L’imperativo della magrezza e l’epidemia di disturbi alimentari

Letto 7185 volte

Donneuropa.it
07 05 2014

In Italia circa tre milioni di persone soffrono di anoressia, bulimia, alimentazione incontrollata e molteplici altre forme “sottosoglia”, che hanno sempre come centro dell’attenzione il corpo, il peso e il cibo. Nella società contemporanea, basata sull’immagine e sull’apparenza, per molte donne essere magre significa automaticamente essere belle, e questo le costringe a vivere sotto la tirannia di un modello estetico imposto, pensando che sia l’unico modo per avere un valore, per evitare l’esclusione e per essere amate e desiderate.

Questo ideale estetico della magrezza, incentivato dall’industria della moda, associato a difficoltà emotive, in persone fragili, può sfociare in un disturbo alimentare. Se queste patologie in passato colpivano principalmente le giovani adolescenti, negli ultimi tempi emerge un preoccupante allargamento delle fasce d’età, dalle ragazzine prepuberi alle donne in età della menopausa.

A scatenare questo sintomo sono spesso cause multifattoriali, cioè complesse interazioni fra fattori biologici, psicologici, familiari e sociali. È importante precisare che i disturbi alimentari non sono malattie dell’appetito ma sintomi di un disagio e di una sofferenza profonda che non hanno trovato altro modo per esprimersi se non attraverso il corpo e il cibo.

Il corpo diventa teatro della mente, le esperienze profonde ed emotive utilizzano il corpo per manifestarsi, mentre il cibo diventa l’oggetto amato e odiato da cui si dipende. Potremmo, quindi, affermare che queste patologie sono una sorta di auto-cura, una soluzione che il soggetto ha trovato per anestetizzare una sofferenza psichica. La vita di queste persone inizia così a girare intorno ad un circuito sempre uguale costituito da corpo-peso-cibo.

L’esordio di queste patologie, solitamente caratterizzato da un tentativo di restrizione e controllo unito da un’attenzione sul corpo e sul peso e sulla propria immagine corporea, può sfociare in un’anoressia vera e propria, caratterizzata da un graduale o repentino rifiuto del cibo, da un’ossessione e dispercezione della propria immagine corporea, da iperattività e amenorrea, oppure in abbuffate alimentari.

La fase di controllo assoluto sul cibo, ma anche sul mondo emotivo e sulle relazioni, fa sperimentare al soggetto una sorta di trionfo e di felicità dandogli la sensazione di aver trovato la soluzione a tutti i suoi problemi. Spesso questa fase non dura a lungo e il soggetto, o perché ha ingoiato anche un solo boccone “non previsto” o perché si lascia travolgere dalla propria fame, cade in abbuffate bulimiche illimitate e disordinate che lo fanno sentire disperato e pieno di sensi di colpa.Seguono spesso vari tentativi di compenso volti a “rimediare i danni” come il vomito, l’abuso di lassativi o l’iperattività, nel disperato tentativo di recuperare il controllo perduto.

In questi ultimi anni assistiamo al diffondersi del disturbo da alimentazione incontrollata, responsabile di molti quadri di obesità, che colpisce in egual misura uomini e donne di tutte le fasce d’età. In questa patologia le persone sono soggette a frequenti abbuffate, non accompagnate da strategie per compensare l’ingestione di cibo in eccesso, e questo determina il sovrappeso e l’obesità.

È un sintomo che s’insinua nella vita quotidiana delle persone, talvolta senza che queste neanche se ne accorgano. Si mangia spesso in assenza di fame, ci si abbuffa in particolare di dolci e carboidrati, di nascosto e in completa segretezza provando poi un intenso senso di vergogna, frustrazione e depressione.

Queste persone solitamente si sottopongono a continui regimi alimentari per cercare di perdere peso senza ottenere nessun successo duraturo ma, anzi, spesso ottenendo l’effetto contrario, non riuscendo a comprendere il perché del fallimento di tutte le diete. E i continui fallimenti non fanno altro che alimentare gli aspetti depressivi che diventano nuovamente un fattore di spinta verso una nuova abbuffata, utilizzata come trattamento anti-depressivo, designando così un circolo vizioso.

Dai disturbi del comportamento alimentare non si guarisce da soli ma è necessario farsi aiutare. Per la complessità e multifattorialità di queste patologie è necessario che la cura sia effettuata da équipe multidisciplinari integrate che possano trattare e tenere insieme tutti gli aspetti della persona coinvolti in questo sintomo. La richiesta di cura in queste patologie rappresenta un punto di difficoltà e criticità molto elevato proprio perché, come abbiamo sottolineato, il sintomo alimentare rappresenta già una soluzione ad un disagio.

