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Basta stragi di bambini in Siria

  • Lunedì, 14 Gennaio 2013 10:03 ,
  • Pubblicato in Flash news
Unicef
14 01 2013

Appello del Presidente dell'UNICEF Italia Giacomo Guerrera al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

Anche ieri 14 bimbi sono stati uccisi da raid di inusitata forza e violenza.

"Ogni giorno, oramai da quasi due anni, assistiamo sgomenti alla morte di migliaia di bambini vittime innocenti della guerra civile in Siria. Anche ieri 14 bimbi sono stati uccisi da raid di inusitata forza e violenza. La popolazione è in ginocchio, stremata dalla guerra e dalle condizioni metereologiche che, specie per i migliaia di siriani sfollati, rendono le condizioni di vita davvero difficili. L'UNICEF dall'inizio delle ostilità lavora all'interno ed all'esterno della Siria per garantire agli oltre 1,5 milioni di  bambini colpiti dal conflitto assistenza psicologica, protezione, beni di prima necessità, acqua e cibo ma la situazione non sembra migliorare e la notizia della morte di bambini giunge oramai quotidiana davanti ai nostri occhi rendendo noi tutti inermi, senza parole.

Si sta uccidendo un'intera generazione aggiungendo odio ad altro odio e di questo passo il futuro non garantirà risultati migliori" - dichiara il Presidente dell'UNICEF Italia Giacomo Guerrera.

"Per questo motivo - prosegue Guerrera - "mi rivolgo con angoscia e speranza al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano affinchè si unisca all'UNICEF nell'opera di sensibilizzazione dei cittadini italiani verso un conflitto, quello siriano, che sembra non finire mai, le cui morti pesano come macigni sulle coscienze di noi tutti. Attraverso la sua forza e autorevolezza auspichiamo si levi un appello al nostro Paese a non voltare lo sguardo di fronte all'ennesimo eccidio della storia, all'ennesima guerra che produce morte e disperazione. Chiediamo al Presidente Giorgio Napolitano - conclude il Presidente dell'UNICEF Italia - "di unirsi a noi, alle ong e a tutti gli operatori di pace impegnati in Siria per ribadire con forza la centralità dei dettami della Convenzione sui Diritti dell'Infanzia e dell'Adolescenza spesso calpestati e vilipesi per logiche di cui a farne le spese, con la vita, sono i bambini. Non lo possiamo permettere. Non lo dobbiamo permettere".

Emergenza Siria, donazioni all’UNICEF tramite:
- bollettino di c/c postale numero 745.000, intestato a UNICEF Italia, specificando la causale “Emergenza Siria”
- carta di credito online sul sito www-unicef.it,  oppure telefonando al Numero Verde UNICEF 800 745 000
- bonifico bancario sul conto corrente intestato a UNICEF Italia su Banca Popolare Etica: IBAN IT51 R050 1803 2000 0000 0510 051, specificando la causale “Emergenza Siria"
- presso il Comitato UNICEF della tua città (elenco sul sito www.unicef.it).

Per ulteriori informazioni:
Ufficio Stampa UNICEF Italia, tel. 06/47809233/346 – 02/465477212, 3664269962
Portavoce UNICEF Italia: 06/47809355 e 366/6438651, e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., sito-web: www.unicef.it

Al telefono con Anna Frank, ora residente in Siria

  • Giovedì, 10 Gennaio 2013 12:01 ,
  • Pubblicato in Flash news

Polvere da sparo
10 01 2013

Quanti anni avevo quando ho letto il Diario di Anna Frank?
C’è sicuramente scritto dentro, accanto al mio nome, come in ogni libro, nella prima pagina in alto a destra.
Avevo 9 anni mi sembra,


Io…e il mio Hauran amato sotto ai piedi!
toccavo quelle pagine con emozione, me ne sentivo parte,
le ho scritto qualche volta, abbozzi di prime lettere non spedibili.
Quindi la sensazione di “scrivere” ad Anna Frank ancora la ricordo; ero una bambina che sentiva quel dolore e quella segregazione nel sangue, la sentivo sorella, prendevo le sue confidenze come segreti tra noi.

