Il Fatto Quotidiano
13 07 2015
L'economista e docente di Storia economica all’università Statale di Milano: "Si è compiuto ciò che era già scritto. Sono dei fanatici che fanno dell'austerità una religione". La possibilità di una Grexit temporanea di 5 anni? "Non ha un senso economico ma solo politico, di affermazione, di dominio. I tedeschi hanno vinto, ma è una vittoria di Pirro perché stanno segnando la fine dell'Europa unita"
Giulio Sapelli, economista e docente di Storia economica all’università Statale di Milano. Cosa guadagna la Germania da una eventuale Grexit?
“La Germania vuole ammazzare la Grecia. Se si fosse riunito il Consiglio Ue a 28 – cosa che non si è fatta sotto la pressione diplomatica francese e americana – e si fosse arrivati al voto, la Germania e i suoi vassalli l’avrebbero espulsa. Poi è arrivata la decisione di non riunione il Consiglio europeo, ma di convocare l’Eurosummit composto dai Paesi che hanno l’euro”.
Che ha chiesto ad Atene un fondo da 50 miliardi in cui far confluire gli asset greci in cambio del terzo salvataggio.
“Si è compiuto ciò che era già scritto. Sono dei fanatici che fanno dell’austerità una religione: all’austerità può credere soltanto un professore della Bocconi, uno che non è un economista ma è un ragioniere. Dietro questa battuta c’è una tragedia immensa: la riduzione dell’economia alla ragioneria“.
In alternativa, è rimasta sul tavolo fino all’ultimo la possibilità di una Grexit temporanea di 5 anni.
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“E’ matto, non ha un senso economico. Ha solo un senso politico, di affermazione, di dominio: i tedeschi vogliono di nuovo dominare l’Europa. Helmut Schmidt diceva :’Devi abbracciare l’Europa, non sedertici sopra‘. Loro ci si siedono sopra. La questione greca – e in questi giorni si celebra l’anniversario della strage di Srebrenica – comincia dalla Bosnia, passa dalla Macedonia, va in Grecia, poi finisce a Mosca o in Turchia. Ci sono buone ragioni per pensare che i tedeschi spalancheranno le porte alla vittoria dell’Isis”.
E’ un’affermazione forte, professore.
“Questa è la vera chiave di questa tragedia. Destabilizzando la Grecia, destabilizzano i Balcani. E in Bosnia, in Kosovo in Macedonia e in Montenegro c’è l’Isis, sono Paesi in cui è evidente e diffuso il fenomeno della radicalizzazione “.
Cosa succede oggi in Grecia senza un accordo?
“Le banche resteranno chiuse e spero che tra un po’ di tempo verranno fuori le monete complementari, di cui la Bce aveva preconizzato l’uso. I greci andranno avanti per un po’ con le monete complementari, poi torneranno alla dracma ma sarà una catastrofe perché dovranno pagare i loro debiti in euro e soprattutto le banche francesi e quelle tedesche sono piene di debito greco collateralizzato, un’arma di distruzione di massa”.
Ma perché la Germania avrebbero architettato questo piano diabolico?
“I tedeschi fanno questo non per calcolo economico, ma solo per fanatismo ideologico. Sono dei fanatici. Questa situazione riflette la disgregazione dell’ordine internazionale. Tutte le medie potenze regionali aspirano ad operare “stand alone“, da sole: i tedeschi sono convinti di poter andare avanti senza gli Stati Uniti e si alleano con i cinesi, gli inglesi anche, i russi hanno scelto da tempo la via dell’isolazionismo, i francesi sono gli unici che hanno ambizioni imperiali e ciò è dimostrato dal fatto che hanno cercato di aiutare i greci. Noi abbiamo perso una grande occasione e credo che Renzi rischi moltissimo”:
Cosa rischia Renzi?
“Questa roba delle intercettazioni è stato un avviso degli americani, che gli hanno detto ‘guarda che se non ti comporti bene, non fai come Hollande e non ti metti chiaramente con Atene, noi ti facciamo cadere’. Ma il nostro presidente non intercetta i messaggi che arrivano da oltreoceano, quindi sceglie di essere fedele assolutismo teutonico. Questa è una disgrazia, perché l’Europa senza l’appoggio degli Stati Uniti non esiste, è un nano. Anche economico, nella stagnazione secolare che avanza. Avevo previsto questa tendenza al predominio dei tedeschi. E’ una cosa che inizia con la vittoria di Sedan, dal 1870 (battaglia decisiva della prima fase della guerra franco-prussiana, che portò alla capitolazione di Napoloeone III e alla fine della secondo Impero francese, ndr). I tedeschi adesso danno l’ultima mazzata alla Francia. Ma è anche una grande sconfitta della Merkel: se avesse aiutato Atene, non sarebbe più stata Cancelliere”.
Quindi Renzi crede ancora di potere esercitare un ruolo in Europa?
“Renzi non crede in nulla. Se lo credesse, avrebbe dovuto chiedere una conferenza internazionale con Stati Uniti e Cina sul debito greco”.
Forse lei conferisce a Renzi un peso internazionale che non ha.
