Abbatto i muri
07 01 2014
by laglasnost
Vi ricordate l’Oriana Fallaci ultima maniera? Scriveva cose perfettamente affini alla politica di Bush e paventava di una presunta minaccia islamica che avrebbe colpito l’occidente. I suoi ultimi scritti, se non erro, furono pubblicati su Il Giornale o Libero. Lei ricevette il plauso del centro destra nel quale spiccava una Santanché intenzionata a liberare le donne dal velo, anche se quelle donne non volevano essere liberate e poi c’erano i leghisti che lanciavano strali per ogni volta che qualcuno pronunciava la parola “moschea”.
In occasione dell’attacco americano in Afghanistan, spacciato per una spedizione di liberazione per le donne, quelle di Rawa dissero che restituire il potere ai talebani non fu esattamente una buona idea. Il punto era che gli americani usarono le donne come giustificazione per buttare bombe in quella terra e piazzare al potere un governo più affine agli interessi economici occidentali. Delle donne, infatti, non gliene fregava un accidenti e il nuovo governo applicò restrizioni alle loro vite senza che Bush battesse ciglio.
La politica anti-islamica è realizzata da Israele che usa la presunta arretratezza culturale e il sessismo palestinese e del mondo arabo in generale come giustificazione per buttare bombe su Gaza e dintorni. L’ossessione per la “minaccia islamica” viene svelata anche nelle politiche di alcuni paesi europei. La Francia, per esempio, non ha mai abbandonato la propria indole neocolonialista e ha fatto molto discutere la posizione dei vari governi, di destra o sinistra, senza distinzione alcuna, uniti nell’idea di dover salvare le donne dalle costrizioni cui sarebbero state sottoposte dagli uomini musulmani. Sempre pronti a vedere il maschilismo altrove, meno che nelle case dei francesi doc, decisero che le donne musulmane non avrebbero potuto usare il velo nei luoghi di lavoro e che avrebbero dovuto civilizzarsi, ovvero “occidentalizzarsi.
Questo genere di posizioni islamofobe sono state diffuse anche dalle Femen, che tra una tetta scoperta e l’altra, soprattutto in Francia, hanno pensato di essere in diritto di usare la faccenda di Amina per andare a offendere i musulmani tutti e a dichiarare le musulmane velate non sane di mente. Ed è questa la cosa più antipatica che emerge dalle posizioni di questi “femminismi” così preoccupati di colonizzare il cuore e la testa delle donne che hanno tutto il diritto di rintracciare entro la propria cultura strategie di liberazione che potrebbero perfino non corrispondere alle nostre. Difficile è per i femminismi neocolonialisti accettare l’idea che non bisogna infantilizzare le donne, in generale, sostituendosi a loro nella proposizione di rivendicazioni e istanze. Chi sono io per dire di cosa avrebbe bisogno una donna musulmana? Chi sono io per dire che quelle donne hanno bisogno di importare il mio concetto di libertà? Senza contare il fatto che per ogni ingerenza occidentale ai percorsi di liberazione autonomi dei vari territori la reazione di difesa di alcuni contesti arabi è quella di imporre ulteriore integralismo e assoluta fedeltà ai loro principi. Basta vedere come si vestivano, prima delle ingerenze americane, le donne in Iran, Palestina, altrove e come si vestono ora. Le donne non portavano il velo e negli anni settanta andavano perfino in minigonna.
Capirete perciò quanto mi stranisce leggere il post di Marina Terragni in cui dal titolo si capisce che le donne occidentali dovrebbero correre ai ripari e rifugiarsi sotto il cappello protettivo delle potenze occidentali per sventare la minaccia “islamista”. Parte con una critica alla misoginia di certi contesti irrispettosi nei confronti delle donne e li addebita all’Islam, come se io dicessi oggi che tutta la misoginia presente in Italia è (de)merito della religione cattolica, senza fare distinzioni tra zone estremamente rigide e zone libertarie e laiche. Parla di culture “tribali” e che l’islamizzazione di vari luoghi “va di pari passo con l’imposizione di quegli usi che hanno a che vedere con la limitazione della libertà femminile”. Parla di una presunta ipocrisia nel rispetto della cultura e delle tradizioni delle donne che “scelgono liberamente di velarsi” e stabilisce che non è vero niente. Da donna occidentale qual è, Marina Terragni, sceglie di sostituirsi alle scelte di quelle donne e stabilisce che non sono libere affatto. Si velano, tutte, perché costrette. E questo è lo stesso principio sostenuto dalle abolizioniste della prostituzione o dalle femministe antiporno quando stabiliscono che le donne sono libere solo quando compiono scelte a loro affini, diversamente sono tutte schiave.
