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Depenalizzare cannabis e immigrazione

  • Mercoledì, 18 Marzo 2015 13:20 ,
  • Pubblicato in IL MANIFESTO

Il Manifesto
18 03 2015

In car­cere c’è più spa­zio gra­zie alle riforme seguite alla sen­tenza di con­danna della Corte Euro­pea risa­lente a due anni fa nel caso Tor­reg­giani. C’è stato un calo signi­fi­ca­tivo della popo­la­zione dete­nuta e sono state date diret­tive per ren­dere più nor­mali e dun­que meno ves­sa­to­rie e umi­lianti le con­di­zioni di vita interna. Non è facile capire cosa acca­drà nell’immediato futuro.

Tutte le strade sono ancora per­cor­ri­bili. Quella che noi auspi­che­remmo è quella della depe­na­liz­za­zione, della decar­ce­riz­za­zione e dell’umanizzazione. Due esempi per tutti.

È neces­sa­rio che in mate­ria di dro­ghe si segua il nuovo modello sta­tu­ni­tense e si opti deci­sa­mente per la lega­liz­za­zione della can­na­bis e la decri­mi­na­liz­za­zione della vita dei consumatori.

Il qua­dro inter­na­zio­nale non è ostile. Gli inve­sti­ga­tori nostrani lo auspi­cano. Sarebbe una scelta di effi­cienza e libertà. Invece noi siamo ancora a tar­ta­gliare in chiave resi­sten­ziale di fronte alle fronde puni­tive capeg­giate da Gasparri e Giovanardi.

Un secondo esem­pio è dato dalle norme in mate­ria di immi­gra­zione. Anche qui avremmo biso­gno di un radi­cale cam­bio di para­digma nelle scelte legi­sla­tive al fine di ren­dere age­vole l’acquisizione e la con­ser­va­zione del titolo di sog­giorno nel nostro Paese sulla sola base del rico­no­sci­mento del per­corso di vita del sin­golo indi­vi­duo. L’ingresso o la per­ma­nenza irre­go­lari non costi­tui­scono oggi più reato ma cen­ti­naia di migliaia di per­sone vivono in cir­cuiti for­zo­sa­mente ille­gali dove è facile che si opti per la via breve del reato.

Le due que­stioni – dro­ghe e immi­gra­zione — sono fra loro con­nesse in modo pro­fondo. Se agis­simo con­tem­po­ra­nea­mente in chiave anti-proibizionista su entrambi i fronti ne bene­fi­ce­rebbe il nostro sistema della giu­sti­zia final­mente libero nel potersi con­cen­trare sui reali biso­gni di sicu­rezza del Paese.

Ovvia­mente all’orizzonte è sem­pre forte il rischio che invece si torni a per­se­guire la strada del secu­ri­ta­ri­smo e dell’emergenzialismo penale, strada che ine­vi­ta­bil­mente por­te­rebbe a riem­pire nuo­va­mente le patrie galere. Anche in que­sto pro­pongo due esempi.

In primo luogo quando si annun­ciano norme più severe e pene più alte per i furti in appar­ta­mento solo per­ché sta­ti­sti­ca­mente in cre­scita, pur rico­no­scendo che tutti gli altri delitti decre­scono, si com­mette un grave errore con­cet­tuale. Il diritto penale deve essere sem­pre quello, non deve cam­biare a ogni rile­va­zione Istat. Altri­menti se dimi­nui­scono gli stu­pri dovremmo poi ridurre le pene relative.

In secondo luogo non è con­vin­cente la discus­sione intorno all’aumento dei tempi di pre­scri­zione a par­tire dalle note vicende di cor­ru­zione, anche in que­sto caso sull’onda dell’emergenza (qui è ridi­colo par­lare di emer­genza visto quanto acca­duto negli ultimi quarant’anni). La pre­ven­zione della cor­ru­zione non avviene allun­gando i tempi di pre­scri­zione anche per tutti gli altri reati, oltre che per quelli di con­cus­sione e corruzione.

Così si arriva a soste­nere che sia nor­male essere con­dan­nati a vent’anni dal fatto com­messo, anche se si tratta di un reato in vio­la­zione della legge sulle dro­ghe o di un furto. È inde­cente pas­sare un quarto della pro­pria vita in attesa di una sen­tenza di con­danna. C’è chi invece in Ita­lia non rischia mai alcuna con­danna. Si tratta della figura cri­mi­nale del torturatore.

