIFESTO
Migranti EuropaTeodoro Andreadis Synghellakis, Il Manifesto
27 febbraio 2016

Grecia. Oltre 20 mila persone restano bloccate nel territorio ellenico mentre proseguono gli sbarchi. In molti si mettono in marcia verso il confine della Macedonia che però resta chiuso.

Vite sospese tra container di Atene

  • Venerdì, 12 Febbraio 2016 08:37 ,
  • Pubblicato in IL MANIFESTO
Migranti in GreciaCarlo Lania, Il Manifesto
12 febbraio 2016

Rasoi ha soli 35 anni, ma più della metà della sua vita l’ha passata scappando.
Cominciò 18 anni fa quando, poco più che diciassettenne, scappò da Malistan, il villaggio afghano nel quale è nato, per paura dei talebani.
GrexitTeodoro Andreadis Synghellakis, Il Manifesto
5 febbraio 2016

La Grecia ha incrociato le braccia, ieri, contro la riforma del sistema previdenziale. Circa trentamila persone hanno manifestato nel centro di Atene, partecipando alla mobilitazione organizzata dai due maggiori sindacati del pubblico impiego e del settore privato, Gsee e Adedy, con l’appoggio del sindacato dei commercianti, degli artigiani, dei medici e dei farmacisti.

Nel frattempo, continua anche la mobilitazione degli agricoltori, sempre contro l’aumento dei contributi previdenziali e la riforma della tassazione: hanno annunciato che bloccheranno per 24 ore, fino a domani mattina, gli aeroporti, le dogane, i porti e le autostrade di tutto il paese. Le tasse dovrebbero aumentare in modo più evidente dal 2019, arrivando anche al 46% del loro reddito imponibile.

Il governo di Alexis Tsipras cerca di non rompere con i creditori e di garantire, contemporaneamente, la maggior tenuta possibile della coesione sociale. La proposta dell’esecutivo ellenico, per quel che riguarda la riforma previdenziale, nella sua versione più aggiornata prevede, secondo quanto filtrato sulla stampa, l’aumento della contribuzione e una nuova base di calcolo dell’importo pensionistico.

L’aumento dei contributi, in totale, è dell’1% per i datori di lavoro e dello 0,5% per i lavoratori, mentre la tassa sulle operazioni bancarie potrebbe toccare lo 0,1% del totale.

Per quel che riguarda il nuovo metodo di calcolo dell’ammontare pensionistico, il governo si impegna – attraverso un sistema di compensazioni – a non tagliare, in realtà, l’ammontare delle pensioni più basse già erogate, ma è chiaro che per importi oltre i mille euro, la diminuzione dell’assegno dei nuovi pensionati sarà evidente.

Tsipras si batte per ridurre questi tagli al minimo possibile, mentre il Fondo Monetario Internazionale arriva a chiedere che le riduzioni delle pensioni raggiungano il 15% della somma percepita. In un paese che negli anni della crisi, dal 2010 in poi, ha subito ben cinque decurtazioni di stipendi e pensioni, è facile comprendere come le pretese dei creditori creino fortissime reazioni avverse.

E proprio questi creditori, nel frattempo, sono ad Atene, per discutere delle riforme in atto. L’incontro con il ministro delle finanze, Efklidis Tsakalotos, e quello dell’economia, Jorgos Stathakis, è durato ben nove ore e la rappresentante dell’Fmi, secondo quanto è filtrato, ha chiesto, come sempre, maggiori tagli alle spese di bilancio e alle pensioni.

Più in dettaglio, a non essere accettata, prima di tutto, è l’intenzione del governo di Syriza di concedere una pensione di 384 euro a tutti i cittadini che, all’età di 67 anni, abbiano almeno quindici anni di contributi. Parliamo – è palese – di cifre minime, che non riuscirebbero, molto probabilmente, neanche a garantire le esigenze basilari di un cittadino. Eppure, anche la mera sopravvivenza provoca ancora la reazione dei più ultraliberisti tra i creditori.

I colloqui tra il governo e il quartetto delle istituzioni creditrici (Fondo Monetario, Banca centrale europea, Meccanismo europeo di stabilità e Commissione europea), dovrebbero concludersi a fine mese, sempre che si riesca ad arrivare ad una soluzione che tenga conto della situazione sociale ed economica del paese.

Il premier Alexis Tsipras, nei suoi interventi, insiste sul fatto che «con questo governo non ci sono stati licenziamenti di pubblici dipendenti, non sono stati toccati stipendi e pensioni, sono stati compiuti tutti gli sforzi possibili per proteggere la prima casa di proprietà delle famiglie indebitate. Tutte cose che la destra non avrebbe fatto».

Ma è indubbio che per riuscire a contrastare, in parte, le richieste dei rappresentanti delle istituzioni europee ed internazionali, il governo di Atene ha bisogno di alleanze sempre più forti: e in questa chiave si guarda con interesse a Roma – con tutti i possibili sviluppi dello scontro con Bruxelles sull’austerità – e alla realtà politica spagnola, sperando che si arrivi, quanto prima, a un governo di collaborazione tra Podemos, la sinistra e i socialisti.

