Elaborazione dati Istat 2007
Nel 2007 il numero delle donne vittime di violenza ammontava a 1 milione e 150 mila (5,4%). Sono le giovani dai 16 ai 24 anni (16,3%) e dai 25 ai 24 anni (7,9%) a presentare i tassi più alti. Il 3,5% delle donne ha subito violenza sessuale, il 2,7% fisica. Lo 0,3%, pari a 74 mila donne, ha subito stupri o tentati stupri. La violenza domestica ha colpito il 2,4% delle donne, quella al di fuori delle mura domestiche il 3,4%.
Il 14,3% delle donne con un rapporto di coppia attuale o precedente ha subito almeno una violenza fisica o sessuale dal partner, se si considerano solo le donne con un ex partner la percentuale arriva al 17,3%. Il 24,7% delle donne ha subito violenze da un altro uomo. Mentre la violenza fisica è più di frequente opera dei partner (12% contro 9,8%), l’inverso accade per la violenza sessuale (6,1% contro 20,4%) soprattutto per il peso delle molestie sessuali. La differenza, infatti, è quasi nulla per gli stupri e i tentati stupri.
I partner responsabili della maggioranza degli stupri. Il 21% delle vittime ha subito la violenza sia in famiglia che fuori, il 22,6% solo dal partner, il 56,4% solo da altri uomini non partner. I partner sono responsabili della quota più elevata di tutte le forme di violenza fisica rilevate. I partner sono responsabili in misura maggiore anche di alcuni tipi di violenza sessuale come lo stupro nonché i rapporti sessuali non desiderati, ma subiti per paura delle conseguenze. Il 69,7% degli stupri, infatti, è opera di partner, il 17,4% di un conoscente. Solo il 6,2% è stato opera di estranei. Il rischio di subire uno stupro piuttosto che un tentativo di stupro è tanto più elevato quanto più è stretta la relazione tra autore e vittima. Gli sconosciuti commettono soprattutto molestie fisiche sessuali, seguiti da conoscenti, colleghi ed amici. Gli sconosciuti commettono stupri solo nello 0,9% dei casi e tentati stupri nel 3,6% contro, rispettivamente l’11,4% e il 9,1% dei partner.
Le donne subiscono più forme di violenza. Un terzo delle vittime subisce atti di violenza sia fisica che sessuale. La maggioranza delle vittime ha subito più episodi di violenza. La violenza ripetuta avviene più frequentemente da parte del partner che dal non partner (67,1% contro 52,9%). Tra tutte le violenze fisiche rilevate, è più frequente l’essere spinta, strattonata, afferrata, l’avere avuto storto un braccio o i capelli tirati (56,7%), l’essere minacciata di essere colpita (52,0%), schiaffeggiata, presa a calci, pugni o morsi (36,1%). Segue l’uso o la minaccia di usare pistola o coltelli (8,1%) o il tentativo di strangolamento o soffocamento e ustione (5,3%). Tra tutte le forme di violenze sessuali, le più diffuse sono le molestie fisiche, ovvero l’essere stata toccata sessualmente contro la propria volontà (79,5%), l’aver avuto rapporti sessuali non desiderati vissuti come violenza (19,0%), il tentato stupro (14,0%), lo stupro (9,6%) e i rapporti sessuali degradanti ed umilianti (6,1%).
7 milioni 134 mila donne hanno subito o subiscono violenza psicologica: le forme più diffuse sono l’isolamento o il tentativo di isolamento (46,7%), il controllo (40,7%), la violenza economica (30,7%) e la svalorizzazione (23,8%), seguono le intimidazioni nel 7,8% dei casi. Il 43,2% delle donne ha subito violenza psicologica dal partner attuale. Di queste, 3 milioni 477 mila l’hanno subita sempre o spesso (il 21,1%). 6 milioni 92 mila donne hanno subito solo violenza psicologica dal partner attuale (il 36,9% delle donne che attualmente vivono in coppia). 1 milione 42 mila donne hanno subito oltre alla violenza psicologica, anche violenza fisica o sessuale, il 90,5% delle vittime di violenza fisica o sessuale
1 milione 400 mila donne hanno subito violenza sessuale prima dei 16 anni, il 6,6% delle donne tra i 16 e i 70 anni. Gli autori delle violenze sono vari e in maggioranza conosciuti. Solo nel 24,8% la violenza è stata ad opera di uno sconosciuto. Un quarto delle donne ha segnalato un conoscente (24,7%), un altro quarto un parente (23,8%), il 9,7% un amico di famiglia, il 5,3% un amico della donna. Tra i parenti gli autori più frequenti sono stati gli zii. Il silenzio è stato la risposta maggioritaria. Il 53% delle donne ha dichiarato di non aver parlato con nessuno dell’accaduto.