“Il peso internazionale lo si acquisisce sfidando il cielo. Potrebbe cominciare a farlo: insomma, l’Italia ha 60 milioni di abitanti, è in una posizione di assoluta centralità al centro del Mediterraneo. Avrebbe le carte in regola per osare e chiedere di più. E’ solo un fatto di coraggio. Renzi questo coraggio non ce l’ha, quindi segna la fine della Grecia, del ruolo internazionale dell’Italia e forse anche del suo governo”.
Alla fine vincerà la Germania, quindi.
“Ha già vinto. Ma vincerà, perdendo: Merkel porta a casa una vittoria di Pirro perché sarà costretta a fare un blocco economico del Nord. All’inizio si darà vita a un euro a due velocità. E questo segnerà la fine dell’Europa unita”.
Il Fatto Quotidiano
09 07 2015
La Buona Scuola è legge. Dopo mesi di trattative e proteste, ritardi e retromarce, la Camera ha approvato in via definitiva il ddl di riforma targato Renzi-Giannini: 277 sì, 173 no e 4 astenuti nel voto finale a Montecitorio. Una formalità, in fondo, perché la vera battaglia si era consumata al Senato a fine giugno, con la fiducia al maxi-emendamento che aveva blindato il testo, trovando un compromesso con la minoranza interna al partito. Subito le assunzioni dei precari (o almeno di una parte di essi), l’anno prossimo il resto. Ovvero l’autonomia scolastica, i poteri dei presidi, la valutazione dei docenti. È l’impianto che il presidente del Consiglio e il ministro dell’Istruzione avevano annunciato in pompa magna lo scorso settembre. Anche se rispetto a quel documento programmatico tanti sono stati i cambiamenti, nel tentativo di far accettare una riforma che al mondo della scuola non è mai piaciuta.
SUPER PRESIDI, ASSUNZIONI E VALUTAZIONE – Quella della riforma della scuola Renzi-Giannini è una storia sbagliata. Nata nell’autunno del 2014 per risolvere il problema annoso delle graduatorie, forse pensata anche come nuova trovata elettorale dopo i famosi “80 euro”. L’assunzione di 150mila precari avrebbe dovuto portare al governo consenso. Invece si è trasformata in un clamoroso boomerang. Un po’ per i calcoli sbagliati del Ministero: quella cifra, sbandierata e messa nero su bianco a settembre, si è rivelata nei mesi irrealistica ed è stata ridotta di un terzo. Poi per i criteri delle immissioni in ruolo, di fatto obbligati (lo svuotamento delle graduatorie preesistenti era ineludibile), ma che hanno scatenato le proteste degli esclusi. Infine per il resto contenuto nella riforma: gli organici funzionali (anche questi fondamentali per permettere le assunzioni supplementari), la valutazione dei docenti e i poteri dei presidi (per la “rivoluzione meritocratica”, cavallo di battaglia dell’ideologia renziana), l’alternanza scuola/lavoro e gli sgravi alle paritarie (tanto cari agli alleati centristi di governo).
I DIETROFRONT DEL GOVERNO – Il risultato è stato un caos durato quasi un anno. In realtà, buona parte dei punti più contestati de La Buona Scuola sono stati rivisti nel corso dei mesi. La riforma, che avrebbe dovuto essere presentata in primavera, è arrivata a conclusione solo in piena estate, dopo numerosi rinvii. Colpa dei tanti problemi da affrontare. Il governo, ad esempio, ha dovuto fare marcia indietro sul progetto di abolizione degli scatti di anzianità in favore dei bonus di merito (che ci saranno, ma in forma supplementare e non sostitutiva ai gradoni). Questo attenua la portata effettiva della valutazione degli insegnanti da parte di un comitato interno (a cui alla fine è stato aggiunto un membro esterno, ulteriore clausola di garanzia). Così come sono stati limitati i poteri dei presidi, con alcuni paletti nella chiamata dei docenti e con un limite temporale al loro mandato. Anche sugli idonei dell’ultimo concorso, inizialmente esclusi dalle assunzioni, Renzi ha dovuto cambiare idea dopo essersi esposto pubblicamente. Non è bastato, però, per sopire le proteste.
SCIOPERI E PROTESTE: “MAI PIÙ PD” – Il malcontento nei confronti della riforma è stato immediato ed è andato in crescendo nel corso dei mesi. A scatenarlo, soprattutto le proteste dei precari esclusi dal piano di assunzioni. Ma anche gli altri punti contestati della riforma hanno compattato (come mai prima d’ora) i sindacati. L’apice della mobilitazione è stata ad inizio maggio, con lo sciopero massiccio del 5, abbinato al blocco degli scrutini e al boicottaggio degli invalsi. A nulla sono valse le parziali concessioni da parte del governo. Gli insegnanti di tutta Italia sono scesi in piazza al grido di “Mai più Pd”, coltivando quotidianamente la rivolta anche sul web. E che Renzi si sia inimicato (in maniera forse permanente) una fetta di elettorato tradizionalmente schierato a sinistra è più che un’impressione: il risultato negativo delle ultime Regionali è arrivato anche sull’onda del dissenso da parte del mondo della scuola. Persino il partito si è spaccato, con la rottura di Stefano Fassina consumatasi proprio sulla riforma.
