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13 07 2015
Quante volte abbiamo sentito dire a assessori e politici che bisogna ‘ripartire dalle scuole'? C'è chi questo motto lo ha preso alla lettera. Sono quelli di S.O.S Scuola, un progetto che si occupa di riqualificare edifici scolastici in zone svantaggiate o periferiche, che dopo aver fatto tappa la scorsa estate in Sicilia, quest'anno è arrivato nel Lazio. Così a Roma per una settimana, l'istituto Pio La Torre nel ‘Bronx' di Torrevecchia, è diventato un vero e proprio cantiere. Associazioni, volontari, bambini e ragazzi non solo hanno realizzato murales (con l'aiuto di noti street artist assoldati per l'occasione), ma hanno dato vita ad un media center, una sala per cinema e teatro, un orto e un ‘bar dei piccoli', cambiando il volto dell'istituto.
Perché l'idea di S.O.S Scuola è proprio questa: rimettere le scuole al centro della comunità, farne laboratori permanenti d'incontro, creatività e formazione, presidi solidali e di democrazia. Un progetto che ha Roma è stato sposato dalle istituzioni locali, che hanno patrocinato l'iniziativa, dal XIV Municipio a Roma Capitale. Perché le scuole, con le loro strutture, il loro patrimonio di legami sociali, possono essere spesso l'unico argine possibile al penetrare delle mafie e dell'egoismo sociale nei territori più difficili delle nostre città, per questo devono essere aperte alle proposte della società civile e della cittadinanza come propone S.O.S Scuola.
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08 07 2015
Accusati di lassismo, irresponsabilità e di non lavorare per protesta contro il badge elettronico appena entrato in vigore sul loro posto di lavoro, i macchinisti non ci stanno e spiegano le vere ragioni della protesta.
Sui social network, da Twitter e Facebook, è una gara di insulti da parte dei cittadini esasperati contro i macchinisti della metropolitana e delle ferrovie regionali Roma-Lido e Roma-Viterbo. Anche il sindaco di Roma Ignazio Marino si è unito al coro di condanna e protesta. Accusati di lassismo, irresponsabilità e di non lavorare per protesta contro il badge elettronico appena entrato in vigore sul loro posto di lavoro, i macchinisti non ci stanno e spiegano le vere ragioni della protesta: "Il problema non è il badge ma la decisione unilaterale dell'azienda che vuole passare le ore di guida annue da 700 a 950 senza volerne neanche discutere con i lavoratori".
Così ecco lo sciopero bianco, che altro non sarebbe secondo i lavoratori l'applicazione alla lettera del contratto e delle misure di sicurezza. Così ad esempio se un mezzo non ha la revisione, come molti da quanto si apprende, i macchinisti non lo fanno partire e salta una corsa. Sotto accusa finisce così l'intero sistema dei trasporti pubblici, con le sue carenze strutturali.
Sciopero bianco, lettera dei macchinisti alla cittadinanza
Il Movimento 5 Stelle di Roma ha intanto pubblicato una lettera anonima di alcuni macchinisti della ferrovia Roma-Lido, dove i guasti sono all'ordine del giorno, che chiedono ai pendolari esasperati dai continui guasti e ritardi di prendersela con le istituzioni e l'azienda, e non con guida i convogli in condizioni difficili:
Lettera alla cittadinanza
I lavoratori Atac della Roma Lido intendono informare la cittadinanza che l'attuale situazione del trasporto pubblico locale non è frutto di "scioperi bianchi" o proteste in atto bensì della decisione unilaterale da parte dell'azienda di riorganizzare il servizio rendendo pressoché impossibile la copertura dello stesso tramite lo straordinario, reso necessario ormai da anni a causa della carenza d'organico verificatasi dopo lo scandalo parentopoli.
Malgrado il cambio di giunta comunale, molti dei personaggi che risultano indagati o rinviati a giudizio a causa dello scandalo, rimangono al posto che occupavano anche con Alemanno.
A questo bisogna aggiungere il pessimo stato dei treni in servizio sulla nostra ferrovia, materiali già usurati da decenni di servizio su altre linee o addirittura mai utilizzati vista la loro inaffidabilità (200) e ulteriormente messi alla prova da una manutenzione ritenuta secondaria rispetto alla metro B.
