GiULiA
25 02 2014
E adesso che si fa? Adesso che ne hanno nominate ben otto? Già ce le immaginiamo le colleghe e i colleghi delle redazioni centrali di giornali e tv, in eterno affanno nel già caotico traffico di titoli e catenacci, a correggere fino a tarda notte un titolo qua e una didascalia lì. Col ridicolo risultato - sotto gli occhi di tutti - di scambiare la lingua italiana per un optional letterario dove ognuno può dire la sua. Insomma, è come se non ci fossero precise e ferree regole grammaticali per cui ogni giornalista si sente in diritto di operare in un totale sgangheramento lessicale e morfologico. Tutto, pur di non nominarle mai queste donne che - miracolo! - adesso compongono al 50% il nuovo governo di Matteo Renzi.
Qualche esempio? Ce ne sono a decina, basta sfogliare quotidiani, settimanali, mensili o dedicarsi pochi minuti al web. Ne citiamo uno per tutti, dalla Repubblica di sabato scorso 22 febbraio, giorno successivo alla presentazione della lista dei dicasteri. A pagina 6, titolino. La squadra. Titolo: Nomi nuovi e l'obiettivo 2018. Napolitano: ultima chance. Occhiello: Oggi il giuramento. Il Colle: sul governo timbro di Renzi. Un bel paginone con le fotine per intero delle ministre, su fondo rosa (una vera sciccheria, e ovviamente a figura intera perché quando si parla di donne bisogna sempre mostrare scarpette e tailleur, scollature e stringhe a pois...).
Si comincia con gli Esteri, Federica Mogherini, Pd, 41 anni "terza donna alla Farnesina dopo Susanna Agnelli e Emma Bonino". E fino a qui, niente da dire. Quindi si passa alla Difesa: "Roberta Pinotti, Pd, 53 anni, genovese, ex Pci e Ds, professoressa di liceo, è stata sottosegretario alla Difesa con Letta. Ora il grande salto". Perché sottosegretario? Allora si poteva anche scrivere: professore, invece di professoressa. E' curiosa questa dicotomia. Ma la concordanza dei generi non ci ha insegnato nulla? Non è possibile essere una volta donna e quella successiva, un uomo. Bastava semplicemente scrivere (e dire): sottosegretaria alla Difesa. Che è, la parola segretaria non ci piace?
Mi auto-cito, da un articolo che ho scritto qualche tempo fa pubblicato qui, su Giulia Globalist: "Pensate un momento alla parola segretaria, declinata da subito al femminile, dagli anni Sessanta in poi, è stata, purtroppo, spesso svilita e vilipesa nel ruolo. Bene, come sappiamo, esiste anche il segretario, ma non in quella accezione lì. E infatti ecco che il vocabolo si nobilita e diventa Franco Siddi, segretario della Fnsi. E deve essere davvero nobile se anche Susanna Camusso ci tiene a farsi chiamare segretario della Cgil, e guai a chiamarla segretaria. Ma perché se declinata al maschile, la parola immediatamente assume un connotato nobile, se al femminile no? E questo pone un'altra, delicatissima questione. Noi, noi donne, giornaliste, scrittrici, sceneggiatrici, operatrici della comunicazione. Possibile che dobbiamo esser contente di chiamarci e farci chiamare come se fossimo uomini? Quando capiremo, parafrasando Wittgenstein, che ciò che non si dice non esiste e dunque che, se non ci vedono quando parliamo, discutiamo, scriviamo, non esisteremo mai? Pensateci: un termine coniugato al maschile spinge automaticamente la nostra mente a pensare a un uomo. Ancora: tutti dicevano "Il direttore dell'Unità, Concita De Gregorio", ma poi ecco "La direttrice dell'asilo, Cinzia Lojacono". Ma perché un direttore di giornale è importante e dunque maschile, mentre dirigere un asilo è confinato nel ghetto di una roba da donne, anzi da donnette?".