IL BRACCIO DI FERRO IN PARLAMENTO – Per questo insieme di cose l’approvazione si è rivelata molto più lunga e travagliata del previsto. Fino a metà giugno è rimasta in forse, con la battaglia in Parlamento e la presentazione di migliaia di emendamenti. Poi l’ultimatum di Renzi, la concessione sulle assunzioni, l’accordo nella maggioranza e i voti decisivi al Senato e alla Camera. Ora la riforma finalmente è legge. Per capire se sarà veramente una “buona scuola” bisognerà aspettare più di un anno, visto che andrà a regime soltanto nel 2016. Intanto si metterà in moto la macchina burocratica per realizzare già a settembre il più alto numero possibile di assunzioni. E continueranno le proteste.
Lorenzo Vendemiale
Il Fatto Quotidiano
02 07 2015
L’Onda Pride non si ferma. Dopo i successi delle settimane precedenti, tra Roma e le grandi città del nord, la marcia per l’orgoglio Lgbt toccherà questo week end le realtà più periferiche, ma non per questo meno importanti. Già il 27 giugno si è manifestato a Cagliari e Perugia, con una grande partecipazione di moltissimi/e eterosessuali che hanno ritenuto doveroso stare accanto alla gay community per dire sì al matrimonio egualitario e per la difesa di tutte le famiglie, anche quelle omogenitoriali.
“È il nostro quarto pride” dichiara Michele Pipia, di Arc Cagliari, “in città, di anno in anno, la situazione sta cambiando. C’è un clima di grandissima partecipazione: molte realtà commerciali hanno voluto le magliette per far sfilare i propri dipendenti e c’è pure grande disponibilità da parte dell’amministrazione comunale. A livello politico stiamo aprendo fronti di dialogo pure con l’opposizione di centro-destra”. Cambiamento culturale dovuto anche all’offerta che il movimento offre alla città grazie a eventi quali la Queeresima e il Queer Short Film Festival.
Novità simili si registrano anche nel capoluogo umbro: “In questi tre anni ho visto crescere in modo esponenziale la partecipazione al nostro pride. È lo spirito delle persone che mi ha emozionato”, dice Mimmo Albertini, presidente di Omphalos, l’associazione Lgbt che ha organizzato l’evento. “Lo scorso anno alcuni negozianti non hanno preso parte alla nostra manifestazione e chi aveva aderito, lo ha fatto non senza remore. Quest’anno tutti hanno partecipato anche con iniziative private. Ciò conferma la rivoluzione in corso a Perugia“. È nato così il Pride Village, “evento unico nel panorama italiano. Tre giorni di musica, cultura e dibattiti nati dal lavoro completamente volontario della comunità Lgbt stessa” aggiunge Stefano Bucaioni, “un ottimo modo per una città di medio piccole dimensioni come la nostra di contaminarsi e riflettere sulle nostre rivendicazioni”. Concorda Lorenzo Ermenegildi, del gruppo giovani di Omphalos: “La nostra comunità è sempre più consapevole e attiva e partecipa alle manifestazioni che la riguardano. Il successo di questa edizione lo dimostra ampiamente”.
Questa settimana l’orgoglio Lgbt toccherà anche Foggia: “ll Puglia Pride è alla sua seconda edizione e nasce del desiderio di volontarie e volontari di associazioni che si occupano del benessere e delle rivendicazioni delle persone Lgbti”, afferma Luigi Lioce, tra i responsabili della manifestazione che avrà come madrina Vladimir Luxuria. Bisognerà esserci, dice ancora Lioce, per tre ragioni: “O perché non ci siete mai stati, o perché lo avete già fatto e sapete quanto è meraviglioso esserci oppure perché potrete vedere con i vostri occhi cos’è un pride. E poi ve lo facciamo sotto casa, cosa volete di più?”.
A Catania, infine, si svolgerà il terzo pride tematico: dopo quelli dedicati alla tutela delle persone sieropositive e ai diritti del mondo del lavoro, quest’anno nel capoluogo etneo si parlerà di “Io, corpo ed eros”. La manifestazione si arricchisce, per altro, del contributo delle associazioni studentesche. “È una occasione importante per aprirsi alla città e per portare quest’anno anche il nostro “colore” a quelli della parata” dichiara Francesca Milone, vicepresidente di Queer As Unict, che insiste sull’importanza dell’attivismo politico dentro il mondo universitario. “Percepisco, da parte di chi si avvicina all’associazione, la voglia di confronto, di un “safe place” dove poter arricchire il bagaglio personale su tutti quei temi che ci riguardano. Certo, avverto anche il timore di esporsi da parte di qualcuno, nel suo percorso di accettazione» ma la partecipazione al pride sta giovando anche su questi percorsi.
“Il nostro è uno dei pride più militanti d’Italia” ricorda Alessandro Motta, presidente di Arcigay Catania “è la testimonianza della nostra comunità anche nei luoghi più periferici. Per la sua natura, la nostra manifestazione permette una grande sperimentazione sui contenuti e serve, più in generale, a dare autorevolezza alle nostre istanze non solo dentro la comunità stessa, ma anche nei rapporti con le istituzioni e la cittadinanza tutta”. E i risultati si vedono: “Abbiamo fatto l’unico pride invernale della storia del movimento italiano, il 21 dicembre 2014. Non è un caso che due giorni dopo la giunta cittadina si sia riunita per deliberare sul registro delle unioni civili. Obiettivo che è stato poi ottenuto”.