Atene: "Respingere vuol dire fare affondare i barconi"

  • Venerdì, 29 Gennaio 2016 12:25 ,
  • Pubblicato in IL MANIFESTO
Migranti in GreciaDimitri Deliolanes, Il Manifesto
29 gennaio 2016

Mentre si scrivono queste righe a Lesbos si stanno raccogliendo dal mare i corpi di 30 adulti e 10 bambini annegati mentre cercavano di raggiungere l’isola. Solo a gennaio le vittime sono state più di 500. Una strage silenziosa, che incide poco nel dibattito europeo.

La drammatica cifra l’ha rivelata il vice ministro dell’Immigrazione Yannis Mouzalas, respingendo le accuse di quei governi europei che premono su Atene per una politica più drastica di «respingimento» dei profughi: «Respingimento in mezzo al mare vuol dire la morte di chi sta sui barconi. Le autorità greche non respingeranno mai nessun barcone né lasceranno mai nessuno in mezzo al mare. Continueranno a fare il loro dovere umanitario e raccoglieranno i naufraghi per dare loro assistenza». Come prova del carattere strumentale degli attacchi lanciati contro la Grecia, il ministro ha citato un comunicato di Frontex che lodava il paese per «essere arrivato ai limiti delle sue possibilità pur di salvare le vite e dare accoglienza dignitosa a centinaia di migliaia di migranti».

Il ministro greco ha voluto però ridimensionare il peso del rapporto emesso ieri dal Collegio dei Commissari sulle misure prese dal suo paese riguardo i controlli sui profughi sbarcati sulle isole greche. Il rapporto cosidera «carenti» i controlli effettuati dalle autorità del paese. I processi di registrazione e di raccolta delle impronte digitali presentano «lacune», così come non c’è sufficiente verifica della validità dei documenti di viaggio, poiché gli hot spot già allestiti dalle autorità greche non sono collegati con l’archivio centrale di Schengen. La Grecia ha tre mesi per conformarsi con gli standard richiesti, altrimenti sarà sospesa dall’area Schengen per un massimo di due anni.

Mouzalas ha chiarito che il rapporto si basa su elementi raccolti durante una visita a sorpresa a Chios e Samos nel novembre scorso. Ma già una seconda visita fatta a dicembre aveva mostrato «vistosi miglioramenti»: «Entro febbraio saranno pronti tutti gli hot spot, sia nelle isole che nelle grandi città». Si pensa si collocarne uno anche Idomeni, ai confine con la Macedonia ex jugoslava. Solo i richiedenti asilo possono passare ma la Repubblica di Skopje apre e chiude i passaggi a fisarmonica, lasciando migliaia di persone accalcarsi sul posto di frontiera.

Secondo il ministro, oltre a quelli in costruzione sulle isole, saranno costruiti altri due grandi campi di raccolta ad Atene e a Salonicco, usando vecchie strutture militari in disuso. La Grecia sarà in grado di ospitare non più di 150 mila persone, ha aggiunto, per un limitato periodo di tempo. Il resto dovrebbe essere ricollocato in atri paesi membri, secondo il piano della Commissione.

Anche Tsipras, impegnato mercoledì in una visita a Israele e ieri in una trilaterale a Cipro (con Netanyahu e il Presidente cipriota Anastasiades), ha respinto gli attacchi: «Mi si chiede quanto reggerà la Grecia ma io mi domando quanto reggerà l’Europa», ha dichiarato: «Siamo in mezzo a una profonda crisi economica, affrontiamo al meglio la più grande ondata migratoria degli ultimi decenni, un problema che supera le nostre possibilità, eppure i nostri sforzi sono ritenuti insufficienti. Noi diciamo che siamo orgogliosi della nostra azione che fa emergere il volto umano dell’Europa».

Intanto — a Bruxelles — continua il gioco del cerino acceso con una pioggia di proposte tra il ricattatorio e il paradossale. Il vice presidente della Commissione Valdis Dombrowskis ha commentato la proposta slovena di spostare le frontiere esterne dell’Ue alla Repubblica ex jugoslava di Macedonia, riportando sulla scena il progetto di una Guardia di Frontiera comunitaria, visto che Skopje non è ancora paese membro.

Ha anche respinto l’idea, riportata da Financial Times, di concordare con la Grecia il condono di una parte del suo debito in cambio dell’ospitalità a centinaia di migliaia di rifugiati. Nel frattempo la Svezia ha annunciato il respingimento di 80 mila profughi, la Finlandia di 20 mila, mentre la presidenza olandese ha ipotizzato un piano europeo per la ricollocazione in Tuchia di un sostanzioso numero di richiedenti asilo già in territorio europeo.

La risposta di Atene è stata positiva a condizione che le navi siano noleggiate dalla stessa Ue, che stazionino nel porti turchi e che controllino con le autorità locali la repressione dei trafficanti. Mouzalas ha poi rilanciato la proposta di far espletare in Turchia la procedura degli hot spot in modo che, coloro che hanno diritto all’asilo, seguano un corridoio umanitario verso il paese europeo di collocazione. Una maniera per stroncare il traffico di migranti ed evitare le vittime.

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