Torniamo a Repubblica e alle nostre ministre. Sviluppo, "Federica Guidi, tecnico, 45 anni. Imprenditrice, è stata presidente dei giovani di Confindustria". Anche qui, tecnico ma subito dopo imprenditrice. Qualcuna mi spiegherà prima o poi perché non dovremmo dire tecnica, allo stesso modo di maestra/maestro, operaia/operaio, della serie - scuola primaria - le parole che in italiano finiscono in O, al femminile si declinano in A. Vallo poi a spiegare alle migranti che vengono al corso di italiano! (clicca sul titolo per continuare a leggere)
Andiamo avanti. Riforme, Maria Elena Boschi, Pd, 33 anni. "Avvocato, renziana, è soprannominata Faccia d'angelo. E' la più giovane ministra del governo". L'HA DETTO! Anzi, l'ha scritto! La collega o il collega di Repubblica ha scritto ministra. Ma allora, cavolo, si può scrivere! E perché stavolta sì, e tante altre no? Perché la lingua italiana è a discrezione dell'ignorante di turno (quello che non lo scrive, ovviamente)? E perché avvocato e non avvocata? Secondo le indicazioni del noto linguista Aldo Gabrielli, uno dei più autorevoli studiosi della lingua italiana del XX secolo, è sbagliato. Infatti, già nel 1976 (quasi quarant'anni fa) nel suo Si dice o non si dice, spiegava: "Da una terminazione maschile in -o, nasce il femminile in -a, dunque deputato, deputata. Tanto più che qui si tratta di un participio passato del verbo deputare: cioè persona deputata a rappresentare in Parlamento gli elettori. Per avvocato, la stessa cosa, altro participio passato, questo di origine latina: advocatus, da advocare, chiamare presso, cioè persona chiamata presso chi deve essere assistito in un giudizio. Maschile in -o, femminile in -a: avvocata e guai ad usare avvocatessa. Per non parlare dei ministri in gonnella". Bisogna riconoscere che l'orgasmo linguistico può toccare vette insormontabili: ma se il femminile di sinistro è sinistra, mi chiedo, perché il femminile di ministro non può essere ministra? E quello di avvocato, avvocata?
Andiamo avanti, ce ne mancano ancora quattro. Vediamo un po'. Al ministero della Salute, Beatrice Lorenzin, Ncd, "ex fedelissima di Berlusconi". All'Istruzione, Stefania Giannini, Sc, 53 anni. "Segretario di Scelta Civica ed ex rettrice dell'Università italiana per Stranieri di Perugia. Sostituisce la Carrozza". A parte le risate a 64 denti per quest'ultima frasetta "sostituisce la Carrozza", ci verrebbe da rispondere "e chi ci mette il cavallo"? Per dire, possibile che i nostri meravigliosi mezzi di comunicazione debbano citare le donne con l'articolo davanti? Diremmo mai il Renzi, il Napolitano? Al di là delle cadenze dialettali (nelle Marche, in Umbria, in Toscana, in molto Nord, ma non al Sud), la lingua dovrebbe essere univoca, o no? E comunque, anche qui, rieccolo: segretario, e subito dopo ex rettrice. Ma insomma, è sempre la stessa persona? O parliamo di due persone diverse, di cui uno è un uomo, il sottosegretario, per l'appunto?
Alla Semplificazione, Mariana Madia, Pd, 33 anni. "Responsabile Lavoro del Pd, è il secondo ministro più giovane del governo Renzi dopo la Boschi". Fermiamoci un momento. Maria Elena Boschi, dice Repubblica, è la ministra delle Riforme. Un po' più avanti, stessa pagina, stesso articolo, Marianna Madia è un ministro. Ci volete spiegare? Per fortuna che ha un bel pancione, a scanso di equivoci. È una donna, sì, una donna incinta, che è stata nominata ministra. Anche qui, notiamo la dicitura piuttosto scatologica e oggettivizzante "dopo la Boschi".