In Ita­lia manca il delitto di tor­tura nel codice penale nono­stante gli obbli­ghi inter­na­zio­nali assunti. Nei pros­simi giorni riparte il dibat­tito in Aula alla Camera. Spe­riamo che non si perda o prenda ancora tempo.

L’autore è pre­si­dente di Antigone

Marijuana, una cura semplice ed efficace

  • Martedì, 03 Febbraio 2015 09:21 ,
  • Pubblicato in L'ESPRESSO

L’Espresso
03 02 2015

Che la cannabis possedesse utili proprietà farmacologiche era noto da tempo alla comunità scientifica internazionale. Negli ultimi anni sempre di più sono i Paesi che, tramite leggi meno restrittive, hanno reso possibile l’accesso ai trattamenti terapeutici a base di farmaci derivati dai cannabinoidi, semplificando le procedure burocratiche per la loro prescrizione, finanche decriminalizzando il possesso di cannabis per uso personale e la sua coltivazione. Possono beneficiarne pazienti affetti da gravi patologie disabilitanti per controllare il dolore (sclerosi multipla, danni ai nervi, lesioni spinali, dolore neurogenico) e pazienti terminali affetti da cancro o Aids, per la stimolazione dell’appetito. Non trattandosi di una cura ma di un trattamento palliativo, spetta esclusivamente al medico valutare per quali patologie ed in quale momento della terapia il paziente possa trarrne un effettivo beneficio clinico.

I ministri Lorenzin e Pinotti hanno firmato il protocollo che dà il via libera alla coltivazione e lavorazione delle piante nello stabilimento chmico militare a scopo terapeutico. Costi ridotti e tempi più rapidi per i malati. E il governatore dà il via libera

Già dal 2007 è previsto in Italia l’uso terapeutico della cannabis. Ma dal 2014 un nuovo decreto legge ha reso l’accesso ai farmaci cannabinoidi più semplice, snellendo il lunghissimo iter burocratico. La prescrizione e somministrazione può essere fatta direttamente dai medici di base, con trattamento anche domiciliare. E i costi? Non sono a carico del paziente, ma del Sistema sanitario regionale. Grazie a una legge regionale adottata da Sicilia, Abruzzo, Puglia, Toscana, Liguria, Veneto, Lombardia e Piemonte che, a differenza del passato, il governo ha deciso di non ostacolare con l’intento specifico di tutelare il diritto alle cure per tutti i pazienti, pur ribadendo che vanno prescritti esclusivamente «quando altri farmaci disponibili si siano dimostrati inefficaci o inadeguati al bisogno terapeutico del paziente».

Per ridurre i costi legati all’importazione dei farmaci cannabinoidi è stato approvato un progetto pilota di produzione in Italia, presso lo Stabilimento farmaceutico militare toscano. I medicinali a base di cannabis come il Bedrocan, Bediol, Bedrobinol e Bedica, caratterizzati da differenti percentuali dei due principali principi farmacologicamente attivi della cannabis - il tetraidrocannabinolo (Thc) e il cannabidiolo (Cbd) - somministrabili mediante vaporizzazione o tisane, vengono al momento prodotti esclusivamente dall’olandese Bedrocan Bv, unica autorizzata alla produzione dal ministero della Salute olandese, che li esporta in altri paesi europei. Dai Paesi Bassi, dove il possesso e l’uso personale di cannabis, catalogata come droga leggera, è decriminalizzato, proviene anche la più lunga esperienza nel suo utilizzo medico. Dal 2003 le farmacie olandesi vendono medicinali a base di cannabis, prodotti secondo rigidi criteri internazionali di qualità.

La cannabis è coltivata in condizioni controllate, secondo le norme di buona pratica in agricoltura, e non contiene pesticidi, metalli pesanti, batteri, muffe o altri patogeni. Il suo impiego medico è tuttavia iniziato già a partire dagli anni settanta con modalità non controllate dal ministero della Salute, in quanto la cannabis ad uso ricreativo era già facilmente reperibile presso i coffee shops fin dal 1976. Recenti studi hanno dimostrato che la cannabis venduta presso i coffee shops non è di qualità farmaceutica, è spesso contaminata da patogeni e costituisce, pertanto, un serio rischio per la salute se impropriamente assunta per uso medico, specialmente in pazienti affetti da patologie croniche debilitanti, Aids o patologie tumorali, in cui le difese immunitarie sono seriamente compromesse.