La tendenza è sempre quella di riuscire a farcela da soli, spesso ci si aggrappa al pensiero magico e illusorio che “… da domani, da lunedì tutto sarà diverso…” per poi accorgersi che passano gli anni e mai nulla cambia. Difficilmente si riconosce che la preoccupazione per corpo, peso e cibo è solo la punta di un iceberg che nasconde un sommerso di dolore, disagio e difficoltà emotive.In Italia circa tre milioni di persone soffrono di anoressia, bulimia, alimentazione incontrollata e molteplici altre forme “sottosoglia”, che hanno sempre come centro dell’attenzione il corpo, il peso e il cibo. Nella società contemporanea, basata sull’immagine e sull’apparenza, per molte donne essere magre significa automaticamente essere belle, e questo le costringe a vivere sotto la tirannia di un modello estetico imposto, pensando che sia l’unico modo per avere un valore, per evitare l’esclusione e per essere amate e desiderate.

Questo ideale estetico della magrezza, incentivato dall’industria della moda, associato a difficoltà emotive, in persone fragili, può sfociare in un disturbo alimentare. Se queste patologie in passato colpivano principalmente le giovani adolescenti, negli ultimi tempi emerge un preoccupante allargamento delle fasce d’età, dalle ragazzine prepuberi alle donne in età della menopausa.

A scatenare questo sintomo sono spesso cause multifattoriali, cioè complesse interazioni fra fattori biologici, psicologici, familiari e sociali. È importante precisare che i disturbi alimentari non sono malattie dell’appetito ma sintomi di un disagio e di una sofferenza profonda che non hanno trovato altro modo per esprimersi se non attraverso il corpo e il cibo.

Il corpo diventa teatro della mente, le esperienze profonde ed emotive utilizzano il corpo per manifestarsi, mentre il cibo diventa l’oggetto amato e odiato da cui si dipende. Potremmo, quindi, affermare che queste patologie sono una sorta di auto-cura, una soluzione che il soggetto ha trovato per anestetizzare una sofferenza psichica. La vita di queste persone inizia così a girare intorno ad un circuito sempre uguale costituito da corpo-peso-cibo.

L’esordio di queste patologie, solitamente caratterizzato da un tentativo di restrizione e controllo unito da un’attenzione sul corpo e sul peso e sulla propria immagine corporea, può sfociare in un’anoressia vera e propria, caratterizzata da un graduale o repentino rifiuto del cibo, da un’ossessione e dispercezione della propria immagine corporea, da iperattività e amenorrea, oppure in abbuffate alimentari.

La fase di controllo assoluto sul cibo, ma anche sul mondo emotivo e sulle relazioni, fa sperimentare al soggetto una sorta di trionfo e di felicità dandogli la sensazione di aver trovato la soluzione a tutti i suoi problemi. Spesso questa fase non dura a lungo e il soggetto, o perché ha ingoiato anche un solo boccone “non previsto” o perché si lascia travolgere dalla propria fame, cade in abbuffate bulimiche illimitate e disordinate che lo fanno sentire disperato e pieno di sensi di colpa.Seguono spesso vari tentativi di compenso volti a “rimediare i danni” come il vomito, l’abuso di lassativi o l’iperattività, nel disperato tentativo di recuperare il controllo perduto.

In questi ultimi anni assistiamo al diffondersi del disturbo da alimentazione incontrollata, responsabile di molti quadri di obesità, che colpisce in egual misura uomini e donne di tutte le fasce d’età. In questa patologia le persone sono soggette a frequenti abbuffate, non accompagnate da strategie per compensare l’ingestione di cibo in eccesso, e questo determina il sovrappeso e l’obesità.

È un sintomo che s’insinua nella vita quotidiana delle persone, talvolta senza che queste neanche se ne accorgano. Si mangia spesso in assenza di fame, ci si abbuffa in particolare di dolci e carboidrati, di nascosto e in completa segretezza provando poi un intenso senso di vergogna, frustrazione e depressione.

Queste persone solitamente si sottopongono a continui regimi alimentari per cercare di perdere peso senza ottenere nessun successo duraturo ma, anzi, spesso ottenendo l’effetto contrario, non riuscendo a comprendere il perché del fallimento di tutte le diete. E i continui fallimenti non fanno altro che alimentare gli aspetti depressivi che diventano nuovamente un fattore di spinta verso una nuova abbuffata, utilizzata come trattamento anti-depressivo, designando così un circolo vizioso.

Dai disturbi del comportamento alimentare non si guarisce da soli ma è necessario farsi aiutare. Per la complessità e multifattorialità di queste patologie è necessario che la cura sia effettuata da équipe multidisciplinari integrate che possano trattare e tenere insieme tutti gli aspetti della persona coinvolti in questo sintomo. La richiesta di cura in queste patologie rappresenta un punto di difficoltà e criticità molto elevato proprio perché, come abbiamo sottolineato, il sintomo alimentare rappresenta già una soluzione ad un disagio.

La tendenza è sempre quella di riuscire a farcela da soli, spesso ci si aggrappa al pensiero magico e illusorio che “… da domani, da lunedì tutto sarà diverso…” per poi accorgersi che passano gli anni e mai nulla cambia. Difficilmente si riconosce che la preoccupazione per corpo, peso e cibo è solo la punta di un iceberg che nasconde un sommerso di dolore, disagio e difficoltà emotive.

Devi effettuare il login per inviare commenti

facebook