Nella quasi totalità dei casi le violenze non sono denunciate. Il sommerso raggiunge circa il 96% delle violenze da un non partner e il 93% di quelle da partner. Anche nel caso degli stupri la quasi totalità non è denunciata (91,6%). È consistente la quota di donne che non parla con nessuno delle violenze subite (33,9% per quelle subite dal partner e 24% per quelle da non partner).
Meno aborti e più medici obiettori. Tutti i dati sull’Interruzione Volontaria di Gravidanza (IVG) in Italia
di Adele Sarno
Le donne italiane, comprese le minorenni, ricorrono sempre meno all'aborto. A praticare l'interruzione volontaria di gravidanza sono sempre più straniere. Aumenta anche il numero dei medici obiettori. Ecco i dati relativi al 2008 sull'IVG del Ministero.
Gli aborti continuano a diminuire. Le italiane ricorrono sempre meno all’interruzione volontaria di gravidanza, dimostrando in questo modo di non utilizzare l’IVG come strumento di pianificazione familiare. I dati contenuti nella Relazione annuale del ministro della Salute al Parlamento sull’attuazione della legge 194 confermano che il numero di aborti è diminuito ulteriormente: nel 2008 sono state effettuate 121.406 IVG (di cui circa 80 mila tra donne italiane), con un decremento del 4,1% rispetto al dato definitivo del 2007 (126.562 casi) e un decremento del 48,3% rispetto al 1982, anno in cui si è registrato il più alto ricorso all’IVG (234.801 casi). Inoltre, la percentuale di aborti ripetuti riscontrato in Italia è tra le più basse a livello internazionale.
I dati presentati al Parlamento dal sottosegretario al Welfare, Eugenia Roccella, sono incoraggianti e dimostrano come l’IVG in Italia presenta sostanziali differenze da quelli di altri paesi occidentali e in particolare europei, nei quali l’aborto è stato legalizzato. “Siamo in un paese a bassa natalità – si legge nella relazione del Ministero – ma anche basso ricorso all’IVG, dunque l’aborto non è utilizzato come metodo contraccettivo. Altri paesi (come Francia, Gran Bretagna e Svezia) hanno tassi di abortività più elevati a fronte di una contraccezione chimica più diffusa, e di un’attenzione accentuata verso l’educazione alla procreazione responsabile”. In generale, il tasso di abortività sembra collegarsi non soltanto ai classici fattori di prevenzione (educazione sessuale scolastica, educazione alla procreazione responsabile, diffusione dei metodi anticoncezionali, facilità di accesso alla contraccezione di emergenza), ma anche a fattori culturali più ampi, che per il ministero sono ancora da indagare.
Aborti in aumento tra le immigrate.
Rimane elevato, ed è comunque in aumento, il ricorso all’IVG da parte delle donne straniere, che seguono comportamenti differenti per nazionalità e cultura di provenienza, anche a causa dei diversi approcci e accessi alla procreazione responsabile e all’IVG nei paesi di origine. Il numero degli interventi effettuato da donne con cittadinanza estera raggiunge nel 2007 il 32.2% del totale delle IVG (nel 2006 la percentuale era stata 31.6%), mentre nel 1998 tale percentuale era del 10.1%. Le IVG effettuate da cittadine straniere nel 2007 sono state 40.224, di cui 21.717 di donne provenienti dai paesi dell’Europa dell’est, e 6.825 effettuate da donne residenti all’estero e che hanno deciso di venire ad abortire in Italia.
