Flash news

Il  Mattino
30 10 2015

Nella scuola perfetta, frequentata dai figli della buona borghesia, una bambina di 11 anni che pesa appena 16 chili sconvolge una quotidianità che sembrava inattaccabile.
La bimba, Francesca, ha l`Aids: viene rifiutatdalla scuola media «San Giovanni Bosco»di Trentola Ducenta perché i genitori affidatari della comunità di Capodarco di Teverola la iscrivono tardi. ...
Il Manifesto
30 10 2015

Il nuovo capo dello Stato del Nepal è una donna. È comunista (non maoista, ma ha avuto i voti anche dei maoisti), ha 54 anni, si chiama Bidhya Devi Bhandari. Il suo curriculum sono le battaglie in difesa delle donne in una società dominata dai maschi e dalle caste alte che dettano ancora la legge non scritta della tradizione. ...

Emanuele Giordana
Il Fatto Quotidiano
29 10 2015

Ci sono due Erdogan. Quello che abbiamo visto fino al 2011 e quello dal 2011 ad oggi" dice Baris, 30enne curdo che lavora in un hotel a Sultanahmet. Per moltilo spartiacque nella politica di Recep Tayyp Erdogan si identifica, piuttosto, con la repressione delle proteste di Gezi Park del 2013.
Anche Ahmet è curdo. Ha i capelli neri e lo sguardo vivace. Ammette di aver votato Erdogan in passato ma oggi sostiene l'Hdp, il partito filo-curdo. Sialui che Baris sono di sinistra. ...

Marco Barbonaglia
Giornalettismo
29 10 2015

La città peloritana da una settimana nell'emergenza idrica. Nuovo simbolo di un Sud dimenticato, al di là dei masterplan (promessi). Anche nella manovra
Lo scandalo (silenzioso) di Messina senza acqua da 5 giorni    

Cinque giorni senza acqua, con l’emergenza idrica che rischia di prolungarsi ancora per diversi giorni. A Messina i rubinetti restano a secco, ancora nel silenzio o quasi delle istituzioni, dopo la rottura sabato scorso della condotta dell’acquedotto di Fiumefreddo, a Calatabiano (in provincia di Catania), per una frana.

Non è ancora chiaro per quanto tempo continueranno i disagi per la città peloritana, colpita dal maltempo, e per i suoi cittadini. Anche perché, dopo una serie di interventi di riparazione dell’Amam (l’azienda Meridionale acque di Messina) il direttore Luigi La Rosa ha fatto sapere che per i prossimi giorni l’erogazione non verrà ancora ripristinata, come si sperava. Il motivo? Altri smottamenti nell’area della frana, le riparazioni già effettuate non sembrano essere sufficienti. Così in città scuole e uffici pubblici sono stati chiusi dal sindaco Renato Accorinti: «Chiederemo lo stato di calamità: la situazione è gravissima e peggiore del previsto». Non mancano le code nei punti dove le cisterne erogano acqua nei due punti individuati dell’autoparco e dell’ex Gazometro. E i problemi sono evidenti per ospedali ed esercizi commerciali. Non è un caso che l’indignazione sia già scoppiata attraverso i social network, contro l’amministrazione locale e lo stesso governo. Con lo stesso Fiorello che ha invocato un segnale da Renzi:

Il rischio – secondo le prime previsioni – è che il servizio non torni efficiente prima di quattro-cinque giorni in diverse aree di Messina. Un’emergenza che sembra diventare infinita. Assurda e incomprensibile, alle soglie del 2016.

Non certo l’unica in quel Sud dove i disagi sono considerati quasi cronici. Un Mezzogiorno d’Italia per il quale lo stesso Svimez ha già denunciato il rischio di un “sottosviluppo permanente”. Altro che Ponte sullo stretto, la “grande opera” evocata a intermittenza come propaganda politica, l’ultima volta dal Nuovo centrodestra di Alfano. Una farsa già costata diverse centinaia di milioni ai contribuenti – e che rischia di costare fino a un miliardo di euro di penali – pur restando soltanto sulla carta. Nella Sicilia già tormentata dai disagi sulla rete autostradale (tra il crollo del viadotto Himera sulla A19 e la chiusura di alcuni tratti dell’A18 per frane), mancano le infrastrutture più elementari. E anche quelle esistenti sono in condizioni pessime.