Invece la sensazione di parlarci al telefono, quella no,
quella ha sbaragliato la realtà ieri. Per la prima volta in quasi 31 anni di vita:
SBAAAM, ieri son bastati pochi minuti per perder contatto con la terra, con la ragione,
con la capacità di razionalizzare il dolore.

ieri ho parlato con Anna Frank:
ha la voce di un ragazzo, mio coetaneo, che da 10 anni considero un fratello.
Un trillino sul telefono.
Il prefisso è giordano, cavolo! richiamo immediatamente, sarà sicuramente il mio amico da Bosra.
Di Bosra vi ho parlato tante volte, è la mia casa in Siria,
così vicina al border giordano che chi ancora vi resiste, ha la possibilità (almeno quello) di poter parlare un po’, senza pericolo che le proprie parole possano essere usate come arma contro la propria famiglia,
perché passano su altre antenne, oltre confine.


Foto di Valentina Perniciaro _Il pane di Bosra, che ora non c’è più_
Ho richiamato subito quello sconosciuto numero giordano,
subito e col cuore in gola. Un po’ di tentativi prima di prendere la linea, poi eccola la voce di Z., si sentiva chiara e vicina, decisamente diversa dall’ultima volta che c’eravamo sentiti,
appena una manciata di giorni fa.

“Ciaoooooooo, come stai?”
“Non me lo chiedere, ti prego. La situazione è di molto peggiorata dall’ultima volta che ci siamo sentiti.
Siamo scappati tutti dalla città vecchia, ora siamo a Bosra nuova, in 18 dentro due stanze.
Da 4 giorni non abbiamo nulla da mangiare, nevica e non c’è modo di trovare qualcosa per scaldarsi.
Più della metà della popolazione della città è scappata verso il campo profughi di Zaatari, in Giordania *.
Tuo figlio come sta?”
“Bene, ma che domande fai! Tua figlia come sta?”
“Mi fa strano pensare che i nostri figli hanno la stessa età: lei non cresce da molto tempo, rimane piccola, da quando è iniziata la guerra e da quando la situazione a Bosra è peggiorata la sua crescita è ferma.
Non c’è cibo, è terrorizzata dai continui colpi che sente.
Sai cosa succede qui intorno? Noi siamo tagliati fuori da tutto.”
“So che sotto bombardamenti in quella zona c’è Bosra al-harir e che nelle ultime 48 ore è peggiorata la situazione lungo l’autostrada Daraa-Damasco, ormai zona di guerra.”
“Grazie Vale, io da qui non so nulla, solo il bianco della neve che guardo fuori, la fame e il freddo.
La situazione è drammatica: Bosra la conosci bene, è sempre stata un crogiolo di religioni. Il regime è riuscito a far scoppiare la guerra civile tra noi, l’ha alimentata e c’è riuscito.
Io fino a poche settimane fa non sapevo il credo di nessuno delle persone con cui son cresciuto: è la cosa peggiore che poteva accadere.”

“baciami la tua bambina, tua madre…”
“Eccola mia madre, te la passo, dice che le manca giocar con te sotto al fico”
“Non sai a me Z., non sai quanto mi mancate tutti voi: mi raccomando, proteggete la vostra pelle, stai stretto stretto alla tua bimba: provo ad inviarvi soldi entro la settimana.
Ti voglio bene, ti chiamo presto…e presto i nostri figli giocheranno insieme”
“Lo spero; spero ci saremo ancora tutti quando il telefono squillerà di nuovo, grazie”

Sono circa 24 ore che cerco di riprendermi da questa chiacchierata, circa 24 ore che cerco di riposare,
di permettere al sangue di scorrere senza sentirsi così pesante,
sono 24 ore che cerco di essere forte, di non piangere, almeno di non farlo col singhiozzo
che ieri ha avvolto ogni cosa.

* Zaatari: il campo profughi da giorni è una distesa di fango, con le tende che galleggiano e qualche decina di migliaia di persone prive di tutto, in condizioni umanitarie non descrivibili.



Ieri l’Alto Commissariato dell’Onu per i diritti umani ha fornito dei dati agghiaccianti sul conflitto siriano: 60mila morti dal 15 marzo 2011 ad oggi. ”Una cifra ben più alta di quanto ci aspettassimo” ha spiegato l’Alto Commissario Navi Pillay. Da luglio del 2012 ci sono state 5mila vittime al mese, più di 160 al giorno. Sotto le bombe muoiono uomini, donne e bambini senza alcuna distinzione. Anzi: le vittime sono soprattutto civili. Soltanto pochi giorni fa i jet lealisti hanno colpito senza pietà la folla in coda per il pane uccidendo 90 persone. Eppure queste notizie non ci sconvolgono più, siamo come assuefatti all’orrore. Prova ne è il fatto che le cifre fornite dall’Onu non sono rimbalzate sui social network con la stessa foga che si registra per altri conflitti, in primis quello israelo-palestinese, né ci sono state reazioni indignate da parte dei vertici europei o americani.

