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23 03 2015
di Maria G. Di Rienzo*
Giovedì 12 marzo, ore 22 circa, Zivignago (Trento): è ora di immolare la vittima bi-settimanale sull’altare della violenza di genere – e stiamo larghi, perché in Italia una donna muore uccisa da un uomo ogni 2/3 giorni – così la 36enne Carmela Morlino è massacrata a coltellate, davanti alla propria casa, dall’ex compagno Marco Quarta, che poi si dà alla fuga. Orfani di madre e con padre assassino restano due bimbi di 3 e 6 anni.
I quotidiani riportano la notizia il giorno successivo con occhielli a tutte maiuscole che strillano “LA PISTA DELLA GELOSIA”, “MOVENTE PASSIONALE” e “LA RELAZIONE ERA FINITA DA TEMPO”. All’interno degli articoli danzano le consuete frasette: alla base del delitto ci sarebbe la gelosia… una relazione ormai terminata, una coppia come tante, un uomo un po’ brusco… la donna si sarebbe confidata con degli amici dicendo di sentirsi perseguitata… un diverbio, una scenata di gelosia… il coltello che spunta, i colpi fatali.
La storiella in vendita, insomma, è sempre la stessa. Lei lo lascia e lui soffre e tenta di ricucire la relazione, ma lei è una stronza che si sente “perseguitata” dalle attenzioni di lui, e all’ennesimo rifiuto lui perde la testa, il coltello “spunta” per caso dalle sue tasche, il raptus gli imballa il cervello e lui finisce per scannare la donna che tanto ama… con una serie di coltellate “fatali”, inferte non da lui, capite, ma dal destino cinico e baro.
NOTATE BENE: in almeno un paio dei pezzi che reiterano questa solfa si attesta che per andare ad assassinare l’ex compagna, Marco Quarta ha “abbandonato l’abitazione dove si trovava agli arresti domiciliari”, ma a nessun sedicente giornalista si accende una lampadina in testa. Perché era agli arresti? Nessuno se lo chiede. Gli articoli successivi, scritti mentre l’assassino è ancora irreperibile, pur continuando a menarla con la tragedia e la lite degenerata non possono fare a meno di aggiungere che Quarta, presentandosi a casa della donna, ha violato “il divieto di avvicinamento emanato dal tribunale di Trento” e che era ai domiciliari perché “denunciato per maltrattamenti contro la donna e imputato per maltrattamenti in famiglia e verso fanciulli e violenza privata” il suddetto divieto lo aveva già violato. Cioè: Carmela Morlino non si “sentiva” perseguitata perché meteoropatica o maligna, era perseguitata sul serio.
Inoltre, il “grosso coltello dal manico nero” (un coltello da pesca che ha prodotto almeno sette ferite mortali) non è piovuto dal cielo: il signore se l’è portato dietro da casa, anche se – volendo continuare ad essere infami e rifiutandoci ostinatamente di sprecare energia accendendo lampadine – possiamo presumere che volesse solo usarlo per pulirsi le unghie mentre parlava serenamente con la sua ex.
Passano ancora un paio di giornate e la dinamica dell’accaduto è chiara. Le testimonianze dei vicini sono le stesse dal 13 marzo, ma non dicevano niente di corroborante per il dramma familiare e l’improvviso scoppio di follia, per cui non se l’era filate nessuno: Carmela Morlino stava rientrando a casa con i due figli quando si è trovata davanti l’ex compagno sul pianerottolo dell’abitazione. Lui strepita, lei si spaventa, le urla richiamano una vicina che per sicurezza porta con sé i bambini. Un’altra vicina chiede al marito di intervenire perché la situazione non accenna a placarsi ma quando costui arriva sul pianerottolo Carmela è distesa in un lago di sangue. “E l’ex compagno è lì, fermo, con il coltello in mano. Pochi attimi e l’omicida si dilegua.”
19 marzo 2015: Marco Quarta viene arrestato dai carabinieri, a Rovigo, mentre esce dal centro commerciale dove è andato a far la spesa e sta per risalire sulla sua automobile. Evidentemente il raptus non si era ancora attenuato al punto da permettere all’uomo di rammaricarsi e costituirsi – e bisogna pur mangiare, mannaggia. I posti di blocco e tutte le altre misure per rintracciarlo non avevano dato esito positivo, ma una donna ha riconosciuto Quarta grazie alle immagini segnaletiche e ha chiamato il 112. I giornalisti tirano un sospiro di sollievo e nei loro pezzi sembra aleggiare l’adagio “tutto è bene quel che finisce bene”… anche perché, pensate un po’, “la Morlino” (Carmela Morlino, la vittima, la donna assassinata brutalmente) “sarà ricordata questa sera con una fiaccolata nel paese teatro della tragedia“. E visto che è una tragedia, un malefico colpo del fato, non ci sono veri colpevoli, meno che mai il pover’uomo abbandonato che sì, vabbè, era incline ad alzare le mani ma chissà come si comportava lei… e poi si sa che il 99% delle denunce fatte dalle donne sono false, come il 99% degli stupri e il 99% dei femicidi/femminicidi. Infatti, ho aspettato che Carmela Morlino si rialzasse, al termine della recita, però non è accaduto. Vuoi vedere che è cascata in quel misero 1% che schiatta sul serio? Che sfortuna, povera Carmela!
