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Banksy, No Future"I bambini delle minoranze etniche e religiose vengono uccisi sistematicamente dall'Isis: ci sono stati ripetuti casi di esecuzioni di massa, come pure notizie di decapitazioni, crocifissioni e di minorenni sepolti vivi". In un nuovo rapporto, il Comitato Onu sui diritti dell'Infanzia denuncia gli abusi cui sono sottoposti i bambini nei territori di Iraq e Siria sotto il controllo del "Califfato". 
Viviana Mazza, Corriere della Sera ...

Huffington Post
05 02 2015

Bambini usati come scudi umani o kamikaze, oppure seviziati e vittime di abusi sessuali. Le Nazioni Unite hanno denunciato il reclutamento in Iraq da parte dei "gruppi armati", in particolare dell'Isis, di un "alto numero di bambini", compreso minori con disabilità, per farne dei combattenti o trasformarli in scudi umani o kamikaze oppure per sottoporli a sevizie o abusi sessuali. Non solo: i minori vengono anche brutalmente uccisi tramite crocifissione o sepolti vivi.

"Si tratta di un problema enorme", ha dichiarato da Ginevra Renate Winter, una dei 18 esperti indipendenti, membri del Comitato dei diritti dei minori dell'Onu, il cui compito consiste nell'assicurare che gli Stati rispettino i trattati internazionali relativi ai diritti dei minori. Le vittime sono per lo più bambini yazidi o cristiani, ma anche sciiti e sunniti.

"I bambini vengono utilizzati come kamikaze, compresi i bambini con disabilità e quelli che sono stati venduti ai gruppi armati dalle loro famiglie", sottolineano gli autori del rapporto. Alcuni bambini sono stati trasformati in scudi umani per proteggere le installazioni dell'Isis dai raid aerei, obbligati a lavorare ai posti di controllo o impiegati nella fabbricazione delle bombe per i jihadisti.

Winter ha esortato il governo di Baghdad a fare tutto il possibile per proteggere i bambini, pure prendendo atto della situazione e del controllo da parte dei jihadisti di parte del territorio iracheno. Ma il comitato ha sottolineato che alcune violazioni dei diritti dei bambini non possono essere attribuite soltanto ai jihadisti.

Quando il perdono è più forte della vendetta

"Noi" siamo quelli che dicono di voler debellare il male senza tradire i propri valori. "Noi" rischiamo di mancare all'una cosa e all'altra. Stiamo centellinando in modo grottesco il nostro impegno per fronteggiare e sconfiggere l'infamia del cosiddetto califfato. Stiamo cedendo alla vendetta. Ieri il Jordan Times, [...] affiancava alla notizia sull'esecuzione di Sajida al Rishawi e di un altro terrorista condannato, il resoconto di una conferenza internazionale.
Adriano Sofri, la Repubblica ...

Huffingtonpost
03 02 2015

Arso vivo in una gabbia. È stato ucciso così il pilota giordano Muath Kasasbeh catturato dall'Isis alla vigilia di Natale. Lo riferisce Rita Katz, responsabile di Site, l'organizzazione che monitora i siti web jihadisti. La notizia dell'uccisione del giovane pilota è stata confermata dall'esercito giordano, che ha fatto sapere che la famiglia era stata avvertita prima della diffusione delle immagini. L'uomo, in realtà, sarebbe stato ucciso già il 3 gennaio scorso, notizia anche questa confermata da Amman. Il suo corpo sarebbe stato sepolto da un bulldozer sotto le macerie: la stessa fine - secondo la propaganda jihadista - delle vittime dei bombardamenti aerei della Coalizione internazionale, i cui resti compaiono nello stesso filmato.

Muath Kasasbeh, 26 anni, era stato catturato il 24 dicembre dai miliziani dell'Isis. L'organizzazione terroristica, dopo aver detto di averlo ucciso ai primi di gennaio, ultimamente aveva chiesto la liberazione della terrorista qaedista Rajada al Rishavi in cambio della vita del pilota. Amman era d'accordo, ma voleva prima la prova che fosse vivo. Prova che, evidentemente, non è mai arrivata, visto che l'uccisione era in realtà avvenuta già il 3 gennaio.

Le immagine sono di una crudezza senza eguali, oltre che "curatissime" dal punto di vista "scenografico". Le si vorrebbe credere uscite da un film, piuttosto che dalla volontà sadica di uomini in carne e ossa, senza scrupoli. In una foto appare il pilota giordano, vestito con la consueta tuta arancione, chiuso in gabbia con una lingua di fuoco che procede verso di lui. Subito dopo appare avvolto dalle fiamme; in un'altra immagine si vedono i resti del corpo carbonizzato. Manca ancora una verifica indipendente dell'attendibilità delle immagini. Al momento non è apparsa neanche la versione integrale del video ma solo alcuni fermo immagine. Secondo al Jazeera, il video sarebbe stato diffuso dalla casa di produzione dell'Is Furqan e intitolato in inglese 'Healing of the Believers' Chests'.