Rinsaldare la propria comunità e costruire ponti con il resto della cittadinanza: i pride locali, piccoli e grandi che siano, riescono a fare questo. Creare maggiore coesione sociale. Chi c’è stato (e chi ci sarà), sa cosa questo possa significare. Per questo la provincia si colora con l’arcobaleno, per abbattere il grigiore della diffidenza. Non resta che scendere in piazza, il 4 luglio, e gridarlo.
Dario Accolla
Il Fatto Quotidiano
29 06 2015
Gas lacrimogeni, cannoni ad acqua e proiettili di gomma contro i manifestanti del Gay Pride ad Istanbul. La marcia, in programma per le 17, non ha fatto in tempo ad iniziare. La polizia antisommossa ha immediatamente bloccato le entrate di Istiklal, via icona della Istanbul turistica, aggredendo i manifestati dalle vie laterali. Le persone si sono rifugiate dentro negozi e bar, cercando di sfuggire alla repressione della polizia. Diverse ambulanze hanno portato via alcuni feriti. Quella di oggi doveva essere la tredicesima edizione della marcia per i diritti Lgbt in Turchia. La prima edizione ha avuto luogo nel 2003: quell’anno la partecipazione è stata molto bassa, secondo gli organizzatori. Il numero è aumentato nel 2011: circa 10.000 persone hanno aderito all’iniziativa. Ma solo dopo le manifestazioni di Gezi Park del 2013, c’è stato una massiccia adesione: secondo gli organizzatori, 100.000 persone erano presenti nella famosa piazza di Istanbul e nelle vie popolari adiacenti.
Da giorno di festa a scene di guerriglia urbana nel centro città per il tredicesimo Gay pride in Turchia. I ragazzi, rifugiati nei bar di viale Istiklal, si sono affacciati dalle finestre o sono saliti su alcune terrazze dei caffè che si affacciano sulla via, urlando a squarciagola slogan del tipo: “scappa, scappa Erdogan, arrivano i gay!” oppure “basta, ne abbiamo abbastanza!” ma anche “noi siamo gay, noi esistiamo!” per finire con “Tutti insieme contro il fascismo!”.
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Qualche manifestante – probabilmente alcuni organizzatori – ha cercato di parlare con i poliziotti per dissuaderli dal tormentare i manifestanti, ma senza successo. Un giovane, che guarda la scena dal terrazzo di un bar che si affaccia su piazza Taksim, racconta che “i poliziotti sono giovanissimi, ragazzini indottrinatati che devono ubbidire agli ordini dei superiori. È inutile parlare con loro”. Poi alzando leggermente il tono di voce, incalza: “È sempre bello vedere gente che prova a parlare con la polizia, ma il problema non sono loro, bensì i nostri dirigenti politici”. Poi attacca senza mezzi termini il Presidente: “in verità, il nostro unico problema si chiama Erdogan“.
Presenti, in testa alla marcia, alcuni deputati del partito repubblicano e del partito curdo Hdp, appena eletti in Parlamento. Non mancano anche cantanti famosi e star della televisione. Nessuna bandiera politica presente in Piazza Taksim o nelle vie limitrofe, né iniziali o sigle dei vari partiti. Si vedono sventolare ovunque, invece, le bandierine con i colori dell’arcobaleno, simbolo mondiale del Gay pride. Per le strade, si vedono tanti giovani e famiglie: “Come puoi vedere ci sono tante coppie e famiglie eterosessuali che oggi sono venute ad esternare il loro appoggio alla nostra causa. Non siamo soli in questa battaglia per i diritti” esclama una signora di mezza età che tiene teneramente la mano della sua compagna.
Secondo le prime agenzie, la motivazione della repressione violenta della polizia è dovuta al fatto che siamo nel mese del Ramadan, mese sacro per i musulmani. Questo annuncio, non convince Begum, una ragazza che si trova alla manifestazione turca: “La cosa assurda – spiega – è che la manifestazione era autorizzata. Dietro la repressione c’è ovviamente una motivazione politica”. Nel frattempo, la situazione in piazza Taksim non è migliorata: i cannoni ad acqua hanno colpito la folla. Nel marasma più totale, alcune persone, con il viso insanguinato, sono state fermate, ammanettate e portate via.
“È la prima volta che il Gay Pride in Turchia viene represso così brutalmente” spiega Begum che poi ripete con veemenza: “Il governo ha voluto mostrare alla gente che non c’è libertà in questo Paese, che il potere è strettamente saldo nelle mani di Erdogan e che per noi non c’è spazio. Come puoi vedere siamo in uno Stato di polizia”. La giovane, evidentemente sconvolta e preoccupata, chiama freneticamente al telefono gli amici dispersi durante gli attacchi della polizia, poi esclama: “anche l’anno scorso il Gay Pride è stato fatto nel mese del Ramadan, eppure non siamo stati aggrediti dalla polizia, abbiamo potuto manifestare”. Secondo Begum la motivazione è strettamente legata al risultato delle recenti elezioni politiche : “Questo significa che il governo ha paura della gente che la pensa diversamente. Il risultato delle elezioni è un indicatore degli umori dei Turchi: la popolazione sta cominciando a capire che non è bello vivere in uno statati autoritario.”
