Dinamo Press10 12 2012Riflessioni sparse a partire dalla proiezione del film “Elles”
Prossimità tra lavoro sessuale e lavoro ai tempi della crisi: che rapporto c'è tra conoscenza, capacità di espressione, capacità relazionale e linguistica e l'asimmetria contrattuale delle donne nel mercato del lavoro? Provocatoriamente, quindi, la prostituzione può essere una "scelta"? Per discutere di tutto questo il 6 Dicembre, presso Esc Atelier autogestito, il collettivo Infosex, in collaborazione con Assemblea di Medicina, Astra 19 s.p.a, Lucha y Siesta, Anomalia Sapienza e c.s.o.a. La Strada, ha dato visione del film di M. Suzumowska "Elles", film che narra il fenomeno della prostituzione studentesca in Francia. A seguire, quindi, un ampio e acceso dibattito con Olivia Guaraldo (Iaph), Monica Pasquino (S.CO.S.S.E. /Quinto Stato), Astra 19, Anomalia Sapienza e tante altre.
I dati della Francia parlano abbastanza chiaro: sono oltre 40000 le ragazze che si prostituiscono per pagarsi gli studi universitari e per conquistarsi un livello di vita degno. A fronte di ciò sarebbe di certo importante, se non urgente, inchiestare e censire la diffusione del medesimo fenomeno anche in Italia, là dove nella nostra provincia ha trovato risalto pubblico e mediatico la sola vicenda delle escort, nel momento in cui coinvolgeva uomini politici, uomini di potere. In tal senso questo fenomeno non è stato quasi mai affrontato nella sua complessità, piuttosto è stato strumentalizzato per i soli fini scandalistico-politici, con accenti peraltro tutti moralistici e superficiali, quando non esplicitamente sessisti.
L'idea di tale iniziativa nasce anche dalla puntualità con cui questo film riesce a raccontare e problematizzare la diffusione della prostituzione studentesca francese a partire da specifiche e determinate condizioni economiche, sociali, in una parola, storiche. In questo senso è stato fondamentale inquadrare la discussione all'interno della cornice più ampia della crisi economica, della precarietà e del ruolo delle donne, perciò, nel mondo lavorativo e contrattuale.
E' evidente che in questo contesto, a partire da ciò che il film narra, quando diciamo prostituzione, non stiamo affrontando anche l'altra enorme questione che riguarda il darsi di tale fenomeno come conseguenza di costrizione, violenza, sfruttamento, esito quindi della tratta dei corpi delle donne; piuttosto proviamo a confrontarci con la prostituzione come punto di approdo di una possibile "scelta". Certo, c'è da chiedersi, e il film stesso è in tal senso eloquente, quanto sia effettivamente libera una scelta comunque determinata, potremmo dire, perciò, a tratti costretta, da condizioni economiche e materiali di povertà. Di fronte all'assenza delle istituzioni, alla mancanza di welfare e garanzie minime, la prostituzione appare per le ragazze del film quasi come l'unica possibilità, l'unico strumento, almeno rispetto ai mille lavoretti in nero degradanti e sottopagati, per migliorare e rendere dignitose le proprie condizioni di vita, per riappropriarsi dei propri tempi, dei propri desideri, di pezzi di ricchezza altrimenti non accessibili, perché non egualmente redistribuiti.
Una delle due studentesse protagoniste del film, Charlotte, in arte Lola, mentre narra alla giornalista (Giulette Binoche) la sua prima esperienza di prostituzione, afferma, con espressione ancora sconvolta, come "quell'odore orribile" stentasse ad andare via dal suo ricordo. Il pensiero immediato dello spettatore, così come della giornalista, non può che andare all'odore forte e acre del seme e del sudore maschili; invece, in maniera del tutto inaspettata, la ragazza risponde: "Ma che ha capito...intendevo la puzza di muffa delle case popolari!". Questa frase, insieme alla reazione assolutamente sbigottita della giornalista, esemplifica come all'interno del film si consumi tra le due donne non tanto uno scontro generazionale, quanto un vero e proprio scontro di classe. "Io e lei potremmo anche leggere gli stessi libri e studiare gli stessi autori, ma non avremo mai le stesse possibilità", afferma seccamente sempre Charlotte rivolgendosi alla giornalista, donna borghese, professionalmente affermata, moglie e madre, che vive in un bellissimo appartamento nel cuore di Parigi.
Emerge così dal film un filo rosso che lega intimamente la scelta di queste ragazze alla mancanza, alla dismissione del welfare, diretto e indiretto, soprattutto per le classi sociali più deboli. E' una "scelta" che vuole essere, in qualche modo, anche un gesto di rottura rispetto alla solitudine e alla povertà, economiche e sociali, che il fatiscente ambito istituzionale vorrebbe imporre loro. Un gesto di rottura, però, tutto individuale e, per questo, a tratti drammatico, in quanto fa emergere nella vita delle due ragazze una nuova forma di solitudine: quando la giornalista chiede a Charlotte quale sia il lato più difficile del suo mestiere, lei risponde: "Mentire, senz'altro mentire"; e alla seconda domanda : "Con chi hai parlato di quello che fai?", la risposta è secca: "Con nessuno. E che gli potrei dire? No, con nessuno".
Il film, quindi, lascia trasparire come la "scelta" delle ragazze si collochi, in qualche modo, nella sfera dell'autodeterminazione e, perciò, del diritto di poter decidere anche di vendere il proprio corpo. E' altrettanto palese, però, che questa narrazione è piuttosto distante dall'esperienza consapevole dei movimenti delle e dei sex workers, proprio perché è la narrazione di una decisione assolutamente individuale e impolitica, che non mira ancora, attraverso l'organizzazione collettiva per la rivendicazione di diritti e garanzie, alla trasformazione dello stato di cose presente.
Altra questione centrale nel film, emersa quindi anche all'interno del dibattito, è quella del desiderio: tanto nei rapporti sessuali che le due ragazze hanno con i loro clienti, quanto nella relazione coniugale tra la giornalista e il marito, si manifesta una forma di frustrazione, se non di rimozione e repressione, del piacere di queste donne. Piacere che nel film riemerge e finalmente si esprime libero e vivificato soltanto nella relazione tra donne, in particolare nell’incontro complice e sensuale tra la giornalista e l’altra studentessa polacca.
Ed è forse qui che si trova lo spunto politico più potente: solo nella riscoperta della relazione tra donne, solo nella narrazione comune e condivisa, solo nella costruzione, per dirla con Olivia Guaraldo, di un “noi” incarnato e sessuato, che sappia divenire organizzazione collettiva e che sappia, quindi, preparare il terreno per una nuova e potente prassi politica, è possibile produrre punti di rottura capaci di trasformare il presente. Ancora un’altra questione, quanto un’ultima provocazione, riguarda la crisi del maschile e la miseria della sua sessualità, rappresentata nel film in maniera tanto cruda quanto reale. Ma rispetto a ciò, non possiamo che lasciare la parola agli uomini…