La responsabile di Site ha pubblicato un collage di immagini nelle quali appare Muath Kasasbeh circondato da miliziani armati e a mezzo busto con un occhio tumefatto, mentre pronuncia un monologo.

Le immagini mostrano l'ostaggio, vestito di arancione, con un ematoma sotto l'occhio destro mentre pronuncia alcune frasi, ripreso in primo piano con alle spalle uno sfondo nero su cui compaiono alcune bandiere dei Paesi della coalizione anti-Isis (tra cui Canada, Francia, Usa, Regno Unito, Emirati arabi e Giordania). In una seconda sequenza si vede poi il pilota giordano in piedi davanti a un gruppo di miliziani armati schierati col volto scoperto e in tuta mimetica. Nell'ultima sequenza si vede l'ostaggio in una gabbia col fuoco che avanza e lo circonda.

Il video dell'uccisione del pilota giordano, la cui autenticità non è ancora stata dimostrata, è un'indicazione della "brutalità dell'Isis" e rafforza la "nostra determinazione" a sconfiggere l'Isis, è il commento del presidente americano, Barack Obama.

La tv satellitare al Jazeera, che ha dato per prima la notizia, ha detto di aver visionato il filmato ma che non intendeva pubblicarne le immagini perché "sono raccapriccianti anche per gli standard dello Stato islamico".

Kasasbeah era caduto - abbattuto secondo Isis - sui cieli siriani di Raqqa, la capitale dello Stato Islamico, il 24 dicembre mentre sorvolava la zona a bordo del suo caccia F-16. Isis aveva immediatamente lanciato un concorso online per chiedere alla rete come uccidere il pilota e il 2 gennaio aveva dato notizia di averlo eliminato. Archiviato il suo nome con la sua presunta morte, era tornato fuori il 20 gennaio con la richiesta di riscatto di 200 milioni di dollari avanzata da Isis a Tokyo per liberare i due ostaggi giapponesi, Haruna Yukava e Kenji Goto. Il 24 gennaio venne ucciso il contractor Yukava e allora Isis, rinunciando ai 200 milioni di riscatto, chiese la liberazione della terrorista qaedista Sajida al Rishavi. Quest'ultima è considerata da Isis un simbolo perché nel 2005 aveva partecipato ad un attentato suicida ad Amman in cui tre suoi complici, tra cui il marito, si fecero saltare in aria ad un matrimonio uccidendo oltre 50 persone. Il suo giubetto esplosivo non si innescò e lei tentò di dileguarsi mischiandosi alla folla dei sopravvissuti in fuga. Riconosciuta venne arrestata e l'anno dopo condannato all'ergastolo.

Amman aveva in linea di principio accettato di liberare la terrorista ma prima voleva la prova che Kasasbeah fosse ancora vivo. Il secondo giapponese, il giornalista Kenji Goto, venne decapitato tre giorni fa e sempre Isis diffuse il video della macabra esecuzione. Oggi le immagini dell'orrenda esecuzione del pilota giordano arso vivo in una gabbia di ferro.

Ora in mano allo Stato islamico resterebbe come ostaggio 'occidentale' solo la volontaria americana di 26 anni rapita in Siria nel 2013 e per cui lo scorso agosto Isis chiese un riscatto di 6,6 milioni di dollari. Tutti gli altri ostaggi noti, dagli americani James Foley (il primo decapitato il 19 agosto scorso) seguito da Steven Sottloff, Peter Kassig, e i britannici David Haines e Alan Henning, sono stati eliminati.

Il Leone del Kurdistan: "Vogliamo il nostro Stato"

  • Venerdì, 30 Gennaio 2015 10:32 ,
  • Pubblicato in REPUBBLICA

la Repubblica
30 01 2015

A Kirkuk con Kosrat Rasul Ali, una delle figure leggendarie delle battaglie dei peshmerga, oggi in prima fila nella guerra contro l'Is. "I leader occidentali ci dicono: grazie, combattete per noi"

A che punto è la guerra con l'Is? Nel Kurdistan iracheno, il più efficace punto di osservazione, si hanno impressioni diverse. I confini della regione autonoma, allargati a Kirkuk, sembrano saldamente tenuti dai peshmerga curdi: ma il territorio riguadagnato in Iraq è solo l'1 per cento, secondo il comando Usa. Lo Stato Islamico tenta ancora attacchi ambiziosi, come a Gwer, avamposto della capitale Erbil: attraversato di sorpresa il fiume Zab, gli assalitori sono stati respinti e hanno lasciato sul campo 200 morti. 120 sono caduti fra i difensori curdi (la cifra fornita ufficialmente è molto più bassa).