Un’altra ragazza, un po’ in disparte, prende la parola, si chiama Irem: “Erdogan ci dipinge come malati e criminali. Guardati intorno: ci sono famiglie, bambini, anziani. Tutte persone pacifiche – omosessuali e non – che oggi volevano festeggiare l’amore e la pace. Ecco risultai: gas lacrimogeni e cannoni ad acqua”. Irem sembra molto lucida, vuole spiegare il suo punto di vista : “È un problema educativo: la gente pensa che che l’omosessualità sia una malattia che si può curare. Per molti, in Turchia, è ancora un tabù. Subiamo ogni tipo di ingiustizia, nel silenzio assordante della politica: ad esempio, non possiamo lavorare, se dichiariamo apertamente il nostro orientamento sessuale. Veniamo continuamente derisi e scherniti”. Irem, in modo concitato, racconta: “Io sono fortunata perché vivo ad Istanbul. Nei villaggi in Turchia esiste ancora “il delitto d’onore“: nel 2013 un ragazzo che conosco è stato ucciso dal padre perché gay. La famiglia non poteva accettare questa vergogna quindi ha preferito cancellare il problema dalla radice: sparare al figlio”. E’ un fiume in piena, prima di andarsene aggiunge: “Non so come è andato a finire il processo, ma purtroppo, nei villaggi, la maggior parte delle persone omosessuali non hanno il coraggio di dichiarare apertamente la propria omosessualità: è troppo pericoloso. Bisogna combattere prima di tutto l’ignoranza in questa Paese”.
Un’altra ragazza mentre parla stringe la mano della compagna : “Noi siamo qui oggi per mandare un chiaro messaggio al Presidente: è iniziato una nuova pagina politica in Turchia. Noi esistiamo e continueremo a manifestare. I gas lacrimogeni non ci spaventano più”. Poco più in là, un giovane, sulla ventina, con la bandiera arcobaleno appoggiata sul volto, utilizzata per proteggersi dai gas lacrimogeni, si ferma a parlare con dei giornalisti presenti e lancia un monito al Presidente: “Fino a quando anche una sola persona nel mondo sarà picchiata, oltraggiata o molestata, per ragioni sessuali, ci saranno altri 10.000 Pride!”. Poi – ancora evidentemente stordito e frastornato – si disperde tra la folla.
Il Fatto Quotidiano
25 06 2015
L'obiettivo dell’utilizzo di carcasse all’interno della sua performance è quello di mettere in scena rituali ancestrali e sfatare miti e tabù primordiali. Almeno, questo il modo in cui viene raccontato il suo lavoro. Giustificazioni artistiche che però non sono bastate agli amanti degli animali di tutta Italia che in 54mila hanno sottoscritto la petizione per fermare l’evento, presentata al sindaco Leoluca Orlando
Corpi di animali mutilati e crocifissi. Sangue alle pareti. Carcasse squartate davanti al pubblico. Queste alcune delle scene al centro della mostra di Hermann Nitsch, artista austriaco che dovrebbe fare tappa a Palermo dal 10 luglio al 20 settembre. La sua rassegna (Das Orgien Mystherien Theater) è in programma allo spazio espositivo comunale dello Zac, ai Cantieri culturali della Zisa. Ma l’esposizione dell’artista di spicco dell’azionismo viennese ha generato reazioni durissime. Sul piede di guerra gli animalisti che stanno cercando di fermare la mostra in cartellone. Il motivo? L’utilizzo, all’interno della sua performance, di cadaveri di animali che diventano strumenti per mettere in scena rituali ancestrali e sfatare miti e tabù primordiali. Almeno questo il modo in cui viene raccontato il suo lavoro. Giustificazioni artistiche che però non sono bastate agli amanti degli animali di tutta Italia che in 54mila hanno sottoscritto una petizione online per fermare l’evento. L’appello è lanciato richiamando la Dichiarazione universale dei diritti degli animali dell’Unesco. La richiesta fatta direttamente al sindaco di Palermo Leoluca Orlando è chiara: annullare l’evento.
Secondo la Dichiarazione dell’Unesco del 1978, infatti, nessun animale deve essere usato per il divertimento dell’uomo. “Le esibizioni di animali e gli spettacoli che utilizzano gli animali sono incompatibili con la dignità dell’animale”, si legge all’articolo 10 della Dichiarazione. Hermann Nitsch si difende, affermando che nelle sue performance sono utilizzate solo carcasse di animali già morti. Ma secondo i 54mila firmatari della petizione su Change.org, “in questi giochi rituali, che durano diversi giorni, si incitano gruppi di persone a squartare animali, a tirarne fuori le viscere e a calpestarle, a imbrattare di sangue delle persone crocifisse e a unirsi in un rito collettivo di frenesia, basato su riti liturgici e sacri – si legge sulla petizione – Qual è lo scopo della sua arte? Insinuarsi nel subconscio del singolo colpendolo con immagini di animali sanguinanti e sacrificati in croce, ebbrezza, nudità e sangue”.