Il Sativex, altro medicinale cannabinoide approvato in 17 paesi europei ed utilizzato in 9 di questi, tra cui l’Italia dal 2013, è una miscela in parti uguali di Thc e cannabidiolo in forma di spray orale ad un dosaggio standardizzato e riproducibile. Pur essendo stato sviluppato e prodotto dall’azienda britannica GW Pharmaceuticals, e sia disponibile per la prescrizione in alcune aree del paese, in Inghilterra l’uso medicinale della cannabis non è legale ed il Sativex viene raramente consigliato dai medici di base, in conformità ad una politica repressiva nei confronti della marijuana.

Differente la situazione in Germania dove, grazie ad una sentenza della Corte amministrativa federale, dal 2005 i farmaci cannabinoidi sono reperibili presso tutte le farmacie. A differenza dell’Italia, i pazienti tedeschi devono però provvedere ai costi di acquisto, per importi che possono raggiungere anche i 1000 euro al mese; situazione che sostanzialmente limita l’accesso al trattamento. Per garantire a tutti il diritto di accesso alle cure, tuttavia, la Corte Amministrativa di Colonia ha stabilito lo scorso anno che i pazienti non in grado di sostenere le spese per il trattamento medicinale con cannabis possono coltivare da soli le piantine di marijuana. Questo non significa una liberalizzazione della coltivazione della cannabis, che resta tuttora illegale.

Il maggiore processo di decriminalizzazione in questi anni è avvenuto in Spagna, dove la coltivazione per uso personale è legale sia per scopi ricreativi che medici. La Catalogna ha promosso programmi terapeutici a base di cannabis medicinale dal 2005 e sta mirando alla sua legalizzazione soprattutto allo scopo di tenere a freno il proliferare dei “cannabis clubs”, associazioni no profit per il consumo indoor che hanno reso negli ultimi tempi Barcellona la nuova Amsterdam per il turismo della droga.

Tra gli altri paesi europei anche la Francia, la Romania e la Repubblica Ceca hanno regolamentato con specifiche leggi l’uso terapeutico di questi farmaci. Le politiche volte a favorire la legalizzazione della cannabis medicinale hanno indubbi benefici non solo per i pazienti che hanno un accesso più libero ad un trattamento palliativo scientificamente provato, ma alla lunga avranno un risvolto positivo anche nella lotta al mercato nero delle droghe leggere.

Le criticità da tenere in considerazione rimangono, tuttavia, tante, soprattutto se si guarda all’esperienza americana dove la marjuana è stata legalizzata in 23 stati e nel distretto di Columbia per uso terapeutico o persino a scopo ricreativo (Washington, Colorado, Oregon e Alaska). Negli Usa infatti, l’uso a scopo terapeutico di preparazioni di cannabis ha creato un mercato senza freni incoraggiandone di fatto l’abuso. In Europa, invece, la politica della tolleranza adottata dai Paesi Bassi sembra non aver favorito, dagli anni Ottanta ad oggi, un aumento del consumo delle droghe leggere da parte dei giovani, consumo che resta notevolmente inferiore rispetto a quello di altri paesi europei, Italia inclusa. Qualunque sia il modello adottato, è comunque necessaria l’istituzione di un adeguato sistema di monitoraggio per la verifica dell’esatta applicazione delle norme di legge e per la registrazione delle eventuali criticità.

In Italia il via libera alla cannabis per uso medico non significa libera coltivazione né libero consumo attraverso il fumo di preparazioni vegetali. Sono invece disponibili per i pazienti, sulla base di un opportuno piano terapeutico redatto dal medico, specifiche formulazioni farmaceutiche ad un dosaggio standardizzato e riproducibile, che assicurano l’efficacia terapeutica e tutelano dal rischio di effetti collaterali, prevalentemente di tipo psicotico. L’assunzione degli stessi principi attivi attraverso il fumo determina invece l’assunzione di dosaggi non riproducibili né prevedibili, in quanto dipendenti da diverse variabili individuali ed ambientali e non comporta alcun vantaggio terapeutico, ma si associa anzi ad una progressiva perdita delle capacità cognitive e, negli adolescenti, ad un’aumentata predisposizione all’insorgenza di malattie psichiatriche anche molto gravi, quali la schizofrenia. Resta quindi fondamentale definire normative e limiti che consentano di mantenere ben distinto l’impiego medico dall’ abuso a scopo ricreativo.