"Tra i morti dell'Is - dice Jasim Mohammed Kharend, agricoltore e peshmerga - c'erano quattro stranieri non circoncisi, dunque non erano musulmani". Si parla molto di una controffensiva della coalizione per Mosul, e si fa la data della primavera: la preparazione dell'esercito arabo-iracheno "ha ancora bisogno di mesi".

Nel governo di Erbil più impellenti sono le voci su una resa dei conti con l'Is a Qamishli, capitale del Rojava, la regione curda siriana. La sconfitta del Califfato a Kobane non fa piacere alla Turchia, che già vede accantonare la cacciata di Assad (questo è uno smacco per tutti): Erdogan si è affrettato a riescludere una regione autonoma curda in Siria. Ma Qamishli, se è al confine turco, è anche vicinissima a quello curdo-iracheno, sicché i peshmerga, diversamente che a Kobane, non avrebbero bisogno di lasciapassare per intervenire accanto all'Ypg (l'esercito nazionale del Kurdistan siriano).

Il Kurdistan (formalmente) iracheno affronta un paio di problemi di fondo, oltre all'inadeguatezza irrisolta degli armamenti. Nello Shingal (Sinjar in arabo), dove l'avanzata dell'Is fece strage di yazidi e ne rapì bambine e donne, i combattenti curdo-siriani dell'Ypg e curdo-turchi in esilio del Pkk, politicamente affini, furono i protagonisti del soccorso, rimediando a un brutto sbandamento iniziale dei peshmerga. Oggi premono per una propria amministrazione cantonale, che il Kurdistan vede come una sottrazione inaccettabile alla sua integrità territoriale. La controversia rinnova la minaccia di un conflitto fra curdi, dannazione di questo gran popolo senza Stato. E resta il cuore del problema del Kurdistan iracheno, ancora diviso in due grandi partiti-dinastie, il Pdk, radicato a Erbil e Dohuk, e il Puk, le cui roccaforti sono Suleimania e Kirkuk. Già protagonisti di una sanguinosa guerra civile fra il 1994 e il 1998, oggi governano insieme, ma conservando le rispettive prerogative, milizie comprese. La prodezza dei peshmerga aveva a che fare con una condizione di lotta partigiana largamente superata, anche se di prodezza c'è sempre bisogno, e l'addolcimento della vita cittadina non le si addice.

Il Kurdistan, mi dice Kosrat Rasul Ali, deve avere una forza armata unitaria e regolare. È uno dei personaggi leggendari che queste parti infelici del mondo ancora ospitano, scampato a una quantità di battaglie e di ferite, di cui porta i segni; e vi ha perso due bambini. Sta giocando una partita a scacchi con un avversario giovane e mi chiede di lasciarlo concludere: è lui, "il leone del Kurdistan", a perdere, senza prendersela.

Parliamo delle armi, comprese le italiane: sono davvero ferri vecchi? Ride: può darsi, dice, ma buone lo stesso. Tutto è buono. Daesh (acronimo arabo che sta per Stato Islamico) combatte con armamenti evoluti. Certo che c'era bisogno dei bombardamenti: noi non abbiamo nemmeno un aereo. Perderanno, dice. Hanno potuto fare la loro avanzata da smargiassi perché il conflitto fra sciiti e sunniti aveva distrutto un esercito iracheno che era stato forte. Chiedo: ma vi accontenterete di riprendere il vostro territorio, a costo di avere una lunghissima frontiera con un vicino come l'Is? La risposta, senza i suoi precedenti, sarebbe da sbruffone: "Se facessero sul serio, in 48 ore posso liberare Mosul.

Le difese dell'Is sono concentrate in due punti, a sud-ovest di Mosul e nella direzione di Shargat e Tikrit. Bisogna attaccarli in più punti. Conosco il terreno: dove hanno piazzato la principale fortificazione, Kasik, feci il mio servizio militare, nel '75". E i famosi "boots on the ground", ossia l'intervento di terra? "Se lo fanno sono i benvenuti, altrimenti dovranno bastare curdi e iracheni. La maggioranza dei sunniti sta ancora dalla parte dell'Is, per il momento... almeno di giorno", ride.