Un’indifferenza che si perde nel vuoto delle belle parole. La scorsa estate a Londra avevo chiesto al ministro degli Esteri britannico William Hague cosa l’Europa intendesse fare per fermare quella che ormai era una vera e propria carneficina in Siria. Il piano Annan era appena fallito e le carte della diplomazia sembravano ormai finite. Eppure Hague continuò a dire di avere fiducia in una trattativa chiaramente inesistente. La comunità internazionale, insomma, ha scelto chiaramente di stare a guardare. E questo nonostante le cifre dell’Onu siano ancora più drammatiche di quelle fornite finora dall’Organizzazione nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus), una piattaforma anti-regime basata a Londra, che calcolava circa 45mila vittime. Lo studio dell’Alto Commissariato ha incrociato informazioni provenienti da sette fonti diverse, permettendo di fissare a 59.648 il numero delle persone uccise nel periodo compreso tra il 15 marzo 2011 e il 30 novembre 2012. “Considerato che non c’è stata alcuna tregua dopo il 30 novembre, possiamo concludere che fino ad oggi sono rimaste uccise più di 60mila persone” conclude l’indagine. I dati provano anche l’escalation: “nell’estate 2011 ci sono stati circa mille morti al mese, mentre da luglio del 2012 le vittime sono state circa 5mila al mese”.

Possiamo veramente continuare ad ignorare la tragedia del popolo siriano? Oltre alle bombe ci sono altri nemici: il freddo e soprattutto la fame. Manca tutto: cibo, elettricità, acqua potabile, linee telefoniche, benzina, gasolio, gas da cucina. Le scuole funzionano a singhiozzo solo nella capitale. Per il resto arrivano sempre più testimonianze di edifici scolastici, municipalità e uffici statali presi d’assalto dalle masse di nuovi poveri. Infissi, banchi e tavoli sono utilizzati come legna da ardere. La popolazione delle città si riversa nei parchi pubblici per tagliare gli alberi. I senza casa sfiorerebbero i 4 milioni.

Come ci ha raccontato nei suoi articoli l’inviato del Corriere Lorenzo Cremonesi. Questo è un inverno particolarmente freddo e piovoso nella regione. Gli abitanti delle zone urbane non sono equipaggiati per affrontarlo. Come sempre in tempi di crisi, le città soffrono più delle campagne. Le organizzazioni umanitarie internazionali e l’Onu denunciano una situazione insostenibile. Ad Aleppo e persino a Damasco gli ospedali cominciano a terminare anche i medicinali di prima necessità. L’immondizia non raccolta da mesi marcisce nelle strade e rischia di favorire le epidemie. È registrato massiccio il ritorno della leishmaniosi, una malattia parassitaria che può dimostrarsi letale sia per gli animali che per gli umani. L’infezione è causata dagli insetti che si nascondono nella sabbia. Prima della rivoluzione era tenuta a bada dalle disinfezioni governative. Ora non più. Si calcola che i prezzi degli alimentari da luglio siano almeno dodici volte più alti. Una bombola di gas da cucina è lievitata da circa tre euro a oltre 50. Un filone di pane — quando c’è — può costare sino a 50 volte di più.

Non è forse è giunto il momento di cambiare strategia? Voi cosa ne pensate? Se non ora quando?

Atlas
02 01 2013

Il nuovo anno per i siriani è cominciato così come si era concluso il precedente con bombardamenti aerei, colpi di artiglieria, violenze firmate da tutti i belligeranti e i civili che continuano a pagare il prezzo più alto di un conflitto sempre più orientato a diventare settario.

La violenza dei combattimenti ha costretto ieri alla chiusura dello scalo aeroportuale di Aleppo, la seconda città del paese, prima della guerra polmone economico della Siria.
Esercito e ribelli si sono scontrati a più riprese in diverse aree del paese, da nord a sud, da est a ovest. Secondo alcune fonti citate dall’agenzia France Press, l’aeroporto di Aleppo è stato chiuso in seguito ad alcuni tentativi dei ribelli di colpire aerei civili. Lo scalo, hanno sostenuti fonti vicine al governo, riaprirà quando l’esercito avrà riguadagnato il controllo delle aree circostanti.

