Carlo Flamigni/Corrado Melega, L'Unità
23 aprile 2014
La metodica farmacologica usata praticamente in tutto il mondo, in alcuni casi fin dai primi anni '90, provoca secondo statistiche che ormai si basano su milioni di procedure, un'incidenza di eventi avversi sovrapponibile alla procedura chirurgica; ...
La metodica farmacologica usata praticamente in tutto il mondo, in alcuni casi fin dai primi anni 90, provoca secondo statistiche che ormai si basano su milioni di procedure, un'incidenza di eventi avversi sovrapponibile alla procedura chirurgica; viene apprezzata dalle donne in misura praticamente simile all'altra, ed è in definitiva una maniera alternativa di abortire con gli stessi vantaggi e svantaggi. È importante che le donne adeguatamente informate possano scegliere. ...
Abbatto i muri
11 04 2014
Muore una donna per sospette conseguenze derivanti dall’uso della pillola abortiva, la ru486.
La Ru486 NON è la pillola del giorno dopo (che non è un farmaco abortivo ma un contraccettivo d’emergenza). Titoli allarmistici in realtà poi portano ad articoli in cui si spiega che non sarebbe quella la causa della morte e che quel farmaco non fa nulla di più e nulla di meno di altre sostanze che bisogna usare nell’aborto chirurgico. Gli effetti cardiaci possono derivare anche da antidolorifici, oppiacei, abitualmente usati nel mercato senza che vi siano barricate e che si facciano titoloni prima ancora che si attendano i risultati di una autopsia. Ci sono donne che muoiono perché l’aritmia è una conseguenza delle contrazioni anche e a maggior ragione durante il parto. Però delle donne che muoiono di parto non ci si preoccupa perché quella roba lì sarebbe “naturale”. Così non ci si preoccupa di chi muore per assunzione di antidolorifici, psicofarmaci, e altra roba che non sempre si capisce come possa agire sul corpo di una persona.
La ru486 è stata sempre sulle scatole a chi vuole vietare o rendere difficile l’aborto. C’è chi dice che perfino la pillola anticoncezionale sia mortale per le donne e quindi basta poco per ingenerare il panico e introdurre nella comunicazione mediatica una narrazione tossica che terrorizza quelle che come alternativa dovranno stare lì ad abortire a gambe larghe, possibilmente dopo aver subito improperi e stigmi da parte del personale sanitario, e poi comunque dovranno prendere una pillolina che deve riportare l’utero a posto giacché è stato dilatato con la forza. Avete una vaga idea di quanto sia doloroso l’effetto di quella pillolina? E’ un martello pneumatico che ti spacca dentro. L’emorragia conseguente all’aborto, come al parto, dura un tot, per non parlare del fatto che se una muore di aborto chirurgico o delle tante morti di aborto clandestino ne parlano solo di straforo. “Abortisci con dolore” sarebbe il diktat di chi vorrebbe fosse quanto mai traumatica quella scelta.
Ecco, QUI un po’ di opinioni sparse sulla questione e in generale inviterei a una discussione un po’ più laica e inviterei anche i media a evitare di diffondere il panico sull’uso della Ru486. Perché l’alternativa, come si dice sempre, è che le donne vanno in sciopero. Sciopero degli uteri. Più sessualità non riproduttiva, più libera contraccezione, anche d’emergenza, più prevenzione e meno stigmi su quelle che abortiscono.
—>>>Tutta la mia solidarietà e vicinanza alla famiglia della donna
La Repubblica
11 04 2014
Il ginecologo Silvio Viale: "No alle strumentalizzazioni"
Una donna di 37 anni, A. M., è morta mercoledì sera all'ospedale Martini di Torino dopo che le era stata somministrata la seconda parte dei farmaci previsti per l'aborto farmacologico: l'RU486 e altre sostanze che provocano contrazioni uterine e favoriscono l'interruzione di gravidanza. Dopo un primo tentativo di far ripartire il cuore e dopo il ricovero in rianimazione, la donna è morta nella serata.
Sotto choc medici e ostetriche: "Era tutto regolare, abbiamo effettuato un'ecografia e gli esami sia la prima sia la seconda volta che la signora è venuta qui per l'interruzione. Solo dopo il suo primo malore l'abbiamo sottoposta a un ecocardiogramma che ha rivelato la fibrillazione, e siamo intervenuto per rianimarla". Si tratta del primo caso in Italia di decesso che potrebbe essere collegato all'aborto farmacologico, che ormai dal 2009 rappresenta un'alternativa a quello chirurgico.
L'autopsia, questa mattina, cercherà di stabilire le possibili connessioni tra i farmaci e il decesso, che nella casistica mondiale sono stati 25 su oltre un milione e mezzo di aborti eseguiti con questo metodo. La donna aveva già un primo figlio di 4 anni, che sperava di poter andare a prendere all'asilo poco prima di essere colpita dall'attacco cardiaco.
Intanto il ginecologo Silvio Viale, considerato il "padre della pillola abortiva" in Italia, respinge "ogni strumentalizzazione". Viale, che dirige il principale servizio italiano per interruzioni di gravidanza all'Ospedale Sant'Anna di Torino, osserva che sono "decine di milioni le donne che hanno assunto la RU486 nel mondo" e "40.000 in Italia". "L'episodio - aggiunge Viale - ricorda la prima e unica morte in Francia nel 1991, agli inizi del suo uso, che indusse a modificare il tipo di prostaglandina per tutti gli interventi abortivi introducendo il misoprostolo (Cytotec). Sono gli altri farmaci, gli stessi che si impiegano per le IVG chirurgiche, i maggiori sospettati di un nesso con le complicazioni cardiache".
Viale, nel dirsi addolorato per quanto accaduto, sostiene come sin da ora si possa "affermare che non vi è alcun nesso teorico di causalità con il mifepristone (RU486), perché non ci sono i presupposti farmacologici e clinici. ll mifepristone è regolarmente autorizzato dall'Aifa anche per gli aborti chirurgici volontari del primo trimestre e per le interruzioni terapeutiche del secondo trimestre, per cui le buone norme di pratica clinica prescriverebbero di utilizzarlo nel 100 per cento degli aborti e, se non è cosi, è solo per motivi politici e organizzativi".
"A differenza del mifepristone - afferma Viale - sono gli altri farmaci utilizzati nelle interruzioni di gravidanza, sia mediche che chirurgiche, che possono avere effetti cardiaci, seppure raramente: la prostaglandina (gemeprost) in primo luogo, già individuata come responsabile di decessi e complicazioni cardiache, ma anche l'antidolorifico (ketorolac) ampiamente utilizzato off-label in gravidanza e l'antiemorragico (metilergometrina) utilizzato in Italia di routine in quasi tutti gli aborti in ospedale e a domicilio. Anche la gravidanza di per se è un fattore di rischio. In attesa che l'autopsia indichi la causa della morte ribadisco che ben difficilmente, per non dire con ragionevole certezza, la RU486 potrà essere chiamata come responsabile diretta o indiretta delle complicazioni che hanno portato al decesso".