Così, senz’acqua da giorni e chissà per quanti ancora, Messina diventa il nuovo simbolo dello stato a dir poco precario nel quale versa l’isola. E l’intero Sud, travolto da corruzione, mafie, burocrazia e non solo. «Basta piagnistei. La retorica del Sud abbandonato è autoassolutoria. L’autoassoluzione è un elemento che concorre alla crisi del Mezzogiorno e del Sud», contestava Renzi pochi mesi fa. Polemizzando a distanza anche con Saviano, reo di raccontarne il suo stato. Per poi dedicare una direzione del PD al tema del Mezzogiorno, «A settembre il masterplan per il Meridione», rivendicava il segretario dem. Con tanto di hashtag #zerochiacchiere.

Peccato che del piano non ci siano ancora tracce concrete. E che nella manovra le risorse effettivamente stanziate per il Mezzogiorno vengano da più parti ritenute insufficienti. Confindustria compresa. Un budget da 450 milioni (150 per il 2015) di euro per avviare la rimozione dei circa cinque milioni di ecoballe accumulate tra il 2000 e il 2009. Lo stanziamento (finale?) per la madre delle incompiute, la Salerno-Reggio Calabria, l’aumento del fondo di garanzia Ilva. E poco altro, se non le parole del ministro dell’Economia Padoan che rivendica lo sblocco di investimenti con la legge di stabilità di “11 miliardi di euro e di cui 7 destinati al Mezzogiorno”. Numeri contestati da opposizioni e sindacati: «Il governo non fa nulla per il Sud: non c’è la costruzione di fiscalità di vantaggio, né investimenti, né la capacità di rifinanziare significativamente i fondi Coesione», hanno attaccato dalla Cgil.

Di certo, ci sono già i dati, drammatici, dello stesso Svimez. Al Mezzogiorno la povertà assoluta è al 10,6% , 750mila giovani hanno lasciato il Sud, 576mmila posti di lavoro persi in 5 anni e ancora nel 2015 calano gli investimenti pubblici (-3%). Così, nemmeno la timida inversione di rotta (decimale, +0,1%) sulla crescita può rassicurare. In attesa di capire che fine abbiano fatto i masterplan annunciati. E che qualcuno, da Roma, si ricordi anche di Messina.

Il Fatto Quotidiano
29 10 2015

Oscar Farinetti si accorda coi lavoratori. È stato siglato ieri, infatti, il primo contratto integrativo aziendale di Eataly, con i sindacati di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Ulltucs. L'intesa è il frutto della protesta checirca un anno fa si era manifestata nella sede di Firenze con una petizionefirmata dai dipendenti di Eataly. ...

Cronache di ordinario razzismo
23 10 2015

Ogni giovedì, a partire dal 5 novembre 2015, alle ore 18, si terrà un presidio a Roma in piazza S.S. Apostoli perché migrare sia un diritto e restare in silenzio ci rende tutte/i complici. Ogni giorno migliaia di vite umane di donne e uomini in fuga sono messe a rischio, i diritti umani e civili di profughi e migranti sono calpestati e la libertà di movimento annullata. Si manifesta riprendendo le modalità di protesta delle madri argentine di Plaza de Mayo ed unendosi ai presidi di altre piazze italiane.

La protesta andrà avanti fino al 18 dicembre, giornata mondiale per i diritti dei migranti, per chiedere con forza i necessari cambiamenti delle politiche migratorie europee e globali:

1. certezza di percorsi di arrivo sicuri e legali

2. accoglienza diffusa e rispettosa dei diritti di tutte/i

3. chiusura e smantellamento di tutti i luoghi di concentrazione e detenzione dei migranti dentro e fuori l’Unione Europea

4. no a respingimenti ed espulsioni forzate

5. trasparenza nell’uso delle risorse pubbliche per evitare speculazioni mafiose e criminali

6. creazione di un sistema unico di asilo in Europa in grado di superare il regolamento di Dublino

Aderiscono: Casa internazionale delle donne, Comitato Verità e Giustizia Nuovi Desaparecidos, Archivio memorie migranti, Comunità di S. Paolo, Fondazione Nilde Iotti, Centro Riforma dello Stato, Museo della liberazione di Via Tasso, Coordinamento Eritrea Democratica, ADIF – Associazione Diritti e Frontiere, Cittadinanza e Minoranze, Wilpf, Gazzella Onlus, Ass. Altra Mente, UDI nazionale, Senza Confine, Donne contro il razzismo, Rete internazionale Donne per la pace

Il Manifesto
28 10 2015

La legge ancora non c'è, di sentenze invece ce ne sono anche troppe. La Cassazione tre anni fa, la Corte di giustizia europea quest'anno hanno raccomandato al parlamento italiano di riconoscere il diritto delle coppie omosessuali al matrimonio.