Per chi, come noi, studia da anni l’efficacia terapeutica di farmaci basati su cannabinoidi ed endocannabinoidi in patologie neoplastiche, neurologiche, metaboliche e infiammatorie, le nuove legislazioni aprono la strada verso un enorme avanzamento delle conoscenze nel settore. Sebbene con il decreto legge del ministero della Salute la cannabis sia ritornata da pochi mesi “droga leggera”, non più equiparata cioè ad oppio e derivati (eroina), cocaina, amfetamine ed allucinogeni, in Italia la demonizzazione dei cannabinoidi, associati nel pensiero comune a sostanze stupefacenti, ha rafforzato pregiudizi e diffidenze, con enorme svantaggio per tutti coloro che potrebbero trarre un beneficio clinicamente dimostrabile. È imprescindibile che l’impiego della cannabis ad uso medico venga riconosciuto dall’opinione pubblica come uno strumento terapeutico efficace, sicuro, conveniente per il Sistema sanitario nazionale; un presidio in grado di garantire pari opportunità di cura per tutti i pazienti.

Maurizio Bifulco è presidente della Facoltà di Farmacia e Medicina dell’università di Salerno

Toscana Today
11 11 2014

Arrivano i nuovi indirizzi per l'attuazione della legge toscana sulla cannabis terapeutica. A spiegarlo ieri sono stati i consiglieri regionali Brogi (Pd), Romanelli (Sel) e Sgherri (Rc)."Come Consiglio Regionale- scrive l’Agenzia Dire - avevamo fatto nel 2012 una legge importante e che apriva una strada, oggi con questo rilevantissimo provvedimento attuativo, la Giunta regionale, con la quale ci siamo confrontati in questo anno in maniera serrata insieme ai rappresentanti dei pazienti, e grazie alla sensibilità e all'impegno diretto del presidente Rossi e dell'assessore Marroni, ha aggiornato il testo del regolamento con importantissime e positive novita', accogliendo tutte le osservazioni di pazienti e medici e recependo tutti gli aggiornamenti normativi".

Ad esempio, aggiungono, si aggiorna il regolamento riguardo alle novita' giunte dal ministero della Salute sull'impiego della specialita' medicinale Sativex, sull'importazione di Bedrocan e simili, e sulle preparazioni magistrali contenenti sostanze vegetali a base di cannabis. E si stabilisce, "con certezza interpretativa, che tutti i medici, nei limiti previsti dalla normativa nazionale, possono prescrivere le preparazioni magistrali a base di cannabis e che la prescrizione e l'inizio del trattamento con i medicinali, di cui alla legge regionale, deve essere eseguita in strutture ospedaliere o a esse assimilabili".

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In concreto, sottolineano i tre consiglieri "si precisa che il medico, o la struttura che hanno attivato la prescrizione, possono attuare una dimissione assistita del paziente e provvedere direttamente alla consegna dei farmaci ritenuti necessari al proseguimento della terapia farmacologica, che il medico di medicina generale puo' prescrivere i medicinali in conformita' del piano terapeutico rilasciato dal medico ospedaliero, che le farmacie ospedaliere della Toscana, devono attivare tutte le procedure riguardanti l'acquisto o all'importazione delle specialita' medicinali o all'allestimento dei preparati magistrali".

Con questo nuovo testo, evidenziano- "e dopo l'accordo ministeriale che stabilisce l'avvio della produzione di cannabis a uso terapeutico presso lo stabilimento chimico Farmaceutico militare di Firenze, la Toscana si conferma Regione d'avanguardia su questo tema".

La parola cannabis evoca fantasmi. E' legata agli spinelli, al rischio che costituisca l'anticamera di droghe pesanti. Bisognerà mettere da parte questo pregiudizio e, una volta tanto, pensare positivamente al più antico degli stupefacenti, usato già in epoca neolitica per le sue proprietà. ...
Margherita De Bac, Corriere della Sera

Sclerosi multipla: i cannabinoidi si dimostrano efficaci

  • Venerdì, 12 Settembre 2014 10:23 ,
  • Pubblicato in LA STAMPA

La Stampa
12 09 2014

L’utilizzo di derivati della cannabis è utile nell’alleviare i sintomi della malattia. Lo confermano i dati presentati al congresso Actrims-Ectrims di Boston