Terragni, in un passo, parla poi della debolezza Europea che avrebbe “ceduto alla forza di quel credo” e non capisco cosa voglia dire. Bisogna impedire loro di praticare la religione in cui credono? Bruciamo le moschee? Arrestiamo la gente musulmana? Li facciamo convertire al cattolicesimo con la forza? E qui mi vengono in mente parentesi inquisitorie descritte dallo storico Renda quando parla, per esempio, dell’operato di nobili e cardinali ai danni di persone di religione musulmana obbligate, con la forza, a convertirsi. Lo stesso veniva fatto, tanto per capirci, con gli ebrei, perchè quando si prende la via dell’imposizione di un’idea superiore alla quale tutti dovrebbero sottomettersi non si capisce davvero quale possa essere il limite.
Terragni però dice che la tolleranza e l’atteggiamento dialogante sarebbe frutto di “Ignavia borghese” (?!?) e che lei, a differenza di altre, non vuole più tacere. Dichiara di voler rompere il silenzio e di riconoscere la “misoginia come costitutiva dell’islamismo”.
Ho avuto modo di conoscere molte persone di mentalità diversa dalla mia e mai mi sono sognata di parlare di misoginia costitutiva di questa o quella cultura. Parto dal presupposto che per me un po’ tutte le religioni sono origine di pensieri di superiorità, ora di quella etnia e ora dell’altra. Non mi riesce semplice parlare di quel che si potrebbe fare per le donne di tutto il mondo perché per me il problema non sono le “religioni” o i contesti nei quali queste donne tentano un percorso di emancipazione. Il maschilismo è presente ovunque e mi risulta che le leggi a tutela delle donne che subiscono violenza non discriminino nessuno, a meno che non si voglia fare diventare il tema della violenza sulle donne qualcosa a sfondo etnico quando sappiamo benissimo che le donne subiscono violenza principalmente dagli italiani.
Dunque a cosa si mira? A leggi discriminatorie e un po’ razziste come quella francese? A norme dettate da una mentalità sovradeterminante e destrorsa che intende colonizzare la testa delle donne che non ci somigliano? E davvero si ritiene così di favorire i percorsi di liberazione? O piuttosto capiterà di vedere quelle donne rifugiarsi in un integralismo ancora più diffuso?
Io non porto il velo, e l’imposizione che avverto oggi è quella che riguarda l’esposizione del mio corpo. Un’altra religione, femminil/femminista, dice che il mio corpo nudo rappresenterebbe un mancato rispetto della mia dignità di persona. Le donne che portano il velo si sentono dire che dovrebbero toglierlo per mostrare di essere più libere. Quando ci convinceremo del fatto che la libertà delle donne non è frutto dell’imposizione di chi vuole colonizzare il mondo con una sola idea di libertà? Quando ci convinceremo del fatto che le donne sono tante e diverse e dobbiamo accettarle e crescere con loro, nel pieno rispetto delle loro culture? Quando ci convinceremo del fatto che bisognerebbe supportare le rivendicazioni a partire da chi le espone in propria rappresentanza, a nome proprio e non a nome di altre che così diventano mute e invisibili? Quante volte le donne dovranno sentirsi dire che non è affatto vero che sono libere anche se dichiarano di esserlo?
Appena ieri scrivevo di un femminismo che infantilizza le donne. Ecco: il percorso inverso sarebbe quello di chiedere alle dirette interessate cominciano a considerarle soggetti invece che oggetto: voi, donne dell’Islam, musulmane, arabe, quel che volete voi, cosa desiderate? Quali sono le vostre rivendicazioni? In cosa io posso esservi utile? In cosa la Terragni può esservi utile?
Globalist
11 11 2014
Martedì 8 ottobre sono stati impiccati a Kabul cinque uomini ritenuti responsabili dello stupro di quattro donne avvenuto il 23 agosto scorso. A nulla sono serviti gli appelli di Amnesty international per evitare l'esecuzione, ma non si tratta certo di una eccezione in Afghanistan. «È però la prima volta negli ultimi tredici anni che qualcuno viene condannato per uno stupro. Le violenze contro le donne sono all'ordine del giorno in Afghanistan, ma non sono mai punite, anzi a volte sono le vittime ad essere incarcerate», sostiene Mariam Rawi di Rawa (Revolutionary association of the women of Afghanistan) appena arrivata in Italia su invito del Cisda.
Secondo Mariam tuttavia ad essere impiccati non sarebbero i veri responsabili dello stupro, a compiere l'orrenda violenza sarebbero stati due comandanti al servizio e protetti dal leader fondamentalista Sayyaf. Ora sarebbero fuggiti all'estero. Con Mariam Rawi abbiamo parlato anche delle novità portate dal nuovo governo.
