Si può chiedere l’interruzione volontaria di gravidanza entro i primi novanta giorni, quando vi sia un serio pericolo per la salute fisica o psichica della donna, in particolare in relazione a:
- Condizioni economiche, sociali o familiari
- Circostanze in cui è avvenuto il concepimento
- Previsioni di anomalie o malformazioni del concepito.
Dopo i primi novanta giorni di gravidanza è ancora possibile ottenerne l’interruzione, ma solo se:
- C’è pericolo di vita per la donna
- Siano accertate malattie, tra cui rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.
Per l'interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni, ci si rivolge ad un consultorio pubblico, o a una struttura socio-sanitaria abilitata dalla regione, o a un medico di fiducia.
Quando il medico competente ritiene urgente l’intervento rilascia immediatamente un certificato attestante l'urgenza, con il quale ci si può presentare ad una delle sedi autorizzate a praticare la interruzione della gravidanza.
Se non viene riscontrato il caso di urgenza, il medico competente rilascia un documento, firmato anche dalla donna, attestante lo stato di gravidanza e l'avvenuta richiesta, e la invita a soprassedere per sette giorni. Trascorsi i sette giorni, la donna può presentarsi con tale documento presso una delle sedi autorizzate per ottenere la interruzione della gravidanza.
Nei casi in cui è possibile interrompere la gravidanza dopo i novanta giorni la valutazione deve essere effettuata, invece, da un medico dell’ospedale in cui deve praticarsi l'intervento, che certifica l'esistenza della situazione di pericolo per la vita o la salute della donna.
L'interruzione della gravidanza può essere praticata soltanto presso:
- Case di cura autorizzate dalla regione, solo entro i primi novanta giorni ed entro determinati limiti quantitativi
- Poliambulatori pubblici adeguatamente attrezzati, funzionalmente collegati agli ospedali ed autorizzati dalla regione, sempre entro i primi novanta giorni
La richiesta di interruzione della gravidanza deve essere fatta personalmente. Se la richiesta è fatta da una ragazza minorenne, per l'interruzione della gravidanza è richiesto l'assenso di chi esercita la potestà o la tutela. Se il coinvolgimento degli adulti responsabili è sconsigliabile o se questi rifiutano l’assenso o sono in disaccordo tra loro, il medico competente a certificare la necessità dell’interruzione della gravidanza invia una relazione al giudice tutelare, il quale decide entro cinque giorni, sentita l’interessata, se autorizzare l’interruzione di gravidanza.
L’interruzione volontaria di gravidanza è tutelata da un obbligo di riservatezza sanzionato penalmente a favore sia della donna che la richiede, sia del padre del nascituro eventualmente coinvolto.
La legge prevede anche che le regioni promuovano l'aggiornamento del personale sanitario sull'uso delle tecniche più moderne, più rispettose dell'integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l'interruzione della gravidanza.
L’impiego del farmaco RU486 ai fini dell’interruzione di gravidanza (c. d. “aborto medico”) è una pratica medica già in uso da anni negli altri Paesi europei.
In virtù della direttiva Europea 2001/83 sul mutuo riconoscimento in materia di farmaci relativa all'immissione in commercio dei prodotti medicinali, in assenza di normativa nazionale qualsiasi farmaco in commercio in un altro Stato membro può essere legalmente importato ed utilizzato in tutta la Comunità con modalità diverse. Queste disposizioni hanno fatto sì che RU 486 fosse di fatto già utilizzato nel nostro Paese fin dal 2005, con modalità diverse da regione a regione.
Il recente atto regolatorio dell'AIFA (l’Ente che nel nostro Paese decide sull’immissione in commercio dei farmaci) di fatto non ha quindi introdotto la RU 486 in Italia, bensì ha inteso regolamentarne l'uso con riferimento alla legge 194/78.
In particolare, l’AIFA ha stabilito che:
- deve essere garantito il ricovero in una struttura sanitaria, così come previsto dall’art. 8 della Legge n. 194, dal momento dell’assunzione del farmaco sino alla certezza dell’avvenuta interruzione della gravidanza
- l’aborto medico può essere praticato soltanto entro la settima settimana di gestazione, anziché la nona come invece avviene in gran parte d’Europa
- è demandato a Stato e Regioni il compito di dettare le disposizioni per il corretto percorso di utilizzo clinico del farmaco all’interno del servizio ospedaliero pubblico, così come previsto dagli articoli 8 e 15 della legge 194.
L’RU486 non deve essere confuso con la cosiddetta “pillola del giorno dopo” (levonorgestrel), che è invece un farmaco la cui funzione è quella di prevenire una gravidanza indesiderata dopo un rapporto sessuale a rischio (“contraccezione di emergenza”). Il farmaco deve essere assunto il più presto possibile e comunque entro 72 ore dal rapporto non protetto ed impedisce la fecondazione o l’impianto dell’ovulo nell’utero. Se l’impianto dell’ovulo nell’utero è già iniziato il farmaco non è più efficace, perché non ha nessuna funzione abortiva. Si può acquistare in farmacia dietro presentazione di prescrizione medica.