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Redattore Sociale
25 09 2015

Si chiama “Click! Autobiografie fotografiche” e fa vedere cosa accade, o può accedere, quando l'autismo incontra l'arte e la cultura della migrazione. Cosa è accaduto, in questo caso, durante i due laboratori che hanno coinvolto un gruppo di adolescenti con autismo del Liceo artistico statale “Via Ripetta” di Roma, guidati dalle professoresse Piemonte e De Simone. Il primo laboratorio, “I cinque sensi”, realizzato in collaborazione con l'associazione Dynamis, ha preso il via dal labirinto disegnato da uno degli studenti autistici del liceo, che ha ispirato la creazione di una vera e propria installazione, “Il labirinto di Icaro involato”, esposta anche al Maxxi, in occasione della Giornata mondiale di consapevolezza dell'autismo.

Al laboratorio hanno preso parte anche minori stranieri in transito in Italia, accanto agli studenti, disabili e non, del Liceo artistico. Laboratorio di inclusione e integrazione per eccellenza, quindi, grazie alla sinergia tra la onlus Insettopia e la rete InTransit, che si è recentemente costituita tra lo stesso liceo e l'associazione Civico zero, l'Archivio delle memorie migranti, l'Istituto centrale beni sonori e audiovisivi, il circolo Gianni Bosio e la onlus Pianoterra. Obiettivo della rete è proprio creare momenti di incontro e di scambio tra giovani italiani e stranieri, disabili e non, a partire anche dalla condivisione dall'esperienza artistica.

Sulla stessa traccia si muove il secondo il secondo laboratorio di inclusione e integrazione realizzato all'interno dello stesso liceo artistico: si chiama “Autobiografie fotografiche” e nasce dall'incontro tra gli studenti e un fotografo “migrante”, Mohamed Keita: un'esperienza che sarà presto raccontata anche in un film, girato da Federico Triulzi, oltre che in un libro curato dalle due professoresse Piemonte e De Simone, di prossima uscita. I ragazzi hanno appreso dal fotografo l'arte dello scatto e hanno dato prova delle capacità acquisite con una serie di immagini, che saranno presto esposte in una galleria romana. La fotografia, in questo caso, come strumento di riappropriazione del mondo da parte di ragazzi che spesso faticano a sentirlo proprio: primi fra questi, i ragazzi con autismo.

“La forza e la novità dell'esperienza è stata proprio la volontà di costruzione di un dialogo tra la scuola, le altre istituzioni ed il mondo delle associazioni – spiega Piemonte - che ha permesso di sensibilizzare e far conoscere ad un pubblico sempre più ampio la cultura ed il valore della neurodiversità, significativamente in comunicazione con il mondo e la cultura della migrazione.

La scuola, sempre più è chiamata ad attivare una didattica della ricerca-azione, partecipativa ed aperta al territorio, che promuova un 'laboratorio culturale permanente integrato al territorio', anche riferendosi alle esperienze già avviate in tal senso. Le relazioni interculturali ed interetniche – continua – e le pratiche di inclusione sociale, infatti, riguardano tutti, non solo gli stranieri. Così la valorizzazione della cultura della neurodiversità. Nessuna esperienza didattica di inclusione che si connoti quale percorso di accoglienza, relazione o, più semplicemente ascolto, può avvenire e concludersi al chiuso delle aule scolastiche. E' oramai vitale la necessità di individuare strategie comuni, tese a familiarizzare gli studenti, con le diverse culture che abitano il mondo, molte delle quali presenti e già ben radicate in Italia, a Roma”.

Ricordiamo che questo è stato

falcone-e-borsellinoSiamo stati in guerra, anche se ufficialmente nessuno l'aveva dichiarata. Un grande conflitto scatenato da un'organizzazione mafiosa che dopo essere andata a braccetto con i politici, nel 1992 ha sfidato lo Stato.
Lirio Abbate, l'Espresso ...
la Repubblica
10 07 2015

La foto di Daniel che studia sotto alla luce di un lampione ha girato il mondo e commosso milioni di persone. La sera del 23 giugno Joyce Gilos Torrefranca, una studentessa dell’università di Cebu, l’aveva fotografato e messo su Facebook con la didascalia: “Un bambino mi ha ispirata”.

