Il Fatto Quotidiano
27 08 2015
Mona Chalabi pubblica sul sito FiveThirthyEight un articolo che parla di una ricerca che rivelerebbe dettagli importantissimi sulla nostra vita sessuale. La sorpresa delle sorprese riguarda la qualificazione del sesso anale che rientra nella hit assieme ad altre pratiche sessuali di successo.
Secondo la ricerca: uomini e donne vivono l’orgasmo in percentuali differenti. Tra tantissimi etero – orientamento sessuale prevalente tra le persone ascoltate – l’uomo arriva al 91% e la donna al 64%. L’85% degli uomini però è convinto che la partner abbia sempre avuto l’orgasmo. I conti perciò non tornano. C’è una buona parte che non ha capito e saputo ascoltare. E ci sono donne che hanno finto alla Harry ti presento Sally.
In che modo le persone intervistate hanno raggiunto l’orgasmo? La ricerca rivela che l’uomo lo raggiunge comunque e qualunque sia la pratica che usi. Puoi soffiare in cima al pene ed egli si erge e va. Può venire a occhi chiusi, senza mani, lanciato tra la folla. Quello del pene è in fondo un mondo semplice, non come quello della vulva che richiede diplomi e un po’ di fortuna per il corretto uso. Per le donne, invece, sarebbe un po’ più complicato.
L’uomo dal mondo e dall’orgasmo semplice è anche un fatalista che con le donne va un po’ per tentativi. Troppe le variabili di cui tenere conto se fai sesso con una donna. Può essersi svegliata storta o dritta o chi lo sa. Quel che stupisce ancora di più è il fatto che si racconta di una versione della sessualità in cui la “natura” ha un ruolo centrale. Gli uomini subito pronti e con l’orgasmo in tasca e mi pare un po’ come dire che l’uomo ha sempre il colpo in canna, non può mai sottrarsi al ruolo di macho. Deve sempre essere disponibile e non può mai accadere che non abbia proprio voglia o che rifiuti alcune pratiche. La ricerca dice che lui arriva sempre. Come se si volesse legittimare la versione machista della storia in cui l’uomo sarebbe “per natura” più predisposto all’eccitazione sessuale ed è per questo che fior di maschilisti immaginano le donne come farmaco a saziare quella fame di sesso.
Del piacere delle donne, in fondo, chi se ne frega.
E a proposito di donne la ricerca infatti dice che arrivano all’orgasmo senza penetrazione, tramite sfregamenti, masturbazioni reciproche, e tantissime, l’81%, gode fino alla fine grazie a un cunnilingus. Nulla di nuovo, dunque, a parte il fatto che non si fa cenno allo squirting, manco fosse una leggenda metropolitana. Le ghiandole di Skene? Non pervenute. L’eiaculazione femminile non esiste. Ma ci concedono il fatto che l’orgasmo clitorideo funziona più di quello vaginale.
Parlando di cunnilingus, per chi non se ne intende, diciamo che serve individuare la clitoride e quando l’hai beccata allora ti impegni in un rapporto molto orale e poco scritto. Con un po’ di pratica e un filino di attenzione riuscirai a farle raggiungere l’orgasmo.
Ma si parlava della ricerca e a questo punto arriva il colpo di scena: quello che soddisferebbe uomini e donne più di tutto sarebbe il rapporto anale. Tutti gli uomini intervistati, il 100% – di un misero gruppo composto da 25 uomini e 31 donne – raggiungono l’orgasmo grazie ad una penetrazione anale. Il 94% delle donne sembrerebbe goderne allo stesso modo.
A questo punto, non si capisce perché, interviene sul tema Felix Salmon, un giornalista che si occupa di robe finanziarie e che interpreta il dato sul sesso anale in senso economico. Secondo lui gli uomini effettivamente non avrebbero problemi a raggiungere l’orgasmo in quel modo, mentre le donne avrebbero bisogno di ulteriore stimolazione.
Calcolo d’economia sessuale su costi e benefici: le donne non proverebbero piacere con il sesso anale e l’uomo lo vive come una perenne concessione. Così egli si sente in obbligo ed è per questo che concede altre attenzioni e stimolazioni alla partner. Non fosse così, secondo il giornalista, la donna non potrebbe avere un orgasmo.