Nei giorni scorsi i ministri della Difesa e della Salute -Roberta Pinotti e Beatrice Lorenzin- hanno dato il via libera alla produzione di Stato della cannabis per uso terapeutico. Fugati gli iniziali dubbi, si temeva infatti da una parte della maggioranza che si aprissero le porte alla liberalizzazione delle droghe leggere, dal 2015 avremo a disposizione i primi farmaci italiani derivati dalle foglie di cannabis. Non un tentativo di mascherare l’utilizzo della marijuana bensì la possibilità concreta di trattare diverse malattie. Un esempio è la sclerosi multipla. Grazie all’utilizzo dei cannabinoidi è infatti possibile migliorare alcuni sintomi invalidanti della patologia. A confermarlo sono i dati di uno studio italiano dell’Ospedale San Raffaele di Milano presentati in questi giorni al congresso Actrims-Ectrims di Boston, il più importante appuntamento dedicato alla sclerosi multipla.

Quando i muscoli sono danneggiati
Uno dei sintomi più frequenti per chi soffre della malattia è un aumento a riposo del normale tono muscolare. I medici la chiamano spasticità, un fenomeno che colpisce quasi il 75 per cento dei malati e che limita fortemente le più banali attività quotidiane poiché i muscoli -soprattutto quelli degli arti inferiori-, oltre ad essere costantemente affaticati si trovano in una condizione di continua rigidità. Un problema non di poco conto se si considera che la sclerosi multipla si manifesta mediamente tra i 20 e i 40 anni di età. Ad oggi molti dei sintomi descritti riescono ad essere gestiti attraverso la somministrazione di alcuni farmaci e attraverso riabilitazione fisica. Purtroppo però non sempre le persone con spasticità riescono a rispondere in maniera soddisfacente alle terapie soprattutto andando avanti negli anni. Ecco perché in questi casi il trattamento con i derivati della cannabis potrebbe portare un vantaggio concreto.

Come agiscono i cannabinoidi
«I cannabinoidi -spiega la dottoressa Letizia Leocani, ricercatrice presso la Neurologia Sperimentale all’Ospedale San Raffaele di Milano- agiscono legandosi a particolari recettori posti sulla superficie delle cellule. Il legame, con una serie di reazioni a cascata, è in grado di influenzare il comportamento della cellula stessa. Nella sclerosi multipla ciò che avviene è un rilassamento della muscolatura e quindi una riduzione del fenomeno della spasticità». Da qualche anno sul marcato è presente un farmaco in formato spray, approvato anche in Italia dal 2013, in grado di alleviare i sintomi della malattia. Presidio, frutto del mix di delta-9-tetraidrocannabinolo (THC) e cannabidiolo (CBD), approvato però solo sulla base dell’esperienza soggettiva dei pazienti.

Lo studio italiano
Lo studio presentato dai ricercatori italiani al congresso di Boston abbatte quest’ultimo limite. Gli scienziati sono infatti riusciti a dimostrare che l’effetto benefico di questo farmaco è oggettivo indipendentemente da quanto riferisce il paziente. «Ciò che abbiamo fatto -continua la Leocani- è stato verificare il reale effetto clinico della formulazione a base di cannabinoidi attraverso un test di misurazione della rigidità muscolare. Analizzando i dati abbiamo dimostrato per la prima volta che l’utilizzo di cannabinoidi è in grado di portare ad una riduzione della spasticità».

La differenza con lo spinello
Un risultato importante che non deve però essere confuso con il via libera alla marijuana in maniera incontrollata. Il farmaco in questione infatti è ben lontano dall’essere simile allo spinello. «La molecola che causa effetti allucinogeni, il THC, nella formulazione spray si trova in quantità nettamente inferiori rispetto alla marijuana coltivata per altri scopi. Non solo, la presenza dell’altro cannabinoide (CBD) è fondamentale in quanto contrasta gli effetti collaterali di THC. Questo approccio, mi preme sottolinearlo, non ha nulla a che vedere con il fumo» conclude la Leocani. Ecco perché, a differenza di quanto si possa pensare, la coltivazione della cannabis deve essere effettuata secondo rigidi protocolli. Non tutte le piante infatti sono uguali. Quelle destinate all’uso terapeutico, che comunque non avviene mai per inalazione di fumo, devono avere una composizione di cannabinoidi ben precisa. Composizione finalizzata alla terapia e non ad ottenere altri effetti che poco hanno a che fare con la malattia.

Daniele Banfi

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