Recentemente (a settembre) l'ha fatto anche il parlamento europeo, in una raccomandazione indirizzata all'Italia e agli altri otto paesi che ancora non riconoscono "le unioni di fatto registrate e il matrimonio» alle coppie dello stesso sesso. Come noi solo Grecia, Cipro, Lituania, Lettonia, Polonia, Slovacchia,Bulgaria e Romania. ...

L'Unità
27 10 2015

Giorgia e Paolo sposi. 10 anni lei, 45 lui: davanti al Pantheon a Roma si è celebrato un "matrimonio forzato", una messa in scena che accende però i riflettori su una pratica diffusa che tocca ogni anno 13,5 milioni di bambine e ragazze in tutto il mondo, 37mila ogni giorno, secondo le stime del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa). ...

Cronache di ordinario razzismo
27 10 2015

In Italia, la questione della eccessiva “tolleranza” di Facebook verso i razzisti è da tempo un leitmotif ricorrente. Per i vertici di Facebook far rimuovere i commenti razzisti è un procedimento molto “complesso” e macchinoso, benché nel suo “statuto”, lo stesso Facebook affermi di non ammettere i contenuti che incitano all’odio e ripudi “la discriminazione di persone in base a razza, etnia, nazionalità, religione sesso, orientamento sessuale, disabilità o malattia”. A tal proposito, esiste un’apposita “finestra” che consente agli utenti di segnalare i commenti e i post di questa natura. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, essi restano visibili e non vengono rimossi. Questa è una querelle che ha ragioni molto profonde, legate ad un’idea molto ampia (e forse distorta?) del concetto di “libertà di manifestazione del pensiero”, che arriva ad includere anche le affermazioni più violente o addirittura false.

E mentre in Germania fa notizia la denuncia da parte di un avvocato nei confronti del gestore di Facebook (nelle persone dei manager della società che gestisce il social network in Germania) per non aver cancellato una sessantina di post e di pagine contenenti messaggi di odio e di violenza razzista, in Italia si parla del post xenofobo di una giovane commessa nei confronti dei cittadini rumeni. Michela Bartolotta, giovane veneta che nell’agosto 2012 arrivò alle finali di Miss Muretto ad Alassio, lavora in un negozio del centro Padova, nella zona delle Piazze. Nel luglio del 2014, appena diciottenne, ha un battibecco con un cliente rumeno che lei definisce “arrogante”.

Poi si sfoga su Facebook: “Io e il popolo rumeno non andremo mai d’accordo: puttane senza pudore, badanti represse ed altri elementi maleodoranti privi di civiltà e di educazione. Prima o poi vi stermino”. La ragazza, nonostante le scuse ed un pubblico pentimento (a nulla sono valsi i gesti di apertura del padre della ragazza e del gestore del centro di telefonia dove Michela lavora), viene accusata e denunciata per “discriminazione, odio o violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi” da parte di Ion Leontin Cojocea, presidente del Centro di Assistenza e Servizi dei Cittadini Romeni in Italia. La Giustizia fa il suo corso e sulla giovane pendono oggi pesanti accuse. «Le ingiurie attribuite alle donne offendono, con solo tre parole, la dignità, l’onore e la reputazione di tutta la componente femminile dell’associazione e dell’intera comunità romena» spiega Cojcocea.

Sui social, oramai, è possibile esprimere sentimenti che, tuttavia, spingono a volte azioni inconsulte ed ai limiti (ed oltre) dell’odio e della violenza razzista, come ad esempio la legittimazione a possedere un’arma per “farsi giustizia da soli” (emblematico, in tal senso, lo “show” del leghista Buonanno andato in onda qualche giorno fa su Sky TG 24) o, appunto, la pubblicazione di post pesantemente offensivi e stigmatizzanti contro un’intera popolazione (quella rumena in questo caso).

