La “nonna”, così la chiama, non ha bisogno solo di assistenza fisica. Sono due mesi e una settimana che Ivanka si sveglia in casa sua, si accerta che stia bene, e le ricorda di prendere i farmaci, che non può saltare. Fanno colazione, rassetta e poi si mette a studiare. Vuole imparare l’italiano, e la nonna l’aiuta. A fine giornata segna su un’agenda le parole nuove, poi dà un’occhiata alla carta geografica all’interno. E nel suo sguardo, dentro una cascata di capelli biondi, scorrono le dimore della sua vita. Sono tutte segnate lì, dentro cerchi neri. Da un lato, ma non lontana, l’Ucraina, dall’altro l’Italia. O meglio il suo fondo. “Vedi io qua, casa”, indica col dito, “e ora io qua”, indica la Puglia. Per lavoro. Ivanka è arrivata in Italia sette mesi fa, con un visto turistico ora scaduto. Una traversata come tante, per 800 euro, su un pullmino. Sei persone a bordo, più il conducente. Tutti ucraini. “Tutti lavorare, come io”, ma non sa dove. “Io venuta perché amica detto c’è lavoro per me.” Unica fermata Napoli, poi in treno fino a destinazione. Ma non è stata Ivanka a pagare il viaggio: “Mama e fratello, loro”. La madre, Nadia, ha 45 anni. In Ucraina per tirare avanti faceva tre lavori: “Maestra, poi quando finisce pulizia, poi altra pulizia”, per 200 euro al mese. Sorride Ivanka. “Ora anche mama in Italia, città qui vicino. Fa come io, badante.” Anche lei è entrata con visto turistico. Mentre Paolo, il fratello, 23 anni, è rimasto al paese. Fa il commesso in un negozio di elettrodomestici, per 150 euro al mese.
Dal “lavoro” con la nonna Ivanka cava 600 euro al mese, in nero: 500 li manda al fratello, e cento li tiene per sé. “Buono lavoro con nonna, compagnia nonna. Io bene.” Ma siamo in Italia. E in Italia il reato di clandestinità istituito dal pacchetto sicurezza punisce severamente chi lo commette e chi lo favorisce. Questo Ivanka lo sa, e non vuol far correre rischi alla nonna, che tira avanti con una pensione di 900 euro (ha la reversibilità di quella del marito, messaggero postale). Tolti i 600 per Ivanka, ne rimangono 300 per vivere in due. In più la regolarizzazione costa: 500 euro di sanatoria, più i contributi all’Inps, una volta che il contratto diventa regolare, la tredicesima, le ferie... Così Ivanka è rimasta irregolare. “Dopo finito lavoro con nonna, non so dove andare. È così, sempre così.” Anche se l’amica che ora l’ospiterà la rassicura: “Dice che c’è altro lavoro: pulizie in villa. Che loro no paura di persone come me, senza documenti”. E certo Ivanka non è l’unica clandestina nella provincia di Taranto: “Qua tanti. C’è amica venuta un anno lavorare come io, badante. Dopo a ore, e adesso 4 anni lei sta Italia, senza documenti. Ora venuto bambino, e pure lui non c’è documenti.” Prima di occuparsi della nonna, Ivanka ha accudito una coppia di anziani, per 700 euro al mese. Nel tarantino, sempre in nero. “Stavo casa a lavorare, faccio solo pulizie. Signora prepara mangiare, poi mezzogiorno riposo. Sempre così. Poi un’ora domenica uscire.” Dopo tre settimane però quel lavoro è saltato: “Io andare via, perché nonno non buono come testa”.
Per Ivanka la legge italiana sull’immigrazione è ingiusta, ma non la teme. “Se vede polizia noi tutti nascondere. Tanti così.” E se la polizia dovesse fermarla: “Io dire venuta a Italia per portare soldi a Ucraina. Se loro mandare via, dopo dieci anni io tornare, io ancora giovane. Per me non c’è problema. Per mama sì, perché mama è grande.” Ivanka sa delle espulsioni, sa dei Cie. Ma non teme di finirci. “Lo sai? Io no paura, non lo so perché, ma io no paura di niente.” C’è una ragazza che conosce che invece ci è finita, ma in Belgio. Sorride ancora Ivanka. “Bella Italia”, dice, “ma pure mio paese è bello”. Ci sono giorni che le manca. “C’è giorni sì, c’è giorni no, perché io voglio lavorare. Due anni lavorare, dopo basta Italia.” Vuole tornare in Ucraina. Vuole fare l’università. Vuole costruirsi una vita lì.
Quando si alza per rispondere al cellulare, la nonna è ancora lì, sul divano. Dice che con Ivanka si trova bene. Cioè, “io le voglio bene e lei mi vuole bene” . Il tempo lo passano insieme. Chiacchierano, cuciono, si occupano del giardino. E poi guardano la tv, che le riporta per un po’ fuori da quel “loro” mondo. Alle 18 l’appuntamento è fisso con le avventure di Rex. “Oggi ha cucinato lei”, dice la nonna. “Pensavo facesse un piatto dell’Ucraina e invece ha preparato il pollo con le patate.” Ride di gusto, perché la ricetta gliel’ha insegnata lei. “Peccato se me la tolgono, se ci dividono.” Le domando chi. “Il governo”, dice, “non le dà il permesso di restare”. E spiega: “Al governo non piacciono i forestieri. Lui è ricco e noi dobbiamo sottostare, perché io soldi per la regolarizzazione non ce li ho”. Prima era diverso, dice. “Erano i figli a occuparsi dei genitori, ma adesso non ce la fanno, perché hanno problemi anche loro. Quindi c’è bisogno di un’altra persona.”
Vojsava Aushaj, responsabile ufficio immigrazione Cgil Taranto, dice che finora i contatti per accedere alla regolarizzazione di badanti e colf sono stati 200 in tutta la provincia. Ma le domande inviate sono state solo 60. Come mai così poche? “Tanti sono stati limitati perché, pur volendo assumere, non riuscivano ad avere un reddito di 20mila euro annui. Altri, facendo i calcoli contributivi specie sugli arretrati, ritenevano di dover pagare troppe tasse.” Le domande di regolarizzazione, quando ci sono state, hanno interessato persone provenienti dalla Russia, dall’Ucraina e dalla Georgia. Molti lavoratori non comunitari si sono presentati anche da soli allo sportello. Erano ansiosi di risolvere la situazione, che però non si è risolta.
Sono passati tre mesi da quando ho incontrato Ivanka e la nonna. Ora Ivanka non lavora più lì. La nonna non aveva i soldi per regolarizzarla, i figli avevano paura ad avere una “clandestina” in giro per casa, e così se ne è andata. Ora lavora in nero come donna delle pulizie in una villa vicino al mare. Lei e la nonna si sono sentite per telefono solo una volta, poi non più. Le loro strade si sono separate.