Il Corriere della Sera
25 03 2014
«Sull’amore e sulle relazioni d’amore c’è un grande malinteso nato da una tradizione millenaria che legge l’amore come desiderio in rapporto a una mancanza. Ovvero desidero ciò che non ho. Per me invece è il contrario: amare vuole dire desiderare ciò che si ha. E dunque l’amore è qualcosa che va alimentato e non può prescindere da amicizia, vicinanza, prossimità». Simona Marino, docente di filosofia morale, nonché assessora alle Pari Opportunità al Comune di Napoli, martedì 1 aprile parlerà di “educazione sentimentale” come antidoto alla violenza durante il «Festival delle donne e dei saperi di genere. Nel segno delle differenze». Un evento in scena a Bari con incontri, spettacoli teatrali, mostre e film: dopo aver scandagliato le figure di Ipazia, Simone Weil e Carla Lonzi, in questa terza edizione vengono affrontati temi come la differenza femminile in rapporto alle altre identità sessuali, il corpo e l’identità, la violenza patriarcale esplorata dagli uomini, i femminismi delle altre, ovvero delle donne islamiche doppiamente discriminate.
Le “relazioni messe a nudo” sono l’argomento al centro della riflessione di Simona Marino, che spiega: «Amare significa stare a fianco dell’altro, sostenerlo. Non a caso ho intitolato “Vicinanza” un capitolo del libro scritto a due mani con il mio compagno, il filosofo Giuseppe Ferraro. Molte donne mi dicono “io parlo e lui non mi ascolta… non sa chi sono, non sa che cosa penso”. Oppure “lui interpreta, sa già quello che io devo dire..”. Penso a L’attesa e l’oblio di Maurice Blanchot dove lui continua a dirle “voglio sapere la verità” e lei continua a insistere: “ma te la sto già dicendo…”». Il fatto, come spiega Simona, è che uomini e donne parlano due linguaggi differenti. È questo il problema: trovarsi di fronte a una differenza “irrimediabile” e anche dolorosa perché noi per tradizione crediamo all’amore come a qualcosa di fusionale. Ma alla donna accade di perdersi in quell’uno. E dunque non ci si ascolta, non si crede all’altra/o. E così nascono gelosia e senso di possesso che inquinano le relazioni e generano violenza.
L’assessora, che con il dipartimento ministeriale delle Pari Opportunità ha ideato il progetto “Etica dei sentimenti ed educazione ai sentimenti”, racconta la sua esperienza nelle scuole medie e superiori del Comune di Napoli.
«Incontro giovanissime che si lamentano: il mio ragazzo non vuole che vada in gita, mi controlla sempre il cellulare… Allora chiedo a lui: “E se la tua ragazza volesse fare un corso di danza?”. “Ah, quello glielo potrei pure concedere”, mi risponde. Ma che cos’è una concessione se non ciò che tu fai a chi ti appartiene. Uscire da questa logica è doloroso, è un passaggio lacerante ma è questo il lavoro che va fatto. Occorre accogliere e accettare la differenza, educarsi all’altro come a uno sconosciuto. E poi attraversare questo spazio vuoto con le braccia cariche di doni»
Ma in concreto come è possibile diffondere questa educazione sentimentale così “controcorrente”, visto che il linguaggio di pubblicità e media va spesso in senso opposto? Il primo passo per le ragazze è cominciare ad amare se stesse. Se è sempre lo sguardo dell’altro che ti fa sentire bella, se sono sue le mani che ti modellano il corpo, allora tu gli appartieni. Sembra una cosa romantica ma, nota Simona Marino, è una condanna mortale. I rapporti sono inevitabilmente asimmetrici ma questa asimmetria non deve essere potere di uno sull’altro, bensì rafforzamento reciproco.