Ed ora lo rivediamo, sempre alle prese coi libri, ma seduto comodamente a un banco di scuola della città di Mandaje. Daniel ha ricevuto abbastanza donazioni per realizzare il suo sogno: studiare per indossare un giorno l'uniforme della polizia.

La madre ha reso noto che gli è stata affidata anche una borsa di studio universitaria.

Daniel che studia alla luce dei lampioni

  • Venerdì, 03 Luglio 2015 08:53 ,
  • Pubblicato in Flash news

la Repubblica
03 07 2015

La fotografia del bambino filippino che fa i compiti alla luce di un lampione l`avrete vista quasi tutti, e avrete cuccato "mi piace" e condiviso con più entusiasmo del solito. (Ieri le condivisioni su Repubblica.it erano 60 mila).

La sera del 23 giugno Joyce Gilos Torrefranca, una studentessa dell`università di Cebu, l`aveva fotografato e messo su Facebook con la sobria didascalia: "Un bambino mi ha ispirata".

Adesso raccontiamo la storia intera, che anche dopo essere andata così lontano dalla sua luce di lampione non perde di poesia. ...

Nello Yemen senza benzina, le donne vanno in bici

  • Venerdì, 22 Maggio 2015 12:11 ,
  • Pubblicato in Flash news

Globalist
22 05 2015

I bombardamenti saudita sullo Yemen hanno fatto sì che il paese sia rimasto a secco di carburante. Gli uomini a Sanaa sono stati costretti quindi ad inventarsi un modo per far muovere le proprie macchine: c'è chi usa carburanti alternativi, chi ha deciso di utilizzare le bombole a gas. Anche le donne quindi si devono adattare a questa nuova situazione e c'è chi, andando contro la tradizione, ha pensato alla bicicletta come mezzo da utilizzare in questa situazione di emergenza, nonostante per gli yemeniti più conservatori questa sia una "pratica" impudica, perché mette in mostra parti del corpo della donna.

A lanciare questa moda è stata la freelance Bushra al-Fusail, che ha creato una pagina su Facebook ed è riuscita a convincere altre donne a fare giro in bicicletta per Sanaa. "E 'assolutamente ingiusto che gli uomini possono muoversi facilmente usando le loro biciclette, mentre le donne sono costrette a rimanere a casa. La mancanza di benzina significa che noi donne non possiamo andare al lavoro, che non possiamo aiutare la nostra famiglia. Unisciti a noi!" ha scritto Fusail sul social network.

Le yemente (una ventina in tutto) si sono date appuntamento in una strada molto trafficata che costeggia il palazzo presidenziale: in molte erano vestite con gli abiti tradizionali e hanno pedalato per un'ora e mezza intorno alla moschea, mentre Fusail le immortalava nelle sue fotografie.

Gli scatti, che hanno subito fatto i giro del web, sono state accolte con decine di commenti furiosi: "Non può essere vero, queste immagini sono state photoshoppate", ha commentato un uomo. E ancora: "Quelli non sono donne, sono uomini vestiti da donne", ha scritto un altro.

Fusail, però, dal canto suo ha spiegato che, all'intolleranza degli uomini, molte donne hanno reagito positivamente a questo inaspettato giro in bici delle donne: "Pensavo che la gente avrebbe riso di noi o avrebbero cercato di impedirci di andare in bicicletta, ma non è stato così: alcune persone ci hanno incoraggiato, e questo ci ha motivati a continuare". Ha poi aggiunto: "Questo giro in bici è stato il nostro modo di dimostrare che nulla ci può fermare né le bombe né i tabà culturali: abbiamo il diritto di vivere e il diritto di muoverci per la città".

In molte, ha spiegato la freelance, hanno deciso di seguire l'esempio di queste prime pioniere della biciclette: tante ragazze hanno infatti scritto su facebook di voler imparare a pedalare.

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