Questi fattori, uniti alla scarsità di ricambi e alla carenza d'organico anche nei reparti manutentivi fanno sì che col passare del tempo, la flotta della Lido diventi sempre più inaffidabile e che la responsabilità della sicurezza venga affidata solo al personale di bordo.
Il peggioramento del servizio, giunto in questi ultimi giorni quasi al blocco totale, è frutto quindi del pessimo stato dei materiali rotabili e dell' impossibilità di coprire i turni oltre l'ordinario.
Lo ribadiamo: non stiamo attuando nessuna protesta, al contrario di quanto scrivono alcuni giornali e lo stesso sito aziendale.
La pessima gestione dei mezzi e delle risorse, lo scandalo degli stipendi d'oro, gli appalti truccati, la bigliettazione fasulla non possono essere addebitati ai macchinisti, capotreni, capistazione, agenti di stazione, operai e dirigenti locali: noi siamo quotidianamente al nostro posto.
Semmai sono le istituzioni ad essere latitanti!
PER LA COPERTURA DEL SERVIZIO C'E' BISOGNO DI TRENI EFFICIENTI E DI PERSONALE. Per questo, vi invitiamo a rivolgere le vostre sacrosante proteste nei confronti dei veri responsabili del disastroso
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17 06 2015
Due giovani afghani hanno organizzato un corso completamente gratuito di lingua inglese aperto a tutti i cittadini italiani. "In futuro anche lezioni di lingua araba".
Lezioni di inglese gratuite alla popolazione. Il progetto si chiama "Le note dell'accoglienza" ed è stato proposto da due migranti ospiti nel centro sprar (il sistema nazionale di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) di Montalto Uffugo, in provincia di Cosenza. Mosa e Mohamed, due giovani afghani, sono un ingegnere meccatronico e un ragazzo diplomato in un istituto professionale. Fuggiti dall'Afghanistan, paese in cui da ormai 14 anni è in corso una guerra a cui partecipa anche l'Italia, sono arrivati in Calabria dopo un lunghissimo viaggio ed hanno trovato accoglienza in una struttura gestita dall'associazione Promidea.
Mosa e Mohamed hanno voluto mostrare la loro gratitudine ai cittadini di Montalto organizzando un corso di lingua inglese completamente gratuito indirizzato a tutti. "Autonomamente, hanno individuato il manuale che useranno per tenere il corso. E pensano già, per il futuro, a delle lezioni di lingua araba", spiega l'agenzia Redattore Sociale. Il corso non serve solo a insegnare una lingua straniera ma è il miglio pretesto per avvicinare i cittadini, perché le occasioni di integrazione non siano limitate alle sporadiche iniziative pubbliche.
Il corso prenderà il via il 22 giugno in concomitanza con la "giornata nazionale del rifugiato" e durerà due mesi. Ad agosto ci sarà una pausa ma, se tutto andrà per il meglio, si riprenderà da settembre. Tra la popolazione del piccolo centro calabrese si contano già decine di iscritti che hanno dato la disponibilità a impegnarsi tre volte alla settimana: lo scopo del corso è quello di comunicare, le ore di conversazioni saranno quindi prevalenti rispetto a quelle di lezione "frontale". Se l'esperimento si rivelerà positivo non è escluso che in futuro i corsi possano essere organizzati anche di altre discipline, considerando anche il fatto che tra gli ospiti il grado di istruzione medio è in alcuni casi molto alto.
Dinamo Press
05 06 2015
Un esempio di come i media di riferimento della destra riciclano e rilanciano le notizie ad hoc, secondo una strategia che alimenta la paura del migrante e la retorica xenofoba.
2 Giugno 2015. “Israele, un immigrato africano violenta una donna, il cane la salva” , titola un pezzo di Liberoquotidiano.it. Accanto al corpo della notizia, un video di LiveLeak documenta il drammatico episodio. 3 Giugno, ore 16 e 41. Andrea Riva rilancia la news con un pezzo sull'edizione online de Il Giornale, dal titolo che peraltro omette due delle cinque W del giornalismo, il “where” e il “when”: “Immigrato africano prova a violentare una donna, ma arriva un cane e la salva”.