Non si suppone neanche per un momento che effettivamente esistano donne che amano il sesso anale, ricevuto, offerto, perché i dildi oggigiorno possono tanto, signora mia. C’è lo stereotipo dell’uomo che non deve chiedere mai e quello della donna che la deve dare sempre controvoglia. Nella mentalità di alcun* le donne sono ancora indisponibili ad avventure sessuali di qualunque tipo e gli uomini sarebbero quelli che pensano al piacere della partner solo se lei si fa penetrare l’ano. Perché la donna è un angelo che concede l’ano per far piacere all’uomo, il quale, commosso da tanto sacrificio, si immola sull’altare della vagina per darle un orgasmo.
La mia conclusione? Che non c’è nulla di peggio che una ricerca che pretende di dimostrare scientificamente dove risiedono i confini morali della sessualità degli esseri umani. Lo vedo come un rischio perché le conclusioni sono sempre normative e tutto quel che si ricava, come risultato, è un recinto altissimo che separa normalità e anormalità sessuali. Se siamo ancora al punto tale da sorprenderci, nel 2015, del fatto che una donna possa preferire perfino la penetrazione anale, chissà quando saremo pronti a parlare in pubblico di Bdsm.
Non parlo delle sciocchezze propinate nelle 50 sfumature di sciocchezze. Parlo di altre forme di sessualità, altre forme di amore, quello non monogamo, per esempio, il poliamore, o il sesso con più persone. Quando si potrà parlare di tutto questo senza pensare che si tratta di perversioni? Fate voi.
Eretika
Il Fatto Quotidiano
24 08 2015
Danno la precedenza a donne con bambini e agli anziani, che insieme ad altre centinaia di profughi da giorni premono al confine. In Macedonia ora la polizia lascia entrare i migranti senza chiedere documenti e, di fatto, la frontiera è stata aperta. Decine di autobus e minibus hanno portato i migranti da Gevgelija verso la Serbia. E migliaia sono ancora in attesa di partire. Una notizia che arriva dopo gli scontri dei giorni scorsi ai quali, nella serata di sabato, era seguito un allentamento della tensione con il passaggio di 2000 migranti aiutati dalla polizia dopo i tentativi degli agenti di bloccare il flusso migratorio. Brightcove Player
L’atteggiamento delle forze dell’ordine è cambiato in quelle ore, come ha confermato la tv macedone A1 annunciando che i militari avevano smesso di impedire l’accesso dei migranti nel Paese. Gli stessi profughi, reduci da una notte trascorsa nei campi sotto la pioggia e con scarso accesso a cibo e acqua, hanno dichiarato che la polizia e le autorità hanno smesso di chiedere i documenti sulla falsariga di quanto succede in Grecia e in Serbia e hanno iniziato ad aiutarli a lasciare il Paese.
Fino a sabato sera, invece, le forze dell’ordine avevano cercato d’impedire il passaggio dei migranti come ordinato loro dal governo, anche utilizzando granate assordanti. Un poliziotto aveva dichiarato a un’agenzia di stampa americana “fino a nuov’ordine, la situazione resterà così”. Sotto la pressione dei circa 3mila migranti già in attesa a Gevgelija da giorni, il governo della Macedonia aveva comunque messo in funzione cinque treni al giorno, con capacità fino a 700 persone, con l’unico obiettivo di trasportare le persone fino alla frontiera con la Serbia. I migranti vogliono arrivare in Serbia per poi entrare nella confinante Ungheria, Paese dell’Ue e dell’area Schengen. Per la maggior parte si tratta di cittadini provenienti dalla Siria, ma anche da Pakistan, Bangladesh e Somalia. Secondo i dati ufficiali, sono oltre 40mila i migranti arrivati in Macedonia negli ultimi due mesi.
Giovedì la Macedonia aveva dichiarato lo stato di emergenza nelle due regioni di frontiera, quella del nord al confine con la Serbia e quella del sud al confine con la Grecia, a seguito dell’ingresso di migliaia di rifugiati nel Paese nelle ultime settimane. Skopje ha chiesto un maggiore sostegno di Bruxelles e la partecipazione della Commissione europea per risolvere l’emergenza immigrazione.