Ma arriviamo alla conclusione, e cioè al ministero per gli Affari Regionali. "Maria C. Lanzetta, Pd, 58 anni, civatiana e già sindaco di Monasterace (Reggio Calabria), è da tempo nel mirino della 'Ndrangheta che la minaccia". Mi arrendo. Ho solo la forza di riportare, ancora, quel che afferma Aldo Gabrielli a questo proposito: "La grammatica italiana insegna una cosa elementare: che per gli uomini esiste un maschile e per le donne un femminile, non si può fare eccezione per un sindaco o per un ambasciatore". Raccontando di come, un tempo, tutti i pittori erano maschi, almeno quelli celebri. "Ma ecco che tra il Seicento e il Settecento spuntano due astri pittorici femminili, Artemisia Gentileschi e, mezzo secolo più tardi, Rosalba Carriera. Fino ad allora si era usata la sola parola pittore, con le varianti più antiche dipintore e pintore, ma qualcuno voleva classificare anche queste donne artiste, e sorse il problema linguistico: come definirle? Il latino classico offriva solo pictor, pictoris maschile. Esisteva però un aggettivo femminile, pictrix, pictricis, creato nel basso latino: si diceva, per esempio, natura pictrix, natura pittrice. A questo aggettivo si rifecero i letterati dell'epoca sostantivandolo, e dissero: la pittrice Artemisia Gentileschi, la pittrice Rosalba Carriera. Da allora, la parola pittrice diventò comune nell'uso e nessuno oggi penserebbe di poter dire che Gentileschi e Carriera furono due celebri pittori". Ps. Abbiamo sorvolato sugli aspetti politici di tutto questo sgrammaticato scrivere. Una cosa per volta. Nel frattempo, se avete altri esempi, articoli, titoli, occhielli, commenti, editoriali, dove si scrive in italiano, segnalateceli. Li pubblicheremo nella nostra rubrica settimanale "L'italiano con la A" sul sito www.loscioperodelledonne.it e su Fb.
Globalist
21 02 2014
Quando i media parlano di violenza sulle donne, spesso si ha l'impressione che chi scrive cerchi di farlo indirizzando chi legge verso un racconto quasi consolatorio e tranquillizzante, se non autoassolutorio. Si parla di orchi, mostri, raptus, drammi, prostituzione, denaro evitando accuratamente di nominare la violenza per quello che è.
Raccontando un orrendo fatto di cronaca, ad esempio, si scriverà prostituta rumena di vent'anni e non "donna di vent'anni" violentata per sedici ore. Dire "prostituta rumena" piuttosto che "donna", colloca la violenza in un determinato ambito, quello della prostituzione, dell'illegalità, della povertà. In questo modo le "persone per bene" potranno non sentirsi coinvolte. Oh, sì, si prova molta pena per questa "prostituta rumena", ma in qualche modo la violenza e l'orrore possono essere percepiti quasi come qualcosa di "comprensibile".
Insomma, se fai la puttana la violenza fa parte del gioco.
Se poi una ragazza di diciassette anni, incinta, verrà massacrata di botte dal fidanzato di otto anni più grande perché non vuole abortire, allora si sottolineerà che lei è "figlia di una famiglia borghese che risiede in una strada tra le più eleganti di Ostia, via delle Baleniere, studentessa ben educata e perbene. Lui, operaio in un albergo di Fiumicino, 25 anni, figlio di immigrati sudamericani stabilitisi in Sicilia e arrivato a Roma in cerca di un futuro migliore."
Anche così la violenza viene ridimensionata, riportata su un binario rassicurante: lui l'ha massacrata perché è un operaio ignorante, un rozzo figlio di immigrati e lei una studentessa borghese bene educata. La violenza di genere viene allora raccontata quasi fosse odio di classe, il violento è altro da noi, è povero, rozzo, incolto. Non ci si può aspettare altro da gente così. Immigrato, per giunta.