I palermitani non sono stati i primi a essere insorti contro l’arte di Nitsch. Lo scorso febbraio, infatti, un’altra petizione online ha bloccato la sua mostra in programma al museo Jumex di Città del Messico. Uguali motivazioni e protagonisti: animalisti contro l’utilizzo che l’artista fa di carcasse e sangue nelle sue rassegne. Nitsch è diventato famoso a livello mondiale negli anni Settanta grazie al “Teatro delle Orge e dei Misteri”, una messa in scena di rituali parareligiosi dove “protagonisti” erano proprio animali squartati di fronte al pubblico. Poi, l’utilizzo dei cadaveri delle bestie per sporcare di sangue e resti il luogo della performance. Ed è proprio questa la scena che 54mila cittadini stanno cercando di evitare si compia nuovamente nella sua prossima personale in programma a Palermo tra due settimane. “No agli ‘artisti’ creatori dello stesso male su cui vogliono fare riflettere”, è una delle frasi conclusive della petizione che sta raccogliendo sostenitori ora dopo ora.
Elisa Murgese
Il Fatto Quotidiano
23 06 2015
“Ora la preside deve inviare una lettera di scuse alle famiglie”. Così dice Miur, contattato da ilfattoquotidiano.it, dopo che ieri ha convocato la dirigente scolastica dell’istituto “Via Micheli” di Roma, Anna Maria Altieri nell’ufficio scolastico del Lazio per chiederle di annullare la circolare contro la teoria del gender inviata ai genitori dei suoi studenti lo scorso 17 giugno. La comunicazione è stata ritirata e oggi non ha più alcuna validità. Nel mirino l’articolo 2 del ddl sulla riforma della scuola in discussione al Senato. Quello che si richiama alle linee guida dell’educazione di genere, messe a punto dal Miur insieme alle Regioni, e prevede di includere nei programmi scolastici i temi dell’uguaglianza, delle pari opportunità, delle differenze di genere e della violenza contro le donne basata sul genere.
“Visto il silenzio della maggior parte degli organi di stampa” su quanto sta avvenendo, si legge sulla nota firmata dalla dirigente, le famiglie sono invitate “ad approfondire la questione” sul sito internet difendiamoinostrifigli.it, sito in cui si promuove anche il Family Day di piazza San Giovanni a Roma. “La realtà che si prefigura nell’immediato futuro (già dal settembre 2015, se passasse la legge attualmente in discussione) è l’introduzione nella scuola di ogni ordine e grado dell’educazione alla parità di genere”, continua la preside, che tira poi in ballo presunte “Linee guida dell’organizzazione mondiale della Sanità per l’educazione sessuale nelle scuole“.
CircolareTra i vari punti contenuti, secondo lei, ci sarebbe “da 0 a 4 anni: masturbazione infantile precoce” e “da 4 a 6 anni: masturbazione, significato della sessualità: il mio corpo mi appartiene. Amore tra le persone dello stesso sesso, scoperta del proprio corpo e dei propri genitali“.
Un discorso che su Facebook il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone, alla vigilia dell’intervento del Ministero, ha giudicato “inaccettabile”. “La dirigente scolastica non deve essersi informata a dovere – continua Faraone -: non c’è alcun emendamento su nessuna teoria del gender. Il ddl in esame al Senato in questi giorni parla di educazione alla parità tra i sessi, prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni. Non vedo come questo potrebbe danneggiare gli studenti, i docenti e le famiglie italiane. Sono cose che le scuola dovrebbe insegnare a prescindere, per sua natura, se vuole educare cittadini consapevoli“.
Il Miur non è disposto ad accettare compromessi: “È opportuno che la preside spieghi alle famiglie che l’iniziativa è partita da lei e il ministero non c’entra niente”, precisano dal ministero a ilfattoquotidiano.it, aggiungendo che nella circolare non solo è stata dichiarata una falsità, quella sull’articolo 2 del ddl sulla “Buona scuola”, ma contiene anche un messaggio politico, poiché il sito web suggerito per documentarsi è proprio quello del Comitato “Difendiamo i nostri figli” che ha organizzato il Family day, la manifestazione in piazza San Giovanni contro “l’ideologia gender” a scuola e in difesa della famiglia tradizionale.
(La circolare dal blog Abbattoimuri)
Il Fatto Quotidiano
19 06 2015
Il Family Day, previsto domani a Roma, è stato accompagnato da un vero e proprio tam tam sui social network in cui si denuncia l’imposizione del cosiddetto gender nelle scuole, con corsi di educazione sessuale da imporre sin dalla più tenera età, in cui verrebbero per altro attuati “corsi di masturbazione collettiva”, secondo quanto previsto da un documento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Attraverso una semplice ricerca online – ad alcuni stupirà saperlo, ma basta saper usare Google – ho reperito il documento in questione intitolato Standard per l’Educazione Sessuale in Europa, il cui sottotitolo è Quadro di riferimento per responsabili delle politiche, autorità scolastiche e sanitarie, specialisti. Già queste prime informazioni ci suggeriscono che l’allarme è ingiustificato, ma entriamo più nel dettaglio.
Le linee guida sono destinate non alle scuole, ma ai governi. Sono cioè “istruzioni per l’uso” qualora i ministeri preposti decidessero di avviare delle politiche di educazione sessuale da affidare a specialisti. Questi dovrebbero intervenire, in un secondo momento, insieme a famiglie, insegnanti e dirigenti scolastici. Si parte quindi da quel documento, si attua un programma d’intervento per classi d’età e lo si propone alle scuole. Nessuna imposizione, ma una procedura che si serve di una metodologia scientifica, con tanto di bibliografia di riferimento.