“I migranti che entrano dalla Grecia sono passati da 500 a 3mila al giorno“, ha detto il ministro degli Esteri Popovski “l’assistenza che riceviamo dalla comunità internazionale è simbolica, il peso principale è a carico delle istituzioni macedoni”. Nella serata di sabato è arrivata la rassicurazione per bocca di una portavoce di Bruxelles: “L’Ue è pronta a contribuire con ulteriore assistenza, in aggiunta all’assistenza europea già fornita direttamente al paese o attraverso le organizzazioni internazionali come l’Unhcr. Bruxelles sta monitorando la situazione da vicino ed è in contatto con l’Unhcr per valutare i bisogni, così come con le autorità nazionali che si stanno sempre più coordinando con i Paesi vicini”.
Il Fatto Quotidiano
07 08 2015
“E’ la prima volta in assoluto da quando i miei figli vanno a scuola che affrontiamo una situazione del genere. Sono molto preoccupata perché, al momento, non posso dire ai miei due figli se potranno iniziare il nuovo anno scolastico oppure no. Provo un grande senso di incertezza, disagio e amarezza”. Debora Mauri, madre di due bambini ipovedenti, contattata da Ilfattoquotidiano.it, racconta la difficile condizione che sta vivendo la sua famiglia. “Altro che vacanze estive da trascorrere sereni”.
I figli Matteo, dieci anni, e Marta, sette, dovrebbero iniziare a settembre, insieme ai propri compagni di classe, rispettivamente la quinta e la terza elementare, ma rischiano, in assenza delle risorse pubbliche necessarie, di “non avere a disposizione l’assistente alla comunicazione, che possa seguirli almeno 10 dieci ore a settimana, di non ricevere l’assistenza educativa e di non poter usare i libri scolastici adeguati”, scritti con il carattere braille. “Senza questi strumenti – ha sottolineato la signora Mauri – per i miei bambini c’è un problema reale di mancato raggiungimento degli obiettivi didattici, visto che gli altri insegnanti non conoscono la lingua dei segni”.
Debora e suo marito, e come loro centinaia di famiglie di Milano e provincia, si sono rivolti alla Ledha (Lega per i diritti delle persone con disabilità) – che ha anche inviato una lettera di diffida alla Città metropolitana di Milano – per vedere riconosciuto il diritto allo studio dei propri figli con disabilità, messo in discussione dalle istituzioni. Secondo le associazioni, l’ente preposto dopo la soppressione della Provincia a garantire l’inclusione scolastica per gli studenti disabili, sia fisici che psichici, non ha ancora dato garanzie in merito ai fondi necessari per l’Assistenza Educativa Scolastica.
“L’unico riscontro che abbiamo ricevuto dalla Città Metropolitana – spiega Debora Mauri – è una comunicazione e-mail, arrivata soltanto il 31 luglio tramite posta normale e non in forma certificata pec, nella quale non viene garantito assolutamente nulla sul rinnovo dell’assistenza e sulle indicazioni delle precise modalità di attivazione. Non abbiamo nessuna certezza sulle risorse messe a disposizione, nessuna assicurazione riguardo gli assistenti alla comunicazione e non ci comunicano nemmeno la scadenza temporale per conoscere la data di attivazione dei servizi”. Oltre al danno la beffa, verrebbe da dire. “Dopo l’e-mail ricevuta venerdì scorso – continua la madre dei due bambini ipovedenti – invece di sentirmi serena, rimango più che mai preoccupata. Avrebbero dovuto inviarci una nota più chiara e rassicurante”.
Almeno, però, questa famiglia ha ricevuto una risposta. Non è chiaro, infatti, se a tutte quelle con uno studente disabile sia stato recapitato lo stesso messaggio, che “testimonia almeno che qualcosa si muove negli uffici della Città Metropolitana”. A sostenerlo è Giovanni Merlo, direttore Ledha: “Nell’e-mail si evidenzia, comunque, la chiara intenzione di passare tutte le operatività al Comune di Milano e ai Piani di zona del resto del territorio provinciale, lasciando alla Città Metropolitana il solo compito di finanziare il servizio, utilizzando le risorse provenienti da Regione Lombardia e dallo Stato“.