Eppure i fatti raccontano ben altro. I fatti dicono che la violenza di genere è trasversale, interclassista, internazionalista. Lo stupratore e il femminicida non sono "orchi", non sono "mostri" e continuare a usare certe parole per raccontarli minimizza la violenza, la sposta sul piano dell'illogico, dell'assurdo. Del raptus inspiegabile.
Dirlo apertamente, però, potrebbe turbare troppo l'opinione pubblica, quindi molto meglio soffermarsi su ciò che è fuori dalla "normalità", per sentirci tutte e tutti protetti, sicuri e lontani.
Lorenza Valentini
La Repubblica
11 02 2014
SBARCA in edicola pagina99, un quotidiano che punta sull'economia e la cultura per leggere l'attualità e le notizie con una chiave nuova. Inchieste, analisi, commenti per spiegare in modo semplice quello che accade in tempi di crisi. ''Vorremmo dare voce a quelli che fanno le cose e che non vivono di rendita. Sappiamo che non sarà facile, ma è giusto provare, c'è un paese che ha voglia di ripartire', spiegano nell'editoriale di presentazione on line i tre direttori, Roberta Carlini, Emanuele Bevilacqua, Jacopo Barigazzi.
Il sito e il giornale. "Nei momenti come questo di crisi, ma anche di vasta diffusione di informazioni, c'è bisogno di competenza. Per questo al lettore interessa l'approfondimento sulla cultura e l'economia. Punteremo anche sul data journalism, cercando di leggere in modo critico i numeri", spiega Roberta Carlini. Un prodotto editoriale pagina 99 che avrà tre versioni: un quotidiano cartaceo dal martedì al venerdì, un'edizione del fine settimana con inchieste e approfondimenti e il sito, nato a fine gennaio.
Economia in tempo di crisi. Una mossa coraggiosa quella di uscire in edicola in una fase di crisi economica, quando fra l'altro sono numerose le testate che chiudono. "In questo momento c'è più rabbia e sofferenza. Ma la c'è bisogno di capire per poter trovare una soluzione. E' necessario per ridurre il malessere sociale. Fra l'altro gli italiani hanno per tradizione una cultura finanziaria limitata. Devono avere strumenti per difendersi". Fra gli obiettivi di questo giornale, che avrà una redazione di una ventina di giornalisti, c'è quello di spiegare l'attualità con un linguaggio semplice.
Gli altri temi. L'economia e la cultura saranno 'le bussole' del giornale che toccherà molti altri temi. "Ci sarà meno politica di palazzo e più politica reale, quella che coinvolge la vita di tutti i giorni. Meno Italia e più mondo e una grande attenzione a tutto quel che può rompere l'immobilismo economico e sociale in cui l'Italia è precipitata - dice Carlini - . C'è un paese che ha voglia di ripartire. Vorremmo contribuire a cambiare l'informazione per cambiare quel che non va nel nostro paese".
La sfida della carta. In un momento storico in cui diminuiscono le persone che comprano i giornali nelle edicole e si parla sempre di più di fine della carta stampata, scegliere di pubblicare un quotidiano cartaceo è una sfida."La carta non è morta, soprattutto se si integra con il web. Nella crisi dei giornali la tecnologia ha un ruolo importante, ma c'è anche una stanchezza dei lettori di un certo modo di fare informazione. Vogliamo dare spazio a notizie che non si leggono altrove", aggiunge Carlini.
L'editore. La direttrice Carlini ricorda che Pagina99 è un giornale che non riceve finanziamenti pubblici. "E' finanziato da Finam Media, società fondata da Bevilacqua (giornalista, editore, fino al 2013 amministratore delegato di Internazionale), Mario Cuccia, manager con lunga esperienza nel settore bancario e assicurativo, e Guido Paolo Gamucci, investitore privato molto impegnato nel finanziamento delle start up in rete", si legge ancora sul sito.