Il documento consta di sessantotto pagine, è diviso in due parti – una introduzione ragionata e una parte operativa – è organizzato in capitoli, fornisce le informazioni su cos’è l’educazione sessuale, individua gli obiettivi specifici e i gruppi a cui sottoporre il piano di intervento. Fornisce, inoltre, le matrici sulle informazioni da veicolare e sulle competenze da raggiungere. Si aiuterà il bambino o l’adolescente a capire come funziona il corpo umano, sotto il profilo medico, igienico e sessuale. Ciò non significa avviare corsi di masturbazione in classe: più semplicemente, ad esempio, se ci si dovesse trovare di fronte a casi di precocità sessuale l’operatore dovrà essere in grado di fornire le informazioni più adeguate. Una bella differenza rispetto a quanto prospettato nel volantino diffuso.
Al di là di questi aspetti, c’è da chiedersi come sia possibile che un documento così complesso sia stato ridotto a una sintesi grossolana – forse dovuta a una cattiva lettura del testo o a chissà quali pruriti sessuali da parte di chi lo ha letto – che non solo veicola informazioni false, ma ha creato un clima di terrorismo psicologico. Nessun organismo ha vigilato su quello che potrebbe prefigurarsi come procurato allarme? La scuola, per altro, è un settore delicatissimo: certa gente si è permessa di diffondere notizie fuorvianti e ha generato un clima di sfiducia nei confronti di un’istituzione dello Stato e di un’intera categoria di professionisti/e (insegnanti, dirigenti, figure professionali di sostegno, ecc). Non dovrebbe essere cura del Ministero della Pubblica Istruzione vigilare per evitare questo tipo di situazioni? Spiace dirlo, ma se avessimo un ministro dell’istruzione serio, avrebbe già preso posizione da tempo contro tutto questo. E invece…Preoccupa, inoltre, non solo il silenzio delle istituzioni – insieme alla complicità di una Chiesa che utilizza le sue parrocchie per far cassa da risonanza a teorie ascientifiche e a proclami allarmistici – ma anche quello degli attori politici, che mostrano tutta la loro ignavia di fronte a questo scempio.
Ci troviamo di fronte un gruppo che strumentalizza il tema dell’istruzione per veicolare sentimenti di omofobia contro le persone Lgbt. Lo scopo del Family Day, infatti, è quello di dire no alle unioni civili. Per fare ciò si è creato allarme sociale dipingendo gay e lesbiche come persone pericolose per l’infanzia (e c’è da chiedersi se questa non sia diffamazione). Stupirà allora scoprirlo, ma in quelle linee guida tanto invise al fan club della “famiglia tradizionale” si tratta anche il tema della lotta agli abusi sessuali sui/lle minori, aspetto sul quale la piazza di sabato 20 non ha i titoli per dare lezioni a nessuno, almeno finché non si intesterà una battaglia altrettanto fervente contro la pedofilia nella chiesa o nella famiglia tradizionale, dove si consuma la stragrande maggioranza delle violenze.
Concludo con un’evidenza: è preoccupante che una cattiva lettura di un testo scientifico porti la gente a manifestare a Roma contro qualcosa che in buona sostanza non ha capito. Va bene che in certi settori sociali quel tipo di pubblico viene chiamato “gregge”, ma si dovrebbe interpretare il termine in chiave metaforica e non nella sua dimensione più letterale. Converrete.
Dario Accolla
Il Fatto Quotidiano
18 06 2015
Le foto ritraggono un bel ragazzo nero che sorride, in piedi mentre tiene una formazione alla lavagna e poi seduto, in atteggiamento rilassato, mentre lei, bianca e più attempata, è ritratta insieme ai suoi cani nella prima immagine e nella seconda ride di gusto vicino ad persona mascherata.
I nomi non dicono nulla in Italia, ma stanno rimbalzando, con la loro storia, nei media internazionali: Omar Currie e Meg Goodhand sono, rispettivamente, maestro elementare e vicepreside, ora disoccupati, della scuola Efland-Cheeks nella Carolina del Nord, Stati Uniti.
Il motivo per il quale hanno rassegnato le dimissioni è questo: in seguito ad un episodio di bullismo in una classe, dove alcuni bambini (siamo alle elementari) avevano chiamato ‘gay’ (e non si trattava di un complimento) un loro compagno, ritenuto dai poco più che lattanti poco virile, il maestro Omar, dopo aver chiesto consiglio alla collega vicepreside, decideva di leggere in classe una fiaba illustrata dal titolo King e King, disegnata e scritta da Linda De Haan e Stern Nijhand, olandesi.
Nella fiaba si racconta di un principe che cerca moglie e che invece, folgorato da Cupido mentre gli presentano varie aspiranti principesse, sposerà il fratello di una di queste.
L’iniziativa ha riscosso l’approvazione di una parte dei genitori, ma un’altra parte si è risentita, motivando il disappunto con il fatto che i bambini non sarebbero stati pronti ad una svolta così ‘brutale’ nella visione della vita e delle relazioni che evidentemente stavano tranquillamente assumendo in famiglia.
Bene dare del gay con disprezzo ad un compagno, male scoprire che l’amore può prendere altre strade e fregarsene del (presunto) destino dettato tra tradizioni, religioni, abitudini e stereotipi sessisti e omofobi.