Il primo atto del nuovo presidente afghano, Ghani, è stata la firma dell'accordo Usa-Afghanistan che Karzai si era rifiutato di sottoscrivere. L'Accordo permette agli Usa di mantenere in Afghanistan circa 10.000 uomini (più altri 5.000 della Nato) dopo il ritiro previsto alla fine dell'anno.
Questo accordo rappresenta la legalizzazione della presenza Usa in Afghanistan. Anche se l'accordo non fosse stato firmato non credo che gli americani se ne sarebbero andati. Hanno una presenza militare, interessi economici e hanno investito molti soldi, quindi vogliono trarne dei benefici. Le basi militari permetteno anche il controllo del traffico della droga. Con l'accordo gli americani possono fare e stare quanto vogliono. La differenza rispetto al passato è che quando c'è una occupazione c'è anche resistenza. Ora c'è solo molta confusione. Soprattutto, con la garanzia di impunità per i militari le truppe Usa hanno le mani libere per commettere qualsiasi crimine contro la popolazione. Si tratta di un patto tra un padrone e un servo ed è chiaro che a beneficiarne saranno solo gli Usa. Inoltre questo accordo ha un grande impatto sulla regione, soprattutto nei confronti dei nostri vicini come Cina e Russia. Nel caso di una guerra con i paesi della regione l'Afghanistan sarà la base militare per gli Usa.
Ci sono state reazioni?
Due tipi: una minoranza di afghani - costituita da intellettuali che hanno servito Karzai, gli Usa e i signori della guerra, oppure Ong - apprezza l'accordo perché cambierà il destino dell'Aghanistan. Ma per la maggioranza della popolazione - dai negozianti, ai taxisti alla gente senza istruzione - non ci sarà nessun cambiamento positivo, anzi sostengono che il nostro governo ha svenduto l'Afghanistan. Quindi è contraria.
Con il nuovo governo la situazione non migliora rispetto ai tempi di Karzai.
Dopo le elezioni, false e truccate, ci sono stati sei mesi di crisi con trattative, dietro le quali vi erano le forze straniere che volevano rimettere insieme i vari gruppi che hanno servito gli Usa. Il nuovo governo non rappresenta il popolo afghano e non può essere unito, perché è sostenuto dai peggiori elementi - signori della guerra e comandanti, tra i quali lo sfidante di Ghani Abdullah con poteri da premier e Dostum vice-presidente - in perenne lotta tra di loro. Non si conosce ancora la formazione del gabinetto, ma c'è una guerra sotterranea tra criminali fondamentalisti, tra i quali Hekmatyar e Sayyaf, per ottenere un posto di ministro.
In effetti è difficile immaginare che ora i maggiori rivali si mettano d'accordo.
Durante il conteggio dei voti, sapendo che la situazione non si sarebbe risolta pacificamente, i due contendenti hanno distribuito armi alla popolazione e reclutato nuovi comandanti locali su base etnica e tribale perché preprassero azioni militari.
Peggio di prima.
Sì perché era in corso un processo di disarmo, ma ora la popolazione è stata riarmata e questo incoraggerà l'uso delle armi. La gente è preoccupata per quello che potrà succedere perché tra i nemici al potere le differenze non sono solo politiche.
Agli Usa come può convenire questa soluzione che non garantisce stabilità?
Finché la crisi è profonda gli Usa potranno trarre maggiori benefici. 13 anni fa hanno invaso l'Afghanistan per combattere i taleban e - dicevano - per portare democrazia e i diritti delle donne -, ora che dovrebbero ritirarsi trovano altre ragioni per giustificare la loro presenza. Credo che una delle ragioni per cui hanno fatto questo governo è perché fine la popolazione preferirà gli americani ai signori della guerra al potere.
Si può prevedere una nuova guerra tra i signori della guerra?
Dipende da cosa faranno gli americani. I taleban ora sono divisi: una piccola parte sta con gli iraniani, un'altra con il governo pachistano, altri ancora con gli americani, anche se sono stati una creazione degli americani e continuano ad essere foraggiati dagli Usa.
I taleban boicotteranno il governo?
In un comunicato hanno detto questo. I taleban sono contro le forze straniere ma ricavano le loro risorse dai militari e dalle aziende occidentali che per stare in pace e far passare i loro convogli pagano. Inoltre gli Usa hanno bisogno di un nemico per portare avanti azioni militari. Tutti gli attentati sono attribuiti ai taleban ma è difficile individuare i responsabili (iraniani, pachistani, etc.). Inoltre la tattica dei taleban è cambiata. Non più attacchi suicidi: ora uccidono chi lavora con il governo, decapitano (come lo Stato islamico) donne e bambini, entrano nelle case e pretendono il «pizzo». Dopo tredici anni di guerra i taleban sono ancora più forti».
Ci sono legami tra i taleban e l'Is?
Ufficialmente no, ma la natura è la stessa e anche il comportamento.
il manifesto 8 ottobre 2014