L'articolo viene socializzato 5 minuti dopo nel canale Facebook del quotidiano fondato da Indro Montanelli. Schizzano le condivisioni e i consueti commenti razzisti. Peccato, però, che il fatto risalga allo scorso Marzo.
La data del drammatico episodio, 19 Marzo 2015, compare abbastanza chiaramente all'interno del video della telecamera di sorveglianza, ospitato dai due quotidiani di destra. Attraverso una breve indagine, con l'aiuto del giornalista Mazzetta (che ha analizzato la vicenda qui), è stato possibile inoltre risalire alle immagini originali di LiveLeak, datate 28 Marzo, e al post con il quale la notizia sembrerebbe essere stata messa in circolazione, risalente a 3 giorni prima.
Secondo il network israeliano Arutz Sheva, si sarebbe trattato di un “tentativo di violenza da parte di un migrante Africano, nei confronti di una 37enne di Tel Aviv”. La vittima racconta di aver «scambiato in un primo momento l'uomo per un ragazzo che faceva jogging come tanti, quando egli si ha cominciato ad inseguirla ed a urlare 'Sono pazzo!'. La strada era piena di persone, – prosegue la ragazza – non solo turisti o lavoratori stranieri. C'erano diverse persone e automobili. Si sono fermati, hanno dato un'occhiata, e hanno tirato dritto, per almeno dieci minuti». Ed è proprio questo – prosegue l'autore dell'articolo, Gil Ronen – l'aspetto che avrebbe maggiormente scosso l'opinione pubblica israeliana: l'indifferenza dei passanti. Circostanza fortemente evidenziata dal quotidiano “sionista” ma totalmente omessa dai redattori dei quotidiani nostrani, che hanno preferito limitarsi a sottolineare con decisione la provenienza del molestatore, “immigrato africano”.
A questo punto, sorgono spontanee alcune domande. Come mai, tra tutti i fatti accaduti a Marzo nel mondo, Libero e il Giornale hanno scelto di trasformare in notizia proprio la storia di una donna molestata da un migrante guineano? Si tratta forse di un errore casuale? E poi, è deontologicamente accettabile rilanciare in modo arbitrario una news vecchia di quasi tre mesi, senza specificare quando sia realmente accaduta, e senza citare alcuna fonte accreditata? Come mai della recentissima aggressione razzista avvenuta a Roma ai danni di un ragazzo rumeno, al quale sono state tagliate due dita, non vi è traccia nelle edizioni online dei due giornali?
Sembra che, per i megafoni di una destra che fa della caccia all'immigrato il suo sport quotidiano, la notizia di un crimine commesso da uno straniero, possibilmente africano, sia talmente golosa da essere immediatamente immessa nel circuito informativo. E chissenefrega delle procedure minime di verifica delle fonti che ti insegnano il terzo giorno nelle scuole di giornalismo. Un crimine di un immigrato val bene una figuraccia.
Leonardo Filippi
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13 05 2015
Secondo l'Istat è stato determinante il contributo del comparto industriale e di quello agricolo.
Nei primi tre mesi di quest'anno il Pil italiano, espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2010, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è aumentato dello 0,3% rispetto al trimestre precedente risultando invariato rispetto al primo trimestre del 2014. Lo rende noto l'Istat, che afferma: "La crescita congiunturale è la sintesi di un aumento del valore aggiunto nei comparti dell'agricoltura e dell'industria e di una sostanziale stazionarietà nei servizi. Dal lato della domanda, vi è un contributo positivo della componente nazionale (al lordo delle scorte) maggiore dell'apporto negativo della domanda estera netta. Nello stesso periodo il PIL è aumentato in termini congiunturali dello 0,1% negli Stati Uniti e dello 0,3% nel Regno Unito. In termini tendenziali, si è registrato un aumento del 3,0% negli Stati Uniti e del 2,4% nel Regno Unito".
La scorsa settimana l'istituto di statistica ha pubblicato le "Prospettive per l’economia italiana nel 2015-2017″, rivelando che nel 2015 il prodotto interno lordo si dovrebbe attestare sullo 0,7%, per poi salire all'1,2% nel 2016 e all'1,3% nel 2017. Il dicastero guidato da Pier carlo Padoan aveva previsto +1,4% nel 2016 e +1,5% nel 2017. Pur stimando una crescita lievemente inferiore a quella prevista dal Governo, l'Istat certifica la fine della recessione aggiungendo che quest'anno si registrerà un calo della disoccupazione, un recupero del reddito disponibile e una crescita della domanda interna dei consumi. Per l'istituto statistico "l'aumento del Pil nel 2015 (+0,7%) chiuderà la fase recessiva del triennio precedente".
