in particolare per l’aborto farmacologico, con carichi di lavoro e difficoltà logistiche sempre maggiori.
All’Unità lavorano due ginecologhe: l’unica non obiettrice dell’ospedale “Di Venere” di Bari, Giulia Caradonna, che porta avanti il servizio insieme ad una collega territoriale, assunta in seguito ad un bando ad hoc per 30 ore settimanali per l’interruzione di gravidanza. Una soluzione estrema in un contesto dove l’obiezione di coscienza non è regolamentata e che rischia di essere ghettizzante.
Al “Di Venere”, uno dei due ospedali metropolitani, l’assistenza sull’aborto nel secondo trimestre, l’interruzione terapeutica di gravidanza (per gravi malformazioni fetali), pesa interamente sulle spalle di un solo medico. E’ la stessa dott.sa Caradonna che si divide tra i due ospedali, unico medico non obiettore tra 15 strutturati e sull’intero team di ostetriche e infermiere.
Un impegno massacrante, che toglie spazio alle altre attività mediche, che costringe a doppi turni o a dover molto spesso prolungare di molte ore l’orario di servizio poiché non esiste altro medico o ostetrica che possa dare il cambio per turno e senza poter condividere o suddividere il carico di lavoro e di responsabilità.
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