Diminuiscono le minorenni.
Nel 2007 il tasso di abortività tra minorenni è risultato pari a 4,8 per 1000 (4,9 nel 2006), inferiore a quello di altri paesi. Per donne con meno di 20 anni, ad esempio, il tasso di abortività nel 2007 in Italia è stato di 7,5 per 1000, contro il 25 per 1000 in Inghilterra nello stesso anno, il 16,4 in Francia nel 2006, il 20,5 negli Usa nel 2004.
Certificazioni più rapide ma i consultori funzionano poco.
La diminuzione dei tempi di attesa tra rilascio della certificazione ed intervento, e, il contemporaneo aumento della percentuale di personale obiettore, sembrano indicare che il livello dell’obiezione di coscienza non ha una diretta incidenza nel ricorso all’IVG. Il ricorso al Consultorio Familiare per la documentazione e la certificazione rimane ancora basso (37.2%), specialmente al Sud e Isole, anche se leggermente aumentato, in gran parte per il maggior ricorso ad esso da parte delle donne straniere.
Sette medici su dieci sono obiettori.
Aumenta l’obiezione di coscienza tra i medici italiani rispetto alle IVG: i ginecologi obiettori sono infatti passati dal 58% registrato nel 2005 al 70% del 2007, con punte superiori all’80% in Lazio, Campania, Sicilia e Basilicata.
Aborti clandestini.
La stima degli aborti clandestini in Italia è pari a 15 mila casi, la maggior parte dei quali si riferisce all’Italia meridionale, ed è relativa all’anno 2005.
La Ru486 e la sperimentazione italiana.
L’immissione in commercio del farmaco non ha ancora ricevuto il via libera dall’Aifa*. Ma in Italia è stata autorizzata una sperimentazione in alcune regioni. Relativamente al 2007, su 563 IVG effettuate con metodo farmacologico, solo per una si è verificato un ricovero di due giorni. Le altre 562 sono state effettuate in regime di ricovero in day hospital come previsto dall’assessorato regionale. In 37 casi (6.6%) alla procedura farmacologica ha fatto seguito una revisione di cavità causa mancato o incompleto aborto. Anche in provincia di Trento la modalità di gestione dell’aborto farmacologico avviene in regime di day hospital. In prima giornata la donna rimane 4 ore; il terzo giorno – che corrisponde al secondo day hospital – la donna rimane 7 ore; il terzo day hospital viene effettuato a distanza di 15 giorni dal secondo accesso e la donna rimane 1 ora. Nel 2007 le IVG con questo metodo sono state 153. Secondo il Ministero però è necessario che l’uso della Ru486 avvenga solo nelle strutture ospedaliere.
* La RU486 ha ricevuto il via libera alla commercializzazione il 31 luglio 2009
http://canali.kataweb.it/salute-donna/2009/07/30/meno-aborti-e-piu-medici-obiettori-tutti-i-dati-sullIVG-in-italia/?printpage=undefined
Relazione annuale sull’interruzione volontaria di gravidanza
Ministerosalute.it
29 07 09
Confermata la tendenza storica alla diminuzione dell’Interruzione Volontaria di Gravidanza (IVG) in Italia: nel 2008 sono state effettuate 121.406 IVG (di cui circa 80 mila tra donne italiane), con un decremento del 4,1% rispetto al dato definitivo del 2007 (126.562 casi) e un decremento del 48,3% rispetto al 1982, anno in cui si è registrato il più alto ricorso all’IVG (234.801 casi). Questi alcuni dati della Relazione al Parlamento 2009 sull’IVG illustrata dal sottosegratario al Welfare, Eugenia Roccella. “Gli aborti in Italia continuano a diminuire, segno che la 194 funziona e quindi non c’è bisogno di modifiche legislative, anche se si deve sviluppare la parte dedicata alla prevenzione – spiega il sottosegretario – I tempi di attesa per l’IVG, inoltre, si sono ridotti ed il 58% delle donne che abortisce lo fa entro 14 giorni dal rilascio del certificato; questo vuol dire che il servizio nelle strutture pubbliche viene garantito”.
