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Huffington Post
09 04 2015

Afghana violentata e arrestata per adulterio costretta a sposare il suo stupratore: Gulnaz è prigioniera della società

Una donna afghana che è stata stuprata dal marito di sua cugina e di conseguenza è stata arrestata con l'accusa di adulterio si è sposata col suo assalitore ed ora è in attesa del terzo bambino di cui lui è il padre.

La donna, conosciuta solo con il nome di Gulnaz, ha raccontato alla CNN la sua straziante situazione insieme al suo marito-stupratore Asadullah e alla sua figlia più giovane, seduta vicino a lei a Kabul in Afghanistan.

La donna racconta di essere stata assalita da Asadullah quando aveva 16 anni e lui era già sposato, venendo in seguito arrestata per "adulterio forzato" - crimine per cui in Afghanistan è prevista una pena di reclusione pari a 12 anni - e costretta a partorire in carcere la bambina che era stata concepita durante lo stupro.

Per sua fortuna è stata liberata grazie ad un decreto presidenziale ma, uscita di prigione, ha creduto che l'unico modo in cui potesse reintegrarsi nella società afghana fosse sposare il suo stupratore.

"Non volevo rovinare la vita di mia figlia o lasciarmi senza aiuti, quindi sono stata d'accordo e l'ho sposato" ha raccontato alla CNN "Siamo persone tradizionaliste. Quando la nostra reputazione è rovinata, preferiamo morire piuttosto che portare l'onta di quello che è successo vivendo in società".

Adesso dichiara di "non avere alcun problema" con Asadullah e, nonostante non abbia rivolto lo sguardo una singola volta al marito durante l'intervista, dice di "essere felice".

"Non ho problemi con lui ora e non voglio pensare ai problemi del passato. La mia vita è ok. Sono felice che la mia vita, [...] stia andando avanti. Ho rotto le relazioni con la mia famiglia solo per dare un futuro a mia figlia".

Kimberley Motley, ex-avvocato di Gulnaz, ha raccontato che tutto questo è successo poiché la donna ha ricevuto forti pressioni da parte di alcuni membri del governo che l'hanno spinta al matrimonio.

"Gulnaz si è sentita dire in continuazione che né lei né sua figlia avrebbero ricevuto protezione se si fosse rifiutata di sposarlo... È diventata praticamente una prigioniera della società.

In quanto donna single ineducata ed abbandonata dalla famiglia, per Gulnaz e sua figlia la sopravvivenza sarebbe stata una strada in salita".

Asadullah, al contrario, dichiara durante l'intervista di averla aiutata col suo gesto:

"Se non l'avessi sposata, secondo le nostre tradizioni, non sarebbe potuta tornare a vivere in società - ha detto - I suoi fratelli non volevano accettare il suo ritorno a casa. Ora non ha nessuno di questi problemi".

"Noi siamo Farkhunda"

"L'Afghanistan sta cominciando a essere un buon posto per le donne... Non è più un luogo per cui dici 'che sfortuna che ha avuto: questa ragazza è nata in Afghanistan'". Rula Ghani, moglie del presidente Ashraf Ghani, si è espressa così il 15 marzo in un'intervista alla Fox News. Quattro giorni dopo, una donna di 27 anni è stata linciata in pieno giorno a Kabul. 
Giuliano Battiston, Il Manifesto ...

L’Espresso
31 03 2015


E' stata uccisa in pieno giorno, pestata da una folla di uomini inferociti, il corpo schiacciato da una pietra pesante. Si è detto di lei che era debole di mente, una poveraccia capitata per caso davanti a un santuario, ingiustamente accusata di aver bruciato il Corano, vittima di un assassinio brutale.

Per la morte della 27enne Farkhunda, avvenuta a Kabul il 19 marzo, sono scese in piazza oltre tremila persone. Molte erano donne, il volto dipinto di rosso a ricordare la sua faccia sfigurata dalle botte. Altre donne hanno portato la sua bara al funerale. A qualche giorno di distanza, una nuova verità emerge: quella di una giovane donna istruita, una studiosa della legge islamica indignata dalle pratiche superstiziose che si svolgevano davanti a uno storico santuario della sua città, uccisa perché distrurbava gli affari dei mercanti del tempio.

E' il New York Times a tirare le somme delle indagini avviate a Kabul all'indomani della sua morte e in seguito all'indignazione popolare per l'accaduto: Farkhunda durante una cena di famiglia aveva annunciato la sua decisione di denunciare pubblicamente la vendita di amuleti porfortuna e preghiere da parte dei mullah come atto di superstizione e contrario all'Islam.

A quanto pare, il suo atto di donna devota e istruita le è costato caro: un uomo ha cominciato a gridare che aveva bruciato il Corano, una folla inferocita le si è radunata intorno, gli uomini hanno cominciato a picchiarla e infine hanno dato fuoco al suo corpo.

Ora, molti la considerano un'eroina, una martire del vero Islam. L'uomo che l'ha falsamente accusata di aver bruciato il Corano è in prigione, e almeno un'altra ventina tra coloro che hanno partecipato al linciaggio sono in carcere.

Il New York Times riferisce ancora che aveva osato dare ai venditori di amuleti del 'mendicante da due rupie' e aveva invitato i fedeli ad andare a pregare in un'altra moschea. Vendicata la sua memoria, resta la paura delle donne di Kabul. Che sanno bene come sia facile morire per strada, solo per aver osato parlare. E aver denunciato, come spesso accade, un 'business' nato dall'ignoranza.