"Nel 1991, erano molti i curdi pro-Saddam, e di notte stavano con noi: ora è la volta dei sunniti sotto l'Is. Alla fine io liberai Erbil nel '91, senza colpo ferire. Noi veniamo dalla guerriglia, combattevamo in 4 mila contro 200 mila o più. È una scuola di coraggio e di dedizione. Ma senza un esercito regolare non avremo mai uno Stato. Col presidente Barzani abbiamo appena deciso, nel villaggio di Suhaila: arruoleremo i volontari, tra i 18 e i 22 anni, cui dare una buona paga e armi moderne, perché sia un esercito curdo, e non una milizia di partito. I nostri grandi veterani saranno d'accordo, hanno orgoglio ma anche lucidità. Le nostre rivalità sono una versione del perenne settarismo di famiglia socialista". Be', dico, se vuoi ti racconto un giorno qualunque del Pd italiano: e voi del Puk vi siete fatti portare via Suleimania da una scissione. Ho visto però che i commenti che deplorano queste divisioni aggiungono spesso: "A parte Kosrat...". "Mi rispettano perché sono figlio di nessuno".

Gli faccio la mia solita domanda: in questa liquidazione di confini, voi mirate a farvi il vostro Stato, o riuscite a immaginare una nuova geografia confederata del Medio Oriente, come l'Europa dopo il 1945? Le due cose, dice, Stato e Confederazione. Ma per lui lo Stato viene prima. "Con l'appoggio di Stati Uniti, Europa e Israele, e oggi sembra che se ne vadano persuadendo, potremo avere l'indipendenza. Si può lasciare un popolo di 50 milioni senza uno Stato?". Intanto succedono cose imbarazzanti: la coalizione si incontra a Londra e non invita il Kurdistan. Ufficialmente c'è l'Iraq. Però l'Is insulta i curdi come "i cani degli infedeli": e oltretutto i cani qui sono tristemente malvisti.

I capi degli infedeli, da Renzi, il primo a venire, alla ministro della Difesa tedesca Ursula von der Leyen, qui assidua, continuano a congratularsi: "Voi combattete per noi". Cortocircuiti diplomatici, sui quali Barzani alza le spalle: "Stiamo ancora aspettando l'invito di Londra". Sono tornato a Kirkuk, posta della partita sul petrolio: in agosto era rischioso, ora è una trasferta tranquilla. Il mercato brulica di gente animali e veicoli di ogni sorta. La suggestiva Cittadella è sempre in rovina, ma riaperta al pubblico.

La pipeline con il Mediterraneo turco (e un giorno, chissà, curdo...) si raddoppia, e la produzione va, benché ridotta dal mercato e dallo stato pietoso degli impianti. La Exxon ha allungato le mani sul futuro (gli italiani esclusi perché stanno a Bassora). L., liceale sedicenne, dice che sì, lei e le sue amiche parlano molto del Daesh, si dicono che devono essere pronte a fuggire. Chiedo a Kosrat di Kirkuk: tornerà in discussione, quando l'Is fosse debellato? Il ritorno di Kirkuk al Kurdistan è un fatto compiuto, dice. "Saddam distrusse i villaggi curdi e finanziò l'insediamento di famiglie arabe, che continua ora per l'immigrazione di sunniti in fuga: i curdi sono la maggioranza, ma si sono ridotti.

Purtroppo fra gli arabi c'è un forte sciovinismo, come c'era fra i serbi. Io paragono quello che è successo in Iraq dopo Saddam alla ex Jugoslavia. E penso che il peggior governo curdo per noi valga più del miglior governo arabo-iracheno". Parliamo del Pkk: sono curdi, sono oppressi, dice. "Per quanti errori abbia fatto, Ocalan è in galera da quindici anni. Sono grandi combattenti, e senza di loro in agosto l'Is non sarebbe stato fermato sul Sinjar. A Kobane abbiamo pareggiato le cose". In una caserma vicina al fronte, uno dei pochi generali curdi di formazione accademica, nell'esercito iracheno, spiega che la rivalità fra Pdk e Puk spinge perfino all'accaparramento delle armi. Gli istruttori sono utili, dice, ma occorre tempo, e i peshmerga sono abituati alle armi di produzione russa: gli Rpg, per esempio, molto meno efficaci dei razzi anticarro Milan, di brevetto tedesco. L'Is ha combattenti sperimentati nella lunga pratica siriana, militari di professione iracheni, e mercenari. Gli dico che sono sorpreso della libertà con cui qui parlano delle operazioni militari: ride, ormai si sa tutto, fra cellulari e internet. Infatti: quando la fotografa comincia a fotografare i peshmerga, si mettono a turno in posa con lei per i loro telefonini, per immortalarsi su Facebook, in una pausa fra uno scontro a morte e un altro.

Adriano Sofri

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