Per quanto riguarda la disoccupazione alla fine dell'anno secondo l'Istat dovrebbe registrarsi una lieve flessione, attestandosi al 12,5% di pari passo con un aumento dell'occupazione dello 0,6%. Nel 2016 il tasso di disoccupazione dovrebbe toccare il 12% e le unità di lavoro registreranno un aumento significativo (+0,9%). L'andamento positivo proseguirà con maggiore intensità nel 2017, con una discesa del tasso di disoccupazione all’11,4% e una crescita delle unità di lavoro dell’1,0%.
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07 05 2015
Sono cominciate all'alba le operazione di sgombero di Scup, lo spazio sociale occupato in via Nola a San Giovanni. Fuori l'edificio, ancora circondato da un ingente spiegamento di forze dell'ordine si stanno radunando attivisti da tutta la città ma al momento non si registrano tensioni. Scup, acronimo che sta per "Sport e cultura popolare", ospitava una palestra, una biblioteca, un'osteria, lo studio di una radio web e decine di attività sociali e culturali. "Siamo un punto di riferimento per questo territorio, un presidio di socialità e democrazia. Non ci vogliamo arrendere allo sgombero di uno spazio che era stato davvero restituito alla cittadinanza per farne un bene comune e sottrarlo alle speculazioni", racconta Bartolo uno degli occupanti accorso alle prime luci dell'alba. Le foto sui social network ritraggono le ruspe in azione mentre sventrano l'edificio. Convocata per le 11.30 una conferenza stampa.
Non è la prima volta che Scup viene sgomberato: le camionette erano arrivate già nel il 25 gennaio del 2013 ma, dopo poche settimane lo spazio era stato nuovamente invaso dagli attivisti. Nel week-end gli occupanti avrebbero festeggiato i 3 anni di occupazione, dove erano attesi per un dibattito sul futuro dell'immobile diversi rappresentanti istituzionali, tra cui il parlamentare del Pd Marco Miccoli e quella di Sel Celeste Costantino.
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13 04 2015
Chi sono i colossi delle cooperative in Italia? Tra appalti, scandali, manager arrestati ed il grande affare dell'Expo, un viaggio nel mondo delle coop rosse dai fatturati stratosferici. Un mondo dove etica e solidarietà sembrano aver lasciato spazio alla managerialità ed agli affari.
Il caso Ischia sugli appalti vinti cooperativa CPL Concordia, si arricchisce di nuovi particolari e spuntano i nomi dei politici. Quella di Ischia è una delle inchieste che hanno riguardato il mondo della Lega delle Cooperative che in questi anni è finito a più riprese sotto la lente della magistratura.
Il sistema delle Coop rosse funziona così: le singole cooperative versano una quota dei loro ricavi alla Lega Coop, la quale a sua volta distribuisce alle leghe locali i fondi. Le quote versate determinano ovviamente il peso politico delle singole cooperative nelle scelte e negli indirizzi della lega. Il principio del versamento delle quote è scontato: chi ha di più versa di più. Pertanto è facile definire un gruppo di cooperative, dal fatturato considerevole, che comanda in Lega Coop: la Cmc (cooperativa muratori e cementisti), la CCC (consorzio cooperative costruttori), la Manutencoop che si occupa di logistica e servizi, la CIR (cooperativa italiana di ristorazione), la Granarolo che si occupa di latte ed alimenti, la CPL Concordia, ed ovviamente i colossi dei supermercati Coop e Conad (consorzio nazionale dettaglianti).
Dalle attività e dai fatturati di questi colossi delle coop rosse si comprende come queste cooperative abbiano da tempo fatto "il salto della quaglia" puntando la loro mission aziendale sulla managerialità ed il fiuto per gli affari. I bilanci dei colossi delle costruzioni CCC e CMC sono impressionanti.