L’autrice della e-mail recapitata a Debora Mauri è Maria Rosaria Iardino, consigliere comunale milanese, con delega alle Pari opportunità, disabilità e fragilità. Contattata da Ilfattoquotidiano.it, vuole però “rassicurare” le famiglie. “Voglio confermare che abbiamo stanziato e messo a bilancio un milione e mezzo di euro per i servizi che riguardano l’assistente alla comunicazione per gli studenti con disabilità sensoriale, l’assistenza educativa e il trasporto degli studenti disabili. Venerdì scorso abbiamo inviato una lettera alle famiglie e ci scusiamo per il ritardo – aggiunge Iardino – ma stiamo lavorando per far partire tutti i servizi nei primi giorni di scuola, al massimo entro la fine di settembre. Abbiamo stabilito che i fondi non verranno direttamente erogati alle famiglie ma la gestione delle risorse sarà di competenza degli uffici comunali di riferimento, con l’obiettivo di migliorare la qualità dei servizi offerti”. Per ora alle famiglie di ragazzi disabili viene assicurata la risoluzione del problema entro l’inizio dell’anno scolastico. Ma, contrariamente a quanto accaduto negli anni scolastici passati, a meno di un mese dal via non c’è ancora nessuna certezza.
Renato La Cara
Il Fatto Quotidiano
04 08 2015
Il ministero della Salute ha chiarito che nei casi in cui l'operazione "è necessaria per assicurare al soggetto uno stabile equilibrio psicofisico" il costo si può detrarre al 19 per cento. Basta che "dalla fattura del centro medico risulti la descrizione della prestazione"
L’intervento chirurgico per la ricostruzione degli organi genitali maschili in caso di disturbo dell’identità di genere “ha finalità di cura”, per l’agenzia delle Entrate. Di conseguenza il 19% della spesa può essere detratto dalle tasse. Lo riporta Il Sole 24 Ore, che spiega come il ministero della Salute, dopo esser stato interpellato dall’agenzia, abbia chiarito che “il disturbo dell’identità di genere è catalogato tra i disturbi mentali del Dsm-IV (manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) e ne viene definito affetto, per l’ottenimento del consenso per il cambio di sesso, solo chi non ha psicopatologia associata”. L’intervento, per il ministero guidato da Beatrice Lorenzin, “è necessario solo nel caso in cui occorre assicurare al soggetto uno stabile equilibrio psicofisico” quando la “discrepanza tra il sesso anatomico e la psico-sessualità determini un atteggiamento conflittuale di rifiuto dei propri organi sessuali”.
Per ottenere la detrazione è necessario, aggiunge il quotidiano, che “dalla fattura del centro medico risulti la descrizione della prestazione”.
Il Fatto Quotidiano
31 07 2015
“Guardati le spalle all’ora di chiusura”. Una minaccia. Fatta e finita. È stata postata, assieme ad altre più o meno velate, sulla pagina facebook della Libreria Baravaj di Milano. Il motivo? Un gesto ironico poco gradito a Matteo Salvini e ai suoi seguaci. Federico Valera, questo il nome del titolare della piccola libreria milanese, ha fotografato una locandina autoprodotta con la foto di Salvini e la scritta “Io non posso entrare”.
“La mia è una libreria politicamente connotata – spiega Valera – ma va detto che l’iniziativa della locandina non è inserita in chissà quale disegno o progetto ideologico, non ho né la voglia né il tempo di mettermi a combattere battaglie. La locandina è più figlia della noia e del caldo del luglio milanese”. Insomma, una boutade satirica, per prendere di mira un personaggio pubblico nei confronti del quale Valera non nasconde di non nutrire alcuna simpatia: “Ho trovato in rete il generatore di felpe di Salvini, l’ho trovato divertente, ho stampato la foto in questione su un foglio e l’ho appesa alla porta della mia libreria, dopodiché ho scattato una foto e l’ho postata sul profilo social del negozio per condividerla con i miei clienti. L’intento era chiaramente quello di strappare un sorriso, non di scatenare un putiferio né di farmi pubblicità”.