La tendenza alla diminuzione dell’IVG diventa ancor più evidente se si scorporano i dati relativi alle donne italiane rispetto a quelli delle straniere. Le cittadine straniere, oltre a presentare un tasso di abortività, peraltro diverso per nazionalità, stimato 3-4 volte maggiore di quanto attualmente risulta tra le italiane, hanno una diversa composizione socio-demografica, che muta nel tempo a seconda del peso delle diverse nazionalità, delle culture di provenienza, e dei differenti approcci alla contraccezione e all’IVG nei paesi di origine.
Il costante aumento degli aborti effettuati da donne straniere è dovuto anche al costante aumento della loro presenza nel Paese. Aumentano inoltre i ginecologi obiettori di coscienza, passando dal 58,7% del 2005 al 69,2% del 2006 fino a 70,5% del 2007. Percentuali superiori all’80% si osservano nel Lazio (85,6%) in Basilicata (84,1%) e in Campania (83,9%). La quasi totalità degli interventi avviene in day hospital con degenze inferiori ad 1 giorno (91.2% dei casi) e l’isterosuzione rappresenta la tecnica più utilizzata (86.2%), comportando rischi minori di complicanze per la salute della donna. Confronto tra Italia e altri Paesi europei Il panorama dei comportamenti relativi alla procreazione responsabile e all’IVG in Italia presenta sostanziali differenze da quelli di altri paesi occidentali e in particolare europei, nei quali l’aborto è stato legalizzato. Siamo in un paese a bassa natalità ma anche basso ricorso all’IVG – dunque l’aborto non è utilizzato come metodo contraccettivo – e insieme un paese con limitata diffusione della contraccezione chimica. Altri paesi (come Francia, Gran Bretagna e Svezia, ad es.) hanno tassi di abortività più elevati a fronte di una contraccezione chimica più diffusa, e di un’attenzione accentuata verso l’educazione alla procreazione responsabile. In generale, il tasso di abortività sembra collegarsi non soltanto ai classici fattori di prevenzione (educazione sessuale scolastica, educazione alla procreazione responsabile, diffusione dei metodi anticoncezionali, facilità di accesso alla contraccezione di emergenza), ma anche a fattori culturali più ampi, in parte da indagare, e che bisognerà mettere meglio a fuoco.
http://rete194.wordpress.com/2009/07/30/relazione-annuale-su-IVG-in-italia/
LE DONNE IN POLITICA
In merito alla rappresentanza politica e alla partecipazione alla politica delle donne l'Istat in convenzione con la commissione Pari Opportunità nel 2006 ha presentato un'indagine sulla “partecipazione politica e sull'astensionismo con un approccio di genere”. I temi su cui si è svolta la ricerca sono molteplici, tra questi la presenza femminile in parlamento (in Italia e in Europa) e il grado di informazione della popolazione in merito.
Emerge la bassa presenza di donne nei luoghi decisionali della politica nel nostro paese.
A confronto con gli altri paesi europei (e tenendo conto nella comparazione della presenza di una camera o di due rami parlamentari nei diversi paesi), la differenza in base al genere nella rappresentanza elettiva nel nostro paese è decisamente evidente. L’Italia è all'ultimo posto in questa graduatoria, sia per il numero di deputate che di senatrici . “Le donne presenti nel Parlamento italiano, inoltre, sono poche da sempre”. La quota di donne nel 2001 è appena l’11,5% alla Camera e l’8,1% al Senato.
Si registra, inoltre, il dato fornito da uno studio del Dipartimento delle Pari opportunità relativo al diminuire della rappresentanza femminile con l'aumentare dell’importanza dell’Istituzione da rappresentare o dell’organizzazione da dirigere.