La CMC è di Ravenna ma ha sedi dislocate in tutto il mondo tra cui Angola, Cina, Arabia Saudita, Laos, India, Libia, Usa, Sud Africa, e finanche in Lesotho. Conta ben 41 società controllate, 32 società collegate alla principale ed inoltre partecipazioni in altre 40 società. Nel bilancio del 2013 l'attivo è di 1 miliardo e 277 milioni di euro.
La CCC è di Bologna ed è la cooperativa cugina della CMC, con cui condivide molti appalti e partecipazioni azionarie. I numeri della CCC sono enormi: 15 società controllate, 29 società collegate tra quelle dirette e quelle per conto di altre cooperative, ben 75 partecipazioni ad altre società tra cui Acea, Banca Popolare di Lodi, Hera, Acer Manutenzioni e Tramvia di Firenze, ed ancora partecipazioni in consorzi che delineano un attivo nel bilancio del 2013 di 1 miliardo e 200 milioni di euro. Proprio la CMC e la CCC sono tra i motori delle grandi opere nel nostro paese: la Tav in Val di Susa, la metropolitana di Roma, la Tramvia di Firenze, tutte opere che sono state agevolate dallo Sblocca Italia del governo Renzi.
La ManutenCoop offre servizi e lavora in gran parte con le pubbliche amministrazioni. Oltre 15 mila persone impiegate, tra cui 61 dirigenti e ben 13 mila operai, in una cooperativa dove la partecipazione sembra non essere tanto in voga visto che nel 2013 c'e' stata una sola assemblea dei soci davanti a 462 persone.
La CIR invece si è affermata nel campo della ristorazione, è nata a Reggio Emilia e fornisce i pasti alle mense degli ospedali di mezza Italia, delle scuole, delle aziende ed ha l'appalto per le mense militari nelle caserme e nelle accademie. Inoltre è attiva nel settore dei buoni pasto fornendo servizi ai comuni ed agli altri enti locali, grazie anche a numerose sedi distaccate a Milano, Padova, Ferrara, Genova, Guidonia, Scandicci.
Al comando delle coop rosse, grazie al peso fornito dalle quote versate alla lega, oltre al gruppo dei costruttori, dei manutentori e dei ristoratori ci sono i supermercati Coop e Conad, così importanti da aver designato il successore alla guida della LegaCoop dell'attuale Ministro del Lavoro Poletti. Infatti Mauro Lusetti, attuale presidente della LegaCoop, viene proprio dalla Conad in cui amministrava il settore del Nord Italia (Nordiconad). Il suo competitor per il vertice delle coop rosse era Gianpiero Calzolari, numero uno del gruppo Granarolo, che controlla anche i marchi Yomo, Accadì, centrale del latte di Milano e centrali del latte di Calabria. La Granarolo ha fatto registrare nel bilancio 2014 un ricavo di 1 miliardo e 37 milioni di euro, conta oltre 2 mila dipendenti ed ha 12 stabilimenti in Italia e 3 all'estero. Rappresenta la più importante filiera del latte in Italia ed è tra i pezzi più influenti nel mondo delle coop rosse. Un mondo che conta 9 milioni di soci, 490 mila occupati ed un fatturato complessivo di oltre 79 miliardi di euro.
Le inchieste della magistratura
I colossi delle coop rosse sono finiti al centro di decine di inchieste della magistratura in tutta Italia. Quando il pane quotidiano sono gli appalti, gli affidi diretti senza gara, le concessioni ed una gestione fiscale degli introiti molto complessa, avere a che fare con i giudici, le forze dell'ordine e gli avvocati diventa una parte dell'attività delle aziende.
La CPL Concordia è finita al centro dello scandalo di Ischia in merito alle tangenti per la costruzione degli impianti di conduzione del gas metano sull'isola. Un'inchiesta, quella coordinata dai sostituti procuratoriHenry John Woodcock e Celeste Carrano, che quotidianamente fa registrare nuovi sviluppi. Per i magistrati i vertici della CPL Concordia versavamo tangenti ai politici per ottenere appalti. Nell'inchiesta sono spuntati tanti nomi, da Massimo D'Alema a Giulio Tremonti, da Amedeo Laboccetta fino all'ex sindaco dell'isola Luigi Muro di Fratelli d'Italia. Sono due gli ex manager della coop modenese che hanno deciso di collaborare con i magistrati: prima Francesco Simone, ex responsabile delle relazioni esterne della cooperativa, che ha parlato di "ministri nella rete delle tangenti", e poi Nicola Verrini, ex membro del Cda della CPL Concordia. Verrini, dal carcere di Poggioreale, sta ricostruendo ai magistrati napoletani la rete di tangenti ed intrecci tra la cooperativa e la politica, soprattutto tra l'ex presidente della coop rossa Roberto Casari ed il Partito Democratico.