La ribellione delle donne di Kabul che dicono no alle violenze. Sono loro a portare la bara di Farkhunda, la studentessa ventisettenne picchiata a morte dalla folla che l'accusava di aver bruciato una copia del Corano. L'hanno accompagnata in processione fino alla sua tomba. Una protesta senza precedenti che ricorda i funerali di Ozgecan Aslan, anche lei studentessa, stuprata, uccisa e data alle fiamme un mese fa in Turchia.
Viviana Mazza, Il Corriere Della Sera ...

Huffingtonpost
09 02 2015

RIO DE JANEIRO - Non lo sapevo: anche la Colombia è punteggiata da un tappeto di mine che azzoppano e spesso uccidono i contadini impegnati nei campi. Oltre mezzo secolo di guerriglia, di raid militari, di assalti e violenze degli squadroni della morte hanno lasciato sotterrati migliaia di ordigni che le piogge, il tempo e l'assenza di mappe affidabili finiscono per fare scempio di ragazzini, donne, uomini, animali, famiglie intere.

Secondo la Campagna colombiana contra minas (Cccm), un'associazione civile che raccoglie le vittime storpiate da questo vero incubo, le persone colpite in tutto il paese sarebbero 11 mila. Qualcosa che ricorda da vicino l'Afghanistan i cui terreni, molti abbandonati e deserti, sono ancora costellati da milioni di mine. Nessuno conosce la loro esatta posizione. Signori della guerra, soldati dell'Armata rossa sovietica, mujihaddin, Taleban, militari americani e della Coalizione internazionale. Tutti si sono avvicendati negli ultimi quarant'anni tra scorribande e occupazioni. Le piogge incessanti, le mappe perdute o imprecise, la serie interminabile di bombardamenti e di lanci di artiglieria, rendono impossibile un serio inventario. Gli afgani si arrangiano come hanno sempre fatto: delimitano con pietre bianche le zone sicure e circondano con sassi punteggiati di rosso quelle proibite. Ma sono troppo vaste e costose per sminarle; le hanno abbandonate a loro stesse. Non sono pochi i ragazzini che saltano in aria mentre sfrecciano con i loro skateboard nelle periferie delle città.

In Colombia il governo ha iniziato a scandagliare i terreni per anni teatri di scontri e di incursioni tra le Farc e l'esercito. Ma i continui cambi di fronte, le conquiste e le sconfitte, mutano lo scenario e costringono i contadini a usare l'istinto per sopravvivere. L'ultima vittima, racconta Elisabeth Reyes sul Pais, è un ragazzo di 13 anni. Viveva a Caño Limón, un villaggio del dipartimento di Arauca, poco lontano da uno dei giacimenti petroliferi più importanti della Colombia. È saltato su una mina sotterrata nel giardino di casa. Nello scoppio ha perso una gamba, un braccio e un occhio. È sopravvissuto ma possiamo immaginare quale sarà la sua esistenza.

Non si sa come un ordigno simile possa essere scivolato nel pezzo di verde che circondava la fattoria della sua famiglia. Il padre ricorda che dietro la collina che sovrasta la zona si erano accampati per settimane delle pattuglie di soldati. "Quando se ne sono andati è arrivata la guerriglia e ha disseminato l'area di mine", racconta. "Fanno sempre così. Per difesa e per rendere inaccessibili i luoghi".

Auraca è una delle regioni che segue con ansia crescente i colloqui in corso da 18 mesi a L'Avana tra una delegazione delle Farc e quella del governo di Manuel Santos. Attende ciò che in Colombia tutti chiamano il "disimpegno del conflitto": la smilitarizzazione di intere aree adesso al centro della guerra di guerriglia. Guillermo Murcia, 32 anni, fa parte di un gruppo di 60 vittime delle mine, scelte in tutto il paese per incontrare le due delegazioni a Cuba. "Probabilmente", commenta, "finiranno per tacere i fucili ma le mine continueranno a mietere le loro vittime. Sono silenziose, subdole, nascoste. Pronte a colpire. Chi è responsabile di queste trappole deve provvedere a disinnescarle. Con le loro mappe e i loro strumenti".

Ma anche qui, come in Afghanistan, non sarà facile. Non sempre chi ha piazzato gli ordigni ha appuntato sulle carte l'esatta posizione; le piogge filtrano i terreni e l'acqua, con il fango, li rende mobili. Un contadino di 40 anni è saltato in aria il 27 dicembre scorso mentre arava un terreno come faceva da sempre. Nessuno si spiega come quella bomba sia potuta infiltrarsi tra le zolle. La sua proprietà sorge lungo il confine con il Venezuela diventata da anni zona di contrabbando per la benzina e altri generi di prima necessità. Il governo di Caracas ha provveduto a minarla. Ma questo più che frenare il florido commercio illegale ha finito per creare un deserto dove chi non ha nulla, se non il proprio campo, è costretto a zappare e spesso a saltare in aria.

Solo in quest'area ci sono state 28 vittime l'anno scorso; 40 nel Dipartimento di Murcia; 596 in tutto il paese. Il governo colombiano ha creato un battaglione di 394 artificieri che si alternano lungo le aree rurali smilitarizzate dalla guerriglia e dall'esercito. Ma quelle ancora contese non sono state toccate: si stima che almeno 57 località in dieci Dipartimenti sono a rischio. In realtà il numero è ben più alto: 688 municipi hanno chiesto l'intervento degli artificieri. Dovranno attendere. Ci vogliono soldi e più uomini. Ma soprattutto le mappe che una guerriglia vecchia di 60 anni, divisa e un po' desueta, deve fornire. Senza un accordo pieno tra Farc e governo niente bonifica. Il tempo scorre e la nuova classe dirigente colombiana è troppo giovane per attendere l'annuncio di una vera pace che tutti vogliono ma tarda ancora ad arrivare.

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