Tavola 1.1 – Graduatoria della presenza delle donne nei parlamenti dei distinti Paesi europei¹
PAESE | CAMERA | SENATO² |
| ||||
| eletti | donne | % | eletti | donne | % | |
Svezia | 349 | 158 | 45,3% | - | - | - | |
Danimarca | 179 | 68 | 38% | - | - | - | |
Finalandia | 200 | 75 | 37,5% | - | - | - | |
Olanda e P.B. | 150 | 55 | 36,7% | 75 | 20 | 26,7% | |
Spagna | 350 | 126 | 36% | 251 | 61 | 24,3% | |
Belgio | 150 | 53 | 35,3% | 71 | 22 | 31,0% | |
Austria | 183 | 62 | 33,9% | 62 | 13 | 21,0% | |
Germania | 603 | 194 | 32,2% | 69 | 17 | 24,6% | |
Portogallo | 230 | 44 | 19,1% | - | - | - | |
Regno Unito | 659 | 118 | 17,1% | 713 | 117 | 16,4% | |
Lussemburgo | 60 | 10 | 16,7% | - | - | - | |
Irlanda | 166 | 22 | 13,3% | 60 | 10 | 16,7% | |
Grecia | 300 | 39 | 13% | - | - | - | |
Francia | 574 | 70 | 12,2% | 321 | 35 | 10,9% | |
Italia (XIV Legislatura) | 616 | 71 | 11,5% | 321 | 26 | 8,1% |
¹) I dati si riferiscono ai seggi attualmente occupati nei rispettivi parlamenti.
²) I Paesi che non presentano i dati relativi al Senato sono a sistema unicamerale.
La presenza delle donne in Parlamento è poco conosciuta e sopravvalutata.
Un’altra dimensione indagata riguarda il grado di conoscenza della scarsa presenza di donne in Parlamento tra la popolazione. La scarsa presenza femminile risulta poco nota, solo il 26% risponde correttamente. E’ interessante sottolineare che è maggiore la percentuale di persone che sovrastima la presenza di donne in Parlamento rispetto a quella che la sottostima (46,6% contro 15,5%).
Si può concludere dunque che la popolazione non è al corrente e non è cosciente del problema della scarsa presenza femminile in Parlamento.
Nella attuale legislatura la situazione è migliorata di pochi punti percentuali.
I primi dati elaborati dall'Osservatorio di Genere di Arcidonna* rilevano che le elette a Montecitorio (Camera dei deputati) passano dal 17,3% della precedente legislatura al 21,1% ( ovvero da 109 a 133 presenze) , mentre a Palazzo Madama (Senato) dal 14% al 18,3% cioè da 45 a 59 presenze). Una crescita esigua.
| Camera | Senato | ||||
| eletti | donne | % | eletti | donne | % |
Italia (XIV Legislatura) | 616 | 71 | 11,5% | 321 | 26 | 8,1% |
Italia (XV Legislatura)* |
| 109 | 17,3% |
| 45 | 14% |
Italia (XVI Legislatura)* |
| 134 | 21,27% |
| 59 | 18,3% |
*fonte: http://www.arcidonna.org/index.php/home/news/1133.html#top
Fonti:
ricerca istat 2006:
http://www.istat.it/istat/eventi/2006/partecipazione_politica_2006/partecipazionepolitica.pdf
http://www.istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20070307_00/17_parlamento.pdf
Aggiornamento ultime elezioni:
Il Sole24ore, 21 aprile 2008: http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Italia/2008/ElezioniPolitiche/documenti/parlamento-aula-avvocati-funzionari-partito.shtml?uuid=272bb0c6-0f70-11dd-a3f6-00000e251029
Altro:
Legislature della Repubblica Italiana: http://it.wikipedia.org/wiki/Legislature_della_Repubblica_Italiana
Le donne appartenenti a questo gruppo sono il 35,6 % del totale. La quasi totalità non si informa e non parla di politica. Ovviamente non si impegna né politicamente né è coinvolta da organizzazioni di volontariato, o da associazioni di varia natura comprese quelle culturali. La politica non è seguita neanche attraverso dibattiti politici, non interessa prevalentemente, ma emerge anche la sfiducia e la difficoltà di comprenderne il linguaggio. La maggioranza di questo gruppo ha solo la licenza elementare. Le donne di questo gruppo vivono al Sud più che nella media e sono in media più anziane delle altre.