La CMC è la quinta azienda italiana, un primato offuscato da alcune inchieste e da qualche brutta figura. Come quella del crollo del viadotto "Scorciavacche" sull'autostrada Palermo - Agrigento. Un'opera ultimata alla vigilia di Natale dello scorso anno e crollata a capodanno. "Voglio il nome del responsabile" disse il presidente del consiglio Matteo Renzi, ebbene a costruire quel viadotto fu la CMC che dopo l'incidente cancellò dal suo portale la scheda del lavoro. Una delle inchieste più importanti che ha coinvolto il gruppo di Ravenna è quella sull'allargamento del porto di Molfetta in Puglia. L'inchiesta, che portò ad una raffica di arresti ordinati dal gip del Tribunale di Trani ed eseguiti dalla Forestale, muoveva le accuse di associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni dello Stato, abuso d’ufficio, reati contro la fede pubblica, frode in pubbliche forniture, attentato alla sicurezza dei trasporti marittimi e svariati reati ambientali. Una vicenda che fece tremare i vertici della CMC visto che la Procura pugliese arrivò a chiedere il blocco di tutti i cantieri della coop rossa.
I bolognesi della CCC invece sono finiti in due grosse inchieste della magistratura. La prima riguarda il "sistema -Sesto" che ha portato alla rovina dell'esponente del Pd Filippo Penati, e che riguarda le bonifiche delle aree industriali di Sesto San Giovanni alle porte di Milano. Nel giro delle tangenti finirono i vertici delle società Fingest di Modena e Aesse di Ravenna legate alla CCC. Proprio a Bologna invece i costruttori delle coop rosse sono finiti nell'inchiesta sul People Mover, la monorotaia che avrebbe dovuto attraversare la città felsinea. Il processo comincerà in questi giorni e tra i rinviati a giudizio insieme all'ex sindaco Pd di Bologna Flavio Del Bono ci sarà anche il numero uno di CCC Piero Collina. Secondo i magistrati l'appalto del People Mover sarebbe stato fatto "su misura" per la CCC.
Ma non c'è solo il penale nei guai delle coop rosse, l'evasione fiscale ha colpito duramente la Conad nell'estate di quattro anni fa. L'inchiesta "Fuori tutto" della Guardia di Finanza e dalla Procura della Repubblica di Roma colpì la Conad Tirreno, la sezione Toscana del Consorzio Nazionale Dettaglianti. Secondo gli inquirenti la Conad Tirreno avrebbe nascosto al fisco oltre 20 milioni di euro trasferiti presso società bulgare. Nell'inchiesta finirono anche la Banca di Lucca, la Pistoiese Calcio ed il gruppo Roscer. La Conad si dichiarò estranea alla vicenda.
La Manutencoop è stata travolta da diverse inchieste tra cui quelle della Procura di Brindisi per gli appalti sulle forniture elettriche. L'inchiesta racconta di tangenti, pressioni sulla politica ed assunzioni di persone segnalate dagli amministratori locali in cambio degli appalti per la fornitura energetica a Foggia e Bari presso gli enti pubblici. Il ruolo chiave della vicenda secondo i magistrati appartiene a Mauro De Feudis ex funzionario commerciale di Manutencoop che finì dietro le sbarre nel novembre del 2013. La coop non sembra aver perso colpi, anzi nel mega progetto di ristrutturazione delle scuole italiane lanciate dal governo Renzi si è aggiudicata ben 3 lotti del progetto #scuolebelle per un totale di 20 milioni di euro. Una procedura su cui l'Antitrust ha deciso di vederci chiaro avviando una indagine conoscitiva. Il numero uno di Manutencoop è Maurizio Levorato, finito agli arresti lo scorso luglio nell'ambito dell'inchiesta su Expo 2015. Ed è proprio l'esposizione milanese che partirà il prossimo mese a rappresentare il nuovo grande affare delle coop rosse.