E’ un dato di fatto comunque che le forze ribelli sono ormai in grado di contrastare in maniera sempre più organizzata l’esercito; è allo stesso tempo evidente che nessuna delle due parti è in grado di sferrare un colpo veramente decisivo contro i rivali.
Combattimenti sono avvenuti anche a Damasco, nei quartieri meridionali e orientali della città; l’esercito ha potuto contare anche sull’aviazione.

Repubblica.it
26 12 2012

Un'altra defezione nel regime siriano. Il capo della polizia militare, generale Abdulaziz al-Shalal, ha lasciato i ranghi dell'esercito per unirsi ai ribelli, accusando il presidente Bashar al-Assad di aver usato le armi chimiche in un attacco nella regione di Homs alla vigilia di Natale. Lo scrive il 'Times', rilanciando un 
video registrato nella zona al confine turco-siriano in cui si vede il generale, ancora in divisa, che spiega la sua decisione. 

"Sono il generale Abdulaziz al-Shalal, capo della polizia militare in Siria", dice l'ufficiale nel video. "Dichiaro la mia defezione dall'esercito del regime perché ha abbandonato la sua missione fondamentale che è quella di proteggere il Paese e si è trasformato in una banda che semina morte, distrugge città e villaggi, e commette massacri ai danni del nostro popolo innocente che chiede liberta". Il militare, il più alto in rango ad aver finora abbandonato il regime, spiega che aveva in animo da tempo di compiere il passo, ma che attendeva il momento giusto. Nel video aggiunge che molti altri ufficiali siriani sono nelle sue condizioni. A luglio, aveva disertato il generale di brigata, Manaf Tlas, ufficiale della Guardia Repubblicana, uomo del circolo ristretto attorno ad Assad. E all'inizio di agosto aveva abbandonato il suo incarico l'allora premier, Riad Hijab, la cui defezione è stata la più importante da quando è cominciata la rivolta in Siria.

In un bombardamento ad al-Qahtania, nella provincia di Raqqa, nel nord della Siria vicino al confine turco, ha causato la morte di almeno 17 bambini. A riferirlo sono stati gli attivisti che hanno postato un video dei resti delle vittime. In sottofondo si sente il pianto dei parenti. Non è chiaro quando sia avvenuto l'attacco. "Tanto per essere chiari in quella zona non ci sono jihadisti del fronte al-Nusra o altri gruppi di guerriglieri organizzati. Le vittime sono solo contadini", ha detto Abdel Rahman dell'Osservatorio dei diritti umani. Solo nella giornata sono state uccise 84 prsone, ma è un bilancio parziale, tra queste 21 sono bambini, 17 dei quali nel massacro di al-Qahtania.

Dall'inizio della rivolta contro Bashar al-Assad, nel marzo 2011 sono più di 45mila i morti accertati in Siria. L'Osservatorio siriano per i diritti umani, Ong vicina all'opposizione con sede a Londra, ha aggiornato il suo conteggio a 45.048 vittime, ma il suo direttore  Rami Abdel Rahman ha avvertito che il numero effettivo potrebbe essere molto più alto, addirittura "fino a 100mila". Tra loro anche i tantissimi detenuti di cui non si sa più nulla e le perdite di cui il regime e i ribelli non danno notizia. L'Osservatorio ha fatto sapere che solo nell'ultima settimana in Siria sono state uccise più di mille persone. Nel totale di 45 mila rientrano 31.544 civili, 1.511 disertori passati con i ribelli, 11.217 soldati del regime e 776 persone di cui deve essere ancora accertata l'identità. L'Osservatorio conteggia tra i civili anche quanti hanno imbracciato le armi al fianco dei disertori e non tiene conto dei miliziani pro-regime e dei guerriglieri stranieri unitisi ai ribelli.

Nel tentativo di far entrare in vigore il piano internazionale per risolvere la crisi siriana l'inviato dell'Onu e della Lega Araba Lakhdar brahimi resterà a Damasco fino a domenica prossima. I principali gruppi di opposizione siriana ha già detto che bocceranno qualsiasi piano che preveda la permanenza al suo posto del regime di Bashar Al Assad.

Benedetto XVI questo Natale ha ripetuto due volte il suo accorato appello e ha chiesto di pregare "perché anche in Siria si affermi la pace". "La pace - ha invocato il Papa - germogli per la popolazione siriana, profondamente ferita e divisa da un conflitto che non risparmia neanche gli inermi e miete vittime innocenti". "Ancora una volta - ha scandito - faccio appello perché cessi lo spargimento di sangue, si facilitino i soccorsi ai profughi e agli sfollati e, tramite il dialogo, si persegua una soluzione politica al conflitto".

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