Ma un momento:
3 gennaio 2015, Napoli, Paolina Gargiulo, 69 anni: strangolata con un filo elettrico.
15 gennaio 2015, Benevento, Aurora Marino, 51 anni: uccisa con 30 coltellate.
18 gennaio 2015, Giugliano, Annamaria Riccardo (cognome da sposata, il suo non è riportato da nessuna parte), 49 anni: uccisa da colpo di pistola al torace.
28 gennaio 2015, Pavia, Laura Carla Lodola, 55 anni: sequestrata in casa e morta di fame.
1° febbraio 2015, Campigliano, Giustina Copertino, 29 anni: uccisa da vari colpi di pistola.
10 febbraio 2015, Moncalieri, Magda Valcelian, 27 anni: uccisa a bastonate.
15 febbraio 2015, Gioia del Colle, Antona Cirasola, 55 anni: uccisa a colpi di piccone.
4 marzo 2015, Firenze, Marinella Bertozzi, 50 anni: uccisa da calci, pugni, colpi sferrati con un bastone metallico.
16 marzo, Brescia, Angela Mura, 54 anni: cranio sfondato da corpo contundente…
… NESSUNA di queste donne, TUTTE assassinate da mariti, compagni, fidanzati, conviventi (o ex tutto questo), si è ancora rialzata spolverandosi il vestito per dire: “Sì, facevo finta, sapete come siamo perfide noi donne.” E pensate: non si tratta nemmeno di TUTTE le donne uccise in meno di tre mesi nel 2015, in Italia, da uomini con cui avevano / avevano avuto relazioni, ma solo di una manciata di esse pescata a caso dai miei files. Dramma. Raptus. La pista della gelosia (ma quale “pista”, benedetta creatura che hai scritto ‘sta boiata, quando l’assassino è già noto e identificato: quella di coca?). Movente passionale. Tragedia. Ovvero, gli ingredienti del brodo di coltura fornito alla violenza maschile dalla maggioranza dei media italiani.
* Giornalista, formatrice e regista teatrale femminista, cura il blog lunanovola, dove è apparso questo articolo (la cui pubblicazione su Comune è autorizzata dall’autrice).
Il Fatto Quotidiano
15 12 2014
di Riccardo Noury
Portavoce di Amnesty International Italia
Secondo un rapporto del gruppo antimolestie Harassmap, diffuso dalla stampa egiziana la settimana scorsa, il 95,3 per cento delle donne del Cairo ha subito molestie sessuali, molto spesso in pieno giorno, mentre camminavano o erano a bordo dei mezzi di trasporto pubblico della capitale.
Questo risultato emerge da un questionario distribuito a 300 donne e 150 uomini residenti nel territorio metropolitano della Grande Cairo. Il 77,3 per cento degli uomini ha ammesso di aver fatto molestie sessuali.
Fa riflettere la diversa definizione, emersa dai focus group organizzati da Harassmap, che le donne e gli uomini danno delle molestie sessuali: per le prime, comprendono anche i gesti osceni, le espressioni verbali scurrili, i pedinamenti e gli inseguimenti; per i secondi, si limitano all’aggressione fisica, altrimenti è semplicemente un “provarci”.
L’81,8 per cento delle donne si è sentito ferito o disgustato dall’esperienza della molestie sessuali: azioni non contrastate nel momento in cui accadevano (solo il 17,7 per cento degli intervistati ha detto di essere intervenuto per difendere le donne) né perseguite sul piano penale (per il timore di essere stigmatizzate sul piano sociale e familiare, poche donne hanno denunciato i molestatori).
I risultati della ricerca di Harassmap riflettono quelli di un altro studio, pubblicato quest’anno dal Centro di ricerche sociali dell’Università americana del Cairo e dal gruppo delle Nazioni Unite per l’uguaglianza di genere e l’empowerment delle donne, sull’incidenza delle molestie sessuali nei quartieri di Ezbet al-Haggana, Mansheyet Nasser e Imbaba.
L’80 per cento delle donne intervistate ha riferito di aver subito molestie sessuali.
Le risposte sulle cause delle molestie sessuali sono sconfortanti (ma non particolarmente nuove anche dalle nostre parti): per l’85 per cento degli intervistati, le molestie sessuali sono incoraggiate dalle donne, dal modo in cui vestono o per come “camminano”. Non poche sono le donne che si colpevolizzano per le molestie, mentre altre risposte le attribuiscono alla disoccupazione, all’assenza di sicurezza, alla droga, ai mezzi d’informazione e alla mancanza di educazione religiosa.
Dopo lo scandalo degli stupri di gruppo e della violenza sessuale di massa in piazza Tahrir e nei suoi dintorni durante le periodiche manifestazioni e i raduni per gli anniversari della rivoluzione del 25 gennaio 2011, le autorità egiziane non riescono ancora a eliminare questa piaga. La nuova legge è vista con scetticismo, le condanne sono ancora poche. Le donne del Cairo continuano ad aver paura.