Le coop nel grande affare dell'Expo
Levorato secondo i giudici avrebbe agito illecitamente per aggiudicarsi l'appalto da 323 milioni di euro per la Città della Salute a Sesto San Giovanni nell'ambito di Expo 2015. Dopo una prima richiesta di arresto respinta, Levorato è andato in carcere il 30 luglio del 2014. L'Expo di Milano vede una presenza davvero importante delle coop rosse. La CMC si è occupata della "rimozione delle interferenze" uno degli appalti finiti sotto la lente della magistratura. L'appalto era stato dato al massimo ribasso. La figura più vicina alla CMC, secondo i magistrati che indagano su Expo, era Primo Greganti, "il compagno G", finito in carcere per la tangentopoli del 1992 e ritornato in pista negli affari delle grandi opere. Greganti sarebbe stato lo sponsor della CMC presso l'ex direttore della pianificazione acquisti di Expo Angelo Paris, arrestato anche lui.
Mentre Manutencoop e CMC si sono occupati della costruzione delle strutture di Expo, la CIR e la Granarolo sono entrate nei padiglioni. Il gruppo dei ristoratori di Reggio Emilia, il terzo in Italia dopo Autogrill e Mc Donald's, ha avuto in concessione diretta, quindi senza gara d'appalto, i lavori per la somministrazione di 7 milioni di pasti. Un appalto che ha suscitato non poche polemiche. La Cir avrebbe avuto l'affido dopo due avvisi di manifestazione di interesse andati deserti. Ma c'è chi, come Piero Sassone della ICIF giura di aver inviato tramite posta certificata e raccomandata l'interesse della sua azienda. Secondo il commissario straordinario di Expo Giuseppe Sala invece, nessuno aveva risposto all'invito di Expo e da lì la decisione dell'affido diretto alla CIR. Il gruppo Granarolo invece gestirà l'area "azienda latte" posizionata nella zona Cardo Sud Ovest del Padiglione Italia.
I manager inquisiti restano al loro posto
Trasparenza, solidarietà, etica. Si resta perplessi accostando quelli che sono i valori decantati dal mondo delle cooperative ed il loro comportamento davanti alle inchieste. Il mondo delle coop non può difendersi dagli scandali parlando di "mele marce", anche perché quelle mele sono tutte sull'albero, in posizione di vertice esattamente come lo sono da anni. Maurizio Levorato, finito in carcere nell'inchiesta Expo è ancora ai vertici di Manutencoop, Piero Collina numero uno della CCC comincerà a giorni il processo sul People Mover a Bologna per turbativa d'asta. Al suo posto è rimasto anche Matteo Matteucci, presidente della CMC, che ha ammesso la consulenza di Primo Greganti coinvolto nell'inchiesta su Expo. Insomma tutti ai loro posti nel segno della trasparenza e del garantismo.
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01 04 2015
Rabbia e sconcerto a via Giolitti, dove Acea ha staccato l'acqua a tre palazzine a causa della morosità del Comune di Roma. Un'inquilina racconta: "Ci avevano assicurato che Acea e istituzioni stavano trovando una soluzione, ma al momento circa 300 persone sono senza acqua, tra cui anziani e bambini".
"Hanno staccato l'acqua a 90 appartamenti, qui ci vivono circa 300 persone tra cui anziani allettati e famiglie con bambini piccoli. Sono anni che questa storia va avanti Acea e il Comune di Roma non si mettono d'accordo e a pagarne le conseguenze siamo noi inquilini". Siamo a via Giolitti, strada che corre parallela alla Stazione Termini in pieno centro. A parlare è Anna Mazzone, che vive qui dal 2010, in un super condominio comprendenti i numeri civici 101, 119 e 137. Sono palazzi originariamente di proprietà del comune di Roma, in cui molti condomini hanno riscattato la loro casa e dove il comune ha deciso di vendere gli appartamenti ancora di sua proprietà con l'ultima (contestatissima) delibera sull'alienazione del patrimonio pubblico. Ed è proprio il comune di Roma a risultare moroso nei confronti di Acea per una cifra di circa 37mila euro, secondo quanto raccontato dagli inquilini.