Ma l’indagine aperta ad Amburgo potrebbe segnare una svolta in Europa per il fatto stesso di aver coinvolto per la prima volta le altre cariche dei social network, tralasciando i singoli autori dei post. Si sale di livello quindi.

E la cosa non sarebbe male, se venisse fatta anche in Italia, al fine di creare un’azione condivisa e simultanea che obblighi i social ad agire una volta per tutte. E dall’alto. L’hate speech, come abbiamo ribadito più volte, necessita di regole chiare e valide a livello europeo. Non ci si può fermare al singolo post segnalato. E l’ultima frontiera, che si è aperta di recente, è quella che insinua il sospetto che all’origine di questa sorta di “lassismo” e di laisser-faire nei confronti di post violenti, carichi di odio e alle volte anche bugiardi, non ci sia solo un’idea molto ampia (e ambigua) di libero pensiero, ma piuttosto un’idea che i discorsi d’odio vengano “tollerati” perché “producono” visualizzazioni, like, condivisioni. Ovvero, business virale.

Il Fatto Quotidiano
25 10 2015

Mi dispiace, lei non ha più diritto alla borsa di studio". "Ma perché se ho lo stesso reddito dell'anno scorso?". "Perché la borsa di studio che le abbiamo dato le alza il reddito e di fatto la esclude dal prendere la borsa". Se pensate che questa conversazione surreale possa svolgersi solo su Marte, vi sbagliate. È quanto sta accadendo in questi mesi a tutti coloro che, attraverso il parametro dell'Isee (Indicatore della Situazione Economica Equivalente), si trovano afar richieste di borse, assegni di accompagnamento, sussidi, sconti per gli asili. ...

Elisabetta Ambrosi

Corriere della Sera
26 10 2015

Nel menu non ci sono gli spaghetti alle vongole fujute (scappate) o le pennette al 41 bis, come sarebbe piaciuto all`ispettore Vincenzo Ormella, responsabile del settore esterno.
I piatti vanno dalle pappardelle di castagne con ragù di cervo con grappa e ribes alla faraona farcita con belga e nocciole. Dodici euro piatto unico del pranzo, trenta-quaranta euro una cena completa, con la carta dei vini che non fa torto a nessuna regione.
Un nuovo ristorante a Milano. Anzi a Bollate. Anzi, dentro il carcere di Bollate. ...

Elvira Serra

Adn Kronos
26 10 2015

Accordo sul piano operativo per frenare il flusso di profughi lungo la rotta dei Balcani verso la Germania. I capi di Stato e di governo di 11 Paesi, fra Ue ed extra Ue, hanno trovato un'intesa su un piano in 17 punti per cercare di migliorare la cooperazione fra gli Stati nella gestione delle frontiere e di aumentare il sostegno umanitario ai richiedenti asilo lungo la via dei Balcani occidentali. In tutto dovrebbero essere creati 100mila nuovi posti di accoglienza per i profughi, di cui 30mila in Grecia entro la fine dell'anno più altri 20mila dell'Unhcr nel Paese e altri 50mila lungo la rotta per offrire un riparo ai migranti all'avvicinarsi dell'inverno.

All'incontro, terminato dopo la mezzanotte, hanno partecipato Albania, Austria, Bulgaria, Croazia, ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Germania, Grecia, Ungheria, Romania, Serbia e Slovenia, oltre ai presidenti di Commissione, Consiglio e Parlamento Ue, rappresentanti di Consiglio dell'Ue, Unhcr, Frontex ed Easo. Al centro del piano operativo ci sono lo scambio permanente delle informazioni e una cooperazione effettiva fra i Paesi, l'impegno a limitare i movimenti dei migranti fra Stato e Stato e il rafforzamento dei controlli alle frontiere esterne, con un maggiore ruolo di Frontex.

Il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ha detto che i Paesi dell'area "devono collaborare", ma le persone in arrivo "devono essere registrate. Senza registrazione, non ci sono diritti". La cancelliera tedesca, Angela Merkel, che aveva chiesto la riunione, ha sottolineato che sono stati fatti dei passi avanti "nell'accoglienza ai migranti e nella creazione degli hotspot in Grecia. Dobbiamo però fare altri passi avanti per arrivare a un'equa ripartizione degli oneri".

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