Educazione o psichiatria?


Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
, A-Rivista Anarchica

5 maggio 2019

Sempre più genitori e insegnanti si appoggiano alla neuropsichiatria per risolvere questioni educative. Un campanello d’allarme che segnala un problema nelle relazioni tra adulti e bambini.

Oggi a scuola sono sempre di più i bambini che hanno diagnosi psichiatriche, in particolare disturbo dell’adattamento, dell’attenzione, con iperattività, depressione, disturbo bipolare. Sono sempre esistiti bambini timidi, burloni, pagliacci, bulli, aggressivi, timidi e i cocchi della maestra; erano tutti considerati normali, senza che nessuno sapesse veramente cosa aspettarsi da loro.

L’attuale tendenza dell’insegnamento e della pedagogia è quella di farsi  coadiuvare dalla neuropsichiatria ogni qualvolta un bambino disturba o contrasta con i programmi formativi. Il “disagio” comportamentale invece di essere valutato come un campanello d’allarme nella relazione adulto-bambino, viene incasellato come un problema mentale del bambino; dispensando così l’educatore o l’insegnante dal modificare l’approccio educativo, e delegando il problema ad un neuropsichiatra.

L’introduzione di nuove patologie infantili nel Manuale  Diagnostico e Statistico (DSM), allarga i confini diagnostici tra ciò che è normale e ciò che non lo è, favorendo l’entrata in psichiatria di un numero sempre più alto di bambini, a cui verranno prescritti psicofarmaci per periodi più o meno lunghi della loro vita.

Quello che finora ci ha proposto la psichiatria è la centralità degli “squilibri  chimici” nel funzionamento del cervello e ha cambiato il nostro schema di comprensione della mente mettendo in discussione il concetto di libero arbitrio.  Ma noi siamo davvero i nostri neurotrasmettitori?

La diagnosi di ADHD (deficit dell’attenzione e iperattività) raggruppa un insieme di comportamenti  considerati inadeguati e anormali del bambino, che possono essere causati da innumerevoli fattori, come: l’ansia per la scuola o per le verifiche, impreparazione scolastica, una classe noiosa, insegnamento inadeguato, problemi  e conflitti a casa e a scuola, cattiva  alimentazione e  insonnia,  o  semplicemente far parte dell’infanzia. La diagnosi di ADHD non mette in relazione lo stato mentale, l’umore e i sentimenti del bambino e non dà luogo a una valutazione completa dei suoi bisogni reali per migliorare l’educazione e la genitorialità. 

I bambini sono definiti  affetti da un “disturbo” che li rende meno  capaci di assumersi le proprie responsabilità e di gestire la propria vita.Vengono loro prescritti farmaci stimolanti, come il Ritanil, che inibiscono il comportamento spontaneo e, se presi per lungo tempo, possono causare gravi danni cerebrali, dipendenza, astinenza e comporta-menti aggressivi.

Gli psicofarmaci, oltre ad agire solo sui sintomi e non sulle cause della sofferenza della persona, alterano il metabolismo e le percezioni, rallentano i percorsi cognitivi e ideativi, contrastando la possibilità di fare scelte autonome,  generando  fenomeni di dipendenza e assuefazione, del tutto pari – se non superiori – a quelli delle sostanze illegali classificate come droghe pesanti. Presi per lungo tempo possono portare a danni neurologici gravi che faranno del bambino un disabile.

Questi bambini miglioreranno se il farmaco viene sospeso e sostituito con la cura, la pazienza e l’impegno consapevole degli adulti che fanno parte della loro vita a casa così come a scuola. Nonostante decenni di ricerca non c’è alcuna evidenza che gli stimolanti abbiano un effetto positivo sul comportamento, non ci sono prove che migliorino le prestazioni scolastiche e il funzionamento psicologico e sociale; ma, anche nel caso in cui producessero risultati positivi dal punto di vista del comportamento a scuola, sarebbero d’aiuto per il bambino? A scuola, oggi, si mira sempre di più ad un addestramento alla produttività, all’efficienza e alla centralità del risultato.

Insegnare, invece, è dare priorità alla relazione e saper sperimentare approcci didattici e pedagogici a seconda della persona con la quale ci si relaziona. Molti insegnanti  sono stati convinti bambine e bambini dall’autorità dello psichiatra che il “bambino ADHD” abbia bisogno di farmaci stimolanti e hanno rinunciato alla ricerca di soluzioni in classe per risolvere i problemi. Questi insegnanti hanno bisogno di essere incoraggiati a trovare nuovi approcci nell’educazione dei bambini con  la  diagnosi di ADHD.

Esistono approcci relazionali e educativi per aiutare questi bambini piuttosto che sopprimere la loro spontaneità, evitando di trattare il loro cervello in crescita con sostanze altamente tossiche come gli stimolanti.Invitiamo genitori, insegnanti educatori e tutti coloro che hanno a che fare con i bambini a non cedere al riduzionismo psichiatrico, a non psichiatrizzare ogni comportamento disturbante e/o sofferente, affinché la fantasia, il senso critico e la libertà di scelta continuino a caratterizzare l’infanzia.

È compito degli adulti difendere le nuove generazioni e tornare a riflettere  sull’importanza  dell’ambito sociale,  comunitario e relazionale.

Ultima modifica il Domenica, 05 Maggio 2019 09:14
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