"Già avevano provato a staccare il contatore due volte nelle ultime settimane ma eravamo riusciti ad evitarlo - racconta ancora Anna - ma oggi alle 11.00 sono tornati i tecnici e hanno tolto l'acqua a tutti, visto che abbiamo un contatore unico al civico 119. Eppure avevamo ricevuto rassicurazioni da Acea e dalle istituzioni su una risoluzione della vicenda. Eravamo anche disponibili a procedere con i distacchi singoli, pagando più di 1000 euro per uno". Ma non c'è stato nulla da fare a quanto pare, Acea, azienda a capitale a maggioranza pubblico, ha deciso di procedere con il distacco per morosità come sempre più spesso sta accadendo in questi mesi.Nel 2013 Acea e Comune di Roma strinsero un accordo (a quanto pare mai rispettato), tramite cui il comune si impegnava a sanare la sua situazione in tre tranche. "Il paradosso è che non solo le nostre case saranno vendute a prezzo di mercato e non potremo comprarle - spiega un inquilino di una casa di proprietà comunale - Ma ora siamo ancora senza acqua per colpa del comune di Roma".
Sulla vicenda è intervenuto anche la parlamentare 5 Stelle, da sempre impegnata sul tema dell'acqua pubblica, Federica Daga, che ha criticato duramente l'episodio. "Ci vedo interruzione di pubblico servizio - si legge sulla pagina Facebook dell'esponente pentastellata - rischio sanitario, inagibilità dei locali ora abitati. Senza contare che il Comune di Roma aveva approvato ben due mozioni contro i distacchi idrici nel settembre 2013. Abbiamo anche depositato un'interrogazione sul tema dei distacchi e di ciò che causa tale pratica".
Ad andarci di mezzo per gli affari della cricca di Buzzi e Carminati potrebbero essere i più deboli: i lavoratori del consorzio di coop sociali Eriches-29 giugno, e i migranti ospiti dei centri di accoglienza. Con una lettera le coop coinvolto nell'inchiesta su Mafia Capitale annunciano: "Da marzo stipendi e servizi a rischio".
Con una lettera indirizzata alle rappresentanze sindacali e alle istituzioni, il gruppo di cooperative sociali facenti capo al consorzio Eriches-29 giugno, il cui ex presidente Salvatore Buzzi è uno degli elementi di spicco di mafia capitale, ha annunciato che da questo mese non sarà più in grado di garantire stipendi e servizi nei centri di accoglienza per migranti che gestisce. "Come noto nel mese di dicembre 2014, il Tribunale di Roma - sezione misure di prevenzione ha disposto il sequestro dei cinque enti in intestazione (Eriches 29, Abc cooperativa sociale, Formula sociale, Cooperativa 29 giugno, 29 giugno servizi ndr). Da questa data - si legge nella missiva - l'amministrazione giudiziaria, in nuovi Presidenti e la nuova dirigenza, nonostante le numerosissime difficoltà gestionali e procedurali da affrontare, hanno assicurato a tutte le lavoratrici e i lavoratori il regolare proseguimento dell'attività e la regolare corresponsione degli emolumenti retributivi e contributivi". "Nonostante ciò - prosegue la lettera - oggi siamo purtroppo costretti a rappresentare l'impossibilità da parte delle società sotto sequestro di garantire il regolare pagamento delle retribuzioni dal mese di marzo".
Il gruppo di cooperative, per far fronte alla situazione, chiede alla pubblica amministrazione di versare tutti i soldi di cui è debitore per permettere di far fronte ai pagamenti: "La società debitoria più preoccupante è quella di Ama S.p.a., la quale, per servizi resi e mai scaduti, ha maturato nei confronti del Gruppo 29 giugno un debito di 17 milioni di euro". Ma le conseguenze nefaste delle azioni della cricca di mafia capitale si potrebbero ripercuotere non solo sui lavoratori che rischiano di andare a casa o di rimanere senza stipendio, ma anche sugli ospiti dei centri di accoglienza per rifugiati e richiedenti asilo: se le casse delle cooperative rimangono all'asciutto queste non sarebbero più in grado di garantire i servizi minimi nei centri. Così ad andarci di mezzo ancora una volta potrebbero essere i più deboli.