Così quella scuola ha perso due persone intelligenti, coraggiose e preziose, quei bambini e bambine la possibilità di crescere apprezzando le differenze, e quegli adulti, mamme e papà rispettabili convinti che l’unica normalità sia la loro, dormiranno il sonno dei giusti. Tutto al suo posto.
In previsione dei Pride italiani a luglio in Italia questa storia, certamente non unica, aiuta a capire che, se non si opera in modo capillare e urgente con la formazione antisessista e antiomofoba a scuola e fuori dalla scuola, ma anche con leggi che sanciscano diritti di cittadinanza e uguaglianza per tutte le famiglie, il rischio di riprodurre nella società mentalità, visioni e comportamenti violenti è altissimo.
A Omar e Meg tutta la nostra comprensione e simpatia, nell’auspicio che trovino presto un’altra scuola dove portare civiltà ed empatìa.
Monica Lanfranco
Il Fatto Quotidiano
17 06 2015
Su WhatsApp imperversa la diffusione di un volantino che sta terrorizzando le mamme di tutta Italia. Qualcuno afferma che la fantomatica e inesistente ideologia gender sarebbe il primo passo per l’inferno, consentirebbe l’infiltrazione dell’ateismo negli animi dei bambini, e guai a pensare che dei bimbi possano comunque essere liberi di scegliere la propria religione da grandi, quando sono consapevoli. Il gender poi provocherebbe un’altra serie di cose apocalittiche, inclusi terremoti, tsunami, la pioggia acida, l’invasione delle cavallette e l’atterraggio degli alieni in navigazione per l’universo su una navicella spaziale chiamata gay.
Che altro è scritto sul volantino? Ah si, ecco, è scritto che l’Oms, che viene erroneamente definita come organizzazione mondiale della salute (è della sanità) avrebbe rilasciato, in relazione ai corsi di educazione di genere, le seguenti linee guida:
– da zero a quattro anni, masturbazione infantile precoce.
– dai 4 ai 6 anni, masturbazione, significato della sessualità, il mio corpo mi appartiene. Amore tra persone dello stesso sesso, scoperta del proprio corpo e dei propri genitali.
– dai 6 ai 9 anni, masturbazione, autostimolazione, relazione sessuale, amore verso il proprio sesso, metodi contraccettivi.
– dai 9 ai 12 anni, masturbazione, eiaculazione, uso di preservativi. La prima esperienza sessuale. Come fare l’amore con il partner dello stesso sesso.
– dai 12 ai 15 anni, riconoscere i segni della gravidanza, procurarsi contraccettivi dal personale sanitario, fare coming out.
– a partire dai 15 anni, diritto all’aborto, pornografia, omosessualità, bisessualità, asessualità.
C’è dell’altro: si insiste con la balla che i bambini sarebbero obbligati a frequentare corsi di educazione al rispetto dei generi, quelli che in realtà non solo sono facoltativi, se ne esiste traccia nella programmazione scolastica, ma servono a prevenire il bullismo. Naturalmente si dice anche che i bambini sarebbero obbligati a fare le cose deliranti e assurde descritte nel volantino.
Mi chiedo quale delirante e morbosa mente abbia concepito una simile distorsione. Come fanno le mamme a credere a tante e tali idiozie? Come si fa a pensare anche solo lontanamente che a scuola si possa consentire la masturbazione, gli approcci sessuali e via dicendo?
Questa è una vera e propria caccia alle streghe ed è condita di tutti gli elementi che sono soliti in ogni zona inquisitoria che si rispetti. Presunzione di colpevolezza, fabbricazione prove false per condannare la strega e diffusione del timore attraverso il terrore psicologico per fare restare le pecorelle tutte all’interno dello stesso gregge e dunque averne ancora il pieno controllo.
Vorrei seriamente capire quale sia l’adulto che immagina che queste calunnie siano vere. È una allucinazione collettiva. Si tratta di qualcosa che non dovrebbe esistere nel 2015. Invece siamo in pieno oscurantismo e questo, a me, personalmente, fa molta paura.
Davvero si ritiene che cercare di difendere i diritti delle persone di altro genere costituisca un pericolo per le persone etero? C’è mai stata una persona etero aggredita da un gay, da una lesbica? Quante sono le persone glbt aggredite da persone etero e anche piuttosto e solitamente naziste?
Il vero pericolo sociale è la violenza che si scaglia contro persone inermi, contro chi tenta di fare evolvere la cultura in direzione di una maggiore tolleranza per la diversità. Il vero pericolo sociale siete voi che inventate queste stronzate e le diffondete a chi, per pregiudizio o ignoranza, finisce perfino per crederci.
L’associazione Scosse, a ragione, parla di una campagna diffamatoria contro la scuola pubblica. Ricorda che la scuola è fatta di inclusione e non di esclusione. È fatta di rispetto per l’altr@ e non di istigazione all’odio, e questa crociata portata avanti a suon di bufale, per generare confusione e legittimare l’omofobia quando c’è, non è che il segno tangibile di una sempre più precaria capacità di praticare coerentemente democrazia.
Ricordate cosa? Quella in cui tutti valgono uguale. Ma proprio tutti. E su questo non si discute.