«Bisogna educare ragazzi e ragazze a vivere l’altra/o come qualcuno a cui stare vicino. Il nuovo verbo è credere, l’altro non lo puoi conoscere del tutto, ma devi credergli, e questo significa non giudicare ma rispettare i suoi silenzi e i suoi tempi»
Il progetto portato avanti dall’assessora alle Pari Opportunità si concretizza in una serie di incontri che non casualmente si svolgono nell’orario scolastico (devono essere vissuti come una ricerca essenziale, non come un optional…) ma fuori dalle aule. Nella scuola media Gigante, a Fuorigrotta, il luogo dove alunni e insegnanti hanno portato divani e tappeti è stato battezzato “il salotto del pensiero”. Spiega ancora Simona: «Sono tutti seduti attorno a me e parliamo di sentimenti. Cominciamo, ad esempio, con la paura e tutti spiegano di che cosa hanno paura, in realtà passerebbero giornate intere a raccontarsi. Dalla paura all’amicizia, che è importantissima a quell’età… Li faccio parlare, poi raccogliamo i vissuti, li elaboriamo e costruiamo una storia a cui partecipa tutta la classe. A volte emergono anche conflitti, situazioni drammatiche».
Cultura dei sentimenti, dunque, per contrastare la violenza e il silenzio delle donne. Una riflessione che attraversa l’esperienza personale: Simona Marino ha scritto con il compagno Amore differenza mondo. Un’educazione sentimentale (Napoli 1994), sorta di dialogo a distanza che rilegge il proprio percorso di coppia attraverso la filosofia e la letteratura.
«Il libro nasce in un momento difficile in cui le parole tra noi non bastavano più. La nostra è stata la classica storia d’amore esplosa all’università dove eravamo colleghi. Io ero sposata con un altro, lui fidanzatissimo con un’altra. Lui appartiene al proletariato suburbano, io, molto borghese, al centro di Napoli. Ma avevamo tante lotte comuni alle spalle e ci ritrovavamo sempre dalla stessa parte. Una grande intesa, un’amicizia e poi l’amore che costò anche molta sofferenza, io avevo all’epoca una bimba di due anni e mezzo… Quando abbiamo cominciato a scrivere il libro, avevamo già fatto un lungo percorso insieme. L’ultimo capitolo s’intitola “Per-dono” perché nell’amore come l’abbiamo inteso e raccontato la fiducia e la vicinanza sostituiscono la colpa e il tradimento. Se non c’è appartenenza ma solo vicinanza non possiamo consegnarci totalmente all’altro/a. Noi diciamo “io sono quasi tuo”, “tu sei quasi mia”. E in quel quasi lasciamo vivere tutte le fragilità, le paure e incertezze della relazione in un percorso che passa sulla nostra carne viva e continua e si rinnova con inevitabile cadute. Per questo parlo di “educazione” perché non è naturale passare da uno stadio a un altro, da una visione a un’altra».
Accanto all’intervento di Simona Marino, il Festival, promosso quest’anno dal Centro interdipartimentale di Studi sulla Cultura di genere dell’Università “Aldo Moro” di Bari, ha proposto molti temi stimolanti cercando di uscire da un certo “settarismo” femminista con il contributo di note studiose, come Maria Luisa Boccia o Lea Melandri. Spiega l’ideatrice, la filosofa Francesca R. Recchia Luciani: «Nelle edizioni passate abbiamo ricostruito alcune tappe fondamentali del femminismo, ora cerchiamo di capire che relazione c’è tra il femminismo e le identità sessuali altre che chiedono un riconoscimento attraverso i diritti. Restiamo fortemente ancorate al territorio attraverso tre associazioni che ci supportano, l’Arci lesbica, il Centro anti violenza “La luna nel pozzo” e “Link-Coordinamento studenti” e cerchiamo di dare spazio alle istanze del nuovo femminismo».
Prossimi appuntamenti: mercoledì 26 marzo, “Violenza de-genere” con l’antropologo Cristiano Maria Bellei, Stefano Ciccone, presidente dell’Associazione Maschile Plurale, e lo scrittore Christian Raimo; martedì 1 aprile, “Relazioni messe a nudo” con Simona Marino, la psicoanalista Mary Nicotra e Anna De Vanna, responsabile del Centro anti violenza “La luna nel pozzo”; giovedì 3 aprile, “I femminismi delle altre: differenze, intercultura, formazione”, con la studiosa di cultura iraniana Anna Vanzan.