In poche ore però il post anti-Salvini è stato visto da migliaia di internauti, tra di loro anche qualche leghista che lo ha fatto arrivare alle alte sfere del partito, su, su, fino al segretario federale. La notizia è finita sulle pagine dei giornali e Matteo Salvini ha dedicato un post alla questione, scrivendo: “Alla faccia dei democratici e dei tolleranti di sinistra! I miei libri li compro altrove, e comunque mai metterò piede in questa libreria”. Apriti cielo. Dal momento che Salvini ha aperto le danze il profilo della libreria è stato preso d’assalto, tanto da spingere il titolare a dichiararsi “stufo” e “impaurito per le minacce”.
I commenti dei leghisti e dei fan salviniani vanno dalla reprimenda moralizzatrice alla minaccia esplicita passando per l’insulto. Oltre al già citato invito a guardarsi le spalle, il tenore degli interventi è questo: “La prossima volta stai buono al posto tuo”, “Te le sei cercate, coglione!”, “Non devi avere paura, le merde non si pestano”, “Spero che tutti i milanesi evitino accuratamente il tuo locale” e, ancora: “Minacce? Chi cerca trova! Sei un’ipocrita e pure senza palle”. E sulla pagina di Salvini gli interventi sono migliaia e i toni non sono differenti.
“La mia è una minuscola libreria, aperta da 10 mesi, chiaramente non sono contento di questa ondata di proteste, anche perché i post e gli insulti sono stati accompagnati da una campagna di boicottaggio, fatta di recensioni negative che hanno abbassato la valutazione del mio negozio su Facebook. Sicuramente non sono queste recensioni a fare il successo di un negozio, ma di fatto prima avevo solo 13 recensioni a 5 stelle. Oggi ne ho anche 90 a una stella”.
E sulla paura che le minacce possano tradursi in gesti concreti Valera non nasconde preoccupazione: “Non credo si spingeranno a tanto, anche perché la mia è stata una provocazione ironica e certamente non c’è provocazione che possa giustificare un violenza fisica, non ci sarebbe alcun rapporto tra causa ed effetto. Ma gli insulti e le minacce che sto ricevendo mi danno la conferma del genere di persone che Salvini si porta appresso: un brodo spaventoso. Certo, sentirsi minacciare non è piacevole, soprattutto se stai in negozio fino a mezzanotte e se giri con i tuoi figli”.
Alessandro Madron
Il Fatto Quotidiano
27 07 2015
Dal ministero arriverà presto la lista delle patologie che prevedono analisi necessarie, per tutti i casi diversi si dovrà invece pagare di tasca propria. Il ministro Lorenzin: "Non c'è più niente da tagliare"
I dieci miliardi necessari alla prossima legge di Stabilità? È probabile che il governo li trovi tagliando i fondi alla Sanità . Non si tratterà dei soliti tagli lineari, dicono il commissario alla revisione della spesa Yoram Gutgeld e il ministro Beatrice Lorenzin, ma una parte dei risparmi dovrà derivare dalle misure che puntano a mettere in efficienza il sistema. L’esponente del Nuovo Centrodestra ha sempre chiesto di reinvestire quei fondi nel Servizio Sanitario Nazionale, ma adesso invece potrebbero invece prendere altre vie.
“Sono perfettamente d’accordo con la road map indicata dal commissario – attacca Lorenzin – Niente tagli lineari, anche perché non c’è più niente da tagliare: c’è invece la possibilità di recuperare risorse grazie a una maggiore efficienza e a una nuova organizzazione. Si calcola una cifra intorno ai 30 miliardi ma se riusciamo a trovarne 10 mi accontento”. L’obbiettivo è rastrellare dieci miliardi di euro in 3-4 anni puntando ai 13 miliardi che scivolano via con prescrizioni e visite superflue . Cifre che sarebbero dovute servire per ammodernare la sanità, ma che secondo Gutgeld “possono essere utilizzate per raggiungere gli obiettivi di finanza pubblica”. “Io mi batto perché le risorse rimangano nel sistema – sostiene il ministro Lorenzin – poi se si riducono le tasse è evidente che questo è un beneficio di tutti. Una parte potrà andare nel ridurre le tasse ma il resto va a personale, ricerca e nuove tecnologie, e in generale a migliorare i servizi”.
Il ministro della Salute vorrebbe che “i risparmi siano utilizzati per coprire i buchi che abbiamo nella ricerca, per rendere disponibili a tutti i nuovi farmaci salvavita, e per sbloccare il turn over. Nella sanità italiana abbiamo bloccato il ricambio generazionale e stiamo disperdendo un capitale umano sul quale abbiamo investito miliardi in formazione”.
Le misure previste dal commissario, anticipate in un’intervista a Repubblica, riguardano tra le altre cose gli acquisti di beni e servizi e l’appropriatezza delle prescrizioni. Si parla di tagli per 2,3 miliardi all’anno per il triennio 2015/2017. In cima alla lista dei tagli ci sono le prestazioni specialistiche non necessarie: dal ministero arriverà presto la lista delle patologie che prevedono analisi necessarie, per tutti i casi diversi si dovrà invece pagare di tasca propria. Il decreto prevede di recuperare fondi dalle anche dalla lotta alla il taglio dello stipendio per i medici che forniscono analisi e controlli non necessari. Il medico, quando fa la ricetta, dovrà riportare l’indicazione della condizione di erogabilità. Le visite e i trattamenti che esulano da quei paletti saranno a totale carico dell’assistito.
“Le ricette non sono assolutamente nuove” protesta però Rosanna Dettori, segretaria generale della Fp Cgil. “C’è preoccupazione: dovendo tagliare 35 miliardi per il taglio delle tasse si fanno le solite scelte, si va sulla sanità e sugli enti locali che però sono già al collasso”.
Il Fatto Quotidiano
20 07 2015
Intervista all'ex ministro delle Finanze, accompagnato dal premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz. Rimorsi? "Nessuno, noi siamo le vittime. Le istituzioni ci hanno maltrattato e soffocato. Alexis si è reso conto di avere una pistola puntata". Quanto al futuro, sarà dentro Syriza: "Penso di essere il parlamentare più votato di tutta Grecia nelle ultime elezioni. Dagli ultimi eventi il mio ruolo esce rafforzato"
“Sto andando a Corfù in vacanza. Non sono qui per dare consigli, ma ho incontrato degli amici”. Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’economia, è seduto sulla grande poltrona di pelle nella hall di uno degli alberghi che si affacciano su piazza Syntagma. Accanto a lui c’è l’ex ministro delle Finanze, Yannis Varoufakis. Nel pomeriggio di due giorni fa, poco prima che venisse annunciato il rimpasto di governo, Stiglitz ha incontrato anche il premier greco Alexis Tsipras. “Il piano europeo è sbagliato – spiega il Nobel – crea disuguaglianze senza risolvere il problema: il debito. Va ristrutturato, questo è ormai accettato da più fronti”. Stiglitz porge una busta con un’importante bottiglia di vino rosso a Varoufakis, e prima di allontanarsi aggiunge: “Siamo davanti al più lungo bank holiday che io abbia mai visto in Europa, bisogna fare qualcosa, ma le scelte fatte non porteranno ai progressi attesi”. Mentre il professore si dirige verso gli ascensori Varoufakis si alza in piedi e dice: “Hai tre domande a disposizione”.
Ha ricevuto molte critiche per le sue decisioni che hanno ritardato l’accordo…
La Grecia era già in bancarotta prima che arrivassimo noi di Syriza al governo, quello che è avvenuto dopo è stata una scelta politica per ribaltare la nostra elezione. Le decisioni della Bce ci hanno messo in un angolo dal primo giorno. Nonostante i grandi sforzi che abbiamo fatto questi sono stati cinque mesi di non negoziati. Non erano interessati a trovare un accordo, volevano solo farci cadere o umiliarci forzandoci ad arrenderci. È stata una mossa dittatoriale nel contesto dell’Unione europea. Penso che il modo in cui siamo stati trattati, nonostante avessimo proposte estremamente moderate, è stato un colpo per il concetto d’integrazione europea. L’Unione europea è andata contro la sua storia e ha ucciso la sua anima.
Non pensa di avere delle responsabilità? Non ha dei rimorsi?
Assolutamente no. Tutti facciamo degli errori, ma noi siamo le vittime. Le istituzioni ci hanno maltrattato e soffocato finché non ci siamo arresi. Il governo non ha fatto nulla per contribuire alla recessione economica, dovuta alla mancanza di liquidità. Questa è stata imposta politicamente, per sabotare l’unico governo europeo che si alzato in piedi contro l’irrazionalità macroeconomica e l’inumanità sociale.
Il risultato è la creazione di nuovo debito. Ora ci sono margini per chiedere un taglio di questo debito?
No, chi dice questo non ha guardato a cosa è successo. Nel 2010 lo Stato greco è diventato insolvente. I poteri europei hanno deciso che la soluzione fosse, con nuovi prestiti, la creazione del più grande debito dell’Eurozona, con il paese più insolvente, a condizione di un’austerità crescente. Questo ha fatto diminuire l’avanzo primario, con il quale avremmo dovuto pagare i vecchi e i nuovi debiti. E da qui la catastrofe. Noi dal primo giorno abbiamo chiesto una cosa sensata, né di destra né di sinistra: il debito andava ristrutturato.
Tsipras si è sbarazzato di lei?
Non si è voluto sbarazzare di me. Si è reso conto di avere una pistola puntata e poteva scegliere se essere giustiziato o arrendersi. Ha deciso che la seconda possibilità era la strategia migliore. Ero in disaccordo e mi sono dimesso. Ma capisco in che difficile situazione si trovasse, per questo siamo uniti. Tutto quello che stavamo chiedendo era un’opportunità per riformare il nostro paese.
C’è stato un rimpasto di governo. C’è ancora qualcuno nell’esecutivo che condivide il suo punto di vista, ossia che non approva il programma dei creditori?
Nessuno crede in questo accordo. So che Tsipras non crede in questo programma imposto al governo. Un programma che lo stesso premier ha descritto come catastrofico. È un giorno triste quello in cui un governo democraticamente eletto viene messo davanti alla possibilità di non vedere mai più riaprire le banche se non accettando delle riforme fiscali che non hanno alcun senso.
Il primo ministro non ha voluto i tecnici nel governo, sarebbero stati utili per implementare questo programma?
Questa domanda non ha senso. Non ci sono misure tecniche che possano far funzionare un programma non attuabile. Possono esserci ingegneri e fisici che lavorano contro la gravità, ma la gravità vincerà sempre. Questo programma fallirà, non importa chi lavorerà alla sua realizzazione. Di fatto è già fallito. Estendere la crisi nel futuro e pretendere che sia risolta è irrazionale. Neanche il ministro tedesco Wolfgang Schäuble crede in questo programma. Il Fondo monetario internazionale non ci crede e prevede che il debito salirà al 200%. L’accordo c’è stato imposto per vendetta. L’Europa non ha riconosciuto i propri errori e ha continuato a spingere per un programma sapendo già che è fallito.
Si sente di dovere delle scuse ai greci per le sue decisioni?
Il 61,5% ha votato con me, per il No a questo accordo.
Ci sono state proteste negli ultimi giorni, in molti non capiscono perché hanno votato No al referendum…
Io mi sono dimesso la notte del referendum, perché il governo ha sbagliato non utilizzando il risultato per far pressione sui creditori. Capisco però Tsipras e i miei colleghi che hanno alzato le mani e accettato l’accordo. Non sono più rivoluzionario di Tsipras, né lui di me, è stata una scelta difficile. Gli europei dovrebbero essere molto infelici per quanto è stato fatto a un piccolo e orgoglioso paese che ha sofferto per cinque anni e che sarà costretto a soffrire ancora per molto. Una cosa che non ha nulla a che fare con il rendere l’Europa un posto migliore dove vivere.
Siete stati puniti per quanto potrebbe avvenire alle elezioni in Portogallo, Spagna e Irlanda?
È una buona domanda, ma preferisco non commentare.
Cosa farà in futuro? Tornerà alla vita che faceva prima?
Mi sono dimesso perché il governo non era pronto a dare forza al No arrivato dal referendum. Sono un deputato e sono qui per restare e il mio ruolo verrà più che rinforzato da questi eventi. Ci sono 140mila persone che hanno votato per me, penso di essere il parlamentare più votato di tutta Grecia nelle ultime elezioni. Glielo devo, resterò qui, devo combattere per la causa greca e per il 61,5% che ha votato No al referendum.
Lo farà restando in Syriza o creerà un